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Salvatore Iemma, 47 anni, titolare di una ditta edile, pregiudicato per estorsione nell’ambito di un’inchiesta sulla prostituzione in un night club, padre e nonno. Va a casa della ex moglie e la uccide con tre colpi di pistola davanti ai figli. Si costituisce e viene condannato a trent’anni con rito abbreviato

Sarzana (La Spezia), 13 Agosto 2014

sarzanaSi pente amaramente


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L’omicidio, la fuga e il rimorso
Una notte di travaglio, indeciso se consegnarsi o farla finita. Poi una telefonata all’avvocato sarzanese Andrea Guastini e la decisione di presentarsi al carcere di Massa.
Si è aggirato per diversi minuti attorno al carcere di Massa, dopo aver parcheggiato la Mazda 3 scura con cui era stato visto scappare da Sarzana. Corroso dal senso di colpa per una notte intera, valutando il proposito di farla finita in alternativa a quello di consegnarsi alla giustizia. E’ questo il racconto che Salvatore Iemma, imprenditore edile 47enne di Sarzana ricercato per l’omicidio dell’ex moglie Antonietta Romeo, di 40 anni, ha reso durante l’interrogatorio di garanzia svolto nel carcere massese davanti al gip Marta Perazzo. Parole che permettono di effettuare una prima ricostruzione delle 24 ore di una fuga che era arrivata a mobilitare le forze dell’ordine di tutto il Paese.
Dopo un nottata di travaglio, nel corso della giornata del 14 agosto, l’uomo ha contattato il suo difensore, l’avvocato sarzanese Andrea Guastini, comunicandogli l’intenzione di costituirsi. Solo dopo il disbrigo di alcune pratiche, tra le 20 e le 21, Iemma si è presentato ai cancelli della prigione, con il legale al suo fianco.
Questa mattina il reoconfesso ha risposto per quasi un’ora e mezza a tutte le domande del magistrato e ha reso dichiarazioni spontanee, cercando di ricostruire gli eventi per cui è incriminato e le ore che li hanno preceduti. Il pm Luca Monteverde sembra indirizzato verso la richiesta di giudizio immediato, cui dovrebbe seguire da parte del legale difensore l’istanza di rito abbreviato.

Salvatore lemma e l’uxoricidio di Sarzana
Il 28 luglio 2015 Salvatore Iemma viene condannato a 30 anni per aver ammazzato la moglie quasi un anno prima. È una storia dove viene rievocato il vecchio delitto d’onore, una storia tragica dove di mezzo ci sono quattro figli, senza più i genitori che si possano occupare di loro. Tutto comincia l’estate del 2014. La sera del 13 agosto l’allarme scatta a Sarzana, dove viene ritrovato il corpo di Antonietta Romeo, 40 anni, calabrese, quattro figli maschi dei quali uno minorenne. Le hanno sparato tre colpi di revolver: uno, diretto al cuore, risulterà fatale. Del marito, Salvatore Iemma, 47, imprenditore edile di Oppido Mamertina – il borgo reggino che ha dato scandalo per via delle processioni dove si fa l’inchino davanti alla casa del boss – non c’è traccia.
La caccia all’uomoLe forze dell’ordine, che hanno forti sospetti su di lui per l’uxoricidio, avvertono tutti i posti di frontiera su una sua possibile fuga. Salvatore e Antonietta si erano sposati nel 1992, ma da un anno vivevano separati e, rammentano i vicini, litigavano spesso. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo è entrato in casa dopo aver discusso animatamente con la moglie al telefono per diversi minuti. E, quando l’ha fatto, ci sarebbe stato in casa anche uno dei figli piccoli. Si viene a sapere anche altro: Salvatore è stato rinviato a giudizio di recente in un’indagine per sfruttamento della prostituzione in un nightclub spezzino, insieme ad altre 17 persone. Mentre la caccia all’uomo prosegue in tutta Italia, la sera del 14 agosto Sarzana organizza una fiaccolata: «Siamo tutti profondamente colpiti dalla morte di Antonietta Romeo. La comunità sarzanese si stringe attorno alla famiglia e ai figli della vittima esprimendo sgomento di fronte all’ennesimo caso di violenza perpetrata verso le donne» dice il sindaco Alessio Cavarra. In tarda serata Salvatore si costituisce.
«Non volevo ucciderla»E racconta la sua versione dei fatti: «Volevo spaventare Antonietta ma non ucciderla. È partito un colpo, ma non era mia intenzione ammazzarla….Ho avuto un corto circuito nella testa». Quanto al fatto che in casa, nella sua cameretta, ci fosse anche uno dei loro figli, giura che lo ignorava: «Se avessi saputo che c’era il ragazzo in casa nemmeno avrei tirato fuori la pistola» spiega al gip Marta Perazzo e al pm Luca Monterverde nel carcere di Massa. Il movente? Il fatto di non accettare il divorzio e la gelosia per il sospetto che la moglie avesse un altro.
Iemma, quando il pm gli domanda se avesse mai picchiato Antonietta in passato, risponde: «Fu solo una spinta, lei volle andare all’ospedale». Non ci sono denunce contro di lui della donna. E ora, ammette di aver immaginato di uccidersi dopo il delitto: «Ci ho pensato per 24 ore. Non sapevo decidermi: farla finita o costituirmi in carcere. Subito dopo la tragedia ho raggiunto con l’auto la zona della casa circondariale di Massa l’ho parcheggiata, per poi vagare in stato confusionale». Emergono però anche intercettazioni telefoniche, riportate dal Secolo XIX, tra la madre dell’uomo e la sorella di quest’ultimo, in cui la prima faceva presente che Salvatore si sentiva «sputtanato» per aver perso la moglie a causa di un «extracomunitario» brasiliano, nuovo compagno di Antonietta. In un’altra, la sorella di Salvatore parlava con un vicino di Antonietta della sera del delitto. Il vicino ricordava: «Anche per telefono se ne erano dette di tutti i colori ma anche di persona, quella sera lì è stata proprio fatale». E lei: «Ma perché quella sera lì non è andata da suo padre e da sua madre?». E la risposta: «No si è messa a dormire di sotto e gli ha detto alla ragazza (una giovane collega di Antonietta, ndr), mi prendo il pigiama e dormo sotto perché ho paura che mio marito mi ammazza, le aveva detto». E per l’accusa non si tratta di un colpo partito per sbaglio. Né crede che il marito volesse solo spaventare la moglie. Crede che si tratti piuttosto di una vendetta da delitto d’onore, di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Un femminicidio.
La difesa sceglie il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena. Ma le accuse vengono accolte in toto: il gip di La Spezia Diana Brusacà condanna così Salvatore Iemma a 30 anni di prigione. Il 4 ottobre 2016 la Corte d’Assise d’Appello di Genova conferma la pena. Poco prima aveva detto ai giudici:  «Sono pentito per quello che è accaduto, avrei voluto morire io, ho agito in uno stato di grande emotività. Mi pento amaramente». La difesa ha annunciato ricorso in Cassazione. (di Edoardo Montolli)

