Giuseppina Di Fraia, 52 anni, collaboratrice domestica, mamma. Investita, picchiata, cosparsa di benzina e data alle fiamme dal marito, muore dopo 3 giorni di agonia.
Napoli, 11 Febbraio 2013
Pina stava andando al lavoro, quell’impiego di collaboratrice domestica con cui manteneva il marito disoccupato e le due figlie. E lui l’ha investita con la sua Fiat Tipo, causandole ferite e lesioni multiple. Intervengono i passanti, ma Vincenzo fa salire, o risalire, la moglie in macchina, dicendo che l’avrebbe portata al Pronto Soccorso. Invece dopo pochi metri tira la moglie per i capelli, la fa scendere, prende una tanica di benzina, gliela cosparge su tutto il corpo e le dà fuoco. Lei non aveva mai avuto il coraggio di denunciarlo.
Vincenzo Carnevale, 51 anni, disoccupato. Lascia credere che si sia trattato di un raptus. “Rimane il mistero di un gesto così plateale e così violento, dietro il quale allo stato non sembra esserci una causa scatenante: il tutto sarebbe frutto di una forma di disagio, anche mentale, che l’uomo vive. Probabilmente alimentato anche dal fatto che da tempo è senza un lavoro.”
Figli: 2 ragazze, di cui una minorenne
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Assodonna scritto da A.B.
Giuseppina Di Fraia ancora una vittima di femminicidio
Vincenzo Carnevale ha cancellato Giuseppina Di Fraia, schiacciandola e bruciandola. A Pianura, quartiere di NapoliGiuseppina è morta il 14 febbraio 2013, dopo tre giorni di atroce agonia, per le ustioni sull’ottanta per cento del corpo, le lesioni dell’investimento con l’auto, i calci e i pugni. La vita è stata cancellata da un assassino e la memoria rischia di essere cancellata in un tribunale, dove si riassumono continuità col passato e prospettive future: le solite attenuanti e poi gli sconti di pena . Il prima e il dopo la morte violenta di una donna è affidato alla memoria ufficiale, che non sempre è quella di tutti e non sempre è quella rappresentata. E tuttavia quella rappresentazione guida l’agire pubblico e conduce alla riproduzione delle condizioni che accolgono e consentono il femminicidio.
Non è stata una fatale e inarginabile sequenza di azioni inconsulte, né si è trattato di un piano ben congegnato e impercettibile “ai normali”. Alcune testimoni riferiscono, pur non avendo compreso che lo stesso marito soccorritore era l’investitore, di aver insistito per chiamare un’ambulanza. Le stesse riferiscono di essere state dissuase da altri che ritenevano opportuno affidarla al marito. Questo ha permesso all’assassino di “perfezionare” il crimine a poche centinaia di metri, con una tanica di benzina.
Nella stragrande maggioranza dei casi l’assassino si cura poco di congegnare bene un piano, è data, infatti, una sorta di malleveria ambientale che da subito contribuisce a distorcere le intenzioni se non i fatti. Entra in ballo l’assunzione di una colpa culturale generalizzata che, di fatto, mitiga la responsabilità individuale e penale.
Ci si deve chiedere quando sarà mai cambiata la cultura del femminicidio se gli assassini, gli stupratori, i ricattatori saranno prima indicati come succubi di se stessi e delle loro vittime, delle suggestioni tribali e poi giudicati.
Ragionare sul linguaggio è importante, ma è del tutto inane lo sforzo di far assumere parole, per altro svuotate della loro portata complessiva, com’è stato per la parola “femminicidio”, se la comunicazione non riesce a liberarsi da parole come “uxoricidio”, finalmente cancellate dai codici, “delitto a sfondo passionale”, “delitto maturato nel mondo della prostituzione”. Uccidere, violentare una moglie è facile, anche grazie a categorie del pensiero che la indicano come proprietà. Uccidere, violentare donne che non sono mogli né madri è altrettanto facile, per di più con ancor minore gravità percepita pubblicamente.
Facile uccidere e schiavizzare le donne, un olocausto facile, che non s’incarna in un nemico solo, piuttosto in tanti complici che spesso piangono senza credere che un mondo e un paese senza femminicidio siano possibili e migliori. L’ineluttabilità del femminicidio è un’idea velenosa, inoculata anche attraverso una falsa idea del contrasto, appunto eccessivamente “culturalizzato” della comunicazione che spesso esalta e addita il meccanismo per il quale le donne subiscono perché inconsapevoli complici di partner, oppure perché poco coraggiose. Gli spot ministeriali, e non solo, insistono sui lividi e su un mantra: “non subire, non ti ama”. Nulla viene affiancato a questo messaggio, che ha un fondamento solo appunto per le non singles, nulla pubblicamente è diretto alle forze dell’ordine ancora largamente propense a “ricomporre le piccole controversie”(art. 1 del TU di pubblica sicurezza), nulla viene fatto per avvertire sulle false proposte di lavoro e sulla possibilità di uscire dal ricatto della prostituzione, offerta dal TU sull’immigrazione. La cultura si costruisce: lo riconoscono quotidianamente leader politici e opinionisti, gli stessi che attendono (?) senza predisporre nulla per sconfiggere la sopraffazione e l’arbitrio nei confronti delle donne. Nessun prodigio e nessun cambiamento automatico interverranno a superare la logica atavica della soppressione del genere femminile: si deve agire molto concretamente e facendo le cose giuste. Bisogna cominciare e da un luogo, una vittima, un assassino. Bisogna cominciare da Giuseppina di Fraia, giudicando equamente Vincenzo Carnevale e i suoi complici, chiunque sapesse e non è intervenuto. Equamente soprattutto nei confronti della vittima che, chiunque fosse, ha lasciato un buco nell’umanità, a forma di donna.
