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Anna Filomena Barretta, 42 anni, cassiera, mamma. Uccisa con un colpo di arma da fuoco dall’ex marito

Marano Vicentino (Vicenza), 20 Novembre 2018


Titoli & Articoli

Delitto di Marano, Anna agli amici: «Ho paura, mio marito è pericoloso» (Corriere del Veneto – 14 dicembre 2018)
Lo racconta la madre della donna trovata morta il 20 novembre
MARANO VICENTINO (VICENZA) «La mia Anna temeva l’ex marito, ho scoperto in questi giorni che aveva mandato messaggi ad alcuni amici scrivendo “sono in pericolo vicino a mio marito” e “ho paura di stare vicino a lui”. Ora spero solo di poterla salutare per l’ultima volta». Ha la voce rotta dal pianto e parla di un «grande dolore» Anna Palmisano, la madre di Anna Filomena Barretta, la 42enne cassiera del Carrefour trovata morta per un colpo di pistola alla nuca il 20 novembre scorso, nella sua casa di Marano Vicentino.
In carcere, accusato di omicidio volontario, c’è l’ex marito Angelo Lavarra, guardia giurata, che avrebbe inscenato il suo suicidio. «Se fosse stato onesto lo avrebbe detto subito che l’aveva ammazzata – sono parole dell’ex suocera – si stancherà di dire che la mia Anna si è ammazzata, che è stato un suicidio. Io non gli credo e nemmeno gli investigatori, ci sono le varie prove raccolte fin qui a parlare».
La mamma della 42enne, con il cuore logorato dal dolore e la forza di una leonessa, è arrivata nel Vicentino, appena saputo del nullaosta rilasciato dalla procura per i funerali. Che si celebreranno venerdì 14 dicembre, a distanza quindi di oltre tre settimane dalla tragedia. Le esequie si terranno nella chiesa di Marano, dalle 15. E sempre a Marano la cassiera e mamma di famiglia verrà sepolta. Fino alla tarda serata di ieri pareva però che i parenti la volessero tumulare in Puglia, nel paese di origine del Tarantino. Un’ipotesi, poi esclusa, anche per dare la possibilità alle due figlie (minori) di poter andare sulla tomba dell’amata mamma.
La testimonianza Le ragazzine hanno visto per l’ultima volta il genitore vivo solo il giorno prima che fosse trovato senza vita in casa. Un aspetto che ha portato a maggior ragione la procura a disporre una serie di ulteriori esami medico legali per appurare l’ora del decesso. Per valutare fino a che punto avrebbe mentito Lavarra, arrestato nove giorni dopo quella telefonata in cui avvertita Suem e carabinieri che la compagna si era uccisa puntandosi la sua arma contro. Una chiamata fatta dopo aver scrupolosamente lavato le macchie di sangue e di trascinamento lasciate nell’appartamento di Marano, spostando il corpo della donna dalla cucina alla camera da letto, così come raccontato dallo stesso 44enne. «Ero in preda all’agitazione, non sapevo quello che facevo» racconterà poi il metronotte, torchiato dagli investigatori. Ma sarebbero molti, per gli inquirenti, gli «elementi oggettivi» raccolti fin qui a carico dell’ex compagno, che cioè nonostante dal carcere insiste a professarsi innocente, ribadendo: «Non ho sparato io ad Anna, non l’ho uccisa io».
Le indagini . E se gli approfondimenti medico legali sono ultimati – solo martedì sono stati eseguiti ulteriori prelievi ad integrazione dell’autopsia già fatta – le indagini dei militari del nucleo investigativo di Vicenza continuano, oltre a quelle in laboratorio, da parte dei Ris di Parma. Perché ci sarebbe ancora da scavare per fare luce su quanto accaduto, per ricostruire le ultime ore di vita della donna e per capire inoltre se possa esserci stata una sorta di premeditazione da parte del metronotte, geloso al punto da controllare anche le telefonate alla compagna, ex (separati) da appena un mese. Premeditazione che, se fosse provata, aggraverebbe la posizione del 44enne. «La controllava di continuo, era arrivato a toglierle anche il telefono, a tenerla segregata in casa» è la versione di Anna Palmisano.

