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Assunta “Susy” Finizio, 50 anni, barista, mamma. Uccisa dal marito con 4 colpi di pistola dopo una vita di violenza e sevizie anche sul figlio

Roma, 20 Aprile 2016


Titoli & Articoli

Uccide la moglie a colpi di pistola. Lei lo aveva lasciato da un giorno (Corriere della Sera – 20 aprile 2016)
Assunta Finizio è stata raggiunta mercoledì sera dal marito in un bar e colpita a morte. Augusto Nuccetelli bloccato dalla polizia. Era stato candidato all’VIII Municipio
La madre di «Susy» si dispera sulla volante della polizia. Parla, piange e urla al telefonino raccontando ai parenti la tragica fine della figlia Assunta, colpita a morte con quattro proiettili dal marito Augusto Nuccetelli che solo mercoledì scorso aveva cacciato dalla loro casa a Corcolle dopo aver scoperto un tradimento. Il corpo della donna, Assunta Finizio, 50 anni – un figlio ventenne -, è riverso sul pavimento del piccolo bar tabacchi in via di Lunghezza, accanto al distributore di benzina della Q8. Fuori i clienti e i gestori sono sotto choc. Hanno assistito impotenti all’esecuzione della donna all’ora dell’aperitivo.
Erano da poco passate le 19.30. Inutili i soccorsi di un medico del 118 arrivato sul posto: la cinquantenne, colpita all’addome e al torace (e anche a una mano), è spirata prima dell’arrivo dell’ambulanza. Nuccetelli, fabbro di professione, di un anno più grande della moglie, già candidato alle ultime elezioni comunali nell’allora VIII Municipio con la lista del Movimento per l’Autonomia, non è andato lontano. Consumata quella che considerava la sua vendetta per essere stato allontanato dalla moglie, è fuggito a piedi, ha gettato la pistola avvolta nel giubbotto in un giardino poco lontano, ma poi è stato fermato dai poliziotti che già lo stavano cercando.
«Sì, sono stato io. Ho ucciso mia moglie», ha detto agli investigatori del commissariato Prenestino che lo hanno portato in ufficio e poi anche alla Squadra mobile dove è stato trasferito in serata. Lui in una stanza della sezione Omicidi, il figlio in un’altra per essere sentito sui rapporti che c’erano fra i genitori. E anche per capire se, prima della scoperta del tradimento, in casa c’erano stati episodi di maltrattamento nei confronti della madre. Quando sarà possibile anche la suocera del killer, colta da malore e ricoverata in ospedale, sarà ascoltata dai poliziotti.
Qualcuno ieri sera a Lunghezza parlava di frequenti litigi fra i due. Screzi che non sarebbero passati inosservati e che adesso potrebbero racchiudere il vero movente dell’omicidio. Conclusi gli atti dell’arresto, Nuccetelli – già conosciuto dalle forze dell’ordine per alcuni precedenti – è stato condotto a Regina Coeli accusato di omicidio volontario.

