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Olga Dunina, 62 anni, badante, mamma. Massacrata a botte, bastonate e con un tubo di ferro dal marito che poi ha chiuso il corpo in uno scatolone e lo ha gettato lungo i binari della ferrovia

Spello (Perugia), 16 Giugno 2013

 


Titoli & Articoli

Svelato il mistero: il corpo nello scatolone era della badante Olga Dunina, ucraina di 62 anni Uccisa a botte e bastonate (Tuttoggi – 19 giugno 2013)
Nella giornata di oggi emergono le prime novità e colpi di scena, sul mistero del cadavere ritrovato in uno scatolone lungo la strada che collega Foligno a Spello, a metrà strada tra i Vivai Brocani e la stazione ferroviaria spellana
Il marito scomparso – La vittima è Olga Dunina, una badante ucraina di 62 anni, che assisteva anziani e malati. L’attenzione degli inquirenti si sta concentrando sul 67enne Giovanni Miceli, suo marito, di origini siciliane ma da tempo residente a Foligno e domiciliato in via Petrucci, un vicolo in pieno centro storico cittadino. I Carabinieri hanno atteso invano il rientro dell’uomo presso la propria abitazione e questo la dice ben lunga anche sul fatto che non fosse stata presentata alcuna denuncia di scomparsa. A condurre le indagini, il sostituto procuratore Mario Formisano. Le indagini si starebbero estendendo anche in Sicilia, ma non si esclude un tragico epilogo della vicenda.
Miceli principale sospettato – Gli inquirenti avrebbero iscritto il marito nel registro degli indagati in quanto lo riterrebbero il principale indiziato per l’effereto delitto. A quanto sembra l’uomo avrebbe a che fare anche per lavoro con scatole, scatoloni ed imballaggi-
Amore nato alla Caritas – I due si sarebbero conosciuti tre anni fa proprio a Foligno, entrambi infatti frequentavano le strutture della Caritas diocesana in piazza San Giacomo dove andavano in cerca di lavoro e di assistenza. Un amore coronato lo scorso anno con le nozze.
Il mistero dello scatolone – Si scopre anche che il cartone utilizzato per trasportare il cadavere era un grande scatolone che sarebbe dovuto servire per consegnare merce in un’attività di abbigliamento del centro storico di Foligno
Il ritrovamento casuale – Il passante che ha ritrovato il corpo è un agricoltore di Cannara che stava transitando a bordo del suo scooter. Fermatosi sulla piazzola, la sua attenzione è stata attratta da un cane randagio che si stava aggirando nei pressi nell’anfratto selvatico. Avvicinatosi con estrema cautela, l’uomo ha così aperto una porzione dello scatolone, ancora sigillato con del nastro isolante. Fatta la macabra scoperta ha immediatamente avvisato le forze dell’ordine, intervenute prontamente sul posto per recintare l’area e mettere in sicurezza il luogo del rinvenimento.
Corpo tra coperte e lenzuola – Il corpo era per così dire occultato con lenzuola, coperte, sacchi di plastica e alcuni pezzi di cellophane, legati tra di loro da nastro adesivo, probabilmente per evitare dispersione di sangue dal corpo. La vittima è stata ritrovata con le gambe piegate, questo ha permesso all’assassimo di occupare meno spazio e trasportarla più agevolmente.
Spunta un foulard – Sembra che durante l’esame del cadavere sia stato rinvenuto un foulard da donna nella gola della povera Olga Dunina, un pezzo di stoffa ad una certa profondità, che potrebbe essere stato usato dall’omicida per impedire alla donna di parlare o urlare.
Uccisa a botte e bastonate – Di corporatura robusta, pare indossasse soltanto una vestaglia senza biancheria intima. Dai primi accertamenti sembra sia stata violentemente picchiata e quindi finita con pesanti colpi alla testa inferti da un bastone o da una spranga con addondante fuoriuscita di sangue.
L’ipotesi di un complice – La morte sarebbe avvenuta in un luogo chiuso L’omicida in base alla ricostruzione, avrebbe portato il corpo della donna in auto per poi trascinare il pesante scatolone nell’anfratto. A questo punto ci si chiede se l’omicida possa essere ricorso all’aiuto di un complice, almeno per l’occultamento di cadavere.
Arrivano i Ris – Agli uomini del Ris di Roma spetta ora il compito di ispezionare scientificamente la casa di via Rutili. Ieri sera c’è stato un approfondito sopralluogo da parte dei carabinieri di Perugia e del magistrato Formisano, ma nessuna traccia evidente utile per le indagini è stata trovata.
Il caso a ‘Chi l’ha visto ?’ – Dovrebbe giungere a Foligno una troupe della trasmissione televisiva ‘Chi l’ha visto ?’ proprio per realizzare un reportage riguardante ii femminicidi che nel giro di pochi giorni hanno letteralmente sconvolto la comunità folignate, dall’omicidio della giovane badane ucraini uccisa per strada in zona Agorà alla tragica morte della badante ucraina rinvenuta cadavere lungo la strada tra Foligno e Spello.
La testimonzia dei vicini – Increduli, sconcertati i vicini di casa in via Petrucci. Da alcuni la coppia viene descritta come litigiosa, diverbi spesso legati a questioni economiche, vista la carenza di risorse economiche dei due. Una ragazza racconta anche un particolare episodio. “Alcuni giorni fa stavo scaricando alcune buste della spesa dalla mia auto al portone del palazzo – scrive su facebook – e Giovanni Miceli si era offerto di aspettarmi in strada per tenermi sotto controllo la vettura onde evitare l’avvicinarsi di eventuali malintenzionati”. Con enorme rammarico abbiamo appreso la notizia della tragica morte di Olga Dunina, la donna ucraina di 62 anni ritrovata senza vita dentro uno scatolone ieri mattina nei pressi di Spello.
Cordoglio della Caritas – “La Caritas diocesana di Foligno aveva avuto modo di conoscere Olga e suo marito Giovanni negli anni scorsi. Quest’ultimo aveva usufruito del servizio mensa offerto dalla Caritas ed era stato seguito ed aiutato per qualche tempo per far fronte ad alcune difficoltà economiche, fino al giugno del 2011. Il direttore della Caritas diocesana di Foligno, Mauro Masciotti, esprime tutto il suo dispiacere per la drammaticità dell’accaduto, ancora una volta una donna vittima di brutalità e violenza”.

