Giovanni Laguardia, 69 anni, idraulico in pensione. Aspetta che la moglie si addormenti e le sfonda il cranio con 18 martellate (una per ogni anno di matrimonio) in testa. Condannato a 23 anni di carcere
Rimini, 25 Ottobre 2020
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Giovanni Laguardia, ex idraulico, si è costituito alla Polizia confessando il delitto. Da mesi litigavano per motivi economici
Ha ucciso a martellate la moglie nel sonno, poi è uscito dalla sua abitazione di Marina centro per andare a costituirsi. Un omicidio nato dalle continue lite nate per motivi ecomici. Una vita integerrima, quella di Giovanni Laguardia, 69 anni, originario della provincia di Matera, idraulico in pensione, ma da anni trasferitosi a Rimini: mai una denuncia, mai un gesto sbagliato.
Fino a ieri notte alle due quando, nella testa di ma da anni trasferitosi a Rimini, qualcosa è scattato e l’ha portato ad ammazzare la sua seconda moglie Vera Mudra, 61 anni, di origine ucraina. Il pensionato a piedi, da via Pola ha camminato nella notte fino a raggiungere la zona del porto e spingersi in via destra del porto. Qui ha trovato il coraggio di afferrare il cellulare e chiamare il 112. “Venite a prendermi, ho ucciso mia moglie, l’ho fatto davvero”, ha detto all’operatore, fornendo anche l’indirizzo esatto di dove si trovasse in quel preciso momento. Sul posto si sono lanciate due Volanti della Polizia. Mancano pochi minuti alle quattro.
“Non ce la facevo più, l’ho uccisa, l’ho fatto davvero”, avrebbe subito confessato agli agenti. I poliziotti, vedendo che l’uomo era sconvolto e sotto choc, lo hanno fatto accomodare sulla Volante e poi, insieme, sono arrivati fino alla sua abitazione, in via Pola 2. In una palazzina bianca, nel cuore di Marina centro, il pensionato viveva con Vera Mudra, 61 anni, di origine ucraina, madre di due figli che abitano ancora nel paese d’origine. Gli agenti hanno fatto le scale insieme all’ex idraulico e poi si sono diretti verso la camera da letto. Lì c’era davvero Vera, la seconda moglie dell’idraulico. Sul cranio era visibile molto sangue: la donna era già morta. L’ex idraulico l’aveva colpita più volte sulla testa con un martello. Una, due, sembra dieci volte, prima di fermarsi e poi uscire per andare a costituirsi.
“Non ce la facevo più, voleva sempre più soldi da me”, avrebbe detto l’uomo agli agenti quasi per togliersi un peso dal cuore. Eppure la donna lavorava, in passato aveva fatto la badante, ma ora voleva che Giovanni si rimettesse a fare l’idraulico per poter dare a lei altro denaro. Una situazione esasperante che andava avanti da mesi. “Si lamentava sempre che io non le davo abbastanza soldi, lei li mandava sempre ai suoi tre figli che stanno in Ucraina”, avrebbe ammesso il pensionato con gli agenti prima di chiudersi nel suo silenzio. Sul posto sono così arrivati, oltre agli uomini della squadra mobile anche quelli della Polizia scientifica ed il medico legale. E da una prima ricognizione cadaverica la donna sarebbe stata colpita, appunto, diverse volte con il martello che è stato ritrovato non lontano dal letto e sempre nella camera matrimoniale. Sul posto è arrivato anche il sostituto procuratore, Luigi Sgambati che coordina le indagini. Il magistrato ha già affidato l’incarico al medico legale per effettuare l’autopsia sul corpo della donna. Laguardia è stato poi accompagnato in questura, ma davanti al pm Sgambati si è avvalso della facoltà di non rispondere. Questa mattina, invece, alle ore 9 l’ex idraulico (difeso dall’avvocato Andrea Mandolesi) comparirà davanti al gip, Benedetta Vitolo per l’interrogatorio di garanzia. L’uomo è accusato di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi e per aver ucciso una persona convivente. Potrebbe anche scattare la premeditazione se emergesse il fatto che il pensionato già da giorni aveva meditato di uccidere la moglie.
Pensionato uccide la moglie a martellate: voleva che tornasse a lavorare (Ragusa News – 27 ottobre 2020)
Ancora un femminicidio in famiglia, al culmine di una lite: il marito si è costituito
Un 69enne pensionato riminese, Giovanni Laguardia, ha ammazzato la moglie ucraina, Vera Mudra di 61 anni, al culmine di una lite furibonda, avvenuta nella notte fra domenica e lunedì. L’uomo si è costituito chiamando la polizia dopo l’assassinio. Accorsi sul posto gli agenti hanno trovato il corpo esanime della moglie, riverso sul letto, uccisa dai colpi inferti alla testa con un grosso corpo contundente, probabilmente un martello.
