Loading

Slavica Kostic, 37 anni, badante, mamma. Uccisa dall’ex marito e gettata in una discarica

Trieste, 24 Aprile 2016


Titoli & Articoli

Badante scomparsa a Trieste, l’ex marito confessa: “L’ho uccisa” (il Piccolo – 10 giugno 2016)L’uomo, Dragoslav Kostic di 61 anni, è stato arrestato dalla polizia: ha nascosto il cadavere della 37enne serba Slavica Kostic in una discarica a Kreplje, sul Craso sloveno, dove è stato ritrovato. La donna era scomparsa lo scorso 26 aprile. A dare l’allarme era stata la figlia 17enne
Uccisa dal marito separato nell’appartamento dove viveva a Trieste, poi caricata in macchina e sepolta in una cava di materiale edile sul Carso sloveno in una discarica a Kreplje, a pochi chilometri da Monrupino. È questa la tragica fine di Slavica Kostic, 37 anni, una cittadina serba scomparsa dal capoluogo giuliano il 26 aprile scorso e il cui cadavere è stato fatto ritrovare ieri dall’ex marito reo confesso Dragoslav Kostic, di 61 anni, “incastrato” da una serie di indizi e di errori scovati dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura, diretti da Marco Calì.
La donna era impiegata come badante presso una famiglia, e aveva un appartamento in città come «appoggio» nei giorni di riposo. Una persona precisa e puntuale, come veniva descritta dai conoscenti. Una sua nipote, e in seguito la figlia, ne avevano segnalato il mancato rientro al lavoro il 26 aprile scorso, e per questo si erano rivolte alla Polizia.
Da una prima ispezione dell’abitazione, tutto risultava in ordine; ma gli investigatori hanno voluto andare in fondo, e con l’ausilio della Polizia Scientifica interregionale di Padova hanno utilizzato il «Luminol» per individuare tracce biologiche, che in effetti sono emerse, segno che qualcuno aveva compiuto un’azione violenta e quindi ripulito tutto per poi sbarazzarsi del cadavere.
Dalle tracce ematiche è quindi emerso che il dna era quello di Slavica Kostic. Gli accertamenti si sono progressivamente indirizzati sul marito separato della donna, Dragoslav Kostic, 61 anni, che dopo aver lavorato nel capoluogo giuliano nel settore edile da qualche tempo era rientrato nel Paese balcanico, tornando ogni tanto a Trieste. Dall’esame del traffico telefonico e autostradale è emerso che la notte del delitto l’uomo era arrivato in città. Ai poliziotti aveva raccontato di essere invece rimasto sempre in Serbia, e aveva prodotto alcune foto della vettura rimasta «accidentalmente» distrutta da un incendio. Circostanza, quest’ultima, smentita da una consulenza tecnica che ha dimostrato la natura dolosa del rogo. Il sostituto procuratore Matteo Tripani ha quindi disposto ieri il fermo di indiziato per l’uomo, che messo alle strette di fronte alle incongruenze del suo racconto ha confessato, facendo anche ritrovare il corpo della donna – in avanzato stato di decomposizione – nella discarica situata poco oltre il confine sloveno, nella località carsica di Kreplje, recuperato in collaborazione con la Polizia slovena.
Dalle sue ammissioni non è stata ancora chiarita la dinamica del delitto – qualche elemento utile potrà venire dall’autopsia – ma il movente ricalca altri episodi simili di femminicidio: una coppia in crisi e separata, e una contesa sull’appartamento di Trieste, che era stato acquistato dall’uomo ma risultava intestato alla donna.
A dare l’allarme era stata la figlia 17enne della donna, che si era insospettita poiché non aveva più sentito al telefono la madre, arrivata a Trieste per un turno di tre settimane quale badante di un’anziana coppia di triestini. Così Nevena Manojlovic dalla zona di Pozarevac, dove studia, aveva lanciato l’allarme ai parenti in Italia. E mentre lei si preparava a raggiungere il capoluogo giuliano, la cugina Milena aveva allertato le forze di sicurezza che hanno attivato l’apposito Piano provinciale in attesa di una denuncia. «Ci sentiamo al telefono due, tre volte al giorno – aveva spiegato in quell’occasione Nevena – ma domenica, dopo avermi comunicato di essere giunta regolarmente a Trieste, alle 20.30, e un’altra chiamata alle 21.50, non ha più risposto alle chiamate. Il cellulare risulta spento, una circostanza che non succede mai».

