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Emanuela Emy Urso, 44 anni, commessa. Uccisa a colpi di pistola dall’ex convivente

Vinovo (Torino), 31 Luglio 2020


Titoli & Articoli

I funerali di Emanuela Urso: “Siamo stati derubati di un grande carisma” (La Stampa – 7 agosto 2020)
Siamo tutti Emanuela. Qui riuniti per dire basta e per essere accanto a mamma Virginia e papà Antonio. Siamo stati derubati di un grande carisma: il suo. Siamo qui per dire che la sua bellezza non è stata profanata. Ma anche che nessuno deve toccare Caino, perché un giorno si possa provare a perdonare».
Don Ruggiero Marini ha celebrato questa mattina nella chiesa di San Giacomo a La Loggia, i funerali di Emanuela Urso, la 44 enne uccisa dall’ex compagno la scorsa settimana. Una chiesa stracolma, così come il sagrato e le strade di accesso. Tutti per ricordare Emy. I colleghi del lavoro del Mercató, amici e conoscenti che hanno voluto anche lanciare un messaggio chiaro: stop al femminicidio. Lungo la strada che porta alla parrocchia sono state posizionate diverse paia di scarpe rosse, a simboleggiare la lotta contro la violenza sulle donne. Presenti anche i sindaci di La Loggia, Domenico Romano e di Vinovo Gianfranco Guerrini. Centinaia di fiori ad accompagnare l’ultimo viaggio di Emy, ma nessuna rosa rossa. Così come ha voluto la famiglia, visto che erano i fiori che le regalava il suo carnefice. «Ora è il tempo del silenzio – ha aggiunto don Marini – Emanuela è una presenza permanente. Una donna non chiede dei fiori. Vuole rispetto, attenzione». Commovente l’ingresso del papà di Emy, che ha voluto allargare le braccia per ringraziare idealmente tutti.

Il paese spaccato in due dà l’ultimo saluto a Emanuela e all’uomo che l’ha uccisa (La Stampa – 7 agosto 2020)
Al funerale di Emanuela non voglio vedere rose rosse. L’ho deciso io. Le odio. Per me non sono più un simbolo di amore ma di dolore. Mia figlia avrà rose blu e bianche. Ma non rosse, come quelle che le regalava chi me l’ha portata via, dicendole di amarla».
C’è una forza profonda nelle parole di Virginia Savarese, la mamma di Emanuela Urso, la donna uccisa nella sua casa di Vivono, lo scorso 31 luglio, dall’ex compagno, Gianfranco Trafficante. Lui, dopo averla colpita al petto con due colpi di pistola, si è tolto la vita sparandosi al cuore. Non accettava la fine della loro relazione, durata quasi dieci anni.
Per i funerali è stata scelta la chiesa di San Giacomo. Stessa chiesa per le esequie di Trafficante. Nel paese dove Emanuela è cresciuta e dove lavorava, al supermercato Mercatò. Il sindaco, Domenico Romano, ha indetto il lutto cittadino, invitando la comunità a partecipare «al profondo ed insopportabile dolore che ha colpito la sua famiglia» e a ricordare tutte le vittime di «femminicidio». Un atto formale, accompagnato da timbri e formule amministrative, che ben rappresenta il solco scavato nelle coscienze del paese da questo dramma. Perché anche Gianfranco era cresciuto a La Loggia, aveva amici e familiari. Due funerali di fronte allo stesso altare. «Offrirò le loro anime a Dio. Mi auguro che sia l’occasione di vivere un momento di sincera preghiera e comunione» ha detto il parroco, don Ruggiero. Un invito di tregua, nella rabbia che la tragedia ha seminato.
Nei giorni scorsi, il fratello di Gianfranco, Davide, titolare di un bar nel centro del paese, ha pubblicato un lungo messaggio su Facebook. «Sono io il primo a condannare, ma lui verrà ricordato per quell’uomo che ha ucciso Emy e basta. Era il miglior fratello che si possa avere. Per i nipotini era zio gioco e zio coccola. Chi non sa stia zitto».
Gli sfoghi da social aprono le dighe dei pensieri. Soprattutto dei peggiori. E così è stato per giorni. Commenti, frasi, accuse. Alcuni interventi poi cancellati
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«So che ci sono state discussioni. Come mamma mi sono permessa di scrivere: “Sono arrabbiata e non commento”. Sono arrabbiata perché la morte di mia figlia non può passare sotto silenzio. Molte donne vengono uccise, sfregiate, umiliate da uomini senza rispetto. Non si può tacere. Bisogna dire basta. Basta alla violenza degli uomini. Il sostegno ricevuto dalla gente e la decisione del Comune di proclamare il lutto cittadino mi hanno lasciata senza parole».
Emanuela aveva 44 anni. Gianfranco 48, lavorava a contratto come guardia giurata. Per questo motivo aveva una pistola, detenuta regolarmente. Entrambi erano divorziati. Si conoscevano da bambini. Circa dieci anni fa, ritrovandosi adulti, si erano innamorati. Lui le portava rose rosse sul luogo di lavoro, le scriveva in continuazione lettere, le portava il caffè. E lo ha fatto anche di recente. «Più che amore, credo, era possesso. Un amore esagerato. Nell’ultimo periodo, però quelle attenzioni e l’affetto erano svaniti. Emanuela lo aveva capito e lo aveva allontanato. Perché la loro storia era finita».
Oggi, il senso di queste parole divide, ferisce. Capita quando le quinte di due vite si svelano e diventano conosciute. Ma qui c’è stato un crimine. Ci sono una vittima e un carnefice. E poi c’è il dolore delle famiglie. Che non si cancella come una frase rozza scritta di getto su Facebook.


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