Marcello Rigodanzo, 83 anni, padre. Trova una vecchia baionetta e colpisce due volte la moglie alla gola
Arcugnano (Vicenza), 4 Marzo 2013
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Uccide la moglie, parlano i figli: “Papà, ora ti vogliamo a casa”
Il primogenito: «Forse non ho fatto abbastanza per lui». Marcello Rigodanzo, 83 anni, ha chiesto di restare in carcere dopo aver ammazzato la donna che soffriva di Alzheimer
«Non c’è alcun rancore per quello che ha fatto papà, è già perdonato. La nostra preoccupazione ora è che non rimanga solo. Speriamo che dopo l’interrogatorio gli concedano gli arresti domiciliari, due mie sorelle, Mirella e Rita, hanno già espresso la loro disponibilità ad accoglierlo in casa». È affranto e molto provato Paolo, il primo dei quattro figli di Marcello Rigodanzo, l’83enne di Arcugnano che lunedì mattina ha ucciso nel sonno la moglie Adriana Carolo, «la mia bambola» come la chiamava affettuosamente lui, consumata dall’Alzheimer e che ha chiesto di restare in carcere. Lui che le stava accanto in ogni momento, accudendola e assistendola pazientemente, non sopportava più di vederla in quelle condizioni e così l’ha pugnalata al collo, in due punti estremi, con una baionetta della prima guerra mondiale trovata anni prima in un campo. Una lama di 25-30 centimetri in parte seghettata, a cui il pensionato aveva adattato artigianalmente un manico, per riuscire ad impugnarla.
Erano all’incirca le 7.30 quando ha compiuto il dramma della disperazione. Quindi si è cambiato e ha atteso fino alle 9 nel cucinino di casa l’arrivo della figlia Mirella, che doveva cambiare la mamma, per poi affidarla ad una sorella. «Ora il mio amore non soffrirà più» sono state le parole che ha pronunciato, balbettando e ancora sotto choc alla figlia Mirella e alla vicina di casa, che prestava aiuto alla coppia ogni giorno. «Non è affatto facile la situazione per noi figli. Io sto realizzando man mano e oggi sto peggio di ieri – fa sapere Paolo, il primogenito – Capivo che c’era del forte malessere in lui, che non bastavano i nostri supporti, che bisognava portare via la mamma, in una struttura, o che comunque bisognava garantirle una badante per l’intera giornata, non solo per qualche ora» continua il figlio dell’uxoricida, che racconta anche come una delle sue tre sorelle avesse già individuato una possibile struttura per la 79enne, un centro specializzato per le persone affette da Alzheimer, ad Altavilla. «Mirella aveva inoltrato la richiesta, pare ci fosse disponibilità per il ricovero diurno ma babbo non ne voleva sapere – continua il primogenito – non si voleva staccare da lei e non ci voleva caricare di troppi problemi, non voleva pesare economicamente su di noi, sapendo che non navighiamo nell’oro: era cosciente che le rette sono alte e che non sarebbero state facili da sostenere per noi, anche se andavano divise per quattro – prosegue ancora Paolo Rigodanzo – So solo dovevamo anticipare queste manovre di ricovero, è questo il mio unico rammarico. Lo avevamo detto e pensato ma non siamo riusciti ad attuarlo nei tempi giusti. Se solo, forse oggi… Ma con i “se” e con i “ma” non si fa nulla».
I figli, negli ultimi anni, con il peggiorare delle condizionidella 79enne, avevano dato il massimo, turnandosi per prestare assistenza in casa, chiedendo alla vicina di aiutare i genitori, e ad una badante di prestare servizio qualche ora al giorno. Avevano chiaro che per il padre 83enne non era facile accudire la moglie, che anche lui aveva i suoi problemi di salute dovuti all’età, ma che nonostante questo non voleva abbandonare un attimo la compagna di una vita, sintomo di un amore inesauribile. «Lui soffriva molto ma non lo dava a vedere, diceva solo che era stanco, quando sapevamo che di notte non dormiva più, e che veniva anche aggredito da mamma. E chi avrebbe retto una simile situazione» commenta il figlio che parla anche dello stato fisico e psichico del padre. «Il tumore da cui era guarito due anni fa, il diabete, quell’occhio dal quale non vede che gli aveva precluso il suo sogno di gioventù di entrare in aeronautica, il fatto che si stesse isolando, quel profondo disagio nel non riuscire più ad assistere mamma come voleva. Circostanze che lo hanno fatto vedere nero, che lo hanno reso incapace di chiederci aiuto. Una debolezza psichica di cui lui secondo me era cosciente, tanto che due anni fa aveva venduto le sue armi da cacciatore. Se solo lunedì ne avesse avuta una si sarebbe tolto la vita».