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Patrizia Duregon, 35 anni, infermiera, mamma. Uccisa a coltellate insieme alla figlia dal marito e padre

Abbiate Guazzone Tradate (Varese), 24 Novembre 2001


Titoli & Articoli

La strage di Tradate – “Una famiglia tranquilla” (TiO – 24 novembre 2001)

Sposata da 13 anni non aveva mai dato problemi anche se negli ultimi mesi sembra che le liti fra i due coniugi fossero diventate frequenti. Ora si cerca un movente ad una tragedia che sembra non avere un perché

ABBIATE GUAZZONE –È il silenzio della morte quello che circonda l’alveare di villette a schiera che quasi si affacciano sulla Varesina, in via Sabotino ad Abbiate Guazzone dove oggi pomeriggio un operaio ha ucciso la moglie e la figlioletta Giulia che fra pochi giorni avrebbe compiuto i 10 anni. Le ha uccise con un coltello dalla lama lunga oltre 20 centimetri. Poi lo hanno trovato agonizzante con i polsi tagliati e una profonda ferita alla gola.
Pietro Volontè 37 anni, dipendente della “Alfa Therma” di Venegono Superiore (Varese) da 13 anni era sposato Patrizia Duregon, infermiera 35enne all’ospedale di Tradate, e secondo quei pochi vicini di casa che si sbilanciano, la loro era una famiglia normalissima, come tante anche se negli ultimi mesi le liti si erano fatte sempre più frequenti. Nessuno, però, immaginava il tremendo epilogo di oggi quando è esplosa la furia cieca dell’operaio.
Il dramma è iniziato subito dopo pranzo, verso le 14.30, ma neppure il Capitano Risi dei Carabinieri della Compagnia di Saronno, ha saputo fornire almeno una prima ipotesi sul perché. Nella conferenza stampa tenutasi in serata nella piccola caserma di Tradate è stata ricostruita la possibile dinamica di un pomeriggio di terrore: un litigio che inizia in cucina e proseguito per due ore con toni sempre più accesi tanto da spingere la piccola Giulia ad andare in soggiorno per telefonare al nonno materno chiedendogli di intervenire. Sono momenti terribili.
Pietro ha già in mano un coltello e con questo colpisce almeno due volte la moglie: al collo e alla schiena. Probabilmente Giulia vede avvicinarsi il padre con in mano il coltello insanguinato. È terrorizzata, urla e fugge lasciando cadere malamente la cornetta del telefono permettendo al nonno di capire quello che sta succedendo. L’anziano uomo si precipita subito in via Sabotino, bussa ripetutamente alla porta. Nessuno risponde. La tragedia si è già compiuta. È lui a far scattare l’allarme telefonando ai Carabinieri che fanno intervenire la prima ambulanza.
Quando arrivano i soccorritori la scena che si presenta ai loro occhi è agghiacciante: sangue ovunque e per terra due coltelli. Lui, Pietro Volontè è agonizzante sulle scale con i polsi e le gola sanguinanti, ma ha la forza per pronunciare poche parole: “Le ho uccise io”. Dentro l’abitazione il corpo già privo di vita della bimba e in condizioni disperate la moglie che viene subito portata all’ospedale di Tradate dove muore poco dopo il suo arrivo al Pronto. Anche l’omicida viene portato all’Ospedale tradatese in condizioni gravissime. Lì vi giunge in coma. Dopo le primissime cure il trasferimento all’Ospedale di Circolo di Varese per essere subito sottoposto ad un intervento chirurgico. La sua vita è appesa ad un filo. I Carabinieri raccolgono le prime testimonianze, il racconto il lacrime del nonno di Giulia che non riesce a darsi pace per non essere arrivato in tempo. Ma nulla sembra poter dare una spiegazione su una tragedia che ha scosso il Tradatese ma dove gli stessi vicini, alcuni di essi, al cronista in cerca di notizie, rispondono “lo abbiamo saputo dalla televisione”. Eppure abitano a pochi metri da quella villetta a schiera disposta su due piani. ancora inspiegabile.
Corriere della Sera – 25 novembre 2001

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