Paola Maria Gaglione, 18 anni. Minacciata, inseguita e uccisa dal fratello che non accettava, come tutta la famiglia, la sua relazione
Caivano (Napoli), 12 Settembre 2020

Titoli & Articoli
Cosa sappiamo della morte di Maria Paola Gaglione (il Post – 14 settembre 2020)
Una ventenne era in moto a Caivano con il compagno, un uomo transgender, e il fratello li avrebbe speronati perché contrario alla loro relazione
Nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 settembre a Caivano, in provincia di Napoli, Maria Paola Gaglione è morta dopo essere caduta da un motorino e forse a causa dello scontro con un altro scooter: lei, ventenne, si trovava sul motorino insieme al compagno, Ciro Migliore, un uomo transgender; sul secondo motorino si trovava il fratello di Gaglione, Michele. Secondo la procura di Nola, lo scontro non sarebbe stato un incidente: Michele Gaglione avrebbe inseguito e forse volontariamente speronato il motorino su cui viaggiava la sorella perché contrario alla sua relazione con Migliore che, nello scontro, è stato ferito: ha una frattura a un braccio, oltre a contusioni ed escoriazioni.
Michele Antonio Gaglione, 30 anni, è stato arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale aggravato dai “futili motivi” e oggi è fissata l’udienza di convalida del fermo. Le indagini sono condotte dalla pm Patrizia Mucciacito e coordinate dal procuratore Laura Triassi. In un primo momento, i magistrati avevano ipotizzato l’accusa di “morte in conseguenza di un altro reato”, poi modificata in omicidio preterintenzionale aggravato.
Su Repubblica di oggi c’è un’intervista a Ciro Migliore. Ha spiegato che lui e Maria Paola Gaglione stavano insieme da tre anni, e che da un mese erano andati a vivere ad Acerra per allontanarsi dalla famiglia di lei che si opponeva alla loro relazione: «Dicevano che eravamo due donne. Io però non sono una donna. Per loro invece sì. Li ho sentiti perfino dire che avrebbero preferito che la figlia morisse, piuttosto che stare con uno come me. Un masculillo».
Sulla dinamica di quanto accaduto, Migliore ha detto: «Eravamo in scooter, Maria Paola ed io. Appena sono uscito dal vicolo, me lo sono trovato davanti. (il fratello della ragazza, Michele, ndr) (…) Ci ha inseguito e gridava verso di me: “Ti devo uccidere, ti devo uccidere”. Maria Paola allora gli diceva: “Ci sono anche io sul motorino”. A lui non interessava. Quando siamo caduti, mi sono avvicinato a lei per soccorrerla, ma lui mi ha picchiato». Secondo quanto scrivono i giornali, il motorino con Maria Paola Gaglione e Ciro Migliore sarebbe caduto dopo lo speronamento contro la recinzione di un campo, e la donna – che non indossava il casco, scrive la Stampa – avrebbe battuto la testa contro una colonnina di cemento morendo sul colpo.
La madre di Migliore in un post su Facebook ha scritto che il figlio aveva subito diverse minacce in passato. Sempre su Repubblica di oggi ha spiegato: «Mio figlio è stato sempre minacciato. Una volta sono venuti in cinque a casa nostra, il padre, il figlio e altri. Dicevano che se Ciro si prendeva la figlia dovevo morire anche io, che mi avrebbero fatto chiudere la baracca dove vendo le sigarette per vivere. Sono sola, non ho un marito e devo andare avanti».
L’avvocato di Michele Gaglione, Domenico Paolella, ha per ora smentito la ricostruzione: «Non mi risulta abbia speronato lo scooter, voleva solo parlare con la sorella, e quando li visti cadere ha chiamato lui il 118 e i carabinieri. È disperato». Su diversi giornali è stato poi intervistato il prete del Parco Verde di Caivano, don Maurizio Patriciello, il quale dice che la famiglia di Maria Paola e Michele Gaglione «non vedeva di buon occhio» la relazione di lei, ma che «si stava abituando all’idea». Il prete aggiunge che secondo lui «Michele era uscito per convincere la sorella Maria Paola a rientrare a casa: ma non l’ha speronata, è stato un incidente».
