Shkelqim Bedeli, 56 anni, fabbro, padre. Strangola la moglie e si impicca
Calino di Cazzago San Martino (Brescia), 12 Agosto 2021
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Omicidio-suicidio: strangola la moglie e poi s’impicca alla ringhiera delle scale (Brescia Today – 13 agosto 2021)
La tragedia che sconvolge la comunità: marito e moglie trovati morti in casa
Per la prima volta da sempre, lei non si era presentata al lavoro. E i figli, appena partiti per le vacanze, che provavano e riprovavano a contattare i genitori, ma senza successo. Il triste presagio di una tragedia che nessuno avrebbe mai nemmeno immaginato. E che invece sarebbe stata studiata a tavolino, nei minimi dettagli, facendo combaciare tutti i tasselli: i figli in viaggio, i vicini di casa per qualche giorno lontani. Così si è compiuto il macabro progetto. Due vite spezzate, una famiglia nel dolore, un quartiere sotto shock.
E’ la cronaca del dramma di Calino, frazione di Cazzago San Martino, al villaggio La Collina: è qui che da quasi 20 anni abitavano Shkelqim Bedeli e Shegushe Paeshti, marito e moglie (entrambi 55enni) trovati senza vita nella loro abitazione, al civico 49. A dare l’allarme uno dei figli della coppia, che come detto non riusciva a contattare i propri genitori ormai da giorni.
Il macabro ritrovamento giovedì mattina. I carabinieri della compagnia di Gardone Valtrompia sono intervenuti con i Vigili del Fuoco del comando provinciale, intorno alle 10 di giovedì mattina: l’uomo è stato trovato impiccato alla ringhiera delle scale, mentre la donna era riversa sulle stesse, legata alla ringhiera. I successivi accertamenti, in collaborazione con la Sis (la Sezione investigazioni scientifiche) e il medico legale, coordinati dal pm Alessio Bernardi, hanno permesso di verificare che il marito ha prima strangolato la moglie per poi legarla alla ringhiera, e subito dopo si è impiccato, lasciandosi cadere dal ballatoio, legandosi le mani in qualche modo così da non potersi più liberare, neanche involontariamente, per istinto.
Sul luogo della tragedia i carabinieri hanno recuperato anche due lettere, scritte al computer, una indirizzata ai figli e l’altra alle autorità. In quelle poche righe Shkelqim Bedeli avrebbe raccontato dei dissidi che l’avrebbero portato a compiere l’insano gesto: problemi di coppia, magari la gelosia. Ma non si esclude nemmeno che soffrisse di depressione, forse ancora più acuita dopo che da qualche settimana aveva perso il lavoro.
Tra orto e passeggiate, una famiglia tranquilla. Sotto shock i vicini e i conoscenti. Chi li conosceva racconta di una coppia tranquilla, e tutto sommato ancora affiata (ma forse solo in apparenza) nonostante i tanti anni insieme. Shegushe Paeshti era una gran lavoratrice: dipendente della Amadori, tornava a casa e si dedicava alle faccende domestiche, poi usciva a passeggiare, e spesso con il marito. Bedeli, che ha fatto il fabbro per una vita, era anche un grande pollice verde, coltivava il suo orto e specialmente i pomodori. Un fulmine (quasi) a ciel sereno. I figli sono già rientrati dalle ferie. Le salme sono ovviamente a disposizione dell’autorità giudiziaria, ma non ci sarebbero ormai più dubbi in tal senso: si è trattato di un omicidio-suicidio. Restano i sigilli sulla porta, l’eco delle sirene e dei lampeggianti di giovedì mattina, le facce incredule dei pochi vicini di casa rimasti, alla vigilia di Ferragosto. Il sole è alto, e caldo: ma l’aria che si respira è fredda, freddissima.
