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Franco Ferruccio, 55 anni, guardia giurata, padre. Uccide la moglie con un colpo di pistola. Condannato in primo grado a 18 anni per omicidio volontario, ottiene i domiciliari. In appello l’omicidio viene derubricato a colposo in appello e la pena ridotta a 4 anni e 6 mesi. Dopo 3 anni è un uomo libero

Prata Sannita (Caserta), 26 Marzo 2012


Titoli & Articoli

Uccide la moglie dopo un litigio. Arrestata una ex guardia giurata (Corriere del Mezzogiorno – 27 marzo 2012)
stress e infedeltà forse alla base dell’omicidio
Tragedia familiare a Prata Sannita. La donna era un’impiegata all’Istituto d’arte di Isernia
Tragedia familiare a Prata Sannita, tranquillo paesino del Casertano alle pendici del Matese. Un’ex guardia giurata di 58 anni, Franco Ferruccio, in preda a un raptus di follia dopo un litigio ha ucciso la moglie Carmela Imundi, 52 anni, impiegata all’Istituto d’Arte di Isernia, sparandole un colpo all’addome con un Beretta calibro 7.65. La donna, gravemente ferita, è stata condotta all’ospedale di Piedimonte Matese dove i medici ne hanno constatato il decesso. L’episodio è avvenuta in una villetta in aperta campagna, in una località denominata ‘”Fragneto”.
L’uomo, come hanno ricostruito le autorità inquirenti, dopo aver fatto fuoco due volte, ha nascosto la pistola sotto il materasso nella camera da letto; quindi, ha chiamato l’ambulanza e le due figlie – entrambe vivono in comuni limitrofi – una delle quali è giunta sul posto con il marito. I carabinieri della stazione di Prata Sannita, informati dal 118, sono arrivati poco dopo e hanno proceduto al fermo dell’uomo in evidente stato confusionale conducendolo al comando della compagnia di Piedimonte, dove intanto era giunto anche il magistrato di turno della procura di Santa Maria Capua Vetere Giuliana Giuliano.
Nel corso di un sopralluogo i militari hanno rinvenuto l’arma utilizzata; a quel punto, l’uomo, messo alle strette dal pm e dal capitano dei carabinieri Salvatore Vitiello, ha ammesso di aver sparato, aggiungendo che la sua prima intenzione era quella di suicidarsi. «Non ce l’ho fatta a puntare l’arma verso di me – avrebbe detto – così l’ho diretta versa mia moglie».
L’uomo, licenziato alcuni anni fa dall’azienda di Venafro in cui svolgeva il servizio di vigilante, di proprietà della famiglia Ragosta – coinvolta di recente in un’inchiesta della Dda di Napoli relativa al clan vesuviano dei Fabbrocino – ha raccontato delle frequenti liti determinate da reciproche accuse di infedeltà che lo avevano portato a separarsi dalla moglie per tornare poi a vivere insieme da qualche mese, dopo il matrimonio di una delle figlie. Il weekend appena trascorso aveva accentuato lo stress e la tensione tra i due: entrambi erano infatti molto amici della famiglia del poliziotto della Questura di Isernia Giuseppe Iacovone, originario di Capriati al Volturno e deceduto venerdì scorso a bordo della sua auto di servizio durante un inseguimento sulla statale 85 (tra Venafro e Isernia) di un suv che non si era fermato a un posto di blocco. In particolare, la donna era collega della madre dell’agente. Una delle figlie ha raccontato ai carabinieri dello stress accumulato dai genitori in questi due giorni, della veglia presso la casa dei familiari dell’agente.
Nessuno ha voglia di parlare al Liceo Artistico di Isernia dove Carmela Imundi, per tutti Carmelina, lavorava da anni con la mansione di applicata di segreteria: la sua postazione nell’ufficio al pianoterra dell’edificio scolastico è rimasta vuota, solo un raggio di sole ha illuminato per ore un pacchetto di cracker che lei aveva lasciato sabato scorso vicino alla tastiera del computer per mangiarlo dopo il caffè, come faceva di solito. La tragica notizia a scuola è arrivata pochi minuti prima delle otto. «Carmelina non verrà, Carmelina è stata uccisa. È stata ammazzata dal marito nella loro casa a Prata Sannita (Caserta)» ha riferito al centralino del Liceo un’amica di famiglia della donna. Incredulità, poi rabbia e infine lacrime. Un dolore che si aggiunge a quello provato già venerdì scorso per la morte del poliziotto Giuseppe Iacovone di Capriati a Volturno (Caserta) che era il figlio di una collaboratrice scolastica della scuola, la signora Gilda alla quale Carmelina aveva dato tutto il suo sostegno: viaggiavano insieme ogni giorno per raggiungere il posto di lavoro e tra le due si era instaurata una forte amicizia. L’ultima volta che i colleghi della scuola hanno visto Carmelina è stato lunedì, durante i funerali del giovane poliziotto; la donna era con il marito.

