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Enrica Ferrario, 18 anni, operaia. Accoltellata dall’ex fidanzato

Monza , 19 Agosto 1949

Chiede indietro delle fotografie e lui la uccide.

 

 


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La bella ostessa che fu ammazzata dall’innamorato respinto
Il delitto a Camparada nel 1925. A Monza invece un femminicidio nel 1949
DELITTO A MONZA
Accecato dalla gelosia, un giovane operaio ha ucciso domenica scorsa la sua fidanzata al quartiere CedernaI giornali riassumono così la triste vicenda accaduta il 19 agosto 1949 a Monza. Perché i “femminicidi”, prima che questo termine diventasse tragicamente di moda, sono sempre avvenuti. Questo delitto avviene nel pomeriggio, nel cortile di un grosso edificio popolare. Qui vivono con le rispettive famiglie Amelio Gargantini, 22 anni, e la 18enne Enrica Ferrario, operaia. I due si amano e si sono anche fidanzati. Fino a quando a mettersi in mezzo è la famiglia della ragazza: che giudica entrambi troppo giovani per sposarsi. Quel pomeriggio, dopo le 14, la ragazza esce dalla chiesa dove ha seguito la lezione di dottrina e il suo fidanzato la attende per un incontro chiarificatore.
La ragazza gli ha chiesto la restituzione di alcune fotografie su suggerimento dei propri genitori e il giovane si serve di questo espediente per incontrare ancora una volta la sua ex. Insiste il ragazzo, ma la giovane non intende disobbedire e fa cenno di andarsene.
Accade così che l’innamorato estrae una lama e colpisce la ragazza alla schiena con un fendente. La giovane riesce a fuggire sulla scala del palazzo, ma il ragazzo è scatenato e la raggiunge infierendo altre volte su di lei. Sei i fendenti. La giovane stramazza invocando la madre, che la raggiunge e la trova in una pozza di sangue mentre vede il suo assassino fuggire. La ragazza viene soccorsa, ma le fasi per salvarla sono tanto concitate quanto confuse.
Visto che non c’è a portata un telefono con cui chiamare l’autolettiga, la giovane viene caricata su un motocarrozzino. Serve però qualcuno per guidarlo. Gli altri giovani accorsi sul posto si precipitano a chiedere aiuto al parroco, ma visto che questi è impegnato a dir messa si rivolgono al suo coadiutore, il quale a sua volta inforca una bicicletta con cui raggiunge il motocarrozzino con a bordo la giovane. Per la poveretta agonizzante però ormai non c’è più nulla da fare, tanto che all’arrivo del sacerdote è già spirata. Il gruppo di giovani del quartiere dà la caccia all’assassino nei campi attorno, senza però trovarlo. Sarà lui stesso a ricomparire a sera inoltrata. Non osando però andare a dormire sotto lo stesso tetto con i suoi genitori, va a rifugiarsi in un canile, dove trascorrerà la notte singhiozzando e mormorando parole sconnesse. Al mattino, guidati dal padre, i carabinieri arriveranno ad arrestarlo. E dai primi interrogatori si scoprirà che il suo gesto omicida era premeditato: l’arma usata per uccidere la sua ex fidanzata se l’era infatti fabbricata da solo affilando un pezzo di telaio che aveva preso nello stabilimento di tessitura dove lavorava.


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