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Christian Leonardi, 40 anni, disoccupato, quasi padre. Uccide la moglie incinta ma finge un incidente. Confessa dopo 8 mesi ma poi ritratta e si professa innocente. Ergastolo confermato in Cassazione

Calatabianco (Siracusa), 19 Gennaio 2015


Titoli & Articoli

Uccisa per aver chiesto al marito di non uscire con gli amici (il Messaggero – 20 settembre 2015)
Morta per aver chiesto al marito di restare a casa con lei anziché raggiungere gli amici. È questa l’ultima rivelazione sull’uccisione di Eligia Ardita, morta otto mesi fa nella sua casa di via Calatabiano, a Siracusa. Il marito, che ieri ha confessato l’omicidio, avrebbe ricostruito quella tragica sera davanti ai magistrati.
Il 19 gennaio l’infermiera di 35 anni, all’ottavo mese di gravidanza, invita a cena i genitori. Intorno alle 21.30 gli ospiti vanno via e il marito di Eligia, Christian Leonardi, 40 anni, disoccupato, manifesta l’intenzione di uscire e raggiungere gli amici. La donna insiste affinché resti a casa. Ne nasce un alterco che degenera: l’uomo la colpisce al capo, le tappa la bocca; la donna vomita, perde i sensi e va in arresto cardiaco. Lui la trascina sul pavimento e poi la adagia sul letto. Ripulisce tutto e solo dopo un’ora chiama il 118. I sanitari corrono verso l’ospedale per tentare almeno di salvare la bambina con un cesareo. Ma non c’è niente da fare. I vicini di casa che sentono le urla non chiamano la polizia, forse perchè abituati a situazioni come quella.
Tutto questo è rimasto oscuro fino alla svolta di ieri, quando il procuratore aggiunto Fabio Scavone, che ha acquisito la titolarità dell’inchiesta solo a fine agosto, ha raccolto la confessione di Leonardi, crollato dopo otto mesi di menzogne. L’uomo, insieme ai suoceri, si era recato dai carabinieri per denunciare ritardi nei soccorsi, tanto che quattro sanitari furono indagati. Ma il quadro iniziale comincia man mano a cambiare, anche a causa delle contraddizioni nel racconto di Leonardi.
«Crediamo che l’elemento determinante sia stato il sopralluogo del Ris di Messina nell’appartamento, con l’acquisizione di tracce che lasciavano ipotizzare una colluttazione, smentendo la tesi dell’incidente», dice il procuratore capo Francesco paolo Giordano, che oggi ha partecipato a una conferenza stampa insieme al comandante provinciale dei carabinieri Luigi Grasso.
Osserva il pm Scavone: «A lungo Leonardi ha interpretato la parte dell’uomo disperato che aveva perso moglie e figlia e chiedeva giustizia.