PRATA SANNITA. Omicidio Carmela Imundi: condannato a 18 anni l’uomo che uccise la moglie a colpi di pistola (Matese News – 14 marzo 2014)
Le due figlie di Ferruccio e Imundi non si sono costituite parte civile. Gli avvocati hanno annunciato che ricorreranno in appello.
La Corte d’Assise di Santa Marica Capua Vetere (Caserta) ha condannato a 18 anni di reclusione Franco Ferruccio per uxoricidio. L’uomo, due anni fa, avrebbe ucciso, secondo il Collegio giudicante, volontariamente la moglie Carmela Imundi nella loro abitazione a Prata Sannita (Caserta). La donna era conosciuta a Isernia per il lavoro che svolgeva in una scuola della città. Il Collegio ha bocciato, dunque, la tesi dell’incidente sostenuta dagli avvocati difensori dell’unico imputato, Lancia e Ferraro del Foro di Latina, e ha accolto in parte la richiesta, di 30 anni reclusione, del Pm Giuliano. Ferruccio sconterà la pena ai domiciliari in un’abitazione di Fontegreca (Caserta). Secondo la ricostruzione dei carabinieri di Piedimonte Matese (Caserta), Ferraro fece fuoco con una pistola che aveva con sé per via dell’attività professionale che svolgeva. La coppia era tornata da poco insieme dopo un periodo di separazione. Le due figlie di Ferruccio e Imundi non si sono costituite parte civile. Gli avvocati hanno annunciato che ricorreranno in appello.

 

 

***FONTEGRECA NON FU OMICIDIO VOLONTARIO MA UN ERRORE!***Scagionato Franco Ferruccio per la morte della moglie Carmela Imundi. Condannato per omicidio colposo (Corriere Ce – 26 ottobre 2015)
L’uomo fu condannato lo scorso anno a diciotto anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario. Il 20 ottobre scorso la Corte di Appello ha riconosciuto la tesi della difesa. Ferruccio voleva farla finita e sua moglie tentò di impedirlo. Partì un colpo che la uccise quel 26 marzo del 2012…
Si è svolta l’udienza in sede di Corte di Appello, lo scorso 20 ottobre per il processo a carico di Franco Ferruccio, condannato in primo grado alla pena di diciotto anni di reclusione per uxoricidio, ovvero il giudice lo condannò per aver ucciso la moglie Carmela Imundi il 26 marzo del 2012. In quel contesto, la pubblica accusa era sostenuta dal giudice Giuliana Giuliano, mentre la difesa dell’imputato era affidata agli avvocati Francesco Ferraro e Daniele Lancia dello Studio Lancia &Ferraro di Formia. Il 20 ottobre scorso si è svolta l’udienza in sede di Corte di Appello per Ferruccio ex Guardia Giurata, che il 26 marzo del 2012, fu dichiarato in arresto dai Carabinieri della Stazione di Prata Sannita, retta dal Maresciallo Aiutante s. Ups Giuseppe Sileo a seguito di un’indagine “lampo”. L’arma usata dal 60enne, una pistola automatica calibro 7,65, fu rinvenuta dagli stessi Carabinieri, all’interno della camera da letto, sotto un materasso, dove era stata occultata dall’imputato. Successivamente Ferruccio fu trasferito a Santa Maria Capua Vetere in stato di arresto e, ovviamente, l’Arma fu sequestrata.
Ebbene i giudici della Corte di Appello, hanno scagionato parzialmente Ferruccio, della morte della moglie, ovvero hanno derubricato l’omicidio da volontario a colposo, in quanto è passata la tesi della difesa, che affermava che l’uomo in un momento di sconforto decise di farla finita e la moglie in un tentativo disperato di bloccarlo, cercò di strappargli l’arma dalle sue mani e partì un colpo accidentale che la uccise. Ferruccio quindi è stato condannato alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, che in effetti ha già di fatto, ampiamente,scontato. Oggi è un uomo libero. 

