Teresa Buonocore, 51 anni, segretaria e guida turistica, mamma. Uccisa per vendetta dopo aver testimoniato contro i violentatori di sua figlia
Teresa era una mamma-coraggio: una di quelle che per sua figlia era capace di affrontare il mondo intero, comprese le bande di criminali e la camorra organizzata. Ed è morta come un boss, crivellata da quattro colpi di pistola mentre era alla guida della sua macchina.
Figli di Teresa: quattro
Enrico Perillo, 53 anni, geometra. Condannato per pedofilia e violenza su due bambine di 8 anni, di cui una è la figlia di Teresa, che testimonia e lo fa condannare a 15 anni di reclusione. Condannato all’ergastolo come mandante dell’uccisione di Teresa.
Alberto Amendola (a destra), 26 anni, tatuatore. Giuseppe Avolio (a sinistra), 21 anni. Autori materiali dell’uccisione, condannati rispettivamente a 22 e 18 anni di reclusione. La mamma di Giuseppe – Flora Scognamiglio – quando viene a sapere dell’accusa rivolta al figlio tenta il suicidio lanciandosi dalla finestra.
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Napoli, il killer: «Teresa uccisa per vendetta. La sua morte valeva 15mila euro»
La parola chiave è vendetta. A sentire Alberto Amendola, assassino reo confesso di Teresa Buonocore, la vendetta era il sentimento dominante, istinto immediato di fronte a ogni possibile ostacolo, ma anche unica strategia possibile per risolvere piccoli e grandi litigi.
E allora: vendetta per una denuncia di abusivismo, vendetta contro una multa, vendetta per la testimonianza di una donna che aveva trovato il coraggio di difendere la figlia da possibili molestie.
Aula 113, tensione a fette, parla il presunto assassino di Teresa Buonocore, la donna uccisa lo scorso settembre all’ingresso del porto di Napoli, al termine di un attentato studiato in ogni particolare. Davanti al gip Egle Pilla, Amendola conferma le confessioni rese ai pm nei mesi scorsi e aggiunge particolari sui coniugi Enrico Perillo e Patrizia Nicolino, entrambi indagati a piede libero come mandanti del delitto.
Lui, Amendola, si racconta: «Sono stato per anni schiavo della famiglia Perillo, ho partecipato all’agguato, ma non ho premuto il grilletto. È stato Giuseppe Avolio, fu lui a sparare, io portavo il motorino». In ballo c’era anche una ricompensa – quindicimila euro – tanto valeva la morte di Teresa, da spartirsi in due, oltre al rinnovato senso di affiliazione in un contesto familiare ancora tutto da decifrare.
Difesi dai penalisti Gennaro Lepre e Leopoldo Perone Amendola e Avolio sono in cella, ammettono di aver agito per conto dei Perillo, anche se si rimpallano la responsabilità dei cinque colpi esplosi contro Teresa Buonocore…
di Leandro Del Gaudio
Napoli, donna assassinata nel porto incastrò lo stupratore della figlia
Uccisa alla maniera dei boss di mafia, al volante della sua auto. Vittima Teresa Buonocore, 51 anni incensurata. E c’è già una pista, solida, sulla quale gli inquirenti hanno concentrato le loro attenzioni: Teresa Buonocore denunciò e fu testimone decisiva nel procedimento contro un uomo che aveva abusato di sua figlia. La vicenda risale al 2008: la bambina della Buonocore subì violenze da un vicino di casa della donna. La dinamica del delitto è ancora in fase di ricostruzione, sulla scorta degli elementi raccolti dagli esperti di ricerca tracce della polizia scientifica. Teresa Buonocore sarebbe stata avvicinata dal suo assassino mentre era al volante della sua auto, una Athos Hyundai.
La donna abitava a Portici, in via san Cristoforo, con il secondo marito e le figlie. Contrariamente a quanto appreso in un primo momento Teresa Buonocore non è sorella di alcun collaboratore di giustizia. Prima di fare la guida turistica, la donna aveva lavorato per lungo periodo nello studio di un penalista napoletano.
L’agguato, che nelle modalità richiama quelli di pretto stampo camorristico, è stato eseguito in via Ponte dei Francesi, sotto il ponte delle arterie di accesso alle autostrade e sulla rampa e alla zona portuale, motivo per il quale i sopralluoghi sono condotti dalla polizia di frontiera, competente per area interessata, coordinata dal primo dirigente Silvestro Cambria.
