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Roberto Garini, 51 anni, infermiere. Sfonda la porta di casa della compagna e la insegue, le punta la pistola e inizia a sparare almeno dieci colpi, ferendo di striscio anche la figlia dodicenne della donna. La ragazzina si salva fingendosi morta. Condannato a 30 anni con rito abbreviato

Dorno (Pavia), 28 Giugno 2016


Titoli & Articoli

Tragedia a Dorno, dipendente del San Matteo uccide la compagna (la Provincia Pavese – 28 giugno 2016)
E’ accaduto nella tarda serata di martedì in via Passerini. In casa anche la figlia 12enne. L’uomo – operatore socio sanitario a Pediatria – ha sparato diversi colpi di pistola. Mezz’ora dopo si è consegnato ai carabinieri
Orribile tragedia nella tarda serata di martedì 28 giugno a Dorno, in via monsignor Passerini, a ridosso del centro del paese. Un uomo ha ucciso a colpi di pistola la propria compagna, poi si è barricato in casa e dopo circa mezz’ora si è consegnato ai carabinieri. Nell’agghiacciante sequenza è rimasta coinvolta anche la figlia appena 12enne della donna, che potrebbe essere scampata alla folle violenza fingendosi morta.
Il delitto è avvenuto al termine di un litigio scoppiato tra i due, che circa un anno fa avevano intrecciato una relazione – si conoscevano ma si erano ritrovati tramite un social network quando lei viveva in Francia – e che da alcune settimane pare vivessero un periodo di forte tensione.
L’uomo, Roberto Garini, 51 anni, operatore infermieristico al policlinico San Matteo (lavora a Pediatria), e la donna, Emanuela Preceruti, 44 anni, abitavano in due appartamenti attigui, entrambi di proprietà di Garini. Con la donna viveva anche la figlia, avuta da un’altra relazione. Secondo alcune testimonianze, la lite sarebbe scoccata martedì sera mentre i due si trovavano nei rispettivi appartamenti: un’accesa discussione da finestra a finestra nel corso della quale l’uomo – che pare avesse ecceduto con l’alcolha perso completamente il controllo. E’ sceso in strada, in preda al folle raptus ha sfondato la porta dell’altro appartamento con una mazza ed è salito sulle scale.
Emanuela Preceruti e la figlia hanno cercato di nascondersi in bagno, ma l’uomo le ha inseguite sulle scale, ha sfondato una seconda porta, ha colpito la donna con un pugno e poi ha esploso diversi colpi di pistola – una decina – verso di lei.
La donna, colpita soprattutto al torace, è morta sul colpo. Ferita di striscio, a un fianco, anche la bambina, che ha assistito all’omicidio della madre e si è finta morta per scampare alla follia.
Così si è salvata la ragazzina
Quando l’uomo è uscito dal bagno ed è entrato nel suo appartamento, la 12enne è andata sul balcone di una stanza accanto e si è lanciata di sotto, da un’altezza di circa cinque metri, restando lievemente ferita a una caviglia. Quindi è andata a chiedere aiuto a un’amica, che abita vicino. “Roberto ha ucciso mia madre”, ha urlato alla compagna e alla madre. E’ stata soccorsa e caricata su una delle ambulanze del 118 arrivate sul luogo della tragedia.
Nel frattempo Roberto Garini è tornato nell’appartamento del delitto. È stato lui stesso a dare l’allarme con una telefonata al 118: “Venite, ho ammazzato la mia compagna“, ha spiegato. Poi è rimasto armato in casa, tenendo lontano chiunque tentasse di avvicinarsi. La strada si è riempita di persone. I soccorritori non sono riusciti a entrare subito nell’appartamento.L’uomo è stato sentito urlare diverse volte dall’interno dell’appartamento teatro dell’efferato delitto. Poi, dopo circa mezz’ora, si è lasciato prendere dai carabinieri, che lo hanno trovato abbracciato al corpo senza vita della donna. E’ stato portato prima alla sede della Croce Garlaschese, poi alla caserma dei carabinieri di Vigevano dove è stato interrogato fino alle 8 del mattino dal sostituto procuratore Giovanni Benelli e dal capitano dei carabinieri Rocco Papaleo, cui ha reso piena confessione. Quindi è stato portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario.Per fare fuoco ha utilizzato una pistola Tanfolio calibro 9 per 21, regolarmente detenuta insieme ad altre due per uso sportivo: fino a non molto tempo fa frequentava regolarmente il poligono. (di Adriano Agatti e Maria Fiore)