Uccise la moglie fingendo per otto mesi un incidente. Il pm: “Ecco come è crollato” (la Repubblica – 21 settembre 2015)
Christian Leonardi ha simulato la parte della vittima di malasanità
. I genitori della donna avevano dubito notato delle stranezze, ma le incongruenze sono venute a galla dopo
Per otto mesi ha negato ogni coinvolgimento nella morte della giovane moglie, Eligia Ardita, un’infermiera di 38 anni all’ottavo mesi di gravidanza, poi sabato pomeriggio il crollo, tra le lacrime, di Christian Leonardi davanti al magistrato, Fabio Scavone. A raccontare i retroscena di quel drammatico faccia a faccia è lo stesso pm della Procura di Siracusa, Scavone, che coordina l’inchiesta sulla morte della donna da appena tre settimane, solo dallo scorso 29 agosto. In venti giorni il pm Scavone ha scandagliato minuziosamente l’inchiesta aperta il 19 gennaio dopo la morte dell’infermiera. “E’ stata un’indagine minuziosa, attenta, non abbiamo tralasciato nulla al caso, nessun particolare”, racconta oggi il pm. Il magistrato ricorda quanto accaduto da quella tragica notte del 19 gennaio 2015, quando il marito di Eligia, una bella donna con gli occhi scuri, chiama i soccorsi sostenendo che la moglie si sia sentita male mentre era a letto, fino a sabato scorso quando il marito ha ammesso, tra le lacrime, le sue responsabilità. Christian, la notte in cui muore Eligia, viene creduto. Nessuno può immaginare, in quel momento, che sta mentendo, che è stato lui a inscenare tutto, dopo avere ucciso la moglie durante una violenta lite. All’indomani mattina, il 20 gennaio, insieme con il suocero, Tino Ardita, Christian va da Carabinieri per presentare una denuncia per malasanità. Sostiene che i medici abbiano agito in ritardo. E anche stavolta viene creduto.
Scatta l’indagine a carico di due medici e di alcuni infermieri. “Inizialmente – racconta il pm Fabio Scavone – il quadro sembra uno dei tanti casi di malasanità”. Ma dopo una serie di accertamenti e gli esami sul referto autoptico, qualcosa inizia a non quadrare. Ad aprile una prima svolta: “Il consulente della Procura esclude responsabilità dei medici, ma nello stesso tempo non ci sono segni di violenza sul corpo della povera donna – spiega il magistrato – Ci sono però delle ecchimosi sulla teca cranica”. A questo punto vengono spazzate via le responsabilità dei medici e inziai a prendere corpo l’ipotesi che ad uccidere la donna sia stata il marito. Leonardi viene così iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario. “L’unico elemento indiziario forte, ma contrapposto dalla difesa che smontava totalmente questo assetto, era la responsabilità del marito. Ma era un quadro ancora confuso”, dice il pm.
Ci sono poi le “stranezze comportamentali dell’uomo”, come le definisce lo stesso magistrato Scavone “ma un processo su queste stranezze non si poteva imbastire”. Ma quali sono queste ‘stranezze’? Perché Chirstian Leonardi arriva, ad esempio, tardi al funerali, oppure perché non tiene una foto della moglie morta, perché manda al suocero una torta con disegnato un fallo. Stranezze, appunto, ma nulla di più. “Archiviata la posizione dei medici – dice Scavone – ci si concentra sul marito”. Scavone inizia ad ocuparsi della vicenda solo il 29 agosto, quando assume la direzione delle indagini, che si concludono il 19 settembre con l’arresto di Leonardi per omicidio volontario e procurato aborto.
Ma perché ci sono voluti otto mesi per arrivare alla confessione dell’uomo? “Perché all’inizio c’era stato effettivamente un comportamento dei sanitari atipico – dice il pm Scavone – avevano trasportato al pronto soccorso un cadavere, con l’ipotesi che il feto si potesse salvare. Ma c’erano molte incongruenze”. Poi, l’attenzione è stata rivolta all’assassino, il marito. Che ha lanciato l’allarme “solo un’ora dopo la morte della moglie”, dopo avere pulito e lavato il luogo dell’omicidio. “C’erano anomalie già dall’inizio – dice il magistrato – ma i medici non fanno i detective, lo hanno rivelato solo dopo. Quando hanno chiarito, hanno parlato anche loro”.
La vera svolta è arrivata grazie all’intervento dei Ris di Messina, guidati dal colonnello Sergio Schiavone, che ha risolto molti casi difficili grazie alle tecniche di investigazione all’avanguardia. Ma anche grazie al lavoro del Reparto territoriale dei Carabinieri di Siracusa. Venerdì i Ris si sono presentati a Siracusa di prima mattina e hanno lasciato la casa di Leonardi solo alle 22. Hanno fatto prelievi per una giornata intera. “Hanno visto che c’erano tracce biologiche su tutta la parete – dice il magistrato Collegando le indicazioni del pronto soccorso, lo scenario era totalmente diverso. Lui parlava di rigurgito mentre dormivano a letto”. Anche i genitori di Eligia avevano avuto dubbi dal primo istante. E lo hanno sempre gridato nelle trasmissioni pomeridiane di cronaca ma anche a Chi l’ha visto di Federica Sciarelli.
I genitori avevano dubito notato delle stranezze ma sono venute a galla dopo – dice lo stesso pm Scavone – Il 20 gennaio il suocero era con il genero a denunciare il fatto. Erano insieme”. Venerdì notte, dopo i prelievi del Ris Christian Leonardi ha capito che non aveva più alcuna chance e che ormai era finita.” E’ crollato – racconta il pm Scavone – Lui sapeva cosa poteva nascondere quella casa, ha cominciato a intuire che non poteva più nascondere ciò che aveva fatto. Ha chiesto di parlare con me e sabato mattina l’ho interrogato per quattro ore”. Leonardi, a un certo punto, è crollato. Ha iniziato a piangere e adire che era pentito. “Ha pianto più volte, in preda a un rimorso. Si è pentito, vorrebbe tornare indietro a gennaio”, dice il magistrato.Ma ormai è troppo tardi. Domani pomeriggio si terrà l’udienza di convalida davanti al gip Michele Consiglio.