Omicidio Spello, venerdì il corpo di Olga Dunina torna in Ucraina (Umbria24 – 18 luglio 2013)
Verrà riportata a casa venerdì pomeriggio la salma di Olga Dunina, la donna ucraina di 62 anni barbaramente uccisa il 18 giugno a Foligno. A darne notizia è l’assessore Rita Zampolini che, in una nota del Comune, rende noto che venerdì alle 15 si terrà una piccola cerimonia nella sala commiato di una ditta di pompe funebri, a poca distanza dal luogo dell’omicidio.«E’ un modo – scrive Zampolini – per ricordare questa donna e manifestare la solidarietà della città alla famiglia».
La fuga a Roma Il corpo della donna, che di mestiere faceva la badante, è stato ritrovato in uno scatolone lungo via Pasciana, sulla strada che collega Spello e Foligno. Come emerso dall’autopsia, Olga Dunina è stata uccisa dai colpi che le sono stati inferti con estrema violenza alla testa. Lesioni «importanti ed estese», come accertato dal medico legale Sergio Scalise, che potrebbero verosimilmente essere state provocate da un oggetto grande, come una spranga o un mattarello. Per l’omicidio è indagato Giovanni Miceli, il marito 67enne della vittima che, secondo i carabinieri, è scappato verso Roma subito dopo l’omicidio facendo perdere così le sue tracce. Dopo l’omicidio, Miceli ha contattato un 45enne tunisino che possiede un furgone. Insieme a quest’ultimo ha caricato lo scatolone con il corpo di Olga Dunina per poi abbandonarlo là dove è stato ritrovato.

Badante uccisa, il marito confessa: «Mi ha detto ‘sei impotente’ e l’ho colpita. Non volevo ucciderla» (Umbria24 – 6 settembre 2013)
L’ha uccisa colpendola due volte con un tubo di ferro alla testa perché lei gli aveva detto che era impotente. L’ha colpita prima dietro, poi davanti, sulla nuca e sulla fronte, mentre lei era sul letto che si limava le unghie. Giovanni Miceli, l’uomo arrestato il tre agosto dai carabinieri del nucleo investigativo di Perugia per l’omicidio di Olga Dunina, ritrovata cadavere il 18 giugno scorso in uno scatolone lungo la ferrovia di Spello,  ha confessato tutto al pubblico ministero Mario Formisano durante l’interrogatorio che si è tenuto in carcere a Perugia giovedì pomeriggio.
Non voleva ucciderla L’uomo ha spiegato che non aveva intenzione di ammazzare la donna, secondo il suo racconto, avrebbe voluto colpirla alla testa. Invece Olga Dunina è morta domenica 16 giugno intorno alle 12, dopo essere stata colpita con un tubo di ferro che il marito ha detto di aver tenuto in camera per spostare i mobili. Due giorni prima del ritrovamento del cadavere avvenuto il martedì successivo da parte di un passante nei pressi della stazione ferroviaria di Spello.
Non ucciderei più Giovanni Miceli, su richiesta del suo avvocato, ha specificato che se uscisse dal carcere non ucciderebbe più nessuno. L’uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dal fatto di aver ucciso una persona già vittima di maltrattamenti da parte dell’assassino. (di Francesca Marruco)