“Voleva lasciarmi”, la confessione dell’assassino di Emanuela (AdnKronos – 29 giugno 2016)
Uccide la convivente a colpi di pistola davanti agli occhi della figlia di 12 anni. L’uomo, Roberto Garini 51 anni operatore socio sanitario all’ospedale San Matteo di Pavia, è stato arrestato dai carabinieri di Vigevano con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Almeno dieci i colpi sparati all’indirizzo della vittima, Emanuela Preceruti di 44 anni, ‘colpevole’ di volerlo lasciare. L’omicidio è avvenuto ieri sera, martedì 28 giugno, in un appartamento a Dorno, in via monsignor Passerini, non lontano dal centro. A scatenare la furia dell’uomo è stata l’intenzione della compagna di lasciarlo. Una scelta maturata nelle ultime due settimane dopo una relazione nata su Facebook circa un anno fa.
L’ultimo periodo ha visto la coppia protagonista più di bassi che di alti e la donna, insieme alla figlia avuta da una precedente relazione, aveva deciso di tornare in Francia. Ieri sera la vittima, secondo il racconto fatto dall’uomo finito in manette, gli avrebbe rivolto alcune frasi offensive provocando la sua reazione. Il 51enne è andato nel suo appartamento, al civico 93, attiguo a quello della donna (al civico 95) e armato di una spranga di ferro ha sfondato la porta che collega le due abitazioni. Madre e figlia si sono rifugiate nel bagno al secondo piano, ma l’assassino le ha raggiunte: ha sfondato la porta e ha impugnato la sua pistola calibro 9×21 regolarmente detenuta. Almeno dieci i colpi sparati, secondo gli investigatori. Uno ha colpito di striscio la piccola, la quale si è salvata fingendosi morta. Inutile i soccorsi, invece, per la 44enne, colpita più volte. Solo quando l’uomo si è allontanato, la minorenne ha scavalcato il balcone, ha raggiunto un altro appartamento ed è saltata giù – un salto di circa 5 metri – e ha iniziato a chiedere aiuto. Le sue urla hanno attirato l’attenzione dei vicini che hanno chiamato il 112. Le condizioni della piccola non sono gravi. Nel frattempo il 51enne è rientrato nel suo appartamento per lasciare l’arma usata contro la sua convivente, quindi è tornato sulla scena del delitto. Ha chiamato i carabinieri e ha detto: “Ho ucciso mia moglie perché voleva lasciarmi”. Quando i militari di Vigevano sono arrivati nell’abitazione lo hanno trovato che abbracciava il corpo senza vita della sua compagna. Per l’uomo, incensurato, si sono aperte le porte del carcere.