 

Franco Ferruccio rompe il silenzio e racconta: amavo mia moglie, fu un maledetto incidente (Primo Piano Molise – 29 ottobre 2015)
Chi gli vuole bene non lo ha lasciato solo un attimo. Negli oltre tre anni che separano la sentenza della Corte d’Appello di Napoli dal giorno di quel maledetto incidente avvenuto a Prata Sannita (era il 26 marzo del 2012) Franco Ferruccio ha avuto il conforto di familiari e amici. Oggi trova la forza di raccontare come sono andate le cose. Vuole rendere giustizia alla moglie, che quel giorno ha perso la vita nel tentativo estremo di salvare la sua.
“Probabilmente aveva capito che volevo ammazzarmi. Ricordo che stavo portando la pistola alla testa. Lei è entrata all’improvviso e si è avventata contro di me. Ha tentato di disarmarmi. È stato allora che è partito accidentalmente un colpo. Non me ne farò mai una ragione, il dolore è forte e me lo porterò con me fino all’ultimo dei miei giorni”.
Ferruccio, che per anni ha lavorato alla Fonderghisa di Pozzilli, fino al giorno del fermo era molto attivo anche nello sport, nel calcio locale in particolare. Attività che oggi, da uomo libero, potrà riprendere “insieme agli amici – racconta al telefono – che hanno sempre creduto nella mia innocenza”.
Il 58enne ha voglia di raccontare come andarono i fatti, “anche perché – dice – a Venafro e a Isernia, dove mia moglie lavorava, mi conoscono tutti. In questi anni, anche ultimamente in occasione della sentenza che ha riconosciuto la tesi che ho sempre sostenuto (quella dell’incidente, ndr) ho letto un po’ di inesattezze”. Franco adesso sta meglio.
Quando accadde il brutto fatto era depresso. “Quando sei malato non ragioni. Quel giorno credevo che la cosa migliore da fare fosse quella di farla finita. Probabilmente la mente non mi suggeriva altro e se non fosse intervenuta mia moglie lo avrei fatto credendo che sarebbe stata una cosa giusta. Non so cosa mi era accaduto, ma quando sei depresso entri in un’altra dimensione…”.
La moglie di Franco si chiamava Carmela Imundi, lavorava all’istituto Manuppella di Isernia. La tragedia lasciò di stucco i colleghi e gli alunni della scuola. “Ho sposato Carmela perché la amavo. E il dolore oggi è ancora più forte perché mi rendo conto che lei ha perso la vita per evitare che io mi facessi del male”.
La donna, lo ricorda il marito, non morì sul colpo. Fu trasportata in ambulanza all’ospedale di Piedimonte Matese. “Volevo salire in ambulanza ma i medici non me lo consentirono. Allora raggiunsi l’ospedale con mia figlia. Poco dopo arrivarono i carabinieri. Quando dalla Rianimazione uscì un medico e ci disse che non c’era più nulla da fare andai spontaneamente verso i carabinieri e gli raccontai cosa era accaduto. Tornammo a casa. La pistola era lì sul pavimento, dove era caduta”. In più circostanze è stato erroneamente invece riferito che l’arma era stata occultata sotto un materasso. Franco collaborò da subito alle indagini, fornì la sua versione al magistrato che comunque ne dispose la carcerazione. Dopo un mese fu ristretto ai domiciliari dove è rimasto fino alla sentenza dei giudici della Corte d’Appello di Napoli che pochi giorni fa hanno ridotto la pena da 18 a 4 anni.
“In questa sentenza – racconta Ferruccio – ho ritrovato la forza di vivere. Più che nella sentenza, ho riacquisito fiducia ascoltando la requisitoria del procuratore generale. È stato lui che ha chiesto al collegio giudicante di condannarmi per colpa e non per dolo. Quello che ho sempre sostenuto, quello che hanno sempre sostenuto i miei familiari e i miei amici”. E infatti nessuno, nemmeno la suocera di Ferruccio, si è costituito parte civile nel procedimento.
In primo grado, invece, il Tribunale lo aveva condannato per omicidio volontario. “La sentenza arrivò dopo un anno dall’incidente. Ricordare oggi come mi sono sentito allora è complicato. Ero frastornato, prendevo tante medicine. Certamente un incubo che mi sembrava non finisse mai, ma nonostante la depressione ho sempre sperato in cuor mio che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla. D’altronde, se non ne fossi stato convinto avrei optato per un rito alternativo, ottenendo certamente uno sconto di pena. Quello che invece nessun giudice potrà mai restituirmi è mia moglie. Il dolore per la sua perdita è infinito e immenso”.


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