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Giusy Potenza, 14 anni, studentessa. Uccisa a colpi di pietra da un parente dopo un tentativo di violenza sessuale

Manfredonia (Foggia), 12 Novembre 2004


Titoli & Articoli

Manfredonia, 15enne uccisa con ferocia a colpi di pietra (la Repubblica – 13 novembre 2004)
Il corpo è stato abbandonato sul bordo di una strada. Figlia di pescatori, scomparsa da casa ieri pomeriggio
La zia: “L’hanno vista con un ragazzo che le dava fastidio”
Colpita più volte al volto e alla testa con una pietra, ha tentato invano di difendersi, forse è stata prima violentata: aveva solo 15 anni Giuseppina P., la ragazza scomparsa ieri pomeriggio nel Foggiano e ritrovata morta oggi, uccisa con ferocia.
E’ stato un agricoltore a scoprire il corpo sul ciglio di una traversa della strada che da Manfredonia porta a Monte Sant’Angelo, nella zona industriale dismessa dall’Enichem, al confine tra i due comuni. Le indagini, dirette dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, Domenico Minardi, sono a tutto campo.
Giuseppina P., figlia di una famiglia di pescatori, era scomparsa ieri pomeriggio dopo essere uscita per comprare dei cd: i genitori hanno passato la notte a cercarla. Hanno telefonato ai compagni di scuola, ai professori, hanno ascoltato anche i negozianti dove Giuseppina comprava la merenda. Disperati, hanno denunciato la scomparsa al commissariato di Manfredonia quando ormai era già l’alba.
“Ieri pomeriggio Giuseppina aveva detto alla mamma che usciva per comperare dei cd in un negozio al rione Monticchio. Poi non l’abbiamo più sentita”. Piange la zia quando racconta l’ultima volta che la ragazza è stata vista dai familiari. “Ieri sera – continua – siamo andati a parlare con il titolare del negozio che ci ha confermato che mia nipote era passata da lui ma se n’è andata subito dopo”.
Secondo alcune testimonianze non confermate, con la ragazzina c’era anche un ragazzo che le dava fastidio. “Fuori del negozio abbiamo trovato l’ombrello di mia nipote. Non credo che se lo sia dimenticato. Ieri sera pioveva parecchio e non credo che sia andata in giro per la città senza ombrello. Forse voleva scappare da qualcuno”.
La ragazza frequentava l’istituto magistrale e aveva compiuto 15 anni lo scorso 14 settembre. Gli agenti della squadra mobile di Foggia hanno già sentito il padre. E intendono convocare in questura anche le amiche della vittima per ricostruire insieme a loro la lista delle persone che Giuseppina frequentava con più assiduità. Un poliziotto ha suggerito che il delitto potrebbe essere opera di un innamorato rifiutato.
Minuta, capelli ricci e neri, Giuseppina era una ragazza descritta da tutti come espansiva, allegra, senza grilli per la testa. Viveva con la madre, una casalinga di 35 anni, la sorella più grande, e il padre, un pescatore, in un appartamento nel quartiere Monticchio, nella semiperiferia dell’abitato, in via San Domenico Savio. Una famiglia semplice – come viene descritta dalla gente del quartiere – senza particolari problemi se non quelli legati alla vita quotidiana. Almeno fino a ieri, fino alla scomparsa di Giuseppina e poi al tragico ritrovamento del suo corpo senza vita.
Non è stato confermato se la ragazza, al momento del ritrovamento del corpo – come si era saputo in un primo momento – era seminuda. Un particolare, questo, che aveva fatto pensare a una possibile violenza sessuale. Sarà solo l’autopsia, cheè stata disposta dal magistrato, a chiarirlo. Di certo, secondo gli investigatori, l’ombrello trovato nella pozzanghera farebbe pensare che la ragazza sia stata costretta a seguire qualcuno, forse a salire su un’auto.
“E’ una notizia davvero inquietante, sono allibito e senza parole”, ha detto il sindaco di Manfredonia, Francesco Paolo Campo. Nel comune del foggiano, 63.000 abitanti, non si sono mai verificati in passato omicidi di questo tipo: “Questa – afferma il sindaco – è una comunità tranquilla dove non si sono mai verificati neanche episodi di molestie nei confronti di ragazze”.