 

Orfane di femminicidio. Quando una comunità dice: “Sono figlie di tutti noi”. La testimonianza del parroco (La difesa del popolo – 6 marzo 2020)
Il 2 marzo la condanna a 30 anni di carcere di Angelo Lavarra per avere ucciso la moglie in un piccolo paese in provincia di Vicenza. Vittime invisibili, due sorelline adolescenti rimaste orfane delle quali si prende cura nei primi mesi tutta la comunità, fino a quando non vengono affidate alla zia. Un buon  esempio di collaborazione tra istituzioni locali, società civile e parrocchia, dice al Sir don Fabio Balzarin. Il Comune avvia uno Sportello donna intitolandolo alla mamma uccisa.
Il 2 marzo il Tribunale di Vicenza ha emesso la sentenza di condanna a 30 anni di carcere nei confronti di Angelo Lavarra, guardia giurata, in carcere dal 20 novembre 2018 per avere ucciso a Marano Vicentino con un colpo di pistola alla nuca la moglie Anna Filomena Barretta, tentando poi di spacciare l’omicidio per suicidio e ammettendo la propria colpevolezza solo alcuni mesi dopo. Anna, che allora aveva 42 anni, ha lasciato due figlie adolescenti di 11 e 14 anni, vittime invisibili e orfane due volte: della mamma che non c’è più e del padre che l’ha strappata loro violentemente e sta scontando la pena in carcere.
Bambine che all’improvviso si trovano catapultate in quell’esercito di fantasmi che sono gli orfani di femminicidio – dal 2000 oltre 1.600 – sui quali, una volta spenti i riflettori dei media, piomba spesso una silenziosa cappa di indifferenza.
Ma per le due ragazzine di Marano Vicentino si è mossa tutta la comunità, come racconta al Sir don Fabio Balzarin, giovane parroco di Santa Maria Annunziata, la chiesa frequentata dalla famiglia. Don Fabio era arrivato in quella parrocchia nell’ottobre 2018, appena un mese prima della tragedia che ha scosso il piccolo paese nel quale, ricorda, “tutti pensavano che drammi come questo potessero accadere solo nelle grandi città. Ogni volta che i media parlavano di femminicidi, ‘da noi non capiterà mai una cosa del genere’ si diceva”. Eppure è successo e “tutta la comunità si è fatta carico del dramma e della sofferenza delle bambine. La maggior parte del lavoro lo ha svolto l’amministrazione comunale e noi come parrocchia abbiamo collaborato per cercare di affrontare insieme una realtà tremenda che interroga e mette in crisi”.
“Non avevo ancora avuto modo di conoscerli bene – prosegue – ma so che la famiglia frequentava la parrocchia, venivano a messa la domenica e le ragazzine andavano al catechismo. Una famiglia comune, apparentemente normale, pur con alcuni problemi di relazioni al suo interno, ma come tante oggi”.
All’inizio la versione del marito – che si trattasse di suicidio – sembrò verosimile. “Ai funerali, e anche nei primi tempi, nessuno lo mise in dubbio”, racconta il sacerdote, ma successivamente le indagini raccolsero indizi tali da escludere l’ipotesi del suicidio e poco tempo dopo il maritò ammise la propria colpevolezza. “Accanto al dolore, alla paura, alla domanda nei confronti della morte si aggiunsero lo sgomento e la rabbia per essere stati ingannati, soprattutto la preoccupazione per le bambine e la necessità di proteggerle”. Don Fabio racconta di averle incontrate un paio di volte in preparazione dei funerali, prima che sapessero la verità:“Avevano un fortissimo legame con il papà. La prima volta che le ho viste erano abbracciate, proprio attaccate fisicamente al padre, l’unica persona loro rimasta, figura di cui fidarsi e dal quale si aspettavano amore e protezione”.
Di solito gli orfani di femminicidio vengono affidati – se ci sono – ai nonni materni, ma il sacerdote spiega, senza entrare nei particolari, che anche nella famiglia della mamma “c’erano dei problemi”. Per questo le sorelline “sono state accolte subito in una casa famiglia di un paese vicino gestita dalle suore Orsoline, dove sono rimaste fino all’estate 2019 per consentire loro di terminare l’anno scolastico evitando trasferimenti che avrebbero aggiunto trauma a trauma”. Dalla scorsa estate sono invece state affidate a una delle zie che abita a Cesena e le ha portate con sé. “Credo sia stata la scelta migliore perché con la sorella della mamma hanno un buon rapporto. Staccarsi da questo territorio per loro è stato importante, altrimenti avrebbero corso il rischio di passare il resto della vita marchiate come le figlie di ‘quella che è stata uccisa dal marito’. E poi anche l’allontanamento fisico dai luoghi dell’evento può aiutare a superare il trauma e a tornare, lontane dai riflettori, il prima possibile ad una vita normale”.
“Dopo la morte di Anna – prosegue don Fabio – ci siamo confrontati con l’amministrazione comunale per tentare di comprendere, anche grazie anche all’aiuto del tutore legale subito nominato, quali fossero i modi migliori per aiutare le ragazze. I parrocchiani, ma anche le insegnanti e i genitori dei compagni di classe sono stati loro vicini; le colleghe della mamma hanno organizzato una raccolta fondi per loro. Si è deciso di non fare manifestazioni a caldo che potevano diventare solo espressione di rabbia. Invece un anno dopo, nel novembre 2019, il Comune ha organizzato una fiaccolata per ricordarla, alla quale ha partecipato tutta la comunità. Per l’occasione è stato inaugurato uno Sportello donna a lei intitolato con l’obiettivo di sensibilizzare contro la violenza sulle donne, offrire strumenti di prevenzione e incoraggiare le vittime di maltrattamenti a denunciare prima di arrivare ad una strada senza ritorno”.
La comunità si è davvero stretta intorno alle ragazzine, proteggendole anche da indiscrezioni di certa stampa locale che avevano riportato affermazioni del padre poco rispettose della memoria della loro mamma.
“Abbiamo voluto far sentire loro che non sono sole, ma accompagnate; che la vita può dare loro ancora tante possibilità e va vissuta con fiducia e speranza”. Ma la vicenda di Anna, conclude il parroco, “deve servirci come monito per tenere sveglia l’attenzione su questa drammatico fenomeno sociale ormai diffuso, e sulle vittime che lascia sul campo”. E’ come se l’intera comunità avesse detto: “Questa ferita ci riguarda tutti: sono anche figlie nostre”.