Orrore a Roma, uccide la moglie al bar: «Mi voleva lasciare» (il Gazzettino – 21 aprile 2016)
Entra in un bar, punta la pistola contro la moglie e spara. Quattro colpi, Assunta Finizio cade a terra, il sangue bagna il petto e le mattonelle bianche del locale, per lei non c’è niente da fare. Lui fugge ma gli agenti delle volanti lo fermano subito mentre sta per salire su un autobus. «L’ho ammazzata perché mi voleva lasciare. L’ho tradita. Mi ha cacciato da casa e non ci ho capito più nulla», piange in questura Augusto Nuccetelli, fabbro, stessa età della moglie, e si copre il volto con le mani. Mentre il figlio di 17 anni è davanti al bar dove la madre è stata uccisa, si guarda intorno smarrito, in una serata qualsiasi ha perso tutto, a casa non c’è più nessuno che l’aspetta. «Ditemi che è successo, cosa hanno fatto a mia madre. Di lui non mi importa niente, voglio sapere…», si dispera.
Le 19,30, in via di Lunghezza, alla periferia est di Roma. Al civico 38 c’è un bar con i videopoker. Assunta Finizio, 51 anni di origine napoletana come il marito, ha parcheggiato la sua vecchia 500, un modello anni Sessanta da poco verniciata color viola, davanti al bar ed è entrata. Probabilmente il marito l’ha seguita. Lei è dentro, vicino al bancone, sta per chiedere una consumazione. Non fa in tempo a parlare e a girare gli occhi verso l’uomo che le punta la pistola e viene colpita. Gli spari ravvicinati rimbombano nel bar, qualcuno scappa via spaventato. Il marito ha in mano una 44 Magnun, si dovrà chiarire come mai possedesse quell’arma o come se la fosse procurata. Assunta muore poco dopo, le pallottole l’hanno raggiunta all’addome.
Augusto scappa butta via la pistola su un prato lì vicino e si allontana velocemente dal luogo del delitto. Si dirige verso una fermata del bus, la sua intenzione è quella di salire sul primo mezzo che passa e far perdere così le sue tracce. Non ci riesce, gli agenti delle volanti che intervengono immediatamente lo raggiungono, è solo a duecento metro dal bar e lo bloccano. Augusto indica il punto in cui ha buttato via l’arma, è un prato che sta lì accanto. Gli agenti la trovano subito. Poi l’uomo viene portato in questura e spiega perché l’ha fatto.
La moglie aveva scoperto una sua relazione, lo aveva sorpreso da poco con un’altra donna e lo voleva lasciare. Liti, pianti e poi la fermezza di lei. «Vattene, non ci devi più stare in questa casa, non ti voglio più vedere», la rabbia della donna ferita. Di Augusto non voleva saperne più niente. E lui ha perso la testa: «Non sapevo dove andare, non ho capito più niente. Che ho fatto?», si dispera Augusto. Dopo l’intervento delle volanti che ha permesso la cattura del marito, le indagini sono passate alla squadra mobile diretta da Luigi Silipo.
La coppia viveva a Corcolle, a dieci minuti di macchina da via di Lunghezza. Assunta era la seconda moglie di Augusto, dal primo matrimonio lui aveva avuto due figli che sono ormai grandi. Il figlio avuto con Assunta ha 17 anni e consola la nonna davanti al bar dell’omicidio. La madre di Assunta non regge al dolore e si sente male, arriva un’ambulanza a soccorrerla. «Era una bella figliola», piange, «che fine ha fatto…. Era così bella, mia figlia, e quello me l’ha uccisa».
Le indagini della squadra mobile dovranno adesso accertare la provenienza della pistola usata dal marito. Era un’arma detenuta legalmente o lui se l’è procurata in qualche altro modo nei giorni precedenti l’omicidio. E andrà anche verificata la confessione del marito.

 

Roma, uccide la moglie in un bar. Il figlio: «Quel giorno voleva ammazzare anche me» (il Messaggero – 22 aprile 2016)
E’ rinata, «brillava», ma solo per un mese Susy, la schiava di campagna, segregata alle porte di Roma, freddata in un bar di Lunghezza.
La forza gliel’aveva data a febbraio la morte del padre, la scusa, l’ultimo tradimento. Era scappata dal marito infedele e violento, con quel figlio che aveva protetto annullandosi per 17 anni.
Mamma Nunzia l’ha ritrovata e persa, lei che andava a citofonare ogni giorno, a gridare «Susi, Susi aprici, fammela vedere», ma niente, sua figlia è rimasta muta e succube per anni, mandando il suo aguzzino al cancello, a dire: «Non vi vuole vedere…». Mamma Nunzia si strazia, «l’avevo appena ritrovata, avevo perso mio marito, forse era stato un suo regalo. Ora voglio morire e andare da lei».
A lei e ai familiari aveva raccontato tutto: «Ero segregata, mamma, non ho conosciuto una festa, un Natale, mamma io non so che cos’è il mare». E perché non è scappata, le hanno chiesto tutti: «Perché avevo paura: paura che ammazzasse Andrea». Una minaccia costante. Una tragedia annunciata» dicono ora i cugini, la mamma, la zia, la sorella di Assunta Finizio. «E’ matto – diceva – ogni volta minaccia che ammazzerà me e il figlio».
Erano andati dai carabinieri pochi giorni fa, perché da quando lei era scappata, li pedinava, minacciava: «Ti faccio vedere la morte di tuo figlio e poi ti uccido, non vedo l’ora di ammazzarti». Aveva registrato tutto Assunta, «ma non aveva lividi, non potevano far niente le avevano risposto».
Lei che dopo una vita di sevizie pensava di salvarsi, è morta ammazzata dall’uomo che l’aveva rimorchiata bambina nel bar di famiglia, bella e ingenua. L’aveva portata a vivere in campagna a Corcolle e segregata lì.
Ai familiari e ai carabinieri prima di morire lei e il figlio hanno raccontato particolari raccapriccianti: «Quando era piccolo lo legava a una sedia e lo costringeva ad assistere mentre mi picchiava». Ancora: «Quando fu bocciato lo legò al cancello e lo fece stare lì per due giorni». Ferite e tradimenti continui. Assunta e il figlio sotto le feste rimanevano soli, l’assassino, Nuccetelli, passava Natale e Pasqua con la prima moglie e i due figli. Guai ad avvicinarsi alla famiglia d’origine, Susy era isolata, «ci siamo trovati davanti una zingara, le abbiamo comprato vestiti, l’abbiamo portata dal parrucchiere, era irriconoscibile, era tornata tra noi ed era felicissima».
«SEMBRAVA DROGATA»
«Mia figlia mi ha chiesto scusa, mi ha detto mamma non avevo scelta: fino all’ultimo Augusto mi ha tenuta isolata da tutto. Ci riempiva di botte, avevo paura che ammazzasse mio figlio». Anche in questi giorni il padre-padrone aveva scritto al figlio un sms minacciandolo di morte. «Mi diceva: mamma perdonami, ti ho sempre amato». Era rinata nella casa della mamma, accudita dalla sorella, libera. I pochi che in passato erano riusciti a vederla la ricordano «imbambolata, come sedata, drogata, ora lo voglio veder morire in carcere» grida la sorella Mery. Nunzia non ha pace. «Se si fosse aperta prima con me, l’avrei mandata all’estero a fare la signora, non ci manca niente. Non l’ha solo ammazzata, l’ha seviziata, mio marito è morto desiderandola, è morto con la figlia in bocca. Io ho avuto un mese di felicità, mia figlia mi ha chiesto perdono: “Mamma io non ero io, ero plagiata”». Ora ha un nipote che l’abbraccia e le ripete stordito e senza lacrime: «Ho solo te, nonna».
(di Raffaella Troili)