La sorella di Eligia Ardita a Christian Leonardi: “Perdono? Solo se si suicida” (FabPage – 13 ottobre 2015)
In tv così come su Facebook Luisa, la sorella di Eligia Ardita, uccisa dal marito all’ottavo mese di gravidanza, grida la sua rabbia contro l’assassino della donna, Christian Leonardi.
“Suicidati e ti perdoneremo”. Parole dettate dalla rabbia e dal dolore, dure come macigni, quelle che pronuncia Luisa Ardita, sorella di Eligia Ardita, la donna uccisa dal marito Christian Leonardi mentre era all’ottavo mese di gravidanza, in tv, intervistata a Mattino5. “Deve stare in carcere ma non deve viverlo come una villeggiatura. Deve pregare e chiedere perdono ma non a Dio, ma ad Eligia e a Giulia (la figlia che Eligia aspettava ndr.). Deve dirle sono il tuo papà, ti ho creata e ti ho ammazzata”.
Sul suo profilo Facebook di recente Luisa Ardita ha pubblicato foto della giovane sorella chiedendo venga fatta giustizia; nelle indagini degli ultimi giorni sarebbe fra l’altro spuntata anche un’altra donna: gli elementi emersi sono al momento oggetto di approfondimento da parte degli inquirenti.

 

Delitto Eligia. La confessione di Christian Leonardi su Mattino Cinque: “Non sopportavo le sue urla” (Siracusa Oggi)
L’ho messa con le spalle al muro. La tenevo ferma ma non mi torna in mente se l’ho colpita con le mani. Se le ho dato degli schiaffi o ho usato i pugni”. E’ uno dei passaggi della confessione di Christian Leonardi così come raccolta dagli inquirenti. A svelare i dettagli del racconto che il marito di Eligia Ardita, accusato di omicidio e procurato aborto, ha reso la mattina di sabato scorso è la trasmissione Mediaset “Mattino Cinque”, con l’esclusiva della confessione.
In studio, Federica Panicucci accompagna e commenta i vari stralci della confessione, ricostruita in grafica e con un doppiaggio audio. Collegato da Siracusa c’è papà Agatino, che rilancia il suo invito a cercare gli eventuali complici. La trasmissione di Canale 5 presenta la ricostruisce dell’aggressione, gli ultimi istanti di vita di Eligia Ardita come li ha raccontati Christian Leonardi. “Non mi ricordo neanche se l’ho colpita alla testa. Non posso dire che non sia successo tutto questo in quegli istanti in cui non avevo più il controllo di me stesso”.
E ancora. “Non sopportavo le sue urla, le ho tappato la bocca con la mano. Con forza. Volevo che stesse zitta”. Immobilizzata contro il muro, Eligia sviene. “Ha iniziato a rimettere tutto quello che aveva mangiato durante la cena, sporcando il muro e la stanza”, ammette Leonardi.
La giovane infermiera, all’ottavo mese di gravidanza, finisce esanime sul pavimento. Rantola. “E’ stato in quel momento che ho avuto paura e mi sono fatto prendere dal panico”, racconta agli investigatori il marito reo confesso. Su Mattino Cinque la confessione prosegue con le fasi immediatamente successive all’omicidio, prima della chiamata al 118. “Quando mi sono reso conto di quello che era successo ho pulito Eligia, le ho tolto i vestiti e gliene ho messi addosso degli altri. Poi ho ripulito la parete e il pavimento, le ho lavato il viso e i capelli con dei fazzolettini”. A questo punto, in studio la Panicucci introduce un passaggio della confessione di Christian Leonardi che sembra una risposta alla domanda su come abbia potuto fare finta di nulla per otto lunghi mesi. “Ho cercato di vivere la mia vita nel mondo più normale possibile. Mi sfogavo con la cocaina e con il gioco. Poi, a un certo punto, ho cominciato a pregare…”.

