Alberto Munoz, 21 anni. Uccide la ex fidanzata a martellate. Condannato a 30 anni poi ridotti a 16
Parma, 17 Luglio 2013
Titoli & Articoli
Ragazza uccisa a martellate e nascosta sotto il letto, fermato il fidanzato (Corriere della Sera – 17 luglio 2013)
La scoperta fatta dalla madre della peruviana. Il ragazzo, un 21enne ecuadoriano, è stato rintracciato a Milano
Massacrata a martellate e nascosta sotto il letto, avvolta in un lenzuolo, con la sua borsa accanto. Michelle Campos Verde, una ragazza peruviana di 20 anni, è stata trovata morta, martedì sera, nella sua abitazione in via Rondizzoni 4, nel quartiere Cittadella di Parma. Da tempo, la giovane viveva una storia tormentata con il fidanzato, un ecuadoriano di 21. A dare l’allarme è stata la madre, insospettita dalla scomparsa della ragazza. All’inizio aveva pensato a una fuga d’amore, poi ha notato delle macchioline di sangue e ha guardato sotto il letto, scoprendo il cadavere avvolto in un lenzuolo.
LA VIOLENTA DISCUSSIONE – Il fidanzato, intorno alle 11 di martedì, avrebbe atteso l’uscita di casa della madre e della sorella diciottenne della vittima per poi salire nell’appartamento. Qui ci sarebbe stata una violenta discussione (per i vicini non era la prima volta che succedeva) con il giovane che avrebbe colpito la ragazza alla testa con un martello. Ripulita la stanza dal sangue – ma tracce ematiche sono state trovate su alcune piastrelle – il cadavere è stato avvolto in un lenzuolo e nascosto sotto il letto. Luogo dove, nella notte, è stato scoperto dalla madre. Il fidanzato, rintracciato a Milano, è stato sottoposto a fermo. Sul caso indagano il pm Paola Dal Monte e la Squadra Mobile di Parma.
Omicidio Michelle Campos Verde: Alberto Munoz era perfettamente in grado di intendere e volere (Parma Press 24 – 21 gennaio 2018)
Alberto Muñoz era capace di intendere e volere nel momento in cui ha massacrato a martellate la fidanzata, Michelle Campos Verde, nell’appartamento in Via Rondizzoni, dove la ragazza viveva con la sua famiglia. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica disposta dal Tribunale in vista dell’appello bis a carico del 26enne ecuadoregno accusato di aver ucciso la ragazza peruviana il 4 luglio del 2013: dopo averla presa a martellate, l’aveva infilata nel cellophane, poi avvolta in un lenzuolo.
Appena arresatto, aveva confessato subito: condannato a 30 anni con il rito abbrevviato sia in primo grado che in appello, la Cassazione aveva spedito il processo in appello bis affinchè venisse valutata l’eventuale infermità di mente di un ragazzo fragile, strappato dall’Ecuador e portato prima a Milano, poi a Parma, due tentatvi di suicidio alle spalle figli di difficoltà di nserimento nella comunità.
Secondo l’accusa, il martello utilizzato per l’omicidio sarebbe stato portato appositamente dallo stesso Munoz, che si era sempre difeso dietro il muro del delitto d’impeto: “le sono arrivati messaggi dall’ex…poi da un altro ragazzo, e sono impazzito” – ha sempre detto, respingendo l’accusa della premeditazione. Ma ora che è stato dichiarato totalmente capace di intendere e volere, fragile si, abituato alla violenza del padre sulla madre, condannato da un’infanzia difficile, per lui inizierà l’appello bis. E questa volta, senza attennuanti. (di Francesca Devincenzi)
Uccise a martellate l’ex fidanzata: la madre passa la droga al figlio durante il processo (Parma Today – 30 marzo 2018)
Durante l’udienza la madre di Alberto Munoz, condannato per il femminicidio di Michelle Campos, ha tentato di consegnare al figlio, attraverso la gabbia, dei fazzolettini con 4 grammi di hashish: denunciata per spaccio
Ha cercato di consegnare al figlio, tramite la gabbia in cui era rinchiuso durante l’udienza del processo che si è svolto a Parma, quattro grammi di hashish celati all’interno di alcuni fazzolettini ma è stata sorpresa dopo il controllo e denunciata per spaccio. La protagonista della storia è la madre di Alberto Munoz, condannato in primo e secondo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio dell’ex fidanzata Michelle Campos, avvenuto cinque anni fa a Parma, in via Rondizzoni. Michelle fu presa a martellate ed il suo corpo nascosto sotto il letto, dopo che l’assassino le calò in testa alcuni sacchetti di cellophane.
Un omicidio efferato e brutale: dopo il primo ed il secondo grado, che si erano chiusi con la condanna a 30 anni, la Corte di Cassazione ha ordinato un nuovo processo d’appello, per fare luce sulle condizioni mentali del ragazzo. Il ragazzo, che all’epoca dell’omicidio aveva 21 anni, è stato dichiarato capace di intendere e di volere ma lo psichiatra aveva scritto che l’omicidio era stato causato da “un’azione di discontrollo episodico, indotto da un eccesso di gelosia”. La Corte d’assise d’appello di Bologna ha rigettato la richiesta di concordato, che avrebbe dovuto dimezzargli la pena, fatta dal sostituto procuratore generale Pier Francesco Bruno, ritenendo la pena congrua e rinviando il processo davanti ad un’altra sezione della Corte.
