Giuseppe Di Stefano, 28 anni, operaio, padre. Uccide l’ex moglie a colpi di pistola. Condannato a 20 anni
Milano, 2 Settembre 2010
Titoli & Articoli
Milano, trentenne uccisa in cortile la polizia trova e ferma l’ex marito (la Repubblica – 2 settembre 2010)
All’origine ci sarebbe una lite sull’affidamento dei figli. L’uomo si è poi chiuso in un appartamento
Tre colpi di calibro 22 per uccidere la donna che gli aveva dato tre figli. Ed è stato con tutta probabilità al culmine di una lite per l’affidamento dei piccoli che Giuseppe Di Stefano, 28 anni, ha freddato la moglie dalla quale si stava separando, Teresa Patania, tren’tanni, casalinga, nel cortile di un palazzo popolare di via Barrili, nel quartiere Stadera a Milano.
Di Stefano ha prima affrontato la moglie in cortile sparandole un colpo. Gli altri due li ha esplosi dal balcone dopo che era risalito in casa. I vicini hanno avvertito la polizia: quando gli agenti sono arrivati, l’operaio aveva ancora in pugno la Beretta calibro 22 con matricola abrasa e ha cominciato a minacciarli, puntando l’arma contro di loro. La tensione ha rischiato di esplodere quando i parenti della vittima, che abitano numerosi nello stabile, hanno cominciato a inveire contro Di Stefano con intenzioni minacciose. Sono intervenute parecchie pattuglie della questura e anche uomini del Reparto mobile, oltre ai volontari del 118, che non hanno potuto fare nulla, perchè Teresa era stata colpita al torace e alla testa.
Gli agenti hanno anche indossato giubbetti antiproiettile, qualora Di Stefano avesse ricominciato a sparare. L’operaio, che si era barricato in casa, dopo un po’ si è arreso, ha gettato la pistola in cortile e si è consegnato ai poliziotti. La coppia, di origine catanese, aveva deciso di separarsi qualche tempo va e si era già rivolta al giudice. Marito e moglie avevano stabilito di andare a vivere in due case diverse, anche se sempre nello stesso stabile. Ultimamente le discussioni erano diventate sempre più animate, per via dell’affidamento dei tre figli piccoli. Le settimane di tensione che hanno preceduto la tragedia sono state ripercorse dai nonni materni dei bambini. Fino a quando Di Stefano ha scatenato la sua furia omicida, uccidendo la moglie.
Uccise la moglie per l’affido dei figli, condannato a vent’anni (Corriere della Sera – 12 ottobre 2011)
L’accusa aveva chiesto l’ergastolo. Il giudice non ha concesso le attenuanti generiche
È stato condannato a 20 anni di reclusione Giuseppe Di Stefano, 28 anni, che nel settembre 2010 ha ucciso la moglie con tre colpi di pistola al culmine di una lite per l’affidamento dei tre figli piccoli, nel cortile di un palazzo popolare nel quartiere Stadera, a Milano. Lo ha deciso il gup di Milano Anna Maria Zamagni al termine del processo con rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena. Il pm Maria Vulpio aveva chiesto l’ergastolo per l’uomo che era accusato di omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, di tentato omicidio per aver cercato di uccidere anche il cognato, di porto illegale di arma e di ricettazione della pistola. Il giudice ha escluso, però, le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti.
IL TENTATO LINCIAGGIO – Il pomeriggio del 2 settembre dello scorso anno, l’uomo affrontò in cortile la moglie, Teresa Patania, 30 anni, casalinga, e dopo l’ennesima lite sull’affidamento dei figli di 3, 4 e 5 anni sparò tre colpi uccidendola. Quel pomeriggio attorno al palazzo di via Stadera si creò anche una situazione di tensione. Furono i vicini, infatti, ad avvertire la polizia dell’omicidio e, quando gli agenti arrivarono, l’uomo aveva ancora in pugno la Beretta con matricola abrasa: cominciò a minacciarli, puntando l’arma contro di loro. La situazione rischiò di degenerare quando i parenti della vittima, che abitano numerosi nello stabile, iniziarono a inveire contro Di Stefano con intenzioni minacciose. La polizia riuscì poi a riportare la calma.
NON CONCESSE LE ATTENUANTI GENERICHE – L’avvocato Agostino Scialla, difensore dell’imputato, si è detto «parzialmente» soddisfatto della sentenza. «Sono cadute le aggravanti contestate dal pm, eccetto ovviamente quella del vincolo coniugale – ha spiegato il legale -. Tuttavia non comprendo, e su questo attendo di leggere le motivazioni, la mancata concessione delle attenuanti generiche a un imputato che è incensurato e ha confessato subito quel che aveva fatto. E non comprendo perché sia stato condannato anche per tentato omicidio, visto che gli esami tecnici non sono riusciti a stabilire la direzione dei tre colpi sparati dal balcone».