Antonio Giordano, 44 anni, muratore disoccupato, padre separato e cliente della prostituzione. Sevizia e uccide una donna nel suo “box degli orrori”. Accusato di altre violenze, ottiene uno sconto di pena (da 30 a 20 anni di reclusione) perché ha già “una vita penosa”
Cinisello Balsamo (Milano), 25 Maggio 2011
Titoli & Articoli
“Altro che gioco erotico L’ha legata per ucciderla” (il Giorno – 30 maggio 2011)
La Procura tira dritto. Non crede alla confessione – fra l’altro ancora parziale – del killer di Cinisello Balsamo. Non crede a quelle sue blande giustificazioni per cercare di dare un senso alla morte di una donna, una prostituta romena di 43 anni, Gianina Viorica Ganfalianu, trovata uccisa mercoledì mattina nel garage del muratore Antonio Giordano in vicolo Villa Rachele.
Mani e piedi legati, il collo stretto con un cavo elettrico alla trave di una mensola, le labbra tappate da uno spesso nastro adesivo che copriva anche parte del naso. No: è impossibile morire così, «per un gioco erotico finito male», come ha tentato di difendersi sabato l’assassino, durante l’interrogatorio per la convalida del fermo in carcere.
Legati e imbavagliati a quel modo, si muore solo perché c’è volontà e coscienza di uccidere. È questa la tesi della procura di Monza che sta seguendo le indagini. E parte proprio da questo punto fermo l’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Franca Macchia, che deve fare luce sulla vera natura dell’assassino. Un uomo di 44 anni, padre separato di due figli, da gennaio senza un lavoro stabile, le notti consumate nel vortice torbido delle strade del sesso a pagamento a Nord di Milano.
Un’inchiesta difficile, che si focalizza sul seminterrato di Cinisello per poi allargarsi a macchia d’olio ad altre scene del delitto che seguono copioni molto, troppo simili a quello che ha ucciso Gianina. Sul cui assassinio sopravvive più di un dubbio, a cominciare dall’ora del delitto: la prostituta è stata ritrovata mercoledì mattina e Giordano, il suo killer, ha confessato di averla condotta in vicolo Villa Rachele la sera di martedì, prima di mezzanotte.
L’omicidio, dunque, si sarebbe consumato in quelle dieci ore che separano l’abbordaggio in via Carducci a Sesto San Giovanni, con Giordano in veste di cliente, e la scoperta del cadavere fatta dai carabinieri. Ma questo lasso di tempo non convince: il muratore potrebbe aver incontrato e ucciso Gianina prima di martedì, presumibilmente la notte di lunedì. Si tratta solo di un’ipotesi, che potrà essere confermata solo dopo i risultati dell’autopsia sulla vittima. Mentre fondamentali, a questo punto, saranno gli esiti degli esami dei Ris di Parma sulle tracce biologiche trovate nel box.
Dagli esami si cercherà di capire se vi siano tracce che possano far pensare ad altri sacrifici umani consumati prima di quello di Gianina nello squallido garage. Solo a quel punto si potranno cominciare a fare raffronti più precisi con omicidi del passato. Un’ipotesi investigativa, quella del killer seriale, che avvalora la possibilità che Giordano non agisse da solo. Che, forse, il suo box dell’orrore potesse servire anche ad altri, amici, compilici. Per «dei giochi erotici» o per uccidere? Anche a queste domande dovrà rispondere il killer durante un nuovo interrogatorio, questa volta di fronte al pm, che si terrà probabilmente la prossima settimana.
Nel box degli orrori altre violenze: la Procura inchioda il killer (il Giorno – 7 giugno 2011)
Violenza sessuale. Contro altre due donne, due prostitute che sarebbero state costrette a incontri estremi, non convenzionali, da Antonio Giordano, il muratore accusato dell’omicidio di una lucciola romena di 43 anni, Gianina Viorica Ganfalianu, trovata seviziata e uccisa nel suo box auto in vicolo Villa Rachele, a Cinisello Balsamo. Questa la pista battuta dalla Procura di Monza, che ha chiesto l’incidente probatorio proprio sulle testimonianze delle prostitute ascoltate nei giorni scorsi dai carabinieri. Una linea, quella dell’accusa, che si sta profilando all’indomani dell’ultima verità di Giordano, che durante i due interrogatori in carcere, davanti al gip e al magistrato – ha fornito versioni lacunose e controverse sulla notte in cui è morta Gianina, fra martedì 24 e mercoledì 25 maggio.