Il reo confesso si è avvalso della facoltà di non rispondere e ora è in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dai futili motivi e a danno di persona convivente. Secondo indiscrezioni, a scatenare il litigio degenerato in delitto, sarebbe stata la pensione del marito, ex idraulico, insufficiente a mantenere la moglie e i suoi 3 figli residenti in Ucraina: per questo la donna gli avrebbe chiesto di tornare a lavorare, scatenando la furia omicida dell’uomo.
Omicidio di via Pola, l’indagato al gip: “Non rispondo” (News Rimini – 27 ottobre 2020)
Si è trincerato dietro un muro di silenzio: “Non rispondo”, ha detto questa mattina al gip del tribunale di Rimini, Benedetta Vitolo, appena iniziato l’interrogatorio di garanzia. Giovanni Laguardia, 69 anni, idraulico in pensione, è accusato di aver ucciso nel sonno a martellate la moglie, Vera Mudra, 61 anni, ucraina. Dal momento in cui Laguardia ha condotto i poliziotti delle Volanti nella camera da letto dell’appartamento di via Pola, a Rimini, dove giaceva il corpo senza vita della moglie, non ha più proferito parola. Subito dopo aver commesso l’omicidio, però, aveva chiamato il 112 e all’operatore aveva confessato: “Ho perso la testa e ho ucciso mia moglie, venitemi a prendere”. Poi, una volta davanti all’abitazione, avrebbe aggiunto: “Mi chiedeva sempre più soldi, non bastavano mai. Voleva che mantenessi i suoi figli che vivono in Ucraina”.
Nella notte tra domenica e lunedì, una volta arrivato in questura, Laguardia davanti al pubblico ministero Luigi Sgambati ha fatto scena muta. Stessa cosa accaduta oggi in tribunale per l’interrogatorio di garanzia. Il suo difensore, l’avvocato Andrea Mandolesi, spiega: “Si è avvalso della facoltà di non rispondere, non è ancora lucido. Fatica a realizzare quello che è successo, non è consapevole della gravità del gesto commesso”. Il legale riminese si è opposto alla misura cautelare del carcere per il suo assistito, chiedendo quella alternativa degli arresti domiciliari, venendo a cadere, secondo la sua tesi, sia il pericolo di fuga che la reiterazione del reato. Il giudice si è riservato la decisione, che potrebbe arrivare già questa sera, al più tardi domani.
Sempre oggi verrà svolta sul corpo di Vera l’autopsia. Ieri, il medico legale che si è occupato dell’ispezione cadaverica ha parlato di una morte violenta, causata dal “traumatismo cranico per colpi inferti con un corpo contundente”. E in effetti, domenica notte, dopo l’ennesimo litigio scoppiato per i soldi, Laguardia avrebbe atteso che la moglie andasse a dormire prima di afferrare il martello da carpentiere e infliggerle cinque, forse sei, colpi alla nuca. Un gesto brutale e premeditato, secondo la procura, che esclude l’ipotesi del raptus omicida.
Laguardia e Vera si erano sposati in seconde nozze 13 anni fa. Una vita apparentemente felice la loro, che in pubblico non avevano mai litigato né mostrato dissapori. Una coppia normale, riservata, che non si concedeva tante uscite, racconta chi li conosce. E’ per questo che quanto accaduto dentro quelle mura domestiche resta di difficile comprensione.
Uccise la moglie a martellate nel sonno: niente ergastolo, condannato a 23 anni (Altra Rimini – 7 marzo 2022)
Si è concluso il processo di primo grado a carico del 71enne Giovanni Laguardia
É stato condannato in primo grado a 23 anni di reclusione Giovanni Laguardia, 71enne pensionato originario di Matera, a processo per l’omicidio della moglie, la 61enne ucraina Vera Mudra, fatti avvenuti a Rimini il 25 ottobre del 2020. La procura aveva chiesto per l’imputato 24 anni di condanna, senza più contestare la premeditazione e chiedendo anche la concessione delle attenuanti generiche: per l’immediata confessione, per il fatto di essere incensurato e per la buona condotta in sede processuale.