 

L’incontro, un violento litigio. Così è morta Giusy Potenza (la Repubblica – 23 dicembre 2004)
La ricostruzione del giorno del delitto nelle parole degli investigatori che lo definiscono “un omicidio d’impeto”
Il film del delitto di Giusy Potenza – le cui sequenze sono state ricostruite oggi dalla polizia – comincia alle 17.10 del 12 novembre scorso quando la ragazza, su richiesta della mamma, Grazia Rignanese, va al negozio ‘Bernini’ di Manfredonia, vicino a casa sua, per comprare due cd. Alle 17.15 entra nel ‘Bernini’ ma non trova quello che le aveva chiesto la madre.
Nell’esercizio commerciale incontra invece un amico occasionale, un coetaneo, con il quale comincia a parlare. All’improvviso, però, la quindicenne, interrompe la conversazione e dice all’amico qualcosa del genere: “Devo andare, mi aspetta mio zio paterno”, oppure “devo andare, mi aspetta il cugino di mio padre”, frase sulla quale si concentreranno poi le indagini.
Alle 18 la ragazza sale sulla Ford Focus grigia del suo amante, Giovanni Potenza, il ventisettenne pescatore fermato oggi per l’omicidio volontario della ragazzina, con la quale aveva da circa due mesi una relazione. L’appuntamento tra i due – dicono gli investigatori – “era calendarizzato, accadeva spesso che si vedessero quando Giovanni Potenza non era imbarcato”. L’autovettura si dirige alla periferia di Manfredonia e si ferma a poca distanza dal muro di cinta dell’ex stabilimento Enichem della città, dove si incontrano le ‘coppiette’. Qui, in auto, la coppia, consuma un rapporto sessuale consensuale.
Poi discute della loro storia d’amore, cominciata due mesi prima, all’inizio di settembre, e tenuta segretissima. All’improvviso – ricostruiscono gli investigatori – Giovanni Potenza dice a Giusy che farebbero bene ad interrompere la relazione. “Sai – le dice – prima o poi qualcuno lo verrà a sapere e io ho moglie e due figli di due e otto anni”.
Giusy a questo punto si arrabbia. E’ imbestialita. Da ragazzina innamorata, vorrebbe che la sua storia d’amore continuasse, magari culminasse nel matrimonio. Invece, il ventisettenne continua a ripetere: “Giusy, deve finire qui”. La discussione sfocia in una violenta litigata. La quindicenne esce dalla vettura in preda all’ira e si dirige verso la scogliera dalla quale, complice il buio, cade nel vuoto facendo un volo di circa sei-sette metri.
Giusy è ferita. Chiede aiuto. Viene soccorsa dall’amante che la prende in braccio e risale con lei la scogliera. Adagia il corpo sul terreno. “A quel punto – confessa lo stesso indagato al pm che lo interroga – ho rivissuto i momenti delle litigata, ho capito che ormai quella ragazza per me era diventata un problema serio, che poteva mettere in crisi il rapporto con la mia famiglia”. Lei – spiega Giovanni Potenza alla polizia – aveva detto che se l’avessi lasciata avrebbe raccontato della nostra storia d’amore a mia moglie”. Per questo motivo Giovanni Potenza, in preda ad un raptus, afferra un sasso di 7-8 chilogrammi, che è stato sequestrato, e lo scaglia più volte sul capo di Giusy, uccidendola.
“Gli elementi della confessione resa sono coerenti”, dice in conferenza stampa il pm inquirente del Tribunale di Foggia, Vincenzo Maria Bafundi, che ammette anche: “Certo, alcune cose non quadrano, ma le indagini continuano per accertare diversi altri aspetti della vicenda”.
“Si è trattato di un omicidio d’impeto“, aggiunge il dirigente della squadra mobile di Foggia, Antonio Caricato, che spiega che al fermo dell’indagato si è  giunti comparando le tracce di liquido seminale trovate sul corpo della vittima con un altro reperto (pare tracce di saliva lasciate dall’uomo su una tazzina da caffè): il risultato positivo della comparazione, elaborata dalla polizia scientifica di Roma, è stato indispensabile per procedere al fermo.


