Silvia Cattaneo, 26 anni, studentessa, incinta. Uccisa dall’ex con un colpo di pistola
Milano, 1 Agosto 2001
Titoli & Articoli
Omicidio- suicidio in albergo, la studentessa era incinta
«Ho saputo dal televideo che mia figlia Silvia era incinta. È come se l’ avessero uccisa una seconda volta». Roberto Cattaneo è un uomo distrutto. Non si aspettava di conoscere dalla televisione quella verità taciuta.
E questo segreto nascosto ha probabilmente armato mercoledì pomeriggio la mano di Carlo Bruni. L’ uomo, un farmacista benestante di 54 anni della provincia di Pavia, ha ucciso con due colpi di pistola alla testa Silvia Cattaneo, studentessa di 26 anni. Lei lo voleva lasciare dopo una relazione durata oltre un anno. Lui non lo ha permesso e le ha sparato nella stanza del prestigioso Hotel Palace di Milano (la numero 1204), dove i due avevano vissuto alcuni dei momenti più intimi della loro storia d’ amore.
Prima di suicidarsi con la stessa pistola, Bruni ha chiamato il padre di Silvia al cellulare: «Roberto – gli ha detto – è tutto finito». Il genitore ha sentito al telefono l’ ultimo sparo. I corpi di Silvia e Carlo sono stati scoperti cinque ore e mezzo più tardi, alle 21.35, dal personale dell’ hotel.
Il movente. La conferma che la ragazza fosse incinta è arrivata ieri mattina dall’ autopsia. Ma forse il farmacista già sapeva la verità. Sul comodino della stanza dell’ hotel sono stati trovati due test di gravidanza: uno ancora sigillato, l’ altro usato ma ormai illeggibile. Tre le ipotesi che potrebbero aver portato all’ omicidiosuicidio e su cui la polizia sta lavorando.
L’ uomo non avrebbe sopportato la prospettiva di perdere la donna che amava e con lei anche suo figlio. Oppure, i due avrebbero avuto una discussione proprio sul futuro del bambino, a prescindere dal destino della loro relazione. Terza e più remota ipotesi, quel figlio non era suo e avrebbe definitivamente chiuso ogni prospettiva di vita in comune.
Il test del Dna, già disposto dal magistrato Giovanna Ichino, darà una prima, importante indicazione. La fine di un amore. La coppia aveva rotto a febbraio. Carlo e Silvia si erano rivisti casualmente – almeno questo afferma la famiglia Cattaneo – solo due settimane fa nella piazzetta di Porto Cervo. La ragazza era in vacanza in Sardegna con i genitori e il fratello Massimo. Lui invece era in vacanza con un gruppo di amici.
La famiglia Cattaneo rifiutò in quell’ occasione un invito a cena per la stessa sera. Il padre Roberto e la madre Leda non avevano mai approvato quella relazione, «anche se abbiamo rispettato la scelta di Silvia». Ritornati dalla Sardegna, il farmacista ha incominciato a tempestare la ragazza di telefonate e messaggi. La polizia ha trovato nell’ abitazione dell’ uomo, a Santa Maria della Versa (Pavia) una decina di lettere, indirizzate a più persone ma mai spedite. È stato lo stesso farmacista a farle trovare con un biglietto lasciato nella stanza dell’ hotel.
L’ omicidio e poi il suicidio. La ragazza era uscita dall’ abitazione di Arese nella mattinata di mercoledì. «Vado in università», aveva detto ai genitori. E la sua macchina è stata ritrovata nelle vicinanze del Politecnico di Milano, dove Silvia frequentava l’ ultimo anno di Architettura. È probabile che Bruni abbia rintracciato la ragazza al telefonino quando era già in città e che abbiano raggiunto verso mezzogiorno la stanza d’ albergo a bordo della Mercedes dell’ uomo. I due hanno trascorso il pomeriggio in camera. Alle 16, Silvia ha ricevuto la telefonata del padre: «Come va?». Silvia però ha risposto con voce tesa: «Sto tornando a casa». Subito dopo il dramma. Ancora tre minuti ed è il cellulare del padre a trillare. Dall’ altra parte del telefono la voce di Carlo. Poi lo sparo e il buio.
Delitto all’hotel di Milano: la ragazza era incinta
|
‘Aveva minacciato anche me’ La denuncia dell’ ex fidanzata
Carlo Bruni il farmacista di 54 anni che mercoledì pomeriggio ha ucciso Silvia Cattaneo, 26, per poi togliersi la vita – aveva un passato violento alle spalle. A sostenerlo è una misteriosa testimone, una ex fidanzata, che ieri pomeriggio si è materializzata in questura. È una delle novità che sono emerse ieri, insieme al fatto che Silvia, quando è stata ammazzata da due colpi di pistola (non uno come sembrava in un primo momento) era incinta.
Anche su Carlo emergono nuovi dettagli: uno dei biglietti che ha fatto trovare vicino al suo cadavere rimanda a un serie di lettere – una ventina – scritte a marzo, nel momento in cui la storia d’ amore entrò in crisi. In queste lettere, indirizzate a Silvia, agli amici e ai parenti, e a tratti deliranti, l’ uomo parlerebbe anche dell’ eventualità di uccidersi e di togliere la vita anche a Silvia.