L’ultima: il muratore ha fatto il nome di un altro uomo. Un protettore che sarebbe molto conosciuto dai frequentatori delle strade del sesso a Nord di Milano. «Giannina aveva un protettore, e io prendevo accordi con lui, era lui che mi indicava chi era disponibile a fare certe cose», ha rivelato Giordano. Intendendo per «certe cose» quegli incontri sessuali estremi per cui l’uomo – padre separato di due figli – aveva un’autentica fissazione. Ma le sue dichiarazioni non convincono affatto gli inquirenti: «Giordano non ha ancora raccontato tutto». Per esempio, deve spiegare che cosa è successo in quelle 7 o 8 ore che separano il momento della morte di Gianina, intorno all’1,30 di notte, e il ritrovamento del corpo. Giordano ha continuato a ripetere «di non ricordare» che cosa sia accaduto in quell’arco di tempo. Un vuoto di memoria reale o solo presunto? Gli inquirenti non hanno fretta: sono convinti che Giordano parlerà ancora.
IL «BOX DEGLI ORRORI» DI CINISELLO Nuove accuse al muratore «Ci ha picchiato e legato» (Corriere della Sera – 23 giugno 2011)
Due prostitute riconoscono Giordano: una delle testimoni è stata violentata, l’altra è riuscita a fuggire
Una di loro lo ha riconosciuto già guardandolo di spalle. Messe di fronte a quell’uomo a cui piaceva fare «cose pericolose», le due prostitute del Ghana non hanno avuto dubbi. Un po’ di paura, quello sì, ma nessuna incertezza: chi le ha portate nel «box degli orrori» di Cinisello Balsamo era Antonio Giordano, il muratore 44enne in carcere per l’omicidio di Gianina Viorica Ganfalianu, 43 anni. La prostituta romena morta nel garage dell’uomo, trasformato in alcova per giochi erotici estremi. Le due accusatrici si conoscono («Siamo come sorelle» sostengono). Lavorano entrambe sui marciapiedi di via Milanese, una parallela di viale Fulvio Testi. Durante l’incidente probatorio tenutosi ieri al tribunale di Monza, hanno confermato al gip Maria Rosaria Correra il racconto già reso in queste settimane di indagini ai carabinieri.
Il primo episodio è del 13 marzo. Giordano avrebbe legato una delle due ghanesi in macchina, contro la sua volontà, costringendola ad una prestazione sessuale. Poi l’avrebbe portata nel garage di vicolo Villa Rachele, dal quale però la stessa è riuscita a fuggire in tempo con un escamotage. Il muratore di Cinisello, nonostante la «fama» che si era creato tra le donne della zona, si sarebbe ripresentato nella stessa via il 22 maggio. Quella sera, avrebbe portato la seconda donna nel box.
Su un ripiano, c’era della «polvere bianca» ha raccontato la ghanese al magistrato, confermando il fatto che Giordano era assuntore abituale di cocaina, come già ammesso dall’uomo nel corso di un interrogatorio in carcere. Poi la richiesta di un rapporto anale, senza preservativo, e la giovane africana, spaventata, che scappa sgattaiolando oltre la saracinesca. Ora la posizione dell’uomo, già indagato per omicidio e sequestro di persona, si aggrava con nuove accuse di violenza sessuale, consumata e tentata. L’avvocato difensore, Alba Giuseppina Sarto, ha detto di voler chiedere «un nuovo interrogatorio davanti al magistrato». Giordano avrebbe riferito «che il box era frequentato da almeno altri due uomini». Ipotesi che da parte della procura brianzola, «non viene esclusa».
Uno sconto al boia del garage Uccise e seviziò una prostituta (il Cittadino – 31 gennaio 2013)
Era «vittima dei propri istinti, e carnefice di chi, di quegli istinti diventa oggetto». Espressione del pubblico ministero Franca Macchia ripresa dal giudice del tribunale di Monza Giuseppina Barbara nelle motivazioni della sentenza che ha condannato a 20 anni di reclusione (l’accusa ne aveva chiesti 30) Antonio Vito Giordano, 45 anni, l’uomo del box degli orrori di Cinisello Balsamo, quello dove i carabinieri scoprirono il cadavere di Gianina Ganfalianu, prostituta rumena di 43 anni barbaramente uccisa a seguito di sevizie di natura erotica.
