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Giuliana Moreni, 83 anni, mamma e nonna. Uccisa con dieci coltellate dal marito che ferisce anche il nipote

Calvisano (Brescia), 26 Ottobre 2013

 

«Non amava parlare apertamente dei suoi problemi familiari, preferiva tenerseli per sè».Un dramma annunciato.

 

 

Donato Fanelli, 84 anni, mediatore di bestiame e gommista, padre e nonno. Le aveva tolto la libertà, prima ancora che la vita.


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Omicidio Calvisano: moglie accoltellata, 84enne sotto shock L’uomo è ricoverato all’ospedale Civile di Brescia
Una lite in famiglia degenerata
: sarebbe questo secondo gli inquirenti il movente dell’omicidio avvenuto in mattinata in un appartamento a Calvisano, nel Bresciano. A perdere la vita è stata Giuliana Moreni, 83 anni, uccisa a coltellate dal marito Donato Fanelli, di un anno più anziano. L’uomo è attualmente piantonato agli Spedali civili di Brescia in stato di shock. In ospedale anche il nipote della coppia di anziani, Laerte Fanelli di 25 anni, che nel tentativo di difendere la nonna è stato ferito al fianco da una coltellata.

Omicidio di Giuliana, dramma annunciato
La donna, accoltellata sabato dal marito Donato Fanelli, era benvoluta da tutti. E qualcuno accusa: «Quell’uomo le ha tolto la libertà prima ancora della vita». L’amica Rina: «Non amava parlare apertamente dei suoi problemi familiari, preferiva tenerseli per sè» Il ricordo durante la messa: «Mancherà a tutti noi»
Non è stata una domenica qualunque, quella di ieri a Calvisano. Le campane rintoccano le dieci come tutte le domeniche, scandendo i mormorii increduli di un’intera comunità ancora sotto shock per la tragedia consumatasi appena ventiquattro ore prima in via Lechi. Dieci fendenti il cui eco straziante si percepisce negli sguardi fuori dai bar, s’insinua mesto nel serpentone di persone che avanza verso la chiesa parrocchiale, dove ieri mattina ci sarebbe sicuramente stata anche lei: 83 anni di fede vissuta con intimità e grande riservatezza, perfetto riflesso di un sorriso che in paese conoscevano e apprezzavano tutti proprio per via di quella umanità fuori dal comune. «Perché una fine del genere?» è il refrain insoluto che rimpalla di bocca in bocca nel cuore di Calvisano all’indomani dell’omicidio di Giuliana Moreni, uccisa a coltellate dal marito Donato Fanelli. Compagno di una vita trasformatosi tutto in un colpo nel carnefice più spietato, travolto da un impeto omicida che solo per miracolo non è stato fatale anche al giovane nipote Laerte, intervenuto disperatamente per tentare di placare il raptus del nonno. GLI ABITANTI di Calvisano non sono ancora riusciti a razionalizzare tanto (inspiegabile) orrore. E forse nemmeno ci riusciranno mai fino in fondo. Perché sebbene il tempo medichi le ferite – quelle del ragazzo guariranno in dieci giorni -, certe tragedie purtroppo sono destinate a lasciare un segno indelebile nei luoghi in cui si compiono. E nella gente che resta. «Era una donna di una ricchezza interiore straordinaria, malgrado una vita non sempre felice – racconta Rina, coscritta e grande amica di Giuliana, tra i banchi della chiesa -. Ricordo che mi diceva sempre: “Rina, gò fat le penitense co’ la me zent”, quasi ad evocare certi problemi familiari dei quali però non amava mai parlare apertamente.
Preferiva tenerseli per sé: alla festa della classe ad esempio non è mai venuta perché suo marito glielo impediva. Me lo aveva confidato diverse volte, ma in pubblico si mostrava sempre col suo splendido sorriso. Quello che oggi vogliamo ricordare tutti». Qualcuno, però, usa anche toni più accesi. «Giuliana era una donna intelligente, vigorosa: quell’uomo le ha tolto la libertà prima ancora di toglierle la vita», sostiene un’altra amica della donna, con il volto rigato da un misto di lacrime e rabbia. Parole in rima con quelle dell’anziano fruttivendolo dove tutti i giorni, per anni, Giuliana faceva la spesa. «Non di rado capitava che scoppiasse a piangere – racconta l’uomo -, forse era l’unico modo che aveva per sfogarsi». E nel triste concerto di sensazioni popolari, il pensiero affidato durante le messe alle parole di don Maurizio e don Gabriele è leggero, lieve, velato di delicatezza. Come lo spirito di Giuliana. «Ieri a Calvisano è successa una cosa molto brutta – è stato detto in chiesa -: stringiamoci forte alla famiglia con la preghiera. Mancherà a tutti». INTANTO Donato Fanelli rimane piantonato in ospedale al Civile di Brescia, in attesa delle decisioni della magistratura, mentre il nipote Laerte è ancora ricoverato all’ospedale di Manerbio: le sue condizioni, fortunatamente, non destano preoccupazioni.

Giuliana al parroco: “Ho paura, preghi per me” 
Don Gabriele Facchi è stato fra gli ultimi a vedere viva Giuliana Moreni. Venerdì mattina la donna gli ha chiesto di pregare per lei. Pareva preoccupata, forse spaventata. Quando sabato non l’ha vista nella chiesa di San Silvestro, il parroco di Calvisano ha capito che qualcosa non andava.  L’83enne difficilmente si perdeva una messa.
Giuliana era una donna minuta ma dal vigore incredibile. Suo marito Donato Fanelli, che l’ha uccisa con dieci coltellate, è invece un omone. In gioventù era stato mediatore di bestiame, prima di fondatore col fratello della Fanelli Gomme. Descritto come persona solitaria, caratterialmente instabile, ma in grado anche di battute e di slanci di simpatia, difficilmente lasciava la sua abitazione. Subito dopo le coltellate con le quali ha ucciso la moglie è piombato in uno stato di choc. Ragione per la quale è ricoverato all’ospedale Civile di Brescia, dov’è piantonato per disposizione del pm Paolo Savio.

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