 

Siracusa. Eligia Ardita fu uccisa dal marito: ergastolo per Christian Leonardi (Libertà – 5 dicembre 2018)
Ergastolo e tre mesi di isolamento diurno per Christian Leonardi, questa la condanna decisa dai giudici della Corte di Assise del tribunale di Siracusa. Christian Leonardi, disoccupato siracusano, è stato accusato dell’omicidio di Eligia Ardita e della morte della figlia che la consorte aveva in grembo. La sentenza è arrivata dopo circa 6 ore di Camera di Consiglio al termine della quale i giudici hanno sposato la tesi della pubblica accusa che, nella requisitoria, si era espressa per il carcere a vita nei confronti dell’imputato.
I sospetti su Christian Leonardi sono nati dopo il ritrovamento del cadavere della vittima, un’infermiera dell’ospedale Umberto I di Siracusa, nell’abitazione della coppia, in via Calatabiano, nella tarda serata del 19 gennaio del 2015. La Procura in un primo momento apre un’inchiesta iscrivendo nel registro degli indagati il personale del 118 ed il ginecologo della donna, successivamente dopo le verifiche dei Carabinieri del Ris di Messina, le condizioni investigative cambiano fino a quando il 19 settembre del 2015 Christian Leonardi confessa di essere l’autore del delitto, salvo poi ritrattare, sostenendo di essere stato costretto ad autoaccusarsi sotto la pressione del fratello e del suo legale. Dopo aver scelto un nuovo collegio difensivo, Leonardi ha deciso di sottoporsi al giudizio con il rito ordinario, dichiarandosi innocente.
Gli investigatori hanno sostenuto che l’aggressione è avvenuta al culmine di un litigio con la moglie, contraria all’ennesima uscita del marito insieme agli amici. Una sera Leonardi avrebbe tappato la bocca alla moglie, facendola soffocare con il suo rigurgito. Leonardi, invece, ritiene che il decesso sia riconducibile all’imperizia dei medici del 118 chiamati da lui stesso a causa di un malore avvertito dalla moglie mentre erano a letto. Le motivazioni della sentenza di condanna in primo grado dell’imputato saranno depositate entro 90 giorni. I legali di Leonardi avevano invocato l’assoluzione poiché a loro dire Eligia sarebbe morta per un arresto cardiocircolatorio, ipotesi non osservata dai giudici.

 

Eligia Ardita, la clamorosa lettera dal carcere del marito: «Non l’ho uccisa io» (La Sicilia – 19 febbraio 2020)
Il siracusano Christian Leonardi, condannato dalla Corte d’Assise di Siracusa all’ergastolo in primo grado per l’uccisione della moglie 36enne Eligia Ardita e della bambina che portava in grembo, Giulia, ha scritto una lettera – inviata in esclusiva ai giornalisti Seby Spicuglia de LA SICILIA e Alessia Zeferino di un sito web aretuseo – richiamando aspetti e circostanze relativi alla sua vicenda giudiziaria. Lettera che pubblichiamo ovviamente senza farla nostra, senza alcuna valutazione del suo contenuto che semmai potrà costituire elemento al vaglio del processo di secondo grado.
Il testo – un lungo sfogo per dire “non sono un mostro” – apre per la prima volta e fuori dalle aule dei tribunali uno squarcio che non mancherà di suscitare reazioni sulla versione dell’uomo. Recluso nel carcere di Cavadonna, Leonardi – proprio all’indomani della puntata di Amore Criminale dedicata dalla trasmissione di Rai 3 all’omicidio della donna di Siracusa e a pochi giorni dalla richiesta della conferma dell’ergastolo per lui da parte del Pg di Catania – ripercorre i fatti e gli avvenimenti di quel 19 gennaio del 2015 dal suo punto di vista, il rapporto con la moglie, le ore drammatiche in cui Eligia perse la vita, le accuse, l’isolamento, la condanna.

