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Loredana Benincasa, 25 anni. Massacrata con oltre 30 coltellate dal convivente

Roma, 21 giugno 2008

“Lasciateci insieme anche dopo”, aveva scritto Nicolò su un biglietto, prima di tentare il suicidio. Ma Loredana è morta, mentre lui è vivo.

Nicolò Di Stefano, 24 anni. Condannato a 20 anni con rito abbreviato, pena ridotta a 16 in appello

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Il Messaggero

Loredana uccisa nella notte: dieci ore per simulare il suicidio

Omicidio premeditato. Quando Nicolò Di Stefano lascerà l’ospedale, dovrà affrontare un processo con la prospettiva di almeno trent’anni di carcere. Il giovane che nel fine settimana ha ucciso alla Pineta Sacchetti la fidanzata, Loredana Benincasa, tentando poi di togliersi la vita, da ieri è formalmente accusato di averla lucidamente assassinata e seviziata.

I risultati dell’autopsia hanno capovolto il giallo di via dell’Acqua Paola. Altro che volontà di farla finita insieme. La vittima stringeva tra le dita ciocche di capelli del “suo” ragazzo, prova di una lotta accanita con l’assassino, ed è stata colpita da un coltello al torace, all’addome, alle gambe, alle braccia, alla testa, segno che ha cercato disperata di difendersi.

Cambia anche l’ora del delitto. Lory così la chiamava lui non è stata ammazzata domenica mattina. Di Stefano l’avrebbe massacrata nella villetta condivisa coi genitori sabato sera e avrebbe usato la notte per inscenare la storia del duplice suicidio.

La tragedia è stata scoperta dal padre di Di Stefano, 24 anni, verso le undici di domenica. Loredana Benincasa, 25, era già morta. Nicolò era lì accanto.

Il movente, secondo gli investigatori della Squadra Mobile, diretta da Vittorio Rizzi, è il più “banale”: la storia era finita, lei voleva lasciarlo.

Il giovane, ex studente della Lumsa come la compagna, ha colpito la vittima una trentina di volte. L’ultima lite si è consumata tutta in camera da letto. Il fidanzato di Lory, quando l’ha vista senza vita, ha effettivamente tentato il suicidio, tagliandosi i polsi e la gola. È tuttora ricoverato al Policlinico “Gemelli”. Sta migliorando. «Voleva uccidersi nota uno degli investigatori ma evidentemente non ha affondato su di sé i colpi con la stessa forza che ha usato per la vittima».

Gli uomini della Mobile, a questo punto, non escludono neppure che «Di Stefano si sia ferito il più tardi possibile, convinto che i genitori, non vedendolo e non sentendolo, sarebbero andati a cercarlo».

I Di Stefano abitano al primo piano di una villetta in via dell’Acqua Paola. Il figlio e la ragazza vivevano al piano di sotto. Il giovane non ha “scherzato” neppure su se stesso: le ferite non erano mortali, ma l’emorragia gli ha provocato due arresti cardiaci. Comunque sia andata, gli agenti ieri pomeriggio gli hanno notificato, attraverso il legale, un ordine di arresto. C’è anche l’aggravante di aver agito con crudeltà. Nicolò, secondo l’ipotesi investigativa, «potrebbe aver tagliato la gola e i polsi della fidanzata quando lei era già morta o moribonda per dare un minimo di credibilità alla vicenda» Il giovane, quando le condizioni di salute lo consentiranno, verrà portato nel carcere di Regina Coeli.

Si è rivelato una messinscena anche il biglietto di addio diretto ai familiari. Era stato trovato su un comò nella camera da letto del delitto. «Scusateci si leggeva sul foglio scritto a stampatello Speriamo di non avervi deluso. Lasciateci insieme anche dopo…». Il messaggio sembrava scritto, a prima vista, con due grafie diverse. Doveva avvalorare l’idea di un duplice suicidio o di un omicidio-suicidio deciso di comune accordo. Ma gli investigatori, dopo un esame più approfondito, si dicono «certi» che sia tutto opera di Di Stefano, dalla prima all’ultima riga.

«C’è stata una colluttazione violenta tra i due ragionano alla Squadra Mobile Lei non voleva ripensarci. Pare che stesse facendo preparativi per andarsene il giorno successivo. A quel punto si è scatenata la furia assassina». Il più classico dei raptus. Solo perché Loredana Benincasa, solare, piena di vita, aveva deciso di continuare altrove l’avventura dell’esistenza.

di Luca Lippera

Il Messaggero

Oggi a San Severo, in provincia di Foggia, si sono tenuti i funerali di Loredana Benincasa, la bellissima ragazza di venticinque anni uccisaalla Pineta Sacchetti dal fidanzato, Nicolò Di Stefano, ventiquattrenne, nella notte tra sabato e domenica scorsi.

Il corpo della ex studentessa della Lumsa, che viveva in casa del ragazzo, in vicolo dell’Acqua Paola 6, nello stabile dove abitano anche i genitori di lui, è stato portato ieri mattina nel centro pugliese e nel pomeriggio c’è stata una veglia alla quale hanno preso parte centinaia di persone.

«Nessuno – hanno detto tanti giovani del posto –  poteva pensare che Lory facesse una fine del genere. Era così solare, piena di vita, con il sorriso sempre sul viso. Non meritava veramente una fine così atroce. Fa impressione pensare che un ragazzo di soli ventiquattro anni possa aver fatto una cosa del genere».