Difeso dagli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani, l’uomo rischiava l’ergastolo: aveva ucciso la donna a martellate, nel sonno, e ciò aveva fatto inizialmente propendere la procura per la premeditazione dell’omicidio, in quanto l’uxoricida aveva atteso che la donna si addormentasse, per toglierle la vita. Lui stesso aveva chiamato immediatamente il 112 e ammesso le proprie responsabilità ai poliziotti intervenuti, giustificando il suo atto con le continue richieste di denaro avanzate dalla donna, intenzionata a mandare soldi ai figli in Ucraina. Il perito incaricato dal Tribunale aveva accertato successivamente che Laguardia fosse in pieno possesso delle sue facoltà mentali la notte dell’omicidio e proprio il contenuto della perizia è al centro di una valutazione dei legali difensori, che, non convinti dell’accuratezza di essa, potrebbero impugnare la sentenza e presentare ricorso in appello. Al processo hanno preso parte, come parti civili, anche i figli e la nipote della vittima, rappresentati dall’avvocato Cristiano Basile.
Uccise la moglie ucraina, figli assenti a causa della guerra (Corriere Romagna – 8 marzo 2022)
Il 26 ottobre 2020 Giovanni Laguardia uccise la moglie Vera Mudra con 18 martellate, tante quanti gli anni trascorsi insieme, come lui stesso dichiarò alla cugina della consorte poco dopo aver commesso l’omicidio. Ieri pomeriggio, la Corte d’assise del tribunale di Rimini lo ha condannato a 23 anni di carcere, non riconoscendo la premeditazione e concedendo all’uxoricida, oggi 70enne, le attenuanti generiche. Una sentenza che per la difesa, sostenuta dagli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani, rappresenta «un grande successo» e che lascia invece «tra il perplesso e lo stupito» il legale di parte civile, Cristiano Basile, che ha rappresentato in processo una nipote e i due figli di Vera, questi ultimi impossibilitati a prendere parte all’udienza a causa degli eventi bellici in corso in Ucraina, Paese d’origine della donna uccisa l’ottobre di un anno e mezzo fa.
Un omicidio consumato nel letto coniugale, dove Vera si era coricata dopo una giornata agitata da diverbi e litigate con il marito, da cui la donna aveva deciso di separarsi. Vita spezzata a colpi di martello, per cui il pubblico ministero aveva chiesto 24 anni di carcere, mentre la parte civile l’ergastolo.
«Non mi stupisce tanto il dispositivo della sentenza – chiarisce l’avvocato Basile – quanto la domanda del pubblico ministero». Lo stupore del legale che nel processo ha rappresentato le istanze della famiglia della donna assassinata, in particolare, è rivolto alla richiesta delle attenuanti generiche, poiché, tra i tanti aspetti esaminati, «non c’è mai stata da parte di Laguardia nemmeno una vera confessione: ha raccontato quanto avvenuto in un colloquio a cui non era presente il suo legale e ha chiamato i soccorsi, ma poi, in aula, non ha mia proferito parola in tal senso». Ragion per cui anche un pentimento non sarebbe da prendere in considerazione. «Il foglietto che ha letto oggi (ieri, ndr)? Quello – sostiene – non equivale a un pentimento». Anche l’esclusione della premeditazione lascia un certo sgomento. «Il pm ha dichiarato di non possedere una prova certa di quando Laguardia abbia maturato il proposito omicida. In assenza di certezza, la premeditazione è stata esclusa. Eppure, questo non è stato un omicidio commesso in un impeto d’ira. Ha atteso che lei andasse a letto, che fosse indifesa».
Un disturbo di personalità. Al contrario, la difesa, pur non chiedendo l’assoluzione e attribuendo l’omicidio all’assistito, definito «un uomo d’altri tempi che ha vissuto una vita di lavoro e sacrifici», ha ipotizzato una «carenza nella valutazione psicologica svolta dal perito». Per la difesa, sussisterebbero infatti le condizioni per una «riduzione dell’imputabilità di Laguardia, che non si può completamente escludere che soffra di disturbi di personalità, tali da aver ridotto la sua capacità di intendere l’omicidio». A quell’uomo solitamente mite e dedito al lavoro, quella sera, citando le parole del 70enne, gli si sarebbe «alzato il cervello» per poi mettere fine alla vita della moglie. Proprio la parziale esclusione di imputabilità, in caso di ricorso, potrebbe essere fatta valere in Appello. Per leggere le motivazioni della sentenza bisognerà aspettare invece ancora 30 giorni.
