Sergio Rubini, 53 anni, imbianchino, pregiudicato. Negli anno ’80 aveva già accoltellato una prostituta, negli anni ’90 era stato condannato per il tentato omicidio della moglie. Uccide con 23 coltellate una prostituta e la getta in un canale. Ritenuto altamente pericoloso, non gli viene riconosciuta la seminfermità e viene condannato a 18 anni con rito abbreviato, ridotti a 16 in appello.
Chiesuol del Fosso (Ferrara), 2 Gennaio 2012
Titoli & Articoli
“Lenuta massacrata con 23 coltellate” (il Resto del Carlino – 6 gennaio 2012)
«Abbiamo tolto dalla strada un soggetto altamente pericoloso». Lo ripete più volte il colonnello Antonio Labianco. «Una persona con un elevata potenzialità offensiva per la società». Sergio Rubini, 52 anni festeggiati il giorno di Natale, disoccupato di Voghiera, dall’altra notte si trova rinchiuso all’Arginone con l’accusa di aver ammazzato Lenuta Lazar, 31 anni prostituta romena. E’ guardato a vista, giorno e notte, dalla Penitenziaria. Elevato è il pericolo di gesti inconsulti. Prima dell’atroce delitto commesso lunedì sera, il suo curriculum si era già macchiato due volte: negli anni ’80 era stato condannato per lesioni gravissimi ai danni di una ‘squillo’, negli anni ’90 per tentato omicidio ai danni della moglie. Rubini era consapevole del suo stato di difficoltà psicologica, soprattutto dopo la separazione dalla moglie, avvenuta un mese fa. La prossima settimana aveva un incontro fissato con uno psichiatra.
«Rubini — sottolinea Labianco, comandante provinciale dell’Arma — non è un normale criminale che voleva rapinare quella povera donna. Ora ha bisogno di essere curato e seguito da vicino».L’ultima sua azione, di un’esistenza difficile, è cominciata lunedì sera. Alle 22, a Chiesuol del Fosso, all’altezza dell’ufficio postale, incontra Lenuta Lazar, 31 anni romena, domicilio nel bolognese, da un mese ‘squillo’ tra le vie di Ferrara. La carica sul suo furgoncino bianco. I due cominciano a parlare, poi succede qualcosa che fa precipitare la situazione. Rubini afferra un coltello a serramanico e si scaglia addosso alla ragazza nella parte retrostante del mezzo. La colpisce con una violenza inaudita: 23 le coltellate sul corpo. Il sangue è ovunque. Poi riparte, senza meta, in preda al delirio. Raggiunge la statale 16, arriva a Portomaggiore, si dirige verso le valli di Ostellato. Sul ponte di via Mezzano, accanto al Csm, spoglia Lenuta e scarica il cadavere nel canale Bando Valle Lepri, in una zona dove andava spesso a pescare. Si dirige verso casa, getta gli indumenti suoi e della donna in un qualche anfratto, così farà pure con l’arma del delitto, mai trovata. L’indomani pensa al furgone, lo lava e lo ridipinge all’interno per non lasciare tracce. Ma il rimorso lo assale, progetta il suicidio. Ingoia tranquillanti e si schianta con il furgone nell’Argentano.E’ martedì sera. Carabinieri e Municipale procedono con i rilievi, Rubini è confuso ma non ferito. Mentre viene accompagnato al Sant’Anna, il furgone viene restituito a un parente. All’ospedale, davanti al padre, l’omicida confessa. Il suo racconto è farneticante, parla di una prostituta uccisa e buttata nel canale dove va a pescare. La famiglia, quella stessa notte, denuncia il tutto nella caserma di via del Campo. Davanti ai militari, Rubini fornisce ulteriori dettagli. Disegna il percorso per arrivare al ponte di via Mezzano. Partono gli accertamenti, ora dopo ora ogni sua parola trova conferma. «Sono stati due gli elementi importanti — spiegano il capitano Giuseppe Aloisi e il maggiore Gabriele Gainelli —: il ritrovamento del veicolo ridipinto e ripulito e la denuncia, per una prostituta romena scomparsa (Lazar, ndr), presentata da una connazionale in questura». Mercoledì pomeriggio, in ospedale, l’uomo confessa davanti al pm Ciro Alberto Savino; alle 22,10 arriverà il decreto di fermo per omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Perizia. Domani alle 10 è fissata l’udienza di convalida in carcere. L’uomo sarà difeso dall’avvocato Andrea Marzola. «Mi auguro — dice il legale — che in quella sede si discuta dell’unica cosa da discutere: l’accertamento sanitario per stabilire la capacità di intendere e volere di questa persona».