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In memoria di

Anna Filomena Barretta venne uccisa il 19 novembre del 2018 dal marito Angelo Lavarra: la freddò alla nuca con un colpo di pistola. Nel secondo anniversario della sua morte tornano a ricordarla le colleghe del Carrefour di Thiene: le ‘Amiche di Anna’ saranno presenti nel centro commerciale, dalle 9 alle 17, da mercoledì 18 a venerdì 20 novembre. “Allestiremo un banchetto con dei lavoretti fatti anche con le nostre mani-spiegano-Il ricavato servirà per aiutare le due figlie di Anna che ora vivono con la zia materna”.
Alberi mignon e decorazioni di Natale, calendari e t-shirt  con lo slogan della loro campana: “Non ti amo da morire, per non dimenticare”. Oggetti che, una volta acquistati, contribuiranno all’impegno preso dalle colleghe della 42enne commessa del Carrefour. “Pensiamo alle due figlie di Anna, ma non solo-spiegano-Il nostro intento è sensibilizzare quanto più possibile le persone sul tema della violenza contro le donne. Spezzare l’omertà che gravita attorno a vicende come questa”. Violenza che si palesa in tanti modi. Spesso tenuti celati dalle vittime, per paura o per vergogna. Il tutto in nome di un potere maschilista che subordina la donna; che la confina ad oggetto all’interno di una cornice che può finire per chiamarsi femminicidio.
Come è accaduto ad Anna Filomena Barretta in un mercoledì di due anni fa nella casa di Ma rano Vicentino. Manca poco all’ora di pranzo, e al ritorno da scuola delle due figlie, quando in cucina avviene il delitto. Prima un litigio poi lo sparo. Anna finisce a terra con una pallottola nella nuca sparata dalla pistola del marito Angelo Lavarra, metronotte di mestiere. Poi il tentativo di depistare le indagini da parte del marito, ancora prima di chiamare i soccorsi. Infine, trascina il corpo di Anna dalla cucina fin sotto al letto della loro camera: pulendo tutto e aspettando 24 ore prima di dare l’allarme e inscenare il suicidio della moglie. Una tesi che non regge agli occhi degli inquirenti e che, qualche mese più tardi, verrà spazzata via dalla confessione di Lavarra. Ha tolto la vita ad Anna perché non voleva più stare con lui. Stanca, a quanto pare, del suo fare possessivo e di quelle mani che per due volte in passato l’avevano fatta finire al pronto soccorso.
Anna Filomena Barretta non c’è più. Angelo Lavarra si trova in carcere dove sconta la pena di 30 anni di reclusione. Restano le due figlie, affidate alla zia materna, che le colleghe della 42enne commessa del Carrefour conoscevano bene. “Facciamo questo per loro ma anche per Anna- concludono- Per tenere in vita il suo ricordo e affinché il muro di omertà che spesso rinchiude le vittime di violenza venga abbattuto”.