Secondo quanto è stato possibile apprendere Teresa Buonocore è stata raggiunta da numerosi colpi di pistola esplosi da un killer mentre era in movimento: l’auto infatti, ha proseguito la sua corsa in maniera incontrollata, per fermasi contro un muretto di delimitazione della strada.
I primi a raggiungere la scena del delitto sono stati gli operatori del 118. La conferma della morte e l’orario approssimativo sono stati stabiliti dal medico dell’ambulanza: al centralino del pronto intervento sanitario sono giunte alcune telefonate, forse di probabili testimoni dell’accaduto. Ovviamente gli interlocutori hanno mantenuto l’anonimato.
Con ogni probabilità i killer, almeno in due e di sicuro a bordo di una moto, hanno affiancato la Hyundai Athos grigia, intestata a una donna di 72 anni, prima che la Buonocore raggiungesse il traffico cittadino dove la fuga per il commando sarebbe stata certamente più difficoltosa. Non è escluso che i killer stessero seguendo la donna da diverso tempo: la scelta del posto non sembrerebbe casuale. Sul posto gli esperti in ricerca tracce della polizia scientifica hanno rilevato bossoli e segni di pneumatici di motocicletta.
Gli inquirenti ora stanno battendo la pista della vendetta contro la donna e stanno quindi valutando eventuali collegamenti fra questa vicenda e l’omicidio, anche se resta valida anche l’ipotesi del delitto di camorra, tanto è vero che l’inchiesta, per la quale sono stati delegati gli agenti della squadra mobile con il dirigente Vittorio Pisani e la collaborazione dei colleghi del commissariato di Portici, guidati dal dirigente Michele Spina, è coordinata dal pm antimafia Simona Di Monte. L’uomo che abusò della bambina si chiama Enrico Perillo, ed è un geometra. Per lui fu relativamente semplice “adescare” non solo la figlia di Teresa, ma anche un’altra coetanea: entrambe, all’epoca, erano infatti le amichette del cuore di sua figlia. Perillo, in primavera, è stato condannato in primo grado a oltre quindici anni di reclusione, pena che sta scontando nel carcere di Modena: per giungere alla condanna fondamentali furono la denuncia e la testimonianza di Teresa Buonocore, che non si lasciò per nulla intimidire, nonostante la vicinanza abitativa con l’aggressore della figlia.
A Perillo In un primo momento, furono concessi gli arresti domiciliari, ma l’uomo evase e quindi la misura fu inasprita col carcere. A suo carico c’è anche una condanna per omicidio, che risale a molti anni fa: quando uccise un uomo per gelosia. Fra i precedenti, anche un arresto compiuto per detenzione di un’arma da fuoco: gli agenti del commissariato di Portici gli trovarono in casa un arsenale. Per quest’ultimo reato l’uomo patteggiò una condanna a tre anni di carcere.
L’omicidio di Teresa Buonocore, ergastolo per Enrico Perillo
La donna, soprannominata “mamma coraggio”, era stata uccisa nel 2010 a Napoli dopo aver testimoniato contro l’uomo che aveva abusato della figlia. E che ora è stato condannato perché considerato dall’accusa il mandante del suo assassinio
E’ stato condannato all’ergastolo Enrico Perillo, ritenuto il mandante dell’assassinio di Teresa Buonocore, la ‘mamma coraggio’ uccisa a Napoli nel settembre del 2010 dopo aver denunciato abusi sessuali su una delle due figlie. La sentenza è stata emessa dalla terza corte d’Assise di Napoli, che ha deciso anche di accordare un risarcimento di 20mila euro in favore dell’Ordine degli avvocati e delle altre parti civili e una provvisionale di 100mila euro ad ognuna delle due figlie della donna per complessivi 200mila euro
Gli esecutori materiali del delitto Alberto Amendola e Giuseppe Avolio erano già stati condannati al termine del processo con rito abbreviato (21 anni e quattro mesi il primo e 18 anni il secondo). Perillo secondo i giudici abusò di una delle due figlie della donna, che frequentava la sua casa in quanto amica delle sue figlie. Teresa Buonocore venne assassinata a Napoli nel settembre del 2010, secondo la Procura, proprio perché si era costituita parte civile nel processo di primo grado testimoniando contro Perillo, ottenendo una provvisionale di 25.000euro.