Gabriele Piazzoni, segretario di Arcigay, ha dichiarato che «nel dramma che è costato la vita a Maria Paola Gaglione ci sono tutte le tracce di una violenza strutturale». I movimenti femministi e che lavorano per i diritti delle persone LGBTQI+ hanno parlato di violenza maschile contro le donne e di violenza di genere, denunciando tra l’altro i titoli di molti giornali e tv che hanno parlato di una relazione omosessuale riferendosi a Ciro al femminile. In generale molti sono tornati a chiedere l’approvazione del disegno di legge contro l’omotransfobia e la misoginia presentato dal deputato del Partito Democratico Alessandro Zan, che estende le protezioni attualmente in vigore per le etnie e l’orientamento religioso – previste dalla cosiddetta legge Mancino del 1993 – all’orientamento sessuale.
Maria Paola Gaglione, Ciro parla della compagna morta a Caivano: “Provo solo dolore. Me la hanno portata via per sempre” (il Fatto Quotidiano – 14 settembre 2020)
“Provo solo dolore, me l’hanno portata via per sempre”. Così Ciro ricorda la compagna Maria Paola, morta a Caivano dopo essere stata speronata dal fratello contrario alla loro relazione. Durante la conferenza stampa con la sua famiglia, appare più volte emozionato e ammette di aver sognato un futuro insieme.
In un’intervista al Corriere, il compagno della 22enne uccisa in scooter racconta di essere stato costretto a trasferirsi ad Acerra insieme a Maria Paola giusto un mese fa “perché volevamo allontanarci dalla sua famiglia”
“Non volevano che stessimo insieme perché dicevano che eravamo due femmine. Ma non è vero. Io non sono una femmina. Avevo 15 anni quando ho capito di essere un uomo, mi sentivo e mi sento un uomo. E Maria Paola mi ha sempre amato come uomo”. La storia tra Ciro Migliore e Maria Paola Gaglione, la 22enne di Caivano investita e uccisa dal fratello, andava avanti da tre anni. Ed era da tre anni che i familiari della giovane si erano impuntati affinché finisse la sua relazione con il compagno. In un’intervista al Corriere della Sera, è lo stesso Ciro a raccontare il perché. “Un mese fa”, spiega, si erano trasferiti in un paese vicino (ad Acerra) “perché volevamo allontanarci dalla sua famiglia. Loro ci hanno sempre ostacolati”.
Chi invece ha supportato la coppia sin dal primo momento è la madre di Ciro, che lo assiste al Pronto soccorso dove è ricoverato a causa dell’incidente in scooter. “I figli vanno accolti per come sono” racconta al quotidiano di via Solferino Rosa Buonadonna. Lavoratrice ambulante al Parco Verde, la donna ha cresciuto il ragazzo da sola: “Io non sono mai stata contro di lui, anche se ammetto che all’inizio non ce la facevo, non accettavo la situazione. Ma poi ho capito. Se fosse stato malato sarebbe stata una tragedia, ma non questo. Lui è così e basta, e io sto dalla sua parte”. E dalla sua parte è stata, racconta, anche quando la famiglia di lei ha cominciato a minacciarli: “Sono perfino venuti a casa mia. Erano in cinque, c’era il fratello della ragazza, il padre e pure altri parenti. E mi hanno minacciato, hanno detto che se mio figlio non l’avesse lasciata se la sarebbero presa anche con me, mi avrebbero bruciato la bancarella. Ma io la denuncia non l’ho fatta”.
Nemmeno Ciro ha mai denunciato la famiglia di Maria Paola, nonostante le accuse che gli rivolgevano i suoi parenti. “Dicevano che io a Maria Paola l’avevo infettata – racconta il 22enne -. Non lo dicevano a me personalmente, però nel quartiere lo andavano ripetendo continuamente. Ma come si può pensare una cosa così? E come ha potuto pensare di fare quello che ha fatto?” si chiede il giovane, riferendosi a Michele Antonio Gaglione, ora indagato per omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omofobia. Poi aggiunge: “Vorrei ci fossi stato io al posto suo, vorrei essere morto io e non lei. Maria Paola era la donna della mia vita, e non sto esagerando. Era una cosa che durava da tre anni, non da tre mesi. Noi veramente ci amavamo”. Ma ora che Maria Paola è morta, Ciro chiede solo una cosa: giustizia. “Per lei, non per me”.