Omicidio a Dorno, la gelosia per Emanuela: “Ho fatto una cavolata, uccidetemi” (il Giorno – 30 giugno 2016)
Il paese si sveglia sotto choc. Il sindaco proclama il lutto cittadino
Un mazzo di fiori davanti ai tre gradini che portano all’ingresso del civico 93 di via Passerini. È il ricordo discreto che i dornesi hanno voluto tributare a Emanuela Preceruti, morta a 44 anni uccisa dall’uomo con il quale aveva avuto una relazione. Una storia, la loro, segnata dalla gelosia di Roberto Garini, 51 anni che, messo davanti alla possibilità di perderla ha sparato contro la donna, uccidendola.
«Che fosse geloso si sapeva – raccontano in paese – ma nessuno si sarebbe mai aspettato che la storia potesse chiudersi in modo tanto tragico». Negli archivi dei carabinieri non ci sono denunce per maltrattamenti presentate dalla vittima, molto conosciuta nel Comune lomellino. Una figlia dodicenne, l’amore che l’aveva portata in Francia per poi ricondurla tra i campi della Lomellina. A riportarla a casa era stato proprio Roberto che la conosceva da sempre e che da sempre aveva nutrito un interesse per Emanuela. L’aveva ritrovata su Facebook, si erano scritti. Forse si erano raccontati delle reciproche delusioni, anche lui era separato, si sono visti. Poi è nato qualcosa.
«Quando si vedevano in giro sembravano affiatatissimi», racconta un vicino di casa. Ma poi qualcuno a mezza bocca si lascia scappare che la ex moglie aveva deciso di andarsene proprio per la sua gelosia, forse perché lui in qualche occasione aveva alzato le mani. E poi da capire c’è il rapporto dell’uomo con l’alcol. Qualcuno dice che non fosse occasionale, di certo martedì sera, per sua stessa ammissione, qualche birra l’ha bevuta prima di diventare un omicida: «Ho fatto una c…, uccidetemi», ha mormorato mentre veniva accompagnato fuori dalla sede della Croce Garlaschese dove è stato sottoposto ai primi accertamenti.
Davanti ai carabinieri, già nella notte, ha reso un’ampia confessione anche se nel suo racconto ci sono momenti che devono ancora essere chiariti. Il sindaco di Dorno, Mariarosa Chiesa, che ha proclamato il lutto cittadino, conosceva bene la vittima e la sua famiglia: «Era stata per qualche tempo all’estero, in Francia – racconta –. Poi quando aveva deciso di tornare aveva fatto un salto in Comune per lasciare il suo curriculum.
Era maestra d’asilo e sperava di poter trovare un lavoro». Un’occupazione che per il momento però non era arrivata e con l’incrinarsi della sua relazione forse Emanuela aveva pensato di poter cambiare vita: «Me ne vado, me ne torno in Francia», pare che abbia detto martedì sera durante il suo ultimo scontro con il compagno. Forse proprio l’idea di perderla ha annebbiato la mente dell’uomo che poi l’ha uccisa.
Ieri sera Emanuela Preceruti è stata ricordata in occasione di una manifestazione sportiva in programma al campo sportivo del paese con l’obiettivo di raccogliere fondi per il policlinico San Matteo, con un’esposizione di scarpe rosse, il simbolo del no alla violenza sulle donne. Una violenza che spesso si annida proprio in casa, in quel luogo dove la quarantaquattrenne dornese e la figlia dodicenne si sentivano al sicuro. (di Umberto Zanichelli)

L’abitazione di Manuela Preceruti, la donna uccisa in Via Passerini a Dorno (Pv). Il convivente della vittima, Roberto Garini, si e’ consegnato ai Carabinieri (Maurizio Maule, Dorno – 2016-06-29) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

Inseguì e uccise la compagna, ora cerca uno sconto di pena (il Giorno – 29 novembre 2017)
Dorno, l’uomo aveva ferito anche la figlia 12enne della donna
Condannato a trent’anni per aver ucciso la compagna, ora punta allo sconto di pena in Appello. Roberto Garini, 51 anni, si trova in carcere da quando nel giugno 2016 a Dorno ha ammazzato per gelosia Emanuela Preceruti, 44 anni, sparandole. Garini la stessa notte aveva ferito anche la figlia di dodici anni della donna, la ragazza si era finta morta ed era poi fuggita lanciandosi in strada dal balcone.
Arrestato, un anno dopo a luglio l’uomo era comparso davanti al Gup di Pavia e aveva scelto il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Il giudice aveva sentenziato per lui trent’anni di reclusione. Ora la difesa ha presentato il ricorso per chiedere una riduzione della condanna.
Il ricorso, secondo la difesa di Garini, si fonda sulla contestazione di alcune aggravanti da parte del Gup: in particolare, il giudice di primo grado ha sottolineato i motivi passionali e anche i futili motivi alla base del gesto, la difesa contesta la concomitanza delle due aggravanti.
Garini ha affermato in udienza di essere pentito del suo gesto, in una missiva indirizzata ai parenti della vittima a luglio parlò di un «cancro del dolore». Ora viene descritto dalla difesa come provato dal rimorso. Al momento dell’arresto aveva confessato quanto accaduto, durante l’interrogatorio col Pm si era sentito male. La sera del delitto, maturato secondo gli inquirenti per il timore di perdere la compagna e per la gelosia, Garini aveva fatto irruzione in casa di lei, aveva inseguito la donna e la figlia fino in bagno, poi aveva sparato. Dopo aver ucciso Preceruti, aveva lanciato l’allarme.