Nessuno sconto per l’assassino di Vera, confermati i 23 anni di carcere (News Rimini – 22 febbraio 2023)
La Corte d’Assise di Rimini, lo scorso marzo, gli aveva inflitto una condanna a 23 anni di reclusione escludendo la premeditazione e riconoscendo le attenuanti generiche. Oggi la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado.Giovanni Laguardia, idraulico riminese di 72 anni, dovrà scontare la pena nel carcere di Parma, dov’è tuttora recluso, per l’omicidio della moglie Vera Mudra, ucraina di 61 anni, avvenuto tre le mura della loro abitazione di via Pola il 26 ottobre del 2020.
Respinta la richiesta dei difensori di Laguardia, gli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani, di sottoporre il loro assistito a nuova perizia psichiatrica, così come quella di ridurre la pena a 21 anni. Presente in aula, direttamente dall’Ucraina, la figlia della vittima, costituitasi parte civile, insieme al fratello, attraverso l’avvocato Cristiano Basile.
I rapporti con la moglie, soprattutto da quando Laguardia era andato in pensione, erano diventati sempre più tesi. I litigi erano all’ordine del giorno, provocati, secondo il 72enne, dalle continue richieste di denaro da parte di Vera, che voleva soldi da spedire in Ucraina per aiutare i suoi figli. La donna avrebbe preteso che il marito continuasse a lavorare, mentre lui, una volta ottenuta la meritata pensione, non aveva alcuna intenzione di ricominciare. Vera, oltretutto, era convinta che il marito l’avesse tradita (circostanza, questa, sempre negata da Laguardia) e pertanto aveva minacciato di chiedere la separazione. “Avevo paura mi portasse via tutto”, fu l’ammissione dell’ex idraulico, che quella notte impugnò un martello e, mentre la moglie dormiva in camera da letto, si accanì su di lei infliggendole 18 colpi. I legali di Laguardia attendono di conoscere le motivazioni della sentenza dei giudici bolognesi, che dovrebbero essere rese note entro 45 giorni, prima di decidere se presentare un eventuale ricorso in Cassazione.
Uccise la moglie a martellate. Condanna a 23 anni confermata, la sentenza diventa definitiva (il Resto del Carlino – 9 dicembre 2023)
La Cassazione non ha fatto sconti all’ex idraulico Giovanni Laguardia, accusato dell’assassinio di Vira Mudra
Non si torna indietro, gli ermellini della Corte di Cassazione hanno battuto il martelletto nei giorni scorsi e confermato così anche nel terzo e ultimo grado di giudizio la condanna a 23 anni di carcere per Giovanni Laguardia, il 72enne ex idraulico in pensione che lo scorso 26 ottobre 2020 aveva ucciso a martellate la propria moglie Vera Mudra, 61enne di origini ucraine. Il femminicidio di via Pola a Marina Centro arriva così alla sua conclusione anche giudiziaria, con il pronunciamento della Corte suprema a cui i legali difensori di Laguardia – gli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani – avevano fatto ricorso impugnando la conferma della sentenza di primo grado, arrivata in Appello, contestando il rigetto dei giudici alla richiesta di sottoporre l’ex idraulico a una nuova perizia psichiatrica. Il Procuratore generale ha infatti così concluso considerando che l’imputato non avesse mai avuto nel proprio passato alcun elemento determinante per ritenere di dover fare ulteriori approfondimenti psichiatrici in tal senso.
Ecco quindi la decisione di confermare in via definitiva la pena a 23 anni per l’omicida di via Pola, al cui carico nel corso del processo di primo grado era comunque già venuta a decadere l’ipotesi della premeditazione, come indicato anche dal sostituto procuratore di Rimini Luigi Sgambati (che per Laguardia aveva chiesto 24 anni). L’aggravante specifica d’altronde era stata inizialmente imputata all’ex idraulico, insieme all’aggravante della convivenza e dell’aver agito nella notte, mentre la moglie Vera stava dormendo. La decisione di uccidere a colpi di martello la compagna insomma secondo gli inquirenti – e come sostenuto anche dai legali difensori – non era stata frutto di una pianificazione, bensì maturata a seguito di ripetuti e violenti litigi tra i coniugi. Sin dal primo grado di giudizio era emerso come Vera Mudra – secondo le ricostruzioni – avesse scoperto un presunto tradimento del marito, decidendosi quindi a chiedere la separazione. L’ex idraulico – reo confesso – dal canto suo aveva sempre sostenuto in sede di processo di aver preso a martellate in testa la propria moglie perché invece esasperato dalle sue continue richieste di denaro.