L’ha massacrata mentre lei si spogliava (La Nuova Ferrara – 7 gennaio 2012)
Inquietanti retroscena di Sergio Rubini sull’omicidio e sulle fantasticherie per appagare l’eccitazione non sessuale
Sul suo corpo 23 coltellate e nessuna «ferita da protezione». Il linguaggio del medico legale è tecnico, il significato inquietante: Lenuta Lazar, la giovane rumena uccisa da Sergio Rubini, non ha avuto nemmeno il tempo di difendersi, di alzare le braccia contro quel il coltello che Sergio Rubini brandiva menando fendenti con una violenza cercata, voluta, appagante. Per lui. Dentro il furgone di Rubini, dove doveva vendere il proprio corpo al cliente di turno, Lenuta non si era ancora spogliata: si stava calando i pantaloni all’altezza del ginocchio, quando la «bestia» che vive dentro Rubini l’ha aggredita, accoltellandola per 23 volte, in una successione in crescendo, massacrandola. Dettagli che lo stesso Rubini ha riferito agli inquirenti con una precisione impressionante, dettagli che poi sono stati confermati dalle conclusioni del medico legale Maria Rosa Gaudio.
Rubini, insomma, ha detto la verità, non si è inventato nulla. Sulla sua volontà di uccidere, sul perchè la sera del 2 gennaio sia uscito di casa con un coltello in tasca, cercando una ragazza, una prostituta con cui appagare non la sua eccitazione sessuale, ma qualcos’altro, di ben più grave. Lui stesso ha raccontato di questi suoi pensieri, «fantasticherie» le ha chiamate, riferendo ciò che accadde prima e dopo l’omicidio, in un silenzio innaturale, nella saletta dell’Astanteria dell’ospedale Sant’Anna. E chi era presente a quel primo interrogatorio, con l’assistenza del suo legale e di ufficiali e marescialli dei carabinieri – i segugi che masticano indizi e parole e li trasformano in prove e riscontri per i magistrati – ha ancora i brividi nel ricordare la confessione di Rubini. Quando con freddezza ha ricordato di aver caricato la ragazza davanti all’ufficio postale di Chiesuol del Fosso e di essersi portato nelle strade chiuse del parcheggio della Metro, dove la stessa ragazza gli aveva detto di andar, dove lei andava sempre. E sempre piangendo, Rubini ha ricordato che dopo aver ucciso iniziò ad urlare, gridare, a battersi con pugni alla testa, per scacciare la «bestia», quel demone che era dentro di lui che non riusciva e non poteva fermare, che lo ha spinto a uccidere.
Ancora più agghiacciante è stato il racconto del momento in cui ha gettato la povera ragazza nel canale. Quando, sentendo il tonfo del cadavere ha avuto la consapevolezza che stava cancellando non solo il corpo della ragazza, ma a se stesso – inutilmente, perchè indelebili nella sua testa – le prove di ciò che aveva fatto.