Sono Christian Leonardi,
condannato in primo grado per avere ucciso mia moglie Eligia, procurando anche la morte della bimba che teneva in grembo: nostra figlia Giulia. Ho sperato che qualcuno potesse dare voce anche a me, come è stato fatto per i presunti autori di reati altrettanto gravi ed infamanti, affinché l’opinione pubblica avesse anche la mia versione dei fatti e non solo quella delle parti civili e possa riflettete su quanto ho da dire e risulta effettivamente provato o non provato nel processo. Ma nessuna delle trasmissioni televisive che per tante puntate si sono occupate della vicenda ha accolto la richiesta dei miei avvocati: dopo la sentenza è stato ospitato uno dei difensori delle parti civili e i miei legali non sono stati nemmeno invitati.
Posso sperare che almeno attraverso il Vostro giornale coloro che mi giudicano un assassino pur senza avermi mai ascoltato o letto le carte del processo sappiano anche quello che ho da dire a mia difesa? Io non ho ucciso mia moglie e mia figlia. Non sono un violento né un delinquente, non ho mai percosso mia moglie; non sono un tossico, né un ludopatico, come mi hanno dipinto i familiari di mia moglie. Io non sono un mostro: sono un uomo che ha sempre lavorato e da più di quattro anni vive ingiustamente chiuso in un carcere, con la sola compagnia del dolore immenso della perdita della moglie e della figlia, che non ha ucciso e che non ha nemmeno potuto piangere, e della speranza che – alla fine – si riesca a capire che cosa ha provocato la loro morte. Anche se questo accadesse so non le farà tornare in vita e non potrà mai risollevarmi dal vuoto immenso ed incolmabile lasciato dentro di me dalla scomparsa di una moglie che amavo quanto lei mi amava e da una figlia tanto desiderata da entrambi che avrebbe suggellato la loro vita insieme. Insieme a loro, dentro, sono morto anch’io.
E’ davvero così incomprensibile che dopo mesi di disperazione, isolato da tutti e condannato dall’opinione pubblica per via delle affermazioni dei miei suoceri e di mia cognata (che stanno pignorando la casa mia e di Eligia per togliermi anche quel ricordo), io abbia ceduto alle insistenze dell’avvocato Scuderi, che aveva convinto anche mio fratello che io ero colpevole e che altrimenti mi avrebbero portato via in manette davanti ai miei genitori, facendoli morire di crepacuore?
Eppure il processo contro di me è nato perché proprio io mi sono rivolto alla giustizia per capire se qualcuno era responsabile della morte dei miei cari. Nella mia denuncia, acquisita agli atti del processo, non ci sono accuse, ma solo dubbi che volevo fossero risolti. Purtroppo, ad oggi, così non è stato.
Mia moglie non aveva lividi o segni di maltrattamenti, ma nemmeno questo è servito a smettere che io l’abbia mai percossa o maltrattata. Io non ho la minima idea di dove, come e perché abbia battuto la testa tanto da procurarsi quei versamenti trovati quando hanno fatto l’autopsia. Ho sempre detto che non lo sapevo e ho precisato anche al Gip che non avevo mai picchiato mia moglie. I periti del Tribunale hanno detto che “il trauma cranico patito da Ardita Eligia non possiede una efficienza lesiva tale da avere prodotto alterazioni delle funzioni neurovegetative”, insomma non sappiano come e quando si sia procurata quelle lesioni, ma sappiamo che a causa di quelle non ha e non poteva perdere conoscenza. Così è caduta l’ipotesi accusatoria, sostenuta dal consulente del pubblico ministero, che Eligia sia morta per trovarsi in stato di incoscienza e non avere avuto il normale riflesso della tosse che le avrebbe impedito di venire soffocata dal proprio vomito. Ma quando Eligia avrebbe vomitato?
In ogni caso, anche una volta i periti del Tribunale smentiscono l’accusa perché affermano che l’aspirazione del cibo proveniente dallo stomaco probabilmente non è stata la causa della morte, ma l’ha solo accelerata, aggravando una situazione già compromessa. Da cosa? Il cuore di Eligia non presentava lesioni “macroscopiche”, ma i periti ritenevano necessario un approfondimento di analisi, che non è stato dato loro il tempo di fare. La placenta? Nella consulenza del Pm si legge che era “vecchia ed infartuata”, i periti, invece hanno visto solo sette vetrini dai quali risultava sana. Ma da quale parte della placenta sono stati presi i vetrini non lo sappiamo e la placenta non è stata conservata. Perché? Davvero i ritardi tra la mia chiamata al 118 e l’ingresso di Eligia in ospedale (oltre mezz’ora) non sono stati fatali per lei e/o per la bambina? Il dottor Aloi, medico dell’ambulanza, ha sostenuto che Eligia era già morta quando lui è arrivato. Ma come è possibile, allora, che Eligia avesse sullo sterno lividi presumibilmente lasciati dalle manovre rianimatorie? Perché, se Eligia è stata trasportato in ospedale solo per cercare di far vivere almeno la bambina non lo si è fatto subito? Io e mio suocero potevamo aiutare a trasportare la barella, anche se il personale dell’ambulanza era formato di sole tre persone. E quelle manovre rianimatorie sono state fatte tenendo conto che Eligia era incinta di otto mesi?
E le macchie ipostatiche sul corpo di Giulia: perché si sono formate attorno alla parte superiore del corpo e non sul dorso dove sarebbero dovuto essere se Giulia fosse morta dopo Eligia e non quando Eligia era già ancora in piedi? Non mi sembra che il processo e la sentenza che mi ha condannato abbia risolto questi dubbi e non capisco perché non si siano tentate tutte le strade per arrivare alla verità vera.
Io non ho ucciso Eligia, né l’ho mai percossa e dopo quasi cinque anni non sappiamo perché è morta.
Vi prego, aiutatemi a far sentire la mia voce. Io non potrò comparire in una trasmissione televisiva e probabilmente non sarà mai concesso il permesso di venirmi ad intervistare in carcere, ma almeno datemi voce attraverso questa mia lettera e attraverso i miei legali. Ringrazio e mi scuso per questo sfogo. Christian Leonardi