Fidanzata uccisa, pena dimezzata (Ansa – 7 maggio 2018)
La seconda sezione della Corte di assise di appello di Bologna ha ridotto a 16 anni la pena per Alberto Munoz, ecuadoregno 26enne accusato di aver ucciso a martellate la 20enne fidanzata peruviana Michelle Campos, a Parma il 4 luglio 2013, in via Rondizzoni. L’appello bis ha dunque quasi dimezzato la condanna a 30 anni pronunciata in primo grado in abbreviato, confermata in secondo grado e poi annullata dalla Cassazione. All’imputato, difeso dall’avvocato Cosimo Rina, i giudici dovrebbero aver riconosciuto equivalenti le attenuanti generiche con le aggravanti. E’ stato inoltre accolta la proposta di ‘concordato’, una sorta di patteggiamento in appello. La difesa ha fatto notare la giovane età e l’incensuratezza di Munoz, oltre ai problemi avuti in infanzia.
Omicidio di Michelle Campos: dimezzata la pena ad Alberto Munoz (Parma Today – 18 maggio 2018)
La seconda sezione della Corte di assise di appello di Bologna ha ridotto da 30 a 16 anni la pena nei confronti del 26enne Alberto Munoz, giudicato responsabile dell’omicidio della 20enne Michelle Campos, uccisa a martellate il 4 luglio del 2013. La condanna a 30 anni era stata disposta con il rito abbreviato in primo grado, confermata in secondo grado e poi annullata dalla Cassazione. Secondo le prime informazioni i giudici avrebbero riconosciuto le attenuanti generiche: la giovane età, il fatto che fosse incensurato e la proposta di una sorta di patteggiamento in appello.
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In memoria di
La mamma di Michelle: «Lui presto fuori. E temo che faccia ancora del male» (Gazzetta di Parma – 11 aprile 2023)
Se la ricorda bene quell’ultima festa di compleanno, Edith Verde. Anche allora cadeva nel giorno di Pasqua, anche allora un numero tondo: gli zii e i cugini arrivati a allungare la tavola degli affetti, il pesce da tradizione, le venti candeline sulla torta di sua figlia. Sorridente come nelle foto che sono dappertutto, anche nella memoria collettiva di una città, la nostra. Tre mesi dopo, il 16 luglio 2013, Michelle Campos è morta colpita dalle martellate di Alberto Muñoz, l’allora 21enne che aveva frequentato per qualche mese.
E nella Pasqua di questi 30 anni senza festa, amore e dolore risorgono inscindibili. «Penso sempre a come sarebbe cambiata mia figlia in questo tempo», racconta Edith Verde, che nel frattempo è diventata per due volte nonna. «Anche a questo penso: avrei avuto altri nipoti? Sarebbe diventata mamma? E prima o dopo la sorella? Mi chiedo tutto e non ho risposte». Come quel «“Perché lei?”: non vivo in pace». C’era un futuro pronto a essere scritto, nella vita di Michelle. «Cinque giorni dopo la sua morte, è arrivato il certificato del corso da agente assicurativa. Voleva lavorare per le sue spese e per continuare a studiare: lo desiderava lei e la spingevo anch’io. Amava la chimica: avrebbe voluto lavorare nella farmaceutica, e invece a luglio saranno già 10 anni, pensa da quando è stata brutalmente uccisa».
No, in quel giorno di Pasqua e compleanno insieme non c’era Muñoz, che per il femminicidio della ragazza è stato condannato prima a 30 anni e poi a 16 nell’appello-bis. «Me l’aveva presentato, quel mostro. Io me lo sentivo: “Guarda Michi che è violento, ho paura che ti faccia del male”. Ma lei mi rassicurava: “Mamita, non ti preoccupare”. Dopo lei ha capito, l’ha lasciato e è successo».
E oggi a tormento si aggiunge tormento. «Secondo me uscirà presto – dice in un soffio -. Sedici anni di condanna significano che lo rivedrò fuori magari già fra tre e questo mi fa paura. Ho il terrore che possa ancora far del male. Né da lui né dalla famiglia è mai arrivata una parola, mai una scusa, mai niente». E lei di altre Michelle continua a contarne troppe. «La televisione non la guardo quasi più: non riesco a sopportarlo. E esce dalla casa, dalla famiglia, quest’educazione». Si sentono voci di bimbi al di là del telefono. «I miei due nipotini imparano qui il rispetto: già diciamo loro che la violenza è sbagliata. Il “grande”, che ha tre anni, ha chiesto cos’è successo alla zia: gliel’ho raccontato e gli dico che è in cielo e lui la saluta. E anche il piccolino le manda sempre baci». Il «perché lei?» si allarga a uno straziante «Mi chiedo cosa abbiamo fatto. Mio papà è stato ucciso in Perù: aveva tolto il cappuccio dal volto degli uomini che erano entrati in casa per rapinarlo e li aveva riconosciuti e gli hanno sparato. Ho perso mia madre per il Covid. Ormai sono quasi sola. Tutti i giorni prego il Signore e parlo con tutti loro. Ora piango un po’ meno: Michelle mi ha sgridata in sogno, mi ha detto che non devo perché sta bene, e allora io faccio come vuole lei». (di Chiara Cacciani)