 

L’omicidio di Slavica pianificato da giorni (il Piccolo – 14 giugno 2016)
Davanti al gip l’ex marito della badante ha ricostruito le ore precedenti al delitto e riferito di una lite per motivi economici
L’omicidio della badante Slavica Kostic è stato un’azione premeditata ma anche perfettamente consapevole. L’ex marito della donna, Dragoslav Kostic di 61 anni, voleva ucciderla. E lo aveva deciso ben prima della sera del 24 aprile. Il piano, quindi, era probabilmente già definito il giorno precedente a quello del delitto, quando i due si erano incontrati a Kucevo in Serbia. Questo è emerso nel corso dell’interrogatorio da parte del gip Laura Barresi al quale erano presenti il pm Matteo Tripani e i difensori di Dragoslav, gli avvocati Roberto Mantello e Gianfranco Grisonich. Oggi il gip depositerà l’ordinanza.
A scatenare la rabbia di Drago è stata dunque non solo una folle e lucida gelosia scatenata dalla vita definita “disinibita” tenuta dalla donna. Ma anche, a quanto pare, una questione di soldi. Esattamente settemila euro. Denaro che Slavica doveva pagare in conseguenza di una sentenza che riguardava una controversia sulla proprietà dell’appartamento di via del Roncheto 91, pronunciata dal giudice civile Monica Pacilio. Sentenza che è stata depositata il 15 aprile, dunque pochi giorni prima dell’omicidio. La questione civilistica, nello specifico, aveva riguardato la simulazione da parte di Dragoslav del trasferimento di proprietà a Slavica dell’abitazione coniugale di via del Roncheto, effettuata in occasione della separazione consensuale al solo scopo di sottrarre il bene dall’aggressione dei creditori. Il giudice aveva dato ragione a Dragoslav, che era stato assistito dall’avvocato Andrea Frassini. E aveva anche condannato la donna al pagamento delle spese processuali, che ammontano appunto a circa 7mila euro. Ma Slavica non voleva pagare. Anzi, nonostante la sentenza che di fatto aveva cancellato la sua proprietà, la sera del 23 aprile era comunque tornata nella casa di via del Roncheto. E stando alle dichiarazioni di Drago, ci era andata con un uomo, fuggito dalla finestra al momento dell’arrivo dell’ex marito. Particolari questi che di fatto hanno appesantito la posizione dell’uomo accusato dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della ex moglie.
Nella richiesta del pm Matteo Tripani al gip Laura Barresi vengono ritenuti determinanti, proprio ai fini della premeditazione, anche altri particolari della vicenda. Secondo il pm, Dragoslav non ha acceso mai i telefoni cellulari durante il viaggio lampo dalla Serbia a Trieste proprio per «occultare i propri spostamenti». Non solo. Sarebbe stato lecito attendersi che il fantomatico amante, una volta scappato dalla finestra della camera da letto della casa di via del Roncheto, avesse mandato un sms o fatto una chiamata alla donna che non stava bene per chiederle notizie sulle sue condizioni. Così come ci si sarebbe aspettati da lui, una volta appreso in seguito della scomparsa di Slavica, richieste di informazioni a riguardo rivolte ai familiari o alle forze dell’ordine. E invece non c’è stato nulla di tutto questo. Tanto che gli inquirenti non credono minimamente alla presenza di un uomo in casa quella sera. Ma c’è di più. Nel corso dell’interrogatorio Drago ha riferito al gip altri particolari.
Ha ribadito di averla uccisa con una potente scarica elettrica e spiegato che le tracce di sangue trovate sul pavimento e sulla maniglia della porta d’ingresso sono la conseguenza dell’epistassi della donna. In pratica dopo la scossa, secondo il racconto dell’accusato, Slavica avebbe avuto un’emorragia dal naso. Ha parlato anche della strada fatta per arrivare dalla casa di via del Roncheto alla discarica in Slovenia: da viale Ippodromo alla Grande viabilità fino a Opicina, per poi superare il confine attraverso un valico secondario. L’ultimo punto affrontato è quello dell’incendio della sua Ford Mondeo. Drago Ha ammesso di averlo appiccato da solo per distruggere anche documenti e passaporto con i timbri relativi ai passaggi in Croazia.

