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Egidia Mamoli, 66 anni, commerciante in pensione, mamma. Uccisa con due colpi di pistola alla schiena dal marito

Segrate (Milano), 5 Marzo 2013


Titoli & Articoli

Imprenditore indebitato spara alla moglie e si uccide (La Presse – 5 marzo 2013)
Nella notte Pietro Donda, imprenditore 75enne, ha sparato alla moglie Egidia Mamoli, di 66 anni, uccidendola e poi si è tolto la vita con un colpo di pistola alla tempia. A denunciare l’omicidio suicidio è stato il domestico filippino, che questa mattina è arrivato a casa della coppia, in via Prima Strada, 12 a San Felice di Segrate, alle porte di Milano, e ha trovato i coniugi Donda a letto e senza vita. L’imprenditore 75enne, titolare di un’azienda di costruzioni e termoidraulica, temeva di non riuscire a ripianare i debiti accumulati dalla sua attività. Prima di uccidersi con la sua pistola Smith & Wesson calibro 38, regolarmente registrata, Donda ha scritto un biglietto per il domestico, chiedendo di avvisare il figlio e i carabinieri.

Omicidio-suicidio: muoiono Pietro Donda e la moglie (Milano Today – 5 marzo 2013)
“Scusatemi, sono un vigliacco. Chiedo scusa a tutti”. Sarebbe questa una delle frasi trovate in una delle 3 lettere che Pietro Donda, 76 anni, ha lasciato (uno scritto per la famiglia e uno per tutti, e un testamento), prima di uccidere la moglie nel sonno, Egidia Mamoli, di 67 anni, e di suicidarsi.  Il dramma è stato scoperto nella mattinata di martedì 5 marzo, da un domestico filippino in una frazione alle porte di Segrate, San Felice (Prima strada), dopo la lettura sulla porta di un biglietto con scritto: “Non entrate, chiamate mio figlio”. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri della locale stazione, la tragedia è avvenuta nella notte, intorno alle 4. Il 76enne avrebbe fatto fuoco con una Smith & Wesson regolarmente detenuta. Prima alla compagna (che era la seconda moglie), poi verso sè stesso.  Il figlio, Matteo, è stato immediatamente contattato dai militari. Le cause dell’omicidio-suicidio sarebbero da imputarsi a un cattivo momento economico dell’azienda di famiglia: Donda, imprenditore, aveva un’attività di termoidraulica. La mancanza di commesse, in questo periodo, erano vissute dall’uomo con profonda tristezza, fino alla tragica decisione.  Non erano noti dissidi particolari con la compagna. E anche l’azienda, sebbene non stesse vivendo un momento florido, da quanto è stato riscontrato, non aveva grossi debiti nè aveva posizioni rischiose con le banche.

 

“Sono un vigliacco, scusate”: spara alla moglie e si uccide (il Giornale – 6 marzo 2013)
I panni stesi con estrema cura, i vasi di piante protetti e ordinati che l’avevano resa nota come «la giardiniera» del quartiere, il micione bianco e marrone ben pasciuto che ora, appollaiato sul balcone, guarda smarrito verso le immacolate tendine in macramé dell’appartamento al piano rialzato della palazzina di via Prima Strada 12, a San Felice di Segrate, sono dettagli che dicono molto della signora Egidia Mamoli, 66 anni. In particolare evidenziano la completa, totale inconsapevolezza di questa povera signora, un tempo titolare di un negozio di abbigliamento. Una donna che si ostinava a condurre un’esistenza normale, da pensionata serena, accanto a un marito (era la sua seconda moglie, ndr) che da tempo, purtroppo, non era più lo stesso. L’uomo, Pietro Donda, 75 anni, imprenditore ancora attivo nel settore della termoidraulica per appartamenti, ieri mattina, tra le 5 e le 6, ha messo in atto un tragico progetto, probabilmente pianificato da parecchio tempo, calcolando ogni particolare con cura. Così, con la sua pistola – una Smith & Wesson calibro 38 – ha sparato 2 volte alla schiena alla moglie che dormiva. Quindi, prima di puntarsi l’arma alla testa e togliersi la vita cadendo sul letto, accanto alla consorte, Donda ha appeso alla porta della stanza un cartello, scritto al computer in inchiostro rosso, indirizzato al domestico filippino che sarebbe arrivato in mattinata, pregandolo di non entrare e chiedendogli di avvisare subito Matteo, il figlio 40enne di primo letto, che abita a Milano, e i carabinieri. Tre lettere – una indirizzata proprio al figlio, un’altra agli amici e un testamento – sono state rinvenute sempre in camera da letto. Dal contenuto si comprendono le ragioni del gesto. Consumato da una depressione che, silente (non era mai stato in cura e non prendeva farmaci) ne aveva corroso le certezze più radicate, il signor Donda era convinto, erroneamente, di dover affrontare chissà quale disastro finanziario. In realtà non aveva debiti enormi, addirittura aveva in piedi ancora dei lavori, ma la diminuzione di commesse alla «Diemme impianti» lo preoccupava enormemente. Lo stress e l’angoscia per il lavoro avevano preso il sopravvento e l’uomo temeva un improbabile tracollo economico. «Sono un vigliacco – scrive Donda – Perdonatemi».
Qualcuno, tra i vicini, ha sentito il rumore dei tre spari, ma non si è allarmato, non ha nemmeno avuto l’ardire di pensare a una tragedia. La maggior parte non ha proprio udito nulla. «Qui, almeno di vista, ci conosciamo tutti – spiega Daniela M. che abita nella stessa strada, qualche civico più in là dei Donda -. La costruzione di queste palazzine immerse nel verde, che ricordano molto Milano 2, risale a circa 40 anni fa. Si tratta di costruzioni che appartenevano alle assicurazioni Generali e alla Fasc (Fondo agenti spedizionieri e corrieri). Inizialmente i residenti erano perlopiù in affitto, poi, pian piano, siamo diventati tutti proprietari. È una zona sicura e protetta. Però ciò che accade dentro ciascuna abitazione resta una questione riservata. Quel che posso dirle è che Donda aveva da poco preso in appalto i lavori di termoidraulica dello studio d’architettura di mia figlia, a Milano».
Intanto il figlio dei Donda si aggira attonito attorno all’abitazione dei genitori, immerso nel silenzio del dolore più cupo, fino a quando, alle 13.25, i cadaveri dei genitori, dopo i rilievi dei carabinieri della compagnia di San Donato, vengono portati via. Quello di ieri, però, non è stato un drammatico risveglio solo per lui. «Guardate! – grida una vicina dal balcone -. Guardate come Egidia aveva steso i panni!!! Lei non lo sapeva quel che stava per succedere! Non se lo immaginava neppure». E torna in casa tra le lacrime.