Roma, uccide la moglie in un bar. Il figlio: «Quel giorno voleva ammazzare anche me» (il Messaggero – 23 aprile 2016)
«Deve provare le stesse pene, lo stesso dolore che ha provato mia madre. Sennò me lo levo io lo sfizio, ma non per mano mia». Lo sfogo di un figlio a cui il padre ha tolto sua madre. Che ha subito umiliazioni, che non ha ricordi felici da raccontare dei suoi appena 17 anni. Che ha saputo che il papà va a dire all’avvocato: «Massimo tre giorni e mi deve far uscire, c’ho da fare. Ho solo sparato a mia moglie».
Ma chi era Augusto Nuccetelli, è sempre stato il carnefice arrivato a uccidere Assunta Finizio?
«Se aveva un problema lui si sfogava su di noi, mamma sopportava per me, diceva che ero piccolo. Da 3 anni beveva di brutto, era sempre ubriaco, andava dietro alle donne, stava da tempo con una giovane albanese, le liti erano aumentate».
Perché non avete chiesto aiuto?
«A Corcolle lo sapevano tutti ma gli reggevano il gioco per paura. Quando si è candidato gli hanno cancellato i voti, sennò avrebbe pure vinto. Lei aveva solo lui, era isolata, in casa. E lui era possessivo, geloso, malato. Io spesso non potevo andare a scuola perché dovevo stare dalle 8 in officina mentre lui andava per bar».Come è precipitata la situazione?
«Un mese fa mamma è andata a cercarlo al bar, lui era con quella, hanno litigato una volta, un’altra ancora, l’ha presa per i capelli, ci ha cacciati dal furgone. A casa abbiamo parlato, ormai sei più grande mi ha detto mentre scappavamo con un borsone, a lui abbiamo detto in una casa famiglia. Ha iniziato a perseguitarci, ecco i messaggi che mandava». E giù offese, minacce, i «vi ammazzo», il «coniglio», che lui conserva tutte.
Due settimane in cui Assunta è rinata, Augusto impazzito. «La vedeva felice e bella. Mamma ha accettato di incontrarlo domenica per un gelato, in realtà ci ha fatto seguire perché dopo poco è arrivata una telefonata minacciosa: “Casa di tua madre è ancora bella?”. Mercoledì abbiamo pranzato insieme. Sembrava più calmo, ma nonna se lo sentiva».
Quel giorno che è successo?
«Le ha sfilato il telefono dalla borsa mentre lei mi preparava un panino. Più tardi ha chiamato per dirle che aveva lasciato il cellulare, che ci potevamo vedere in un bar di Lunghezza, voleva che andassi anche io, ma io sono rimasto con nonna. Le ha detto: “Se non ritornate a casa vi ammazzo, prima a tuo figlio e poi a te”. E lei: “Tu non sei così uomo da fare una cosa del genere”, lui si è alzato per andarsene, si è girato e iniziato a sparare. Insieme a mia madre è morto pure lui per me».


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