Perchè ora che il caso è risolto, dopo la confessione di Rubini, la ricerca e la scoperta di riscontri da parte dei carabinieri al suo racconto-verità, ora il caso Rubini è solo materia per psichiatri giudiziari. Che dovranno valutare se l’uomo è persona che si possa imputare di omicidio, da poter condannare e tener in carcere per scontare la pena che verrà. Oppure se il suo futuro è quello di un paziente criminale psichiatrico da custodire in una stanzetta di ospedale giudiziario, per le condizioni psichiche in cui si trova. Oggi intanto, in un’altra stanzetta, nel carcere dell’Arginone – e non in tribunale – verrà celebrata davanti al gip Piera Tassoni l’udienza di convalida del fermo di Sergio Rubini. Udienza scontata per via della conferma – ovvia – dell’arresto e poi si deciderà sul luogo della custodia, il carcere o altro. Visto che il difensore di Rubini, Andrea Marzola, chiederà al giudice la custodia in struttura detentiva adeguata, alternativa al carcere. E così, dopo quello di oggi, i prossimi atti, sono più che prevedibili. Primo tra tutti una perizia psichiatrica per valutare le capacità psichiche e di stare in giudizio, di essere processato. Perchè non si può dimenticare che se Sergio Rubini fosse giudicato in un processo come imputato normale, per la gravità del reato, la premeditazione dell’omicidio di Lenuta Lazar, rischia il carcere a vita: l’ergastolo.
Sergio Rubini, 53 anni, artigiano, era ‘pienamente capace’ mentre uccideva. E dopo la condanna saluta e ringrazia il pm
Ride e scherza, con gli agenti di polizia penitenziaria mentre aspetta la sentenza del giudice Monica Bighetti, per l’omicidio di Lenuta Lazar, la donna di 31 anni che uccise la notte del 2 gennaio 2012, a Chiesuol del Fosso, e poi dentro il furgone della ditta, ne trasportò il corpo, per gettarlo in un canale ad Ostellato. Aspetta, Sergio Rubini, che i giudici ipotechino il suo futuro. Parla e scherza e fa roteare gli occhi, inseguendo chi entra ed esce dall’aula dell’udienza preliminare: gli occhi sono quelli di sempre, elettrici. Ma non è più l’uomo devastato da quel demone che lo aveva portato ad uccidere, e che se non scoperto (furono i suoi familiari a farlo scoprire e poi portarlo a confessare) poteva colpire all’infinito, come un assassino seriale, come avevano subito avvertito gli inquirenti.
In carcere, dicono tutti, è un detenuto modello: curato e tenuto sotto controllo medico (e psichiatrico), è la persona più normale di questa terra. Sergio Rubini, 53 anni, imbianchino di Voghiera, se l’aspettava, ieri mattina di essere condannato: tutto ovvio, tutto scontato. Per lui una pena di 18 anni di carcere (in giudizio abbreviato) dal giudice Monica Bighetti, che ha deciso la stessa pena chiesta dal pm Alberto Savino che fin dalle prime ore della scoperta del corpo della donna uccisa, seguì le indagini, interrogò Rubini, affrontando anche lui quegli occhi elettrici e persi nel vuoto. Rubini ricorda, eccome, il pm Savino. Così, ieri mattina dopo aver incassato i 18 anni di carcere, ecco Rubini, con i legacci ai polsi e scortato dalla polizia penitenziaria, prima di lasciare il tribunale, rivolgersi proprio al pm, incrociato nel corridoio, quasi a ringraziarlo, sorridendogli: «Dottore la saluto!»
Rubini è stato riconosciuto capace di intendere e volere: nel momento in cui uccideva, quella notte, con una premeditazione folle, sapeva di voler uccidere. Lo aveva detto lui stesso a carabinieri e magistrati che quando aveva un coltello in tasca e cercava una donna per avere rapporti sessuali occasionali e pagati, perdeva il controllo. Usciva con quel coltello in tasca e grazie ad esso trovava la forza di incontrare le donne che si vendono in strada. Oggi come ieri: trent’anni fa, non a caso, accoltellò una prostituta e già allora gli venne riconosciuta una seminfermità di mente. Anche la moglie tentò di uccidere, una decina di anni fa. E dunque anche grazie a questi precedenti, il giudice Bighetti può aver riconosciuto la gravità di una forte consapevolezza delle proprie azioni.