Intanto sulla misteriosa testimone la polizia afferma che «abbiamo sentito una persona che, una decina di anni fa, dice di aver subìto da parte di Carlo Bruni un’ aggressione analoga con una pistola». Fin qui la parte confermata dalla questura. Ma, anche se dal punto investigativo il caso è chiuso, secondo alcune indiscrezioni la polizia sta indagando su questi possibili episodi violenti. La testimone ha telefonato ai familiari di Silvia dicendo di aver letto quanto accaduto sui giornali e di aver capito che solo per fortuna non le era accaduta una cosa simile. Anche a lei, infatti, l’ uomo, in passato, avrebbe dato appuntamento in un motel e si sarebbe presentato armato. Dopo aver denunciato l’ accaduto, la donna aveva subito ulteriori minacce e aveva deciso di trasferirsi.
«Siamo stupiti e arrabbiati – commenta il fratello di Silvia, Massimiliano, architetto – Se quest’ uomo era già stato denunciato, come è possibile che potesse avere legalmente un’ arma?».
Negli ultimi mesi, hanno detto ancora i familiari, Silvia aveva deciso di cambiare vita e di affrontare definitivamente l’ uomo. «Mia sorella non aveva un nuovo fidanzato – garantisce Massimiliano – Di recente aveva ricominciato a uscire con me, i miei amici e con alcuni compagni dell’ università. C’ era, negli ultimi tempi, una simpatia nuova che forse avrebbe potuto diventare qualcosa di più, ma nessuna relazione». Silvia ha nascosto solo la sua gravidanza. Ma probabilmente l’ aveva appresa da poco.
Restano ancora alcuni aspetti da chiarire. Come la paternità del figlio che Silvia aspettava, motivo per il quale il pm Giovanna Ichino dovrebbe disporre il test del Dna. Ma resta da chiarire anche un altro dubbio: la Y 10 di Silvia non era parcheggiata di fianco al Palace. L’ auto è stata ritrovata ieri dal fratello. «Era dove doveva essere – ha detto – vicino all’ università. E questo vuol dire che Silvia mercoledì è uscita per andare in facoltà. È ben diverso dal dire che aveva un appuntamento con lui. Resta inspiegabile come qualche ora più tardi sia riapparsa al Palace». Anche se, una delle ipotesi, può essere che l’ uomo l’ abbia costretta a seguirlo fino all’ hotel dove può averla obbligata a fare il test di gravidanza per poi ucciderla. Oggi alle 16, intanto, ad Arese nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo verranno celebrati i funerali di Silvia.
DELITTO AL PALACE: BRUNI NON VOLEVA CHE SILVIA ABORTISSE
Lui non voleva che abortisse. E per avere il figlio che Silvia portava in grembo era disposto a versare alla ragazza un miliardo. A due giorni dal tragico omicidio-suicidio consumato nell’elegante hotel Westin Palace di Milano, la squadra mobile conferma un particolare drammatico della relazione tormentata tra i due ex fidanzati.
Cosi’, mentre ad Arese si celebrano i funerali della bella Silvia Cattaneo, gli investigatori parlano di una delle tante missive scritte e mai spedite da Carlo Bruni alla giovane studentessa. Lettere tormentate indirizzate anche ai genitori della ragazza, custodite nell’abitazione dell’ex ‘farmacista’, a Santa Maria della Versa, in provincia di Pavia. In una Bruni prometteva un miliardo a Silvia, solo ”se porterai a termine la gravidanza”. Ma la decisione della giovane, che da tempo aveva rotto i rapporti con l’avvenente ma tanto piu’ grande di lei Carlo, di abortire, avrebbe deciso l’ex play boy a premere il grilletto.
Silvia aveva deciso di abortire ecco perché lui l’ha uccisa
MILANO – Non fu un raptus di follia. Aveva già deciso di uccidersi Carlo Bruni, il cinquantaquattrenne playboy di provincia, quando salì al dodicesimo piano dell’ hotel Palace tenendo per mano la sua fidanzata ventiseienne, Silvia Cattaneo, una studentessa del Politecnico per la quale, raccontano i suoi amici di Pavia, «da un anno aveva perso la testa».
La prova è chiusa in quattro bigliettini da tre righe l’ uno, scritti da Bruni prima dell’ ultimo appuntamento con Silvia, e trovati nella suite 2014 dell’ albergo a cinque stelle di Piazza della Repubblica dove prima ha ucciso la ragazza, che era incinta, e poi si è tolto la vita. Sono indirizzati a Silvia, alla madre, al fratello e all’ amico Giovanni. Nel primo, per Silvia, Carlo scrive: «La procreazione è una cosa bellissima». E aggiunge: «È il figlio dell’ amore, e se tu te lo tieni, ti regalerò un miliardo di lire».