Oltre alle accuse di omicidio volontario, Giordano, muratore e buttafuori in una balera di Cinisello, è stato condannato anche per violenza sessuale, tentata e consumata nei confronti di altre tre prostitute che lavoravano nelle strade tra Monza e Cinisello. Il giudice, nelle motivazioni del provvedimento, ha sottolineato la brutalità della condotta dell’uomo, «finalizzata a soddisfare in modo brutale le proprie perversioni», sottoponendo la vittima «a sevizie che ne annichilivano la dignità umana». Al quarantacinquenne, tuttavia, sono state concesse le attenuanti generiche.
«Una vita penosa» – Il giudice, nelle motivazioni, ha condiviso le valutazioni del pm, che aveva comunque chiesto il riconoscimento delle generiche. «Da un lato appare rilevante la particolare efferatezza dei reati commessi che offendono donne già provate da condizioni di vita penose; dall’altro, però, sarebbe iniquo non tenere conto delle condizioni di vita altrettanto disagiate dell’imputato». Questo infatti ha avuto un «padre suicida», oltre che una sorella malata e un «basso livello di scolarizzazione». In più è dipendente da alcol e cocaina, ma non per questo da considerarsi «disturbato di mente».
Chiesti trent’anni – Pubblica accusa e giudice, tuttavia, non si trovano d’accordo sulla quantificazione della pena, per questioni di natura tecnico-procedurale. Trenta gli anni di reclusione chiesti dall’accusa (derivanti dalla riduzione dell’ergastolo, per via della scelta del rito abbreviato operata dall’uomo, difeso dagli avvocati Massimo Bordon e Federico Cozzi). Venti quelli inflitti dal gup, che è partito da 30 anni ridotti di un terzo per il rito. Le accuse non riguardano solo l’omicidio della rumena, ma anche episodi di violenza nei confronti di altre tre ‘lucciole’. Due immigrate originarie del Ghana, per esempio, alle quali, in un drammatico incidente probatorio, era bastato guardarlo di spalle per riconoscerlo. Una era stata portata nel garage, ma era fuggita, l’altra invece era stata legata alla macchina e sopraffatta, prima di divincolarsi e scappare.
Mostro del box di Cinisello “Seviziava con brutalità le vittime per soddisfare le sue perversioni” (il Giorno – 1 febbraio 2013)
Sottoponeva le sue vittime a “sevizie che ne annichilivano la dignità umana” per “soddisfare in modo brutale le proprie perversioni“. Però sarebbe “iniquo non tenere conto delle condizioni di vita altrettanto disagiate dell’imputato”.
Con questa motivazione il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Giuseppina Barbara ha condannato a 20 anni di reclusione con il rito abbreviato Antonio Vito Giordano, 45 anni, l’uomo del box degli orrori di Cinisello Balsamo, quello dove i carabinieri scoprirono il cadavere di Gianina Ganfalianu, prostituta rumena di 43 anni barbaramente uccisa a seguito di sevizie di natura erotica. Oltre alle accuse di omicidio volontario, Giordano, muratore e buttafuori in una balera di Cinisello, è stato condannato anche per violenza sessuale, tentata e consumata nei confronti di altre tre prostitute che lavoravano nelle strade tra Monza e Cinisello: una italiana e due immigrate originarie del Ghana alle quali, in un drammatico incidente probatorio, era bastato guardarlo di spalle per riconoscerlo. Una era stata portata nel garage, ma era fuggita, l’altra invece era stata legata alla macchina e sopraffatta, prima di divincolarsi e scappare.
Il giudice, nelle motivazioni del provvedimento, ha sottolineato la brutalità della condotta dell’uomo, a cui però sono state concesse le attenuanti generiche. Infatti il giudice ha condiviso le valutazioni del pm monzese Franca Macchia (che però aveva chiesto la condanna a 30 anni di reclusione) sostenendo nella motivazione che l’uomo ha avuto una vita “penosa”, con un “padre suicida”, oltre che una