“Ciro è un uomo, Arcilesbica fa lerciume ideologico”, l’attacco dell’Arcigay sul dramma di Caivano (il Riformista – 14 settembre 2020)
“Credo sia chiaro ed evidente che si tratti di un’azione che ha portato una ragazza innamorata di un ragazzo trans a subire la condanna di una cultura patriarcale inevitabilmente assoggettata al predominio, una forma di padronanza della donna, e a Ciro di essere vittima di transfobia. In questa situazione confluiscono due concetti fondamentali e purtroppo violenti. Uno è il femminicidio e l’altro è la transfobia”. Così commenta il caso di cronaca accaduto a Caivano Daniela Falanga, presidente dell’Arcigay Napoli e prima donna transessuale a presiedere il circolo. Maria Paola Gaglione, 18enne di Caivano, e Ciro Migliore, 22enne di Acerra, sono stati inseguiti e speronati da Michele Antonio Gaglione, fratello di lei, che non accettava la relazione tra i due. Nell’incidente Maria Paola ha perso la vita, mentre Ciro è ricoverato in ospedale da due giorni e non si dà pace per quanto accaduto.
A non darsi pace sono in tanti. Ma in particolare Ciro e la sua famiglia. “La madre di Ciro mi ha chiesto di dire chiaramente alla stampa che ricevevano già delle minacce di morte e che quindi la questione era grave. E purtroppo, alla fine, in questa violenza inaudita è morta una persona. Qui non parliamo di una situazione in cui c’è ancora da definire cosa sta accadendo”. La famiglia di Ciro, però, nonostante le reiterate minacce non ha mai denunciato. “Non credo loro denuncino, in questo momento sono fragili, hanno paura ma spero di dare il massimo supporto per fare in modo che non rinuncino. Anche se penso che la legge a questo punto vada da se”
I funerali di Maria Paola Gaglione, la famiglia: «Non siamo omofobi». L’addio del fidanzato: «Cercavamo la felicità» (il Manifesto – 16 settembre 2020)
LA CERIMONIA AL PARCO VERDE DI CAIVANO. Il parroco don Patriciello: «Signore, ricordaci che prima dell’orientamento sessuale, del colore della pelle, del conto in banca, viene la persona umana»
La chiesa di San Paolo è proprio a una delle estremità del Parco Verde di Caivano, paesone al confine tra Napoli e Caserta. Era la parrocchia dove sono stati battezzati Maria Paola Gaglione e Ciro Migliore. I due ragazzi vivevano nel complesso di palazzi sorti nel dopo terremoto del 1980 per riversarci gli sfollati, i rispettivi appartamenti separati solo da un vialone. Nella stessa chiesa ieri pomeriggio don Maurizio Patriciello ha celebrato i funerali di Maria Paola, 18 anni appena compiuti, scaraventata a terra mentre cercava di scappare con Ciro, il fidanzato trans di una manciata di anni più grande. La gip lunedì ha convalidato l’arresto del fratello Michele, accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi. Li ha inseguiti su una moto, avrebbe sferrato calci per farli finire fuori strada e, dopo la rovinosa caduta costata la vita alla sorella, si è poi accanito su Ciro, colpendolo ripetutamente nonostante avesse la spalla fratturata.
All’ingresso della parrocchia il manifesto funebre della famiglia: a dare il triste annuncio della cerimonia c’era anche il nome del fratello, accusato proprio di aver causato l a morte. Avrebbe voluto partecipare al funerale, racconta l’avvocato. Accanto, un enorme cartoncino bianco con l’ultimo addio di Ciro, le parole le ha dettate a un amico: «Correvamo soltanto verso la nostra libertà o almeno credevamo di farlo, verso la nostra piccola ma grande felicità. Ovunque sarai il mio cuore sarà lì con te. Ti amerò oltre le nuvole». Lo stesso amico che riesce solo a dire: «È psicologicamente distrutto», prima di scoppiare in lacrime. Neppure Ciro ha potuto partecipare alla cerimonia, l’ultimo saluto l’ha dato all’obitorio, accompagnato dagli attivisti di Antinoo Arcigay Napoli, che si costituiranno parte civile al processo.
La folla di parenti e amici arriva un po’ per volta, nessuno ha voglia di parlare. Gli amici di Paola, come la chiamavano di solito, indossano la maglietta con il suo volto, la mamma sale le scale del sagrato tenuta dai parenti. Il feretro è bianco, come si usa per chi è giovane. A fine cerimonia il corteo funebre fa scalo davanti alla casa della famiglia e poi al cimitero.
«Signore, ricordaci che prima dell’orientamento sessuale, del colore della pelle, del conto in banca, viene la persona umana»: sono le parole di don Patriciello durante l’omelia. Sul sagrato Noemi, capelli neri lunghissimi e occhi grigi, unghie laccate e orologio da sub, racconta frammenti di vita di Paola: «Non meritava di morire. Eravamo compagne di scuola alle elementari, ci frequentavamo. Io ho una compagna e non mi vergogno a dirlo. Per mia mamma è stato difficile all’inizio ma sono sempre sua figlia, mi vuole bene e ha capito. Paola mi confidava le sue difficoltà a casa, la famiglia non accettava la sua relazione con Ciro, per loro erano due donne. Molte sofferenze se le teneva dentro. Stava male per questo ma quando parlava del loro rapporto era felice, si illuminava. Era una ragazza splendida, piena di vita». Accanto a Noemi c’è la nonna, l’abbraccia e parla dei figli, dei nipoti: «I genitori devono saper capire», spiega.
La mamma e il padre di Paola sostengono che si è trattato di un incidente, che non erano contrari al rapporto con Ciro perché trans ma perché non aveva un lavoro, piccoli precedenti per droga. Come tantissimi nella zona: un luogo senza futuro dove l’unica cosa che non si ferma mai è lo spaccio. Volevano tenerla a casa ma Paola aveva deciso di andare a vivere con Ciro.
«Uccisa dal fratello – il commento di Stefania Cantatore dell’Udi Napoli -. Non potrà più parlare né andare oltre, come voleva e dove voleva. Una donna viene uccisa sempre per questo, per impedirle di superare il limite. Un femminicidio è inconfondibile perché la morte di una donna per mano di un uomo, dovunque nel mondo, è la punizione che spetta a quelle che non sono quelle che ci si aspetta, a Caivano come a Busto Arsizio».
Sul sagrato si fa avanti Genny, anche lui giovanissimo, all’anagrafe Filomena: «Ho scelto un nome che rispecchia davvero chi sono. Non dite che Paola è morta per la cultura che c’è a Caivano, per la mia famiglia è stato difficile ma mi vogliono bene. Ci riuniamo tra noi ragazzi per strada. Qui manca tutto, per la comunità Lgbtq non c’è un’associazione dove poter parlare dei nostri problemi. Magari adesso la facciamo, abbiamo bisogno di uno scopo».
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In memoria di
Omaggio delle calciatrici del Napoli per Maria Paola Gaglione (LFootball – 2 ottobre 2020)
Il campionato di Serie A femminile riprende domani dopo la sosta delle nazionali. Alle 12:30 scenderanno in campo Napoli e Inter allo stadio Caduti di Brema. Per l’occasioni le calciatrici del Napoli hanno voluto omaggiare la memoria di Maria Paola Gaglione, la giovane ragazza di Caivano, morta tragicamente per una vicenda assurda. Le calciatrici azzurre effettueranno il riscaldamento con una maglia nera con la scritta “Maria Paola vive” sul petto e sulla schiena gli hashtag #stopomotransfobia #stopmisoginia. Un modo per andare oltre l’omaggio e cercare di sensibilizzare il mondo su un problema che affligge l’attuale società. La maglietta sarà indossata da tutte le componenti della squadra ma anche dalle donne che fanno parte dello staff tecnico e dirigenziale del Napoli Femminile. Le giocatrici hanno voluto far sentire la voce anche attraverso una lettera pubblicata sui social del club partenopeo.
“Siamo tristi perchè si tratta dell’ennesima donna che paga il conto di una società in cui tanti, troppi uomini si sentono ancora in diritto di poter prendere decisioni sul corpo e sulla vita delle donne. Siamo sconvolte perchè la violenza la fa da padrone e il più forte sente di poter schiacciare sempre e comunque il più debole. Siamo arrabbiate perchè non è giusto. Non è giusto che ogni giorno ragazzi e ragazze debbano lottare semplicemente per farsi accettare per quello che sono, per (r)esistere in un mondo che odia le differenze, che odia ciò che non capisce, che non vuole capire. Vogliamo dirlo a gran voce: Maria Paola rappresenta tante ragazze come noi, ragazze innamorate, che vogliono amare liberamente. Adesso basta. Fermiamo l’omotransfobia e la misoginia in Italia. Le ragazze del Napoli Femminile”