Nel secondo, per sua madre, domanda perdono: «Ti chiedo scusa del gesto che sto per fare, ma purtroppo non riesco a vivere senza di lei». Nel terzo, a suo fratello, spiega: «La mia vita è finita, pensavo di essermene ricostruita un’ altra con Silvia ma non è stato così. E’ finito l’ amore e la mia vita non ha più senso». Nel quarto, per l’ amico Giovanni, dice: «Chiedo scusa anche a voi se lascio questa vita, ma non ho più interessi anche per i miei tre matrimoni falliti».
Si capisce, dal testo, che Carlo aveva già deciso di ammazzarsi prima dell’ incontro, perché lei gli aveva detto che lo voleva lasciare. Ma non parla di uccidere anche Silvia. Questo deve averlo deciso solo all’ ultimo momento dopo una lite sul futuro di quel bambino che la ragazza teneva in grembo.
«Non giudicare, perché non conosciamo i misteri del cuore umano» ha esortato dal pulpito, citando le parole di Gesù, Don Pietro Frigerio, il parroco della chiesa di San Pietro e Paolo ad Arese, alle porte di Milano, dove ieri pomeriggio sono stati celebrati i funerali di Silvia. Una cerimonia tesa, sofferta, segnata da alcuni momenti di tensione tra i familiari di Silvia e alcuni cameramen e fotografi, alla quale ha partecipato un migliaio di persone, fra cui molti giovani, insieme ai genitori della ragazza, Roberto e Leda, affranti dal dolore. Non ci sono state parole, neanche una, per Carlo Bruni. Non odio né rabbia. Solo dolore. Anche quando Massimiliano, il fratello di Silvia, è salito sul pulpito per ricordare sua sorella, e si è lamentato di «tutte le malignità che persone prive di coscienza hanno scritto su Silvia». «Forse potevo salvarla» non si dava pace suo padre al cimitero, mentre chiudevano la tomba.
Uccise la fidanzata, maxi-risarcimento
Gli eredi di Carlo Bruni, già farmacista del paese, dovranno pagare una somma di 555mila euro ai familiari di Silvia Cattaneo, la ragazza uccisa dal professionista oltrepadano, col quale aveva una relazione sentimentale. Lo ha deciso il tribunale civile di Milano, accogliendo la richiesta risarcitoria formulata per la copertura dei danni morali, materiali ed esistenziali. La vicenda risale a 6 anni fa e fece scalpore non solo a Santa Maria e in Oltrepo.
Era il primo agosto 2001 e la coppia (lei aveva 26 anni e lui 53), si trovava in una stanza d’albergo, in piazza della Repubblica a Milano, dove accadde la tragedia. Carlo Bruni aveva conosciuto Silvia Cattaneo, di Arese, e se ne era follemente innamorato: «Per questo amore – avrebbe lasciato scritto in alcune lettere e in alcuni biglietti – sono pronto a tutto». Quando aveva saputo che lei aspettava un bimbo, si era aggrappato all’offerta di un miliardo pur di convincerla a tenersi il figlio. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, su questo tema sarebbe nata una discussione, nel corso della quale l’uomo estrasse una pistola e fece fuoco sulla ragazza, uccidendola. Sconvolto per il gesto compiuto e per la definitiva perdita della fidanzata, Bruni rivolse l’arma verso se stesso e si uccise. Ora, a 6 anni di distanza dal fatto, si è conclusa davanti al giudice Letizia Ferrari da Grado la causa che era stata avviata dai familiari di Silvia per chiedere il risarcimento agli eredi del farmacista oltrepadano.
Dopo aver fatto svolgere una consulenza tecnica per la ricostruzione della vicenda, il giudice ha condannato le parti convenute a pagare 215 mila euro a Roberto Cattaneo, e altri 200mila a Leda Carini, i genitori della ragazza uccisa, mentre altri 140mila euro dovranno andare agli altri parenti prossimi della Cattaneo. A carico delle parti convenute e condannate sono andate anche le spese di giudizio, che sono state calcolate dal tribunale in 23mila euro. A questo punto gli eredi di Carlo Bruni valuteranno insieme ai loro legali le motivazioni del verdetto e decideranno se presentare impugnazione in corte d’appello, sperando in una più favorevole conclusione dei giudici di secondo grado, mentre il tribunale aveva definito eredi dell’omicida-suicida Giorgio Bruni, Rosaria Calatrò e Maria Lorena Franchi.
Nei giorni immediatamente successivi alla tragedia, il fratello di Silvia Cattaneo, Massimiliano, aveva avuto modo di dire fra l’altro: «Abbiamo deciso di costituire una fondazione benefica, con gli eventuali proventi da azioni giudiziarie». Ai funerali di Silvia Cattaneo aveva partecipato tutta la comunità di Arese, il centro dell’hinterland milanese: Silvia frequentava spesso la parrocchia e partecipava alle funzioni religiose. Il papà Roberto era responsabile di zona del Ccd. La tragedia era avvenuta in un «esclusivo» hotel di Milano, frequentato fra l’altro da personaggi del mondo della moda, dell’industria, dello sport e dello spettacolo. (a.c.)