Marano, Anna Baretta uccisa dal marito: tutte le iniziative delle amiche per aiutare le figlie (Corriere del Veneto – 17 dicembre 2022)
Il gruppo si ingegna ogni anno per dare vita alla raccolta fondi: t-shirt, un disco, mascherine e, quest’anno, un calendario
Sono passati quattro anni dal femminicidio di Anna Filomena Barretta ma il suo ricordo è più vivo che mai. Da quel tragico evento, ogni anno, le amiche, nonché colleghe di lavoro che hanno fondato l’associazione “Amiche di Anna”, si ingegnano per creare iniziative volte a raccogliere fondi da destinare alle figliolette della donna freddata nella sua casa di Marano Vicentino con un colpo alla nuca dal marito, Angelo Lavarra, guardia giurata.
T-shirt, mascherine e una canzone. All’epoca dei fatti, la donna, che aveva 42 anni, lavorava come cassiera nel supermercato del centro commerciale di Thiene. «Quest’anno – spiega Giovanna Davò, presidente dell’associazione – per il quarto anniversario del femminicidio, abbiamo realizzato un calendario per raccogliere fondi da destinare ai figli delle vittime di femminicidio, a loro volta vittime innocenti». Dopo le t-shirt, la canzone dell’ep intitolata “Chiude cassa dodici”, la panchina rossa e le mascherine, il gruppo di donne per le donne, torna con un calendario di cui sono protagoniste. Lo spirito è sempre lo stesso: basta violenza. Si sono fatte immortalare dal fotografo Ernesto Jobin per il progetto che hanno deciso di battezzare «Ricordati, basta silenzi: urla!». «In pratica – spiega la presidente – ad ogni mese corrisponde una foto che ritrae un sentimento e ad ognuna di esse corrisponde una frase. Novembre, vi anticipo, è dedicato ad Anna. Vogliamo dare coraggio alle donne affinché non si sentano sole o emarginate perché c’è sempre la possibilità di un aiuto». Il calendario che hanno realizzato verrà presentato il 19 e il 20 novembre nella Galleria commerciale di Thiene.
«Dalla tragedia nata una rete forte di solidarietà» «Tutte le iniziative – sottolinea Marco Guzzonato, sindaco di Marano – che facciano risuonare il nome Anna Filomena e con questo la memoria di quello che è successo, che ha segnato nel profondo la nostra comunità, sono indice di una presa di posizione netta per dire che la violenza di genere è una aberrazione che dobbiamo combattere tutti insieme. Qui in Comune c’è uno sportello donna dedicato a lei e da un evento tragico si è creata una solida rete di solidarietà. Bisogna che si affermi una cultura diversa, che chiama in causa tutti, a prescindere dal genere, per fare un salto di qualità culturale in nome del rispetto».
Il plauso per l’iniziativa arriva anche da Loredana Zanella, presidente della Commissione regionale Pari Opportunità. «I figli delle donne uccise da mariti e compagni – sottolinea – sono vittime viventi della violenza. Si parla troppo poco di loro che devono affrontare nella vita ostacoli grandissimi a causa del loro vissuto. Per questo hanno bisogno di essere fortemente sostenuti dallo Stato per inserirsi nuovamente nel mondo che li circonda. Pensiamo allo sgomento dei figli che vedono le loro madri uccise brutalmente dai loro padri. In quest’ottica, ogni cittadino è chiamato a collaborare affinché la piaga dei femminicidi in prossimità del 25 novembre giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, venga debellata. Concludo con uno slogan coniato dalla consulta degli studenti di Vicenza per un progetto realizzato ad hoc che recita «Nulla cambia se non cambi niente». Una chiamata collettiva al cambiamento».