«Litigi? Mai sentiti, però lui era molto sospettoso» (Brescia Oggi – 13 agosto 2021)
Erano una coppia molto conosciuta in paese, Bedeli Shkelqim e Paeshti Shegushe. Descritti come «una famiglia tranquilla, lei molto socievole, lui una brava persona» da quei vicini di casa ancora increduli di quanto accaduto. «Andavano a camminare insieme quasi tutte le sere – hanno ricordato alcuni residenti – di litigi tra i due non se ne sono mai sentiti. Non sembrava una coppia in crisi». Lei una bella donna, indaffarata e indipendente, «lui passava molto tempo a casa ma non sembrava depresso – hanno ricordato alcuni conoscenti –. Qualche sguardo di rimprovero in effetti era capitato quando la moglie si soffermava troppo a chiacchierare in giardino ma nulla di allarmante».
Il delitto, studiato a tavolino a quanto pare, potrebbe essere stato innescato dalla gelosia. Una rivendicazione di quell’amore che il marito pensava di meritare e che lei, dal suo punto di vista, non gli concedeva. Ma queste sono solo supposizioni, nate anche dagli scritti che lui ha lasciato registrati nel loro computer e che qualche amico aveva subodorato.
«Lui la controllava – ha riferito una collega di lavoro –, era sospettoso se ritardava dopo il lavoro, me l’aveva confidato più di una volta. Ma nulla di preoccupante, le solite cose tra marito e moglie. Da quanto ne so non c’erano stati episodi aggressivi. Calma piatta, semmai. Quella da diverso tempo. Era silenzioso. Qualche incomprensione certo ma non situazioni che potessero far pensare ad un gesto del genere». (di S.D.)
Brescia, quel cartello del padre omicida al figlio: «Non salire: non ti piacerà ciò che vedrai» (Corriere della Sera – 14 agosto 2021)
Dopo aver strangolato la moglie e prima di uccidersi Shkelqim Bedeli ha appeso un messaggio all’ingresso
Non solo le lettere — tante, lunghe — scritte al computer per tentare di spiegare quel che spiegare non si può. Perché «non ce la faccio più, ad andare avanti». Frasi complesse, contorte, confuse, a rispecchiare un’animo perso fuori controllo in preda a una fortissima e ormai ingestibile crisi coniugale. Dopo aver stretto una corda al collo della moglie fino a strangolarla sulle scale della loro abitazione a Cazzago San Martino, in località Calino, e prima di usarne un’altra per togliersi la vita a pochi centimetri, Shkelqim Bedeli, disoccupato (da poco tempo) di 56 anni, ha scritto un messaggio al figlio che viveva con loro, partito per le vacanze.«Non salire» il messaggio scritto a mano su un cartello appeso al piano di sotto, oltre l’ingresso dell’appartamento. «Non ti piacerà, ciò che troverai». E cioè suo padre e sua madre esanimi. Lui, impiccato alla ringhiera, si è lasciato andare sul ballatoio interno. Aveva mani e piedi legati: un dettaglio, questo, che in prima battuta ha spinto i carabinieri — coordinati dal pm Alessio Bernardi — a procedere con cautela e non escludere alcuna pista, nonostante alla fine la dinamica (e gli scritti) abbiano portato in un’unica direzione: omicidio, suicidio. Evidentemente, Bedeli ha fatto di tutto per impedire al suo istinto di sopravvivenza di prevalere sulla sua volontà di morire. Per questo aveva «costruito» — da abile artigiano e fabbro quale era — una sorta di imbragatura fatta di fune, nastri isolanti, ganci e pesi agli arti inferiori. Per farla finita. Non è spirato per asfissia, ma per la rottura netta dell’osso del collo.
Lei, Shegushe Paeshti, la moglie, 55 anni, impiegata in un’azienda di Erbusco, giaceva poco distante da lui, riversa sulle scale di casa. Giovedì mattina non si era presentata al lavoro e i figli non riuscivano da ore a contattare i genitori, i telefonini squillavano a vuoto. Da lì la chiamata al 112 e il sopralluogo alla palazzina: i vigili del fuoco sono entrati dalla finestra, verso le 10. Ma stando al medico legale, il duplice delitto risale alla sera precedente. La casa in ordine, il silenzio. E quella scena drammatica davanti agli occhi delle forze dell’ordine. Mai una segnalazione, su quella famiglia, un sospetto, un presagio. Una lucida follia che lascia sgomenti. (di Mara Rodella)