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In memoria di

Omicidio di Foligno, la figlia di Olga: «Miceli dica cosa è successo davvero. Mamma era una persona buona» (Umbria24 – 11 dicembre 2013)
Forse Olga Dunina sarebbe tornata per sempre in Ucraina. Una settimana dopo essere stata uccisa dal marito Giovanni Miceli sarebbe partita alla volta di casa sua, per andare ad abbracciare la figlia Elena, l’altro figlio, affetto da una malattia,  il nipote e il fratello. E invece sono stati proprio la figlia e il nipote a venire in Italia, a Perugia, per la prima volta da quando la loro cara era arrivata in Umbria in cerca di un lavoro che le permettesse di mandare soldi in patria, a fare il viaggio al contrario. Sono arrivati martedì mattina e mercoledì mattina molto probabilmente incontreranno l’uomo che ha ucciso Olga.
«Il primo motivo per cui sono venuta qui – dice la figlia Elena intervistata nello studio dei suoi legali Nicodemo Gentile e Antonio Cozza –  è per incontrarlo e per vederlo». Elena, occhi azzurri e una dignità che nasconde un dolore immenso, non sa spiegare perché sia accaduta una cosa tanto drammatica a sua madre.  «Io vorrei chiederlo a Giovanni cosa è successo – dice, tradotta da un’interprete che era anche una cara amica di Olga -. Io non ho idea per quale motivo è successo tutto questo.  Mamma diceva che andava sempre tutto bene, che era tutto normale. Non ha mai detto niente di quello che le succedeva, diceva che lui era un po’ nervoso, però niente di grave. Non ci ha mai ha detto che lei era in pericolo di vita. Non abbiamo mai saputo che lui la picchiava».
Quanto alla versione che Giovanni Miceli, arrestato lo scorso agosto dai carabinieri di Perugia dopo oltre un mese di latitanza, ha dato, Elena le bolla come «tante bugie» perché «Olga non era una persona maleducata, era una persona educatissima». «Gli ultimi sei anni ha perso la sua vita con quel disgraziato, mentre poteva fare una vita più bella e più tranquilla», si sfoga ancora.  Elena e il figlio sanno che Giovanni Miceli, che il 16 giugno scorso ha ammazzato la moglie Olga Dunina e poi l’ha abbandonata in uno scatolone a ridosso della ferrovia di Spello, potrebbe non essere condannato all’ergastolo, invirtù della scelta del rito abbreviato. «E comunque – dice ancora Elena . anche quando finisse in galera per tutta la vita, lui resta  vivo».
A parlare è anche l’amica di Olga Dunina, ed è lei a dire che «sapevo che Miceli non era cosi come si presenta, pero lei non dava retta, era agitato. Io le ho detto tante volte che lo doveva lasciare, e non trovo una spiegazione per cui lei stava con lui. Prima di mettersi con lui era bellissima, era sempre ben vestita fino a quando non ha incontrato lui, dopo è cambiato tutto». Mercoledì mattina Giovanni Miceli comparirà davanti al gup Claudiani. Per lui il pubblico ministero Mario Formisano potrebbe comunque chiedere la pena dell’ergastolo vista la gravità del gesto e le aggravanti che lo caratterizzano da un punto di vista penale. L’avrà uccisa perché lei pensava di andarsene e di lasciarlo? (di Francesca Marruco)

 