Di parere opposto la difesa, sostenuta dall’avvocato Cinzia Rizzatello, che ha proposto al giudice Bighetti le conclusioni del proprio consulente, il dottor Toniolo, per la infermità parziale. Ora – in attesa dell’appello, già annunciato dalla difesa – Rubini dovrà restare in carcere per 18 anni, e al termine della pena è prevista per lui la libertà vigilata come deciso ieri al processo. In aula non c’era nessuno a rappresentare la vittima, poichè la famiglia della giovane romena è stata risarcita ed è uscita dal procedimento. Resta la gravità del fatto, della morte di una ragazza di strada romena, uccisa dentro il furgone con cui Rubini la incrociò a Chiesuol del Fosso. Lenuta non fece nemmeno in tempo a spogliarsi, per consumare il rapporto sessuale pattuito: Rubini la aggredì, la accoltellò a morte, 23 volte. Poi guidò per oltre un’ora da Ferrara a Ostellato, dove ne gettò il corpo in un canale. Dove lo fece ritrovare lui stesso. Se non avesse confessato il delitto e tutto il resto, oggi sarebbe ancora a libero: lui e quel suo demone senza controllo.
Uccise prostituta e gettò corpo in un canale, in appello ridotta a 16 anni la pena (il Fatto Quotidiano – 16 gennaio 2014)
Uccise una prostituta di 31 anni con 23 coltellate e gettò il corpo senza vita in un canale di campagna. Ora, dopo una condanna in primo grado a 18 anni, la corte d’Assise di appello di Bologna in secondo grado ha ridotto ulteriormente la pena a 16 anni di reclusione. La lettura della sentenza a carico di Sergio Rubini, un artigiano di Voghiera, nel ferrarese, è avvenuta nel primo pomeriggio di mercoledì 15 gennaio.
Il 4 giugno 2013 il giudice per le udienze preliminari di Ferrara nell’applicare la pena all’omicida aveva concesso un terzo di sconto, automatico nei casi di rito abbreviato. Così gli anni di carcere inflitti erano stati 18, rispetto ai 27 totali previsti: 24 per l’omicidio e tre per l’occultamento di cadavere. Ora però la corte ha applicato un ulteriore sconto portando la condanna a 15 anni per l’omicidio volontario e a un anno per l’abbandono di cadavere.
La notte del 2 gennaio 2012 Rubini, 54 anni, uccise a Chiesuol del Fosso Lenuta Lazar, che da un mese si prostituiva per le strade della zona; poi l’assassino trasportò il corpo sul suo furgone fino a Ostellato, dove lo buttò da un ponte dentro un canale, lo stesso in cui si recava spesso a pescare. Infine, liberatosi dei vestiti della donna e del coltello a serramanico usato per ucciderla in un improvviso raptus, lavò e riverniciò il furgone nel tentativo di fare scomparire ogni traccia. Il giorno dopo il delitto, preso probabilmente da rimorso, Rubini tentò di suicidarsi mettendosi alla guida del furgone dopo essersi imbottito di farmaci, finendo così per schiantarsi. Arrivato in ospedale dopo l’incidente stradale, di fronte al padre e ai parenti venuti a fargli visita arrivò la confessione dell’omicidio e poi l’indicazione del posto esatto dove era stata gettata la donna che fu ritrovata con indosso solo la biancheria intima.
A Rubini anche in secondo grado è stata riconosciuta solo la aggravante della recidiva. Prima del delitto commesso nel 2012, negli anni Ottanta l’uomo era stato infatti condannato per lesioni gravissime ai danni di un’altra prostituta, mentre negli anni Novanta era finito in tribunale per il tentato omicidio ai danni della moglie. Rubini era peraltro consapevole del suo stato psicologico, soprattutto dopo la separazione dalla coniuge, avvenuta poco prima dell’omicidio di Lenuta Lazar. La settimana successiva al delitto, si venne poi a sapere, Rubini avrebbe dovuto incontrare uno psichiatra. Tuttavia sia in primo che in secondo grado i giudici non hanno voluto riconoscere la seminfermità mentale, come chiesto dalla difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Cinzia Rizzatello di Ferrara. Il presidente della giuria, Pierleone Fochessati entro 60 giorni renderà note le motivazioni che hanno portato all’ulteriore sconto di pena.