Teresa Buonocore venne freddata con 4 colpi di pistola sotto il ponte dei Francesi a Napoli il 20 settembre del 2010. Dopo aver denunciato e testimoniato contro Enrico Perillo, l’uomo che aveva abusato della figlia, “Teresa sapeva di essere in pericolo”, come aveva raccontato a Sky.it la sorella della vittima Pina Buonocore. “L’uomo aveva più volte detto alla bambina: Se parli uccido tua madre”. E aveva aggiunto: “Questo Paese che protegge tutti, i pentiti, i magistrati, i mafiosi, non ha saputo tutelare una donna che aveva testimoniato contro una persona che si è macchiata di un reato grave come quello della pedofilia. Probabilmente, la portata di questo pericolo è stata sottovalutata da chi aveva il compito di tutelarla”
Teresa Buonocore, il coraggio di una madre
Teresa Buonocore, 51 anni, di Portici (Na), viene assassinata il 20 settembre 2010. Due gli esecutori materiali: Alberto Amendola e Giovanni Avolio. Per la Procura di Napoli è Enrico Perillo, l’uomo che abusava sessualmente della figlia di Teresa (di appena 8 anni), il mandante dell’omicidio.
La donna, secondo l’accusa, sarebbe stata uccisa per vendetta, essendo stata la testimone-chiave nel processo che ha portato alla condanna del Perillo, per le violenze perpetrate in danno della bambina. Il 26 ottobre, si aprono le porte dell’aula della III sezione della Corte di Assise, presso il Tribunale di Napoli.
Tocca alla città, ora, mostrare il proprio volto.
Questa è la storia di una donna, di una mamma.
Quando il silenzio fa più paura della velocità dei proiettili, nell’attraversare il tuo corpo e ridurti senza parola.
Questa, è la storia di mandanti ed esecutori.
Assassini, tutti.
Un omicidio pensato, studiato, maturato.
Teresa Buonocore era una madre, che ha difeso e tutelato sua figlia, sottraendola alla violenza perpetratale da un aguzzino spietato e senza scrupoli.
Quella violenza che ti toglie il diritto di guardare il mondo dal basso verso l’alto; che penetra l’anima, ancor prima della tua carne.
Quella che, tra atroci sofferenze, costringe una bambina di otto anni a subire l’indicibile.
Violenza sessuale.
Così, si chiama. Così, si scrive. Così, si dice o ancora si bisbiglia.
Teresa Buonocore trascina sua figlia lontano da quel mostro, che le ha avvelenato la vita. Denuncia tutto, diventa il testimone chiave, in un processo che condurrà alla condanna del pedofilo.
Quindici anni di carcere, giudicherà il Tribunale di Napoli.
E cinquantamila euro di provvisionale, da corrispondere a Teresa, costituitasi parte civile nel processo.
Non un attimo di esitazione. Una madre forte, coraggiosa.
Sempre accanto a sua figlia.
Enrico Perillo
Enrico Perillo, il geometra vicino di casa, l’uomo che ha abusato ripetutamente della piccola, oggi sta scontando la sua pena nel penitenziario di Modena.
Sembrerebbe una storia di coraggio e di giustizia.
Ferite che non possono rimarginarsi, quelle che la bambina porta a fuoco, sulla sua pelle.
Ma fin qui, tutto farebbe pensare ad una conclusione, della vicenda.
E invece no.
Non ho mai creduto alle frottole sull’onore, che raccontano i delinquenti della peggiore specie: criminali comuni, mafiosi, camorristi, “assassini a pagamento” vicini a queste organizzazioni (anche e soprattutto nella mentalità, emulandone gesti e comportamenti).
Trovo surreale, quasi blasfema, questa autoattribuzione di orgoglio, legata al rispetto di principi ed idee, che loro chiamano “valori”.
Ancora più disgustoso, il pensiero che questi uomini, autoproclamatisi tutori indefessi di “regole d’onore”, compiano un gesto così maledettamente vigliacco.
Essì.
Giancarlo Siani diede la prova che tra i camorristi ci fossero pure gli “infami” e i “traditori” (volendo adottare il loro linguaggio tribale); la vicenda di Teresa, uccisa barbaramente, mentre era alla guida della sua automobile: inerme, indifesa, e solo perché si era strenuamente battuta per ottenere giustizia, per la sua piccola – dilaniata nel cuore e nella carne da un abbietto violentatore – ci conduce dritti, verso l’ennesima conclusione.
Che i criminali tutti, sono niente altro che dei vigliacchi. Privi del senso della vita, figuriamoci dell’onore.