Ai funerali 3000 persone, sviene il nonno (Gazzetta del Mezzogiorno – 16 novembre 2004)

I funerali di Giusy Potenza, la ragazza massacrata a Manfredonia, si tengono fra numerosi manifesti scritti dagli amici e attaccati sui muri in via Cimaglia, nei pressi della casa dove viveva con i genitori e la sorella.
Tutti testimoniano l’affetto di amici e compagni di scuola. Su uno di questi c’è scritto: «Per non dimenticare una stella. Qualcuno ha spento un sorriso. Ha eclissato le stelle dei suoi occhi, ha spezzato le ali di una vita innocente che noi ricordiamo così: ciao Giusy».
L’istituto magistrale Roncalli, dove la ragazzina si era iscritta quest’anno, ha fatto affiggere una manifesto con la frase: «Il Roncalli ferito dalla morte violenta della sua amata Giusy abbraccia il dolore della famiglia». La funzione funebre si tiene nella chiesa di San Michele, gremita da 600 persone, mentre in tutta la città sono almeno tremila i concittadini della famiglia Potenza che partecipano al lutto.
In chiesa, il nonno materno – che è invalido ed è costretto su una sedia a rotelle – è stato colto da malore e ha perso i sensi: è stato subito soccorso da due medici che lo hanno sdraiato sul pavimento della chiesa. Uno dei due medici soccorritori è Carmine Stallone, presidente della Provincia di Foggia.

Si uccide la madre di Giusy Potenza (Corriere della Sera – 24 ottobre 2005)
Era incinta al settimo mese: inutile il tentativo di salvare il feto
Si è impiccata Grazia, 39 anni, mamma della ragazza quindicenne uccisa il 12 novembre 2004 a Manfredonia
La madre di Giusy Potenza – la quindicenne uccisa il 12 novembre dello scorso anno a Manfredonia – si è uccisa questa mattina. Il corpo della donna, Grazia, di 39 anni, è stato trovato impiccato nella sua abitazione da una parente. Gli investigatori hanno trasportato il cadavere all’ospedale di Manfredonia nel tentativo di salvare il bimbo che Grazia aveva in grembo: la donna era al settimo mese di gravidanza. Il tentativo si è però rivelato inutile. Nell’abitazione stanno lavorando carabinieri e polizia alla ricerca di elementi utili alle indagini.
A quanto si è saputo, il suicidio della donna è stato scoperto dalla madre, che si era recata a trovarla a casa. Per l’uccisione di Giusy è in carcere dal dicembre 2004 Giovanni Potenza, cugino del padre della ragazzina: l’uomo, ventisettenne, ammise di aver ucciso la piccola Giusy perchè aveva con lei una relazione che la ragazzina non voleva interrompere, nonostante l’uomo fosse sposato.
Nel maggio 2005, poi, due amiche di Giusy furono arrestate con l’accusa di aver indotto la ragazzina a prostituirsi e di averne sfruttato la prostituzione, sia pure – secondo gli investigatori – «per determinati episodi». Furono arrestate Sabrina Santoro, di 24 anni, e Filomena Rita Mangini, di 19, entrambe di Manfredonia.
In quella circostanza, con dolore e rabbia, Grazia Rignanese urlò: «Me l’hanno uccisa una seconda volta. Questa non è la verità. Loro sono delle ragazze facili, si sapeva da sempre. Mia figlia baciava il fidanzato solo sulle guance, dal primo giorno ho sospettato di loro». Anche il padre di Giusy, Carlo Potenza, visse con estrema amarezza il seguito acre dell’uccisione della figlia: il 30 maggio 2005 l’uomo fu arrestato con l’accusa di aver accoltellato in un bar della cittadina dauna Pasquale Mangini, padre di una delle due giovani donne arrestate qualche settimana prima, con l’accusa di aver indotto Giusy a prostituirsi. Potenza dichiarò di aver colpito Mangini perchè più volte aveva infangato la memoria di sua figlia.
Si è appreso che Grazia Rignanese, la madre di Giusy, era curata per una grave depressione, che aveva colto la donna dopo la morte della figlia. Una crisi aggravata dalle vicende successive al delitto, dalla confessione del cugino, all’arresto delle due amiche della ragazzina. Condizioni poi ulteriormente peggiorate dopo dopo l’arresto del marito Carlo.
Proprio a causa di questo stato di depressione, i familiare di Grazia cercavano di starle sempre vicino. Da quando Carlo Potenza era andato a vivere in una città del Nord Italia da parenti, la donna era stata indotta ad andare ad abitare con la propria madre. Nelle ultime ore, però, approfittando di un momento di assenza in casa, Grazia Rignanese si è allontanata ed è ritornata nella sua casa, quella in via Domenico Savio, dove aveva vissuto con i suoi parenti e dove aveva visto la sua famiglia disgregarsi poco a poco: qui è andata sulla veranda e si è impiccata. Preoccupati per la sua assenza, i famigliari l’hanno cercata e dopo alcune ore la figlia Michela l’ha trovata impiccata.


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