 

Trieste, Drago Kostic tentò di uccidere anche la prima moglie (il Piccolo – 15 giugno 2016)
L’ex marito di Slavica racconta al giudice di aver cercato di strangolare la donna quando lei aveva deciso di lasciarlo
Dragoslav Kostic, 61 anni, l’uomo che ha ucciso la ex moglie Slavica, 38 anni, e poi ne ha gettato il corpo in una discarica, aveva già tentato in passato di ammazzare un’altra donna, la prima moglie. Lo ha riferito lui stesso al gip Laura Barresi nell’interrogatorio di garanzia cui erano presenti i difensori, gli avvocati Roberto Mantello e Gianfranco Grisonich. Così anche questo episodio drammatico e inquietante è stato rievocato dallo stesso giudice nel provvedimento in cui ha disposto la custodia cautelare accogliendo la richiesta del pm Matteo Tripani. Anche quella volta, come è accaduto con Slavica, la reazione di Dragoslav, conosciuto con il soprannome di Drago, è stata innescata dal fatto che la donna lo aveva lasciato per un altro.
Scrive in proposito il giudice Barresi: «Di fronte al rifiuto o anche al tentativo di maniplazione (che egli afferma essere stato posto in essere dalle sue compagne) Kostic non è in grado di allontanarsi e chiudere un rapporto, ma l’unica via d’uscita che egli si rappresenta ed è in grado di attuare è quella che conduce alla morte». Poi  accenna brevemente all’episodio rievocato da Kostic durante l’interrogatorio nel quale lui per primo aveva nell’occasione tentato il suicidio. Tanto che si era impiccato ma era stato salvato dalla moglie di allora. Egli poi l’avrebbe presa per il collo tentando di strozzarla, perché la donna voleva chiamare il suo amante. Osserva ancora il giudice Barresi: «A fronte del rifiuto, Kostic può solo pensare alla morte (sua o della compagna) come modo per superare ciò che gli provoca sofferenza. Questa convinzione è radicata in lui e questo è il suo modo di relazionarsi con chi ama. Si pensi che ha dichiarato che ha amato e tuttora ama Slavica.
L’incapacità di contenere le pulsioni in caso di rifiuto indica – continua il gip – una pericolosa inclinazione alla violenza che non può essere contenuta se non con la restrizione massima».. Parole queste che non lasciano spazio ad alcun dubbio o incertezza. D’altra parte lo stesso Drago l’ha ammesso fin da subito tanto agli investigatori della Mobile e al pm Matteo Tripani, quanto al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
Ha affermato di essere venuto a Trieste, rileva il giudice Barresi, «in quanto supponeva che la donna non fosse sola». Era entrato in casa e aveva visto che dalla finestra stava fuggendo un uomo. Era scaturita una accesa discussione con Slavica che gli aveva rivendicato la sua libertà, così aveva detto, di incontrare chi voleva. Per Kostic quelle parole erano state una evidente provocazione ed egli, così ha ribadito durante l’interrogatorio, si era munito di un filo elettrico che aveva collegato alla presa e poi lo aveva avvicinato al collo della donna provocando la scarica e il conseguente decesso. Insomma, ha ribadito di non aver usato nessun coltello. Le macchie di sangue trovate poi dagli esperti della scientifica sul pavimento della casa e su una maniglia, secondo il racconto di Drago Kostic, sono state causate dall’epistassi di Slavica. Epistassi provocata – evidentemente – dalla scarica elettrica. Anche questo elemento della scarica elettrica avvalora l’ipotesi della premeditazione. «La pluralità di attività necessarie per rendere l’oggetto prescelto fatale, presuppone – si legge nell’ordinanza – uno spazio logico temporale meno adattabile all’impulso immediato ed irrefrenabile». Insomma, nessun raptus, ma un’azione addirittura tecnicamente corretta eseguita da un esperto.
Kostic, che in passato ha gestito una piccola impresa edile di restauri, infatti sapeva come fare a collegare un filo elettrico da cantiere alla rete domestica. E sapeva, come lui stesso ha dichiarato, dove – in quella casa – andare a cercare il filo utilizzato per punire Slavica. Intanto ieri il pm Matteo Tripani ha inviato alla collega della procura di Capodistria Tamara Pacor la richiesta formale di rogatoria per quanto riguarda il corpo della badante uccisa. Ci vorrà, si è saputo, almeno una settimana per poter avere il nulla osta al trasporto della salma a Trieste per effettuare l’autopsia.


Link