Olga Dunina, un cadavere nello scatolone (GQ Italia – 24 giugno 2016)
Lungo i binari della ferrovia, sulla via Pasciana, tra Spello e Foligno – Perugia-, c’è uno scatolone sigillato col nastro adesivo e abbandonato tra i rovi. Lo avvista intorno alle 11.30 un passante, che sente anche provenire dall’interno un fortissimo odore, come di marcio. I carabinieri sono lì poco più tardi. Dentro, trovano altre due scatole. Aprendo la terza, spunta il cadavere di una donna di mezza età avvolto nel cellophane e in alcune coperte. Indossa una vestaglia, è senza biancheria intima e senza scarpe. Ha larghe ferite sul viso e sulla testa, come se fosse stata colpita da una spranga. E uccisa brutalmente. È la mattina del 18 giugno 2013 e la prima cosa che debbono accertare le forze dell’ordine è l’identità della vittima.
Identikit I primi risultati degli esami eseguiti all’Istituto di medicina legale dell’ospedale di Perugia, fanno pensare ad una donna tra i cinquanta e i sessanta anni, morta da almeno 24 ore. Presenta lividi su tutto il corpo. Il delitto sarebbe avvenuto in un luogo chiuso. Dato il peso della donna, si comincia a pensare a chi possa avere avuto la forza di trasportarla. Soprattutto se si tratti di una sola persona. Il cadavere viene comunque identificato in fretta: si chiama Olga Dunina, 62 anni, ucraina, in Italia da nove. Viveva a Foligno assistendo gli anziani ed era sposata con un italiano di cinque anni più grande, Giovanni Miceli. La loro abitazione è in una casa gestita dalla Caritas, dove vengono subito interrogate alcune persone, in attesa di trovare Miceli che, al momento, risulta irreperibile. Nessuno ha notato nulla di sospetto. Si sa solo che l’uomo aveva usufruito della mensa della Caritas fino al 2011, per difficoltà economiche.
La fuga L’indagine del sostituto procuratore Mario Formisano procede rapidamente. Il 19 giugno i Ris sono già nella stanza dei coniugi a cercare tracce di sangue. I sospetti sono evidentemente su Miceli, un matrimonio fallito alle spalle. E in effetti scoveranno proprio lì, in quella stanza, ciò che cercano. Passa un mese. Il 19 luglio la salma di Olga è riportata in Ucraina. E il 2 agosto scattano le manette per Miceli, rintracciato infine a Roma dai carabinieri: aveva trovato ospitalità da qualche settimana da una coppia di anziani, amici di lunga data e all’oscuro di tutta la vicenda. Sono riusciti a stanarlo grazie al tentativo che l’uomo ha fatto di ritirare la pensione in un ufficio postale alla periferia di Roma. Non che non abbia usato accorgimenti: le telecamere di sicurezza non inquadrano infatti lui allo sportello, ma due donne, madre e figlia. La madre lavora proprio per gli amici che hanno dato ospitalità a Miceli e lui aveva chiesto loro il favore di ritirargli dei soldi. Appena i carabinieri entrano in casa, Giovanni alza le spalle: dice che aveva vagato per Roma nei giorni successivi al delitto, prima di arrivare lì. Il comandante provinciale di Perugia, colonnello Angelo Cuneo, nel corso di una conferenza stampa, annuncia che finalmente il giallo è risolto: «Con questo arresto – afferma-   abbiamo chiuso una triste vicenda, che ancora una volta ha riguardato l’ennesima violenza contro una donna».
I carabinieri ricostruiscono anche le fasi del trasporto dello scatolone: Miceli avrebbe chiesto l’aiuto di un tunisino in cambio di 50 euro. «Mi ha detto che dentro c’erano pannoloni di anziani» riferisce il maghrebino agli inquirenti, ignaro del reale contenuto. Resta da chiarire il movente. “Motivi passionali” o più genericamente “incomprensioni” tra marito e moglie, si ipotizza. Anche se è dura arrivare a tanto per semplici incomprensioni coniugali. E poi erano sposati da appena un anno, anche se si conoscevano da sei. Deve esserci per forza qualcosa in più.
Viene fuori che nel 1989 su Miceli era stato aperto un procedimento penale per maltrattamenti nei confronti della prima moglie e per minacce con un fucile da caccia. L’uomo è accusato di omicidio e occultamento di cadavere. E al processo, la figlia e il nipote di Olga, Elena Zuzovleva e Artem, giunti in Italia per costituirsi parte civile, raccontano finalmente un movente tale da scatenare la furia dell’uomo: la vittima sarebbe infatti tornata in Ucraina se Miceli non l’avesse uccisa. «Non tornerò più» avrebbe detto al marito e alla figlia. Un’amica di lei da una vita, Hreciyna Taisiya,  spiega poi come Miceli fosse incline all’ira e quanto Olga fosse cambiata: «Da quando lo aveva conosciuto aveva smesso di portare i tacchi, non si truccava più». A lavorare in Italia Olga era venuta per aiutare un figlio malato, cui inviava quasi tutti i suoi guadagni. Ma in Italia, infine, c’è morta. (di Edoardo Montolli)