Stefania Cantatore (UDI di Napoli)
www.associazionemaddalena.it
Mercoledì 20 Febbraio alle ore 12,00 presso la Chiesa di San Giorgio martire in Piazza San Giorgio a Pianura si svolgeranno i funerali di Pina Di Fraia
alle 17,00 in Via Monti luogo dell’ omicidio ci sarà il concentramento per la Fiaccolata per Pina contro il femminicidio
L’ incontro con le istituzioni che si sarebbe dovuto tenere alle 10,30 presso la biblioteca di Pianura è stato cancellato. Partecipiamo tutte ai funerali.
Si sono celebrati oggi a Pianura, nella chiesa di San Giorgio Martire, i funerali di Pina Di Fraia. Nel pomeriggio è anche prevista una fiaccolata dal luogo del delitto, via Monti: qui, la settimana scorsa, il marito di Pina, Vincenzo Carnevale, 51 anni, la raggiunse investendola prima con l’auto, poi dandole fuoco dopo averla cosparsa di benzina. Il corteo, organizzato dal «Coordinamento associativo per Pina Di Fraia», ha visto numerose le adesioni tra cui quella della Cgil. Qui verranno espressi «pensieri di solidarietà» così come spiegano dal coordinamento.
Una morte brutale quella della 52enne. La donna, lo scorso 11 febbraio, si stava recando al lavoro quando è stata investita dal marito al volante della sua Fiat Tipo. Inizialmente soccorsa da diversi passanti, è stata fatta risalire in auto dallo stesso marito. L’avrebbe portata lui in ospedale. Così aveva detto alla folla che nel frattempo si era radunata intorno. E invece l’auto percorrerà poche centinaia di metri prima di arrestarsi nuovamente. Pina Di Fraia viene strattonata da Vincenzo Carnevale. L’uomo le darà fuoco mentre lei si trova ancora a terra. Trasportata in ambulanza all’ospedale Cardarelli, le sue condizioni apparvero subito gravissime. Flebili le speranze di tenerla in vita. Tre giorni di agonia, con profonde ustioni su metà del corpo. Il 14 febbraio Pina Di Fraia morirà nel reparto Grandi ustionati dell’ospedale napoletano. Per l’uomo, inizialmente fermato dai carabinieri con l’accusa di tentato omicidio, l’accusa si tramuterà in omicidio volontario.
Giuseppina Fraia è morta. È morta Giuseppina Fraia: la donna fu bruciata dal marito. La donna si è spenta al Cardarelli a seguito delle gravi ustioni riportate lo scorso 11 febbraio su Via Vicinale Monti. Giuseppina Fraia non ce l’ha fatta. La 52enne è morta all’ospedale Cardarelli a seguito delle gravi ustioni riportate lo scorso 11 febbraio su Via vicinale Monti. La salma è stata trasportata nell’istituto di medicina legale del II Policlinico.
La donna, madre di due ragazze di cui una minorenne, aveva riportato lesioni interne e ustioni sul 50% del corpo. Il marito l’aveva prima investita con l’auto, poi picchiata e infine cosparsa di benzina e data alle fiamme. La donna stava andando al lavoro quando il marito Vincenzo Carnevale l’ha inseguita e l’ha investita con la sua Fiat Tipo procurandole lesioni interne. Ad assistere alla scena alcuni passanti che sono stati subito rassicurati dall’ uomo. A loro ha giurato che non era sua intenzione investirla, ma che voleva solo parlarle, che l’avrebbe condotta in ospedale e che si sarebbe preso cura di lei. Ed invece, pochi metri dopo, l’escalation di violenza: Carnevale prima ha fatto scendere la moglie dall’auto tirandola per i capelli, poi l’ha cosparsa di benzina, quindi le ha dato fuoco. Una volta condotto in caserma, l’uomo non ha saputo dare spiegazioni al suo gesto lasciando credere che si sia trattato di un raptus. Già in passato tra i due c’erano stati degli episodi violenti, ma la donna non aveva mai trovato la forza di denunciare il marito. Rimane il mistero di un gesto così plateale e così violento, dietro il quale allo stato non sembra esserci una causa scatenante: il tutto sarebbe frutto di una forma di disagio, anche mentale, che l’uomo vive. Probabilmente alimentato anche dal fatto che da tempo è senza un lavoro.