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Maria Scarfò, 36 anni, tabaccaia e barista, mamma. Rapita, violentata, uccisa e abbandonata in autostrada da un violentatore seriale

Caianello (Caserta), 29 Dicembre 2000


Titoli & Articoli

Corriere della Sera – 31 dicembre 2000

 

Esce dal lavoro, poi il buio. Trovata uccisa in autostrada (la Repubblica – 31 dicembre 2000)
Una vita in apparenza normale finita sulla piazzola di un’autostrada. Una giornata in apparenza normale che sembrava dover concludersi come sempre, con la chiusura del bar e il rientro a casa, dal marito e dalla figlia. Ma a casa sua, nel quartiere romano Tuscolano, a due passi dal bar, Maria Scarfò non è tornata. Hanno trovato il suo corpo ieri mattina all’alba a Caianello, vicino a Caserta, sulla Napoli-Roma in un’area di sosta. Aveva il cranio fracassato. Chi l’ha uccisa le è passato sopra con l’automobile che poi è stata trovata bruciata al Tuscolano. Maria Scarfò aveva 36 anni.
In quella vita che sembra così normale c’è un buco di una notte e l’ombra di un’altra persona, probabilmente un uomo, dice chi indaga. Un uomo che intorno alle 21 di venerdì, è salito sulla sua Golf nera (con la forza oppure si conoscevano?), l’ha portata a centinaia di chilometri da Roma e l’ha uccisa. L’ha colpita più volte alla testa (con un cric?), l’ha gettata giù dall’auto e ha schiacciato il suo corpo. Ha avuto la freddezza di tornare a Roma, più meno nel punto da cui erano partiti. Ha incendiato l’auto e l’ha spinta giù da una discesa.
L’assassino ha portato via sia la borsa che il telefono cellulare della vittima, probabilmente per ritardarne il riconoscimento. Il marito, Sandro Iacolucci, dipendente di una ditta di scenografia teatrale, sembra abbia avuto qualche esitazione nell’identificare il corpo della moglie, tanto era sfigurato il cadavere.
Le indagini, coordinate dal pm Emilia Galante Sorrentino della procura di Santa Maria Capua Vetere, si concentrano ora quasi esclusivamente nella capitale. Non risulta, almeno per ora, che Maria Scarfò avesse amicizie in Campania. Ma gli indizi per ricostruire quelle ultime ore di Maria Scarfò sono tanti. Il primo: quando la donna ha chiuso il bar ha telefonato a casa per avvertire il marito di aver avuto un disguido e che sarebbe rincasata in ritardo. Il secondo: un negoziante ha detto che poco prima delle 20 Maria ha comprato un piercing per il naso e l’ha descritta come tranquilla e soprattutto vestita in modo normale. Maria si è cambiata, perchè quando hanno trovato il corpo era vestita in modo elegante, minigonna, calze a rete, scarpe con i tacchi.
Queste le cose certe. Poi, solo voci e ipotesi. Movente passionale, un’amicizia pericolosa, un matrimonio in crisi. Nel quartiere romano in cui Maria gestiva con il fratello Alfonso il bar, c’è chi sostiene che la donna è salita sulla sua auto in compagnia di un uomo che si è messo alla guida. Lei aveva un aspetto teso. Stamani, davanti al bar, erano stati deposti due mazzi di lilium, uno con la scritta “Maria sarai sempre con noi” firmato “Gli amici del bar” e l’altro “Alfonso ti siamo vicini” dai “ragazzi del bar”. Messaggi di gente normale che non riescono a spiegarsi quella fine così orrenda di una vita apparentemente così normale.

Omicidio, l’indagine di Giovanna Petrocca sulla donna violentata e uccisa sulla A1 (il Sussidiario – 1 dicembre 2018)
A quasi 18 anni dal suo delitto, si riaccendono i riflettori sul caso di Maria Scarfò, la donna uccisa il 29 dicembre del 2000 lungo l’autostrada Napoli-Roma. L’occasione è rappresentata dalla nuova puntata di Commissari – Sulle tracce del male, il programma in onda nella terza serata di oggi, sabato 8 dicembre, su Raitre, a partire dalle 23.55.
Maria aveva 36 anni ed era una donna bella e piena di vita. Gestiva un bar nel quartiere Quadraro, a Roma insieme al fratello.
Nulla nella sua vita era segnato da sfumature e sospetti: trascorreva gran parte delle sue giornate nel locale. La sera del 29 dicembre 2000, Maria lasciò il bar e salì sulla sua auto. Secondo alcuni testimoni dell’epoca, alla guida della Golf vi era un uomo e la donna apparve particolarmente tesa. Al marito giunse una telefonata nella quale Maria lo metteva al corrente che avrebbe fatto tardi. La donna, tuttavia, non fece più ritorno a casa. Il suo corpo fu ritrovato massacrato in un’area di sosta dell’autostrada A1. Il suo killer l’aveva prima violentata sessualmente, poi colpita alla testa con 40 colpi inferti con un corpo contundente. Dopo averla lasciata senza vita, le aveva portato via la borsetta e il cellulare e con la medesima auto – poi trovata bruciata la mattina seguente poco distante dall’abitazione della vittima – aveva fatto ritorno in città.
A portare avanti con non poche difficoltà le indagini sull’omicidio di Maria Scarfò fu Giovanna Petrocca vice dirigente della squadra mobile. Il suo impegno e la sua ricerca della verità, dopo sette lunghi anni di indagine finalmente la premiarono con l’attesa svolta. Il giallo legato al delitto della donna 36enne, rinvenuta cadavere sull’autostrada A1 fu risolto solo grazie alla determinazione del Commissario Petrocca il quale, attraverso le ricerche fino a quel punto eseguite, riuscì a portare all’individuazione dell’assassino di Maria Scarfò attraverso un accertamento del Dna nell’ambito delle indagini condotte sulle aggressioni alle ragazze, in quel periodo molto diffuse. Dalle indagini emerse un importante collegamento tra l’omicidio di Maria Scarfò e il sequestro di quattro studentesse avvenuto a Roma nel 2007. Ad uccidere la donna sarebbe stato proprio lo stesso uomo che in modalità molto simili a quanto accaduto sette anni prima, sotto minaccia di una pistola obbligò le quattro ragazze a recarsi con la propria auto in provincia di Caserta, dove tentò di abusare di una di loro.
Si tratta del pregiudicato Sabatino D’Alfonso, incastrato dalle tracce genetiche presenti sulla scena del delitto di Maria. Nel dettaglio, il suo Dna fu trovato su un assorbente che la vittima indossava quando venne brutalmente assassinata. Il confronto con il Dna dell’uomo confermò la sua presenza nonché la serialità dei crimini commessi da Sabatino D’Alfonso, il quale, già nel 1991 era stato arrestato con altri tre complici con l’accusa di violenza sessuale e successivamente, nel ’99, fu nuovamente arrestato per aver rapinato e violentato un’altra ragazza in provincia di Latina.


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