«Alcol e farmaci, sparò per un raptus» (la Provincia Pavese – 15 aprile 2018)
Il processo d’ appello a Roberto Garini condannato a 30 anni per aver ucciso Emanuela Preceruti davanti alla figlia 12enne
Aveva scaricato l’intero caricatore di una pistola contro la compagna Emanuela Preceruti, 44 anni, uccidendola davanti agli occhi della figlia all’epoca 12enne. Per quest’efferato omicidio l’ex operatore sociosanitario Roberto Garini è stato condannato a 30 anni di carcere. Ma da mercoledì, quando inizierà il processo di secondo grado in tribunale a Milano, il reo confesso del delitto del 28 giugno 2016 a Dorno chiederà uno sconto di pena.
«Garini è un uomo distrutto da quello che ha commesso – spiega l’avvocato Giovanni Caly, che lo difende -. Lo vedo quasi settimanalmente in carcere a Pavia, ha avuto un raptus che l’ha portato a commettere ciò di cui ora si è pentito totalmente». La strategia difensiva per Garini, ora 54enne, punterà sulla rimozione dell’aggravante dei futili motivi citata nella sentenza di primo grado arrivata dopo la richiesta di rito abbreviato. «Riteniamo non sia stato un omicidio dovuto a futili motivi, ma c’era un rapporto tra i due che era diventato ormai logoro e c’erano già state diverse discussioni – aggiunge l’avvocato di Garini -. Il folle gesto che Garini ha subito ammesso è avvenuto al culmine di questi scontri di coppia. Punteremo a far emergere questo, che è stato trascurato nella sentenza di primo grado dove è stata inflitta l’aggravante dei futili motivi. Tra l’altro Roberto Garini quando ha sparato era sotto l’effetto di alcool e di psicofarmaci. Comunque dopo aver ucciso Emanuela Roberto Garini ha subito collaborato chiamando le forze dell’ordine e piangendo accanto al cadavere di Emanuela, non ha mai negato nè giustificato il suo gesto folle».
Una tesi che, ovviamente, i legali della famiglia Preceruti non accettano. Ed anche in secondo grado chiederanno la conferma della condanna a 30 anni di carcere per Roberto Garini: «La richiesta del pubblico ministero è stata accolta in primo grado con la condanna a 30 anni, il massimo per chi chiede il rito abbreviato – spiega l’avvocato Davide Costa, che rappresenta i genitori ed il fratello di Emanuela Preceruti -. Altrimenti vista la gravità e l’efferatezza del delitto la condanna sarebbe stata quella all’ergastolo. In ogni caso contrasteremo la richiesta del legale di Garini. Una strategia difensiva già emersa in parte in primo grado, ma che non entra nel merito dei fatti che sono stati confermati dal reo confesso. Una linea che invece punta su una dissertazione tra attenuanti ed aggravanti. La pena corretta però è quella di 30 anni, Emanuela è stata uccisa a colpi di pistola davanti alla figlia di 12 anni».
Al processo parteciperanno anche l’avvocato Ernestina Salvadeo, che rappresenta la figlia di Emanuela Preceruti e l’avvocato Filippo Marioni che invece difende l’ex marito della donna uccisa e padre della bambina. La sentenza di primo grado che ha condannato a 30 anni Roberto Garini è stata emessa nel luglio 2017, quasi un anno dopo il delitto avvenuto nella tarda serata del 28 giugno 2016. Garini, oltre che di omicidio volontario, è accusato anche di lesioni aggravate ai danni della figlia di Emanuela Preceruti, violazione di domicilio e porto d’armi abusivo. Il delitto era avvenuto nella casa doveva Emanuela viveva con la figlia, in via Passerini. Per entrare nell’abitazione Garini aveva sfondato la porta d’ingresso poi aveva scaricato tutto il caricatore della semiautomatica Tangoflio a due canne (una calibro 41, l’altra calibro 9) addosso alla donna. La figlia di 12 anni, ferita di rimbalzo da un proiettile che le aveva colpito una gamba, si era nascosta in bagno e poi era saltata dalla finestra al primo piano uscendo sulla strada. Sia l’arma del delitto che altre due pistole trovate a Garini erano detenute irregolarmente.

