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Claudio Rampanelli, 63 anni, carpentiere infortunato, padre. Uccide a coltellate la compagna e la figliastra, poi si suicida lanciandosi dal balcone

Trento, 12 Agosto 2015

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Trento: uccide la compagna e la figlia di lei, poi si suicida (la Repubblica – 12 agosto 2015)
L’omicida, un 63enne, dopo aver ucciso le due donne si è gettato dal tetto. Il movente sarebbe la paura di essere lasciato solo
TRENTO – Madre e figlia uccise con un coltello da cucina: poi un tuffo nel vuoto dall’ultimo piano del palazzo, a cadere nel patio di una casa signorile nel centro di Trento.
A uccidere la propria compagna e la figlia di lei è stato Claudio Rampanelli, 63 anni, carpentiere che aveva dovuto smettere di lavorare in seguito a un grave infortunio. La compagna uccisa era Laura Simonetti, 53 anni, casalinga, e con loro da qualche tempo viveva quella che è diventata la seconda vittima, Paola Ferrarese, 27 anni, laureanda in architettura e ingegneria a Trento, figlia della donna uccisa e dell’ex compagno, residente nello stesso stabile. Il movente sarebbe la paura di essere lasciato solo dalla compagna, come risulta da un biglietto trovato in casa. In un secondo biglietto indirizzato alla polizia l’uomo spiega con precisione come ha ucciso le due donne. Il duplice delitto si è consumato nel primo pomeriggio in via Marchetti, una strada tranquilla che porta al cuore della città, non distante dal castello del Buonconsiglio.
È stato lo stesso assassino a chiamare il 113: “Ho ucciso moglie e figlia e adesso mi ammazzo”. Gli agenti, accorsi sul posto, si sono fatti aprire dai vicini e, giunti al termine del corridoio d’ingresso della palazzina, hanno istintivamente guardato in alto, richiamati dalla voce di Rampanelli, in equilibrio sul bordo di una finestra all’ultimo piano. “Non ce la faccio più, spostatevi, mi butto di sotto” ha detto poco prima di lanciarsi, malgrado il tentativo vano dei poliziotti di farlo desistere. Subito dopo c’è stata la scoperta delle due vittime, nella stanza da letto dell’appartamento al primo piano dove Rampanelli viveva con la convivente e la figlia di lei.
Rampanelli, Simonetti e la figlia di lei vivevano al primo piano, l’ex della donna al secondo, a quanto risulta dalla testimonianza di una coppia di amici, accorsi sul posto, che descrivono i due come una coppia tranquilla. “Avevo visto lui due giorni fa a spasso col cane” ha detto l’uomo. “Nulla ci avrebbe mai fatto pensare qualcosa di simile” confermano entrambi.
In passato Rampanelli, nato a Trento e cresciuto nel quartiere popolare dei Casoni, aveva lavorato come imbianchino e carpentiere e dalle precedenti compagne aveva avuto due figli maschi, tra i quali il campione di sci nautico Cristian. Dopo un grave infortunio, e con un’altra compagna, aveva gestito un bar a Trento. Da circa dieci anni aveva formato una nuova coppia con Laura Simonetti. Con loro ultimamente era andata ad abitare la figlia di lei, Paola, laureanda in architettura e ingegneria all’università di Trento. Un secondo figlio della Simonetti e dell’ex marito, che abita al secondo piano nello stesso stabile, vive invece a Hong Kong.

 