 

Casale sotto choc per l’omicidio Mamoli. Casale è sotto choc per la morte di Egidia Mamoli (il Cittadino – 7 marzo 2013)
La donna, originaria di Casale, è stata uccisa mercoledì mattina da suo marito nella loro casa di Segrate, a 67 anni. La notizia della tragedia però si è sparsa nella città della Bassa solo nella tarda serata. Così il dramma di Segrate ha percorso di corsa una sessantina di chilometri, per colpire diritto al cuore dei casalini che ricordano Egidia. Qualcuno perché la conosceva bene, qualcun altro perché la conosceva “di vista” e altri ancora perché avevano studiato alle elementari con lei o con sua sorella. Nonostante Egidia avesse lasciato Casale negli anni Ottanta, infatti, in città sono ancora in tanti a ricordarsi di lei: una donna bellissima. Tra loro anche Federica Palazzini, che ha appreso della morte della sua amica Egidia soltanto ieri mattina. «Non ci posso credere: – ha dichiarato Federica – abbiamo trascorso la giovinezza insieme. Eravamo molto amiche – ha continuato -, ma da quando si era trasferita nel milanese ci eravamo un po’ perse di vista, naturalmente». E aggiunge ancora: «Era una ragazza bellissima, con i suoi occhi verdi e mora di capelli: la guardavano tutti. Mi ricordo che uscivamo sempre insieme e che ci prestavamo le scarpe con o senza tacco».
Piccoli dettagli di una amicizia semplice ma duratura. Da poche settimane Egidia aveva festeggiato il suo compleanno. Nata il 22 febbraio del 1946 a Casale, la Mamoli aveva abitato a lungo nella zona della stazione con suo padre Gianni e sua sorella Franca. «La mamma Maria invece era morta giovanissima a causa di una malattia – ha confermato Federica – e così fin da piccole Egidia e sua sorella erano state cresciute dalla zia Margherita». Quella zia sarta che abitava alla cuntrada de Morti a pochi passi dalla chiesa di Sant’Antonio, in un cortile di via Mazza. Quella zia che Egidia non ha mai smesso di venire a trovare anche dopo essersi trasferita a Segrate. Purtroppo è mancata ormai una decina di anni fa. Ma quell’amore che anni fa aveva allontanato Egidia dalle sua Casale, portandola a Segrate, mercoledì mattina l’ha tragicamente uccisa, per riportarla nella città lodigiana nelle lacrime di chi la conosceva. A uccidere la Mamoli infatti è stato il marito Umberto Pietro Donda, 76 anni, originario della provincia di Bergamo, imprenditore disperato per i debiti e in preda ad una pesante depressione. Donda prima ha sparato con la sua Smith & Wesson calibro 38 alla moglie, poi ha puntato l’arma verso di sé e si è tolto la vita. A scoprire i due cadaveri è stato il domestico filippino alle 8 della stessa mattina, martedì: arrivato nella loro abitazione del quartiere San Felice, ha letto sulla porta della camera il messaggio lasciato dall’uomo (con l’ordine di non entrare e di chiamare subito i carabinieri e il figliio) e ha eseguito gli ordini scritti. Non è entrato nella camera da letto, ma ha chiamato i carabinieri e quindi il figlio 40enne della coppia. Sul posto sono subito intervenuti i militari del nucleo operativo di San Donato e i colleghi della stazione di Segrate oltre ai sanitari del “118”. Le salme per il momento restano a disposizione dell’autorità giudiziaria, ma il biglietto lasciato dal marito non sembra lasciare dubbi su quanto sia accaduto in quella camera. (di Sara Gambarini)


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