Uccise la compagna, 30 anni di carcere (la Provincia Pavese – 19 aprile 2018)
Nessuno sconto di pena in appello. In aula Garini si è detto pentito. Soddisfatte le parti civili: «La giustizia ha trionfato»
Confermata anche in appello la condanna a 30 anni per Roberto Garini, reo confesso dell’omicidio della compagna Emanuela Preceruti, 44 anni, uccisa a colpi di pistola davanti agli occhi della figlia di lei all’epoca 12enne, il 28 giugno 2016. Per il 53enne Garini, il difensore Giovanni Caly ha chiesto uno sconto di pena, 22 anni, perché «è stato un raptus. Non ha agito per futili motivi, il rapporto tra i due era diventato ormai logoro e c’erano già state molte discussioni». Un gesto che comunque per ammissione dello stesso Garini è stato “folle”, commesso sotto l’effetto di alcol e psicofarmaci. Ieri era in aula ha confermato di essersi pentito. Ma la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, emessa in primo grado l’11 luglio 2017 dalla Corte d’assise di Pavia a carico dell’ex operatore sociosanitario del policlinico San Matteo, che è recluso nel carcere di Pavia.
Gli avvocati di parte civile si sono associati alla richiesta di confermare la pena presentata dal procuratore generale, sottolineando l’efferatezza del delitto, «che avrebbe portato a un ergastolo senza la scelta del giudizio allo stato degli atti, rito che prevede lo sconto di un terzo della pena», ha sottolineato l’avvocato Davide Costa, legale dei genitori e il fratello di Emanuela Preceruti. «La pena corretta è quella 30 anni, Emanuela è stata uccisa a colpi di pistola davanti alla figlia dodicenne, un’ulteriore aggravante».
L’avvocato Ernestina Salvadeo rappresenta la figlia di Emanuela Preceruti e l’avvocato Filippo Marioni l’ex marito della donna uccisa, padre della bambina. «La giustizia ha trionfato», commenta Salvadeo. Era costituito parte civile anche il Comune di Dorno. Garini, oltre che di omicidio volontario, era accusato di lesioni ai danni della figlia di Emanuela, che da due anni è ospite di una comunità e frequenta la scuola media fuori provincia, e anche di violazione di domicilio e porto d’armi abusivo. Sia l’arma del delitto che altre due pistole trovate a Garini erano infatti detenute irregolarmente.
L’omicidio è avvenuto nella casa di proprietà di Garini dove Emanuela viveva con la figlia, in via Passerini. Per entrare l’uomo, che viveva nell’appartamento accanto, aveva sfondato la porta di ingresso, poi aveva esploso tutto il caricatore della semiautomatica Tanfoglio a due canne (una calibro 41, l’altra calibro 9) addosso alla donna. Dieci colpi sparati in successione. La ragazzina, ferita di rimbalzo da un proiettile che l’aveva colpita ad una gamba, si era nascosta in bagno e poi era uscita dalla finestra al primo piano, saltando in strada e rifugiandosi da una vicina. Garini si è barricato in casa accanto al cadavere, i carabinieri l’hanno convinto a consegnarsi poco dopo. L’hanno trovato abbracciato al corpo di Emanuela, con cui aveva iniziato una relazione sentimentale u n anno prima. La difesa non esclude un ricorso per Cassazione.