 

Omicidio di Eligia Ardita nel 2015: Cassazione conferma l’ergastolo per il marito Christian Leonardi (FanPAge – 9 luglio 2021)
Christian Leonardi è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Eligia Ardita avvenuto nel 2015. La donna era incinta di otto mesi. Morta con lei anche la bimba che aspettava. L’uomo aveva denunciato per la morte della compagna i sanitari del 118 che lui stesso aveva chiamato quando lei già non respirava più.
Christian Leonardi, accusato di aver ucciso nel 2015 la moglie Eligia Ardita in attesa della piccola Giulia, è stato condannato in Cassazione all’ergastolo. La donna era incinta di otto mesi quando, dopo un violento litigio con il marito, è stata colpita alla testa e soffocata violentemente. Eligia è quindi rimasta vittima di un arresto cardiaco che Christian Leonardi imputò ai sanitari del 118 che lui stesso aveva chiamato per soccorrere la compagna dopo la colluttazione. Mai aveva spiegato cosa fosse realmente accaduto nell’appartamento.
Leonardi era già stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado di giudizio. I legali dell’uomo hanno dichiarato di volersi rivolgere alla Corte di Giustizia Europea. La sorella di Eligia, Luisa Ardita, ha invece manifestato la soddisfazione per la condanna. Nonostante il risultato, non parla di vittoria: “Eligia e Giulia non torneranno mai più. Questa sentenza però ha dato valore e rispetto a due vite strappate e spezzate da colui che avrebbe dovuto proteggerle tra le mura di casa. Usciamo da tre gradi di giudizio comunque sconfitti”. La sorella della giovane vittima ha espresso parole dure anche per il condannato. “Invece di proclamarsi innocente con arroganza, dovrebbe pentirsi di quanto fatto. La mancanza di vergogna è davvero crudele. Diciamocela tutta: non ha pietà neppure per se stesso. Abbiamo impiegato sei lunghi anni di lotte e sofferenze per dimostrare la verità. Adesso lasciamo riposare in pace Eligia e Giulia cercando di elaborare il nostro lutto”.
La relazione tormentata e il figlio inatteso
Eligia era stata messa alla prova da un matrimonio che sembrava non funzionare più. La donna, infatti, doveva fare i conti con problemi economici e l’assenza del compagno che portava a litigi sempre più frequenti. Con molta fatica, Eligia era riuscita a trovare lavoro come infermiera per arginare i problemi economici riscontrati in famiglia. Poi, quando aveva trovato lavoro e iniziato a mettere dei soldi da parte, era arrivata la notizia inaspettata di una gravidanza.

 


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