«Un rumore di vetri rotti e poi ho visto il sangue» (Il nuovo Trentino – 14 agosto 2015)
Il drammatico racconto di un inquilino dello stabile di via Marchetti: «Claudio respirava ancora dopo il volo, ma è morto tra le braccia del medico»
Un colpo secco e poi i vetri che vanno in frantumi. Subito non ci ha fatto caso.
L’inquilino che abita nello stesso palazzo in cui si è consumato il dramma, in via Marchetti 9, non ha pensato a nulla di tragico. Un vetro rotto in un pomeriggio afoso senza un filo di vento e con il sole che picchia. Poi, però, ha compreso: «Nemmeno dieci minuti dopo, ho sentito il citofono suonare. Sono andato a rispondere ed era la polizia. A quel punto, ho collegato e mi sono affacciato sulla finestra che dà sul cortile. Allora ho capito».
Ha capito che sotto i suoi piedi, in un appartamento al primo piano dello stabile, si era consumata una vera e propria tragedia. La scena che si è presentata agli occhi dell’inquilino è stata agghiacciante: «Ho visto Claudio immobile, a terra. Aveva la testa appoggiata sul primo gradino della scala che porta dentro il palazzo. Sotto la testa si allargava una vasta macchia di sangue. Sulle prime non lo avevo riconosciuto. Poi gli hanno girato la testa e ho visto che era lui. Aveva la faccia piena di sangue. Non si muoveva. Pochi minuti dopo sono arrivati i medici e gli infermieri. Dal computer del medico si sentiva un flebile segnale, un piccolo beep».
Un timido beep che stava a segnalare che Claudio Rampanelli era ancora aggrappato alla vita. Ancora per poco, visto che è spirato poco dopo. L’inquilino del palazzo a quel punto cerca di ricostruire quello che è successo ed esce di casa: «Mi sono affacciato sul pianerottolo e ho visto che le finestre del quarto piano, dove si trovano le soffitte, erano aperte. In questa stagione, visto il caldo che fa, sono sempre aperte, ma sono andato lo stesso a vedere. Sul davanzale c’era un telefonino appoggiato. Doveva essere quello di Claudio. Mi pareva che la comunicazione fosse ancora aperta. Più tardi qualcuno mi ha spiegato che lui stesso aveva chiamato la polizia dicendo: “Ho fatto una cavolata”. Poi è salito sul tetto e si è buttato dalla parte che si affaccia sul cortile interno. Non saprei dire se l’allarme sia stato dato da qualcuno che lo ha visto sul tetto. Di certo lui abitava con Laura e con la figlia di lei al primo piano e poi è salito fino al quarto per farla finita».
Il palazzo di via Marchetti è una ex scuola dell’epoca asburgica che è stata trasformata in appartamenti già nel secondo dopoguerra. Ha alti soffitti e grandi appartamenti con stanze enormi. Si affaccia sia su via Marchetti che sul parco San Marco. Dello stabile fanno parte anche i locali dell’ex ristorante Sacrestia. Tutto lo stabile è di proprietà dei fratelli Ferrarese, Riccardo e Vincenzo. Laura Simonetti era sposata con Riccardo e con lui aveva avuto due figli, un maschio che lavora come ingegnere a Hong Kong, e Paola, l’altra vittima della furia omicida di Claudio Rampanelli. Il matrimonio tra Laura Simonetti e Riccardo Ferrarese da tempo era naufragato. Tra i due erano rimasti ottimi rapporti, tanto che lei viveva amministrando i beni del marito e del cognato. Il palazzo di via Marchetti, infatti, ospita attività commerciali, le residenze dei proprietari e cinque o sei appartamenti che sono stati dati in affitto. Laura amministrava questi alloggi, si occupava di riscuotere gli affitti e il compagno Claudio le dava una mano per i lavori pratici. Si occupava di cambiare rubinetti o serrature e chiamava gli artigiani in caso di rotture. Laura, inoltre, si occupava anche dell’ex marito, che soffre di una grave forma di diabete. Lo accudiva, gli faceva compagnia e faceva in modo che non gli mancasse nulla.
Laura viene descritta da chi la conosceva bene come una persona molto in gamba, in grado di gestire un menage familiare complicato e di crescere due figli brillanti. Era il perno della famiglia nonostante la separazione dal marito. Amava molto lo sport. In particolare la bicicletta. Al primo momento libero, inforcava la sua due ruote e andava a farsi giri anche molto lunghi e li preferiva con pendenze impegnative. Macinava migliaia di chilometri nella bella stagione.
Di recente, la coppia aveva avuto, come del resto gli altri inquilini del palazzo, dei problemi con il locale che ha preso il posto del ristorante La Sacrestia. Lo stesso gestore del locale ricorda che avevano chiesto per ventisei volte l’intervento delle varie forze dell’ordine lamentando schiamazzi fino a tarda notte. Una donna che abita proprio nel palazzo di fronte ricorda: «Loro abitavano al primo piano, proprio sopra al locale e so che non ne potevano di più. Si lamentavano sempre del rumore e ci sono state discussioni». Anche alle centrali operative di carabinieri e polizia erano pervenute spesso chiamate da quell’appartamento. Laura e Claudio convivevano ormai da parecchi anni. Lui era stato coordinatore dei vigilantes al Muse prima di essere trasferito ad altro incarico. In molti lo ricordano come un tipo molto deciso. Aveva avuto un infortunio sul lavoro una decina d’anni da. All’epoca lavorava nel campo dell’edilizia. Si trovava su un campanile per lavoro, quando è caduto all’indietro procurandosi lesioni che gli hanno impedito di continuare a lavorare nello stesso settore.

 

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