Omicidio di Dorno, “Lui non ha mai dato segni di pentimento” (il Giorno – 9 gennaio 2019)
Parla l’avvocato Ernestina Salvadeo che ha ha assitito la figlia della vittima
«Non  ha mai dato veri segni di pentimento. Che mi risulti, non ha mai fatto un gesto. È quello che mi rammarica di più». L’avvocato Ernestina Salvadeo ha assitito la quattordicenne figlia di Emanuela Preceruti durante l’iter processuale seguito alla morte della donna, uccisa nel 2016 a Dorno dal compagno Roberto Garini. Il killer ad aprile era stato condannato in secondo grado a trent’anni di reclusione, a giugno aveva presentato il ricorso in Cassazione: pochi giorni fa è stata fissata l’udienza, che si terrà ad aprile. Il cinquantaduenne aveva colpito a morte la compagna, quarantaquattro anni, nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2016. Il movente emerso dalle indagini, era la gelosia. Uscì di casa armato, sfondò due porte nell’appartamento che la donna condivideva con la figlia, inseguì le due fino in bagno e poi sparò dieci colpi. Un proiettile ferì anche la ragazzina, che con freddezza si finse morta per sfuggire alla sua furia omicida, per poi riuscire a mettersi in salvo buttandosi dal balcone al primo piano della casa. La giovane ora frequenta la prima superiore e ancora oggi è ospite di una casa famiglia. Il papà infatti si trova ai domiciliari dopo essere stato condannato nell’ambito del processo sull’organizzazione criminale attiva nel Vigevanese sgominata nel 2016, popolarmente nota come Gomorra lomellina. Garini aveva cercato di ottenere lo sconto di pena in Appello chiedendo di patteggiare: infatti si può fare anche in secondo grado, rinunciando ai motivi di ricorso. Le parti si erano accordate per una condanna a ventidue anni di reclusione, richiesta respinta dai giudici.
Il ricorso in Cassazione chiede di rivalutare le attenuanti, per la difesa non abbastanza considerate, così come la personalità di Garini, incensurato al momento dell’accaduto, circostanza considerata subvalente rispetto alle aggravanti in secondo grado di giudizio. Inoltre, la difesa aveva chiesto di considerare che Garini non fosse pienamente capace di intendere e di volere perché prima del delitto aveva bevuto alcune birre. In primo grado, davanti al giudice, Garini aveva letto uno scritto «poche righe, che mi risulti non ha mai mandato una lettera alla ragazza, né ha compiuto un gesto economico. Nulla le ridarà sua madre, ma penso ci debba essere coscienza nelle cose», ha sottolineato Salvadeo.

Dorno, omicidio Preceturi: 30 anni di carcere per Garini (Milano Pavia News – 7 giugno 2019)
30 anni di carcere, nessuno sconto nemmeno dalla Cassazione e la sentenza per Roberto Garini, che nel 2016 a Dorno uccise la compagna Emanuela Preceruti, è diventata definitiva a quasi tre anni esatti da quella terribile sera di giugno del 2016. La suprema corte ha infatti respinto il tentativo dei legali dell’ex operatore socio sanitario di 54 anni di far decadere l’aggravante dei futili motivi per ottenere uno sconto di pena, secondo il legali di Garini infatti un omicidio passionale non può essere dettato da motivi che si possono definire legalmente futili.
Le aggravanti contestate all’omicida riguardano anche altri fatti come l’aver sparato alla donna con una pistola in presenza della figlia allora 12enne di lei. Il drammatico fatto era accaduto nella tarda serata del 28 giugno di tre anni fa in via Passerini nel piccolo comune di Dorno. L’uomo, che abitava nella casa accanto alla donna e alla figlia, in preda a una folle rabbia dettata forse dalla volontà di lei di troncare la relazione, aveva preso una pistola e aveva sfondato la porta d’ingresso della donna. Raggiuntala, le aveva sparato dieci colpi, mentre la bambina era stata ferita di striscio da un proiettile di rimbalzo ed era riuscita a fuggire dalla finestra del bagno e a mettersi in salvo.


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