Cassazione, confermati 30 anni a Iemma: uccise l’ex moglie a Sarzana
La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Salvatore Iemma, 51 anni, l’uomo che il 13 agosto 2014 uccise l’ex moglie Antonietta Romeo con un colpo di pistola. Dopo aver scoperto che la donna aveva cominciato una relazione con un altro uomo, fece irruzione nell’abitazione in via Turì a Sarzana: sfasciò la porta a calci e fece fuoco con una calibro 22. Poi fuggì: salì in auto e si consegnò ai carabinieri soltanto dopo ventiquattro ore. «Ti ammazzo. Anche quando avrai la separazione ricordati che tu non potrai mai rifarti una vita: ti taglio la testa», disse Iemma alla donna poche settimane prima di ucciderla.
Nei tre gradi di giudizio il verdetto è sempre stato lo stesso: 30 anni di reclusione. I carabinieri del reparto operativo, coordinati dal pm Luca Monteverde, hanno tracciato il profilo di un uomo che non perdonò mai ad Antonietta il fatto di aver chiesto la separazione.
«Prega per lei», disse Iemma prima dell’omicidio al padre della vittima. Il pm Monteverde ha sostenuto che il cinquantenne di origini calabresi volesse farla pagare ad Antonietta da tempo. Dopo la separazione, Antonietta si fidanzò con un uomo di origini brasiliane, del quale era innamorata. «Papà ma perché quel giorno non ti sei andato a fare una passeggiata? La mamma si faceva la sua vita e tu a quest’ora eri libero», chiese a Iemma il figlio Sebastiano durante un colloquio in carcere intercettato dai carabinieri. La risposta fu eloquente: «Eh sì, allora cosa facevamo, la famiglia allargata? Doveva pensarci Mario (il fratello di Antonietta, ndr) a ucciderla. E’ l’unico senza famiglia. Invece è un infame, quella sera se trovavo anche lui in casa facevo fuori tutti e due».
Gli inquirenti ne sono certi, per Iemma è sempre stata solo una “questione d’onore”. Il suo legale, l’avvocato Andrea Guastini, aveva chiesto alla Corte uno sconto ritenendo che fosse stato provocato. Il legale di parte civile, Michela Bianchi, ha ottenuto un maxirisarcimento per i familiari e il pagamento delle spese processuali.


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