Nicolò Di Stefano, ora accusato di omicidio premeditato, ha dato in escandescenze in ospedale, al Policlinico “Gemelli”. Il giovane, che dopo aver assassinato la compagna ha cercato di uccidersi, ieri ha cercato di strapparsi le cannule che i medici gli hanno inserito in vena per nutrirlo. Il ragazzo evidentemente, consapevole della irrimediabilità di ciò che ha fatto, è ancora determinato a morire. I sanitari del reparto, per calmarlo, sono dovuti ricorrere a una massiccia dose di sedativi.

La situazione giudiziaria di Di Stefano è pesante. Il giovane, anche lui ex studente della Lumsa, verrà trasferito in carcere non appena le condizioni di salute lo permetteranno. La Procura di Roma gli contesta anche l’aggravante di aver agito con crudeltà. Per lui si prospetta un processo con una possibile pena a trenta anni di carcere. Il ragazzo, secondo la ricostruzione degli agenti della Squadra Mobile, ha ucciso Loredana Benincasa, inscenando poi un omicidio-suicidio deciso di comune accordo, in preda a un raptus perché lei voleva lasciarlo.

di Luca Lippera

 

Blog Roma

20 anni di carcere per Nicolò Di Stefano … Il giudizio in rito abbreviato, dal gup Cecilia Demma, il quale ha escluso l’aggravante della premeditazione.

Dopo il delitto, secondo l’accusa, Di Stefano simulò un tentativo di suicidio.

Una consulenza psichiatrica e questa ha accertato che l’imputato è capace di intendere e di volere.

Le aggravante poi erano per le sevizie e della crudeltà.

Sembra che lei volesse lasciarlo e per questo lui le ha infilato il coltello in gola.

L’assassino fu trovato agonizzante accanto al cadavere della fidanzata a casa dei genitori del fidanzato in vicolo dell’Acqua Paola dove i due convivevano.

I due furono trovati riversi sul letto in un lago di sangue con accanto un biglietto, poche righe scritte per i genitori: «Speriamo di non avervi deluso. Siamo stanchi, perdonateci. Lasciateci insieme, addio. Loredana e Nicolò». In una prima ricostruzione si «parlò di omicidio-suicidio»: il ragazzo avrebbe tentato il suicidio accanto alla fidanzata già morta.

Sulle sue mani di lei però furono trovate diverse ferite.

Gli esami effettuati al policlinico Gemelli sul corpo di Loredana, trovata sul letto della sua casa con la gola squarciata e le ferite di trenta coltellate, rivelarono che la giovane si difese e che Nicolò la colpì più volte, senza lasciarle scampo. Colpi violenti, profondi: per la giovane il tentativo disperato di difendersi da tanta violenza non bastò a evitarle la morte.

Quando gli operatori del 118 arrivarono in quella tranquilla stradina del Trionfale, avvertiti da una telefonata di Roberto Di Stefano, il papà di Nicolò, Loredana era già morta, sdraiata sul letto accanto al suo fidanzato. La ragazza morì quasi subito per le profonde ferite al collo e ai polsi, mentre il compagno per ore lottò tra la vita e la morte nell’ospedale Policlinico Gemelli e poi riuscì a salvarsi. Nei giorni successivi all’omicidio-tentato suicidio, Di Stefano provò a togliersi la vita anche in ospedale, dove era stato ricoverato subito dopo i fatti.

Repubblica

UCCISE FIDANZATA E INSCENÒ OMICIDIO-SUICIDIO, PENA RIDOTTA IN APPELLO

Si è visto ridurre di quattro anni la condanna nel processo d’appello, passando da 20 a 16 anni di reclusione, …

A stabilire la riduzione sono stati i giudici della I Corte d’Assise d’appello che, ricalcolando la pena, hanno escluso l’aggravante della minorata difesa, concedendo le attenuanti equivalenti all’aggravante della crudeltà.

Il sostituto procuratore generale Antonio Larosa, aveva invece chiesto di condannare l’imputato a 30 anni di carcere, contestando anche l’aggravante della premeditazione che nel giudizio di primo grado fu esclusa al termine del processo con rito abbreviato celebrato il 7 maggio 2009 davanti al gup Cecilia Demma. Nel corso dell’inchiesta il ragazzo era stato sottoposto ad una perizia psichiatrica per stabilire se fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto e risultò che poteva stare in giudizio, essendo validamente imputabile.

… ad aggravare la posizione del ragazzo vi furono i risultati dell’autopsia dalla quale emerse che la ragazza avrebbe cercato di difendersi: sulle sue mani furono trovate diverse ferite. Gli esami effettuati al policlinico Gemelli sul corpo della ragazza, trovata sul letto della sua casa con la gola squarciata e le ferite di trenta coltellate, rivelarono che Loredana si difese e che Nicolò la colpì più volte, senza lasciarle scampo. Colpi violenti, profondi: per la giovane il tentativo disperato di difendersi da tanta violenza non bastò a evitarle la morte.

Indagando sulla relazione dei due giovani, gli investigatori scoprirono che la coppia non sarebbe stata così affiatata, ma anzi il presunto omicidio-suicidio sarebbe stato un escamotage per sviare le indagini dalla circostanza che si sarebbe trattato un delitto maturato al culmine di un violento litigio tra i due causatodall’ossessione che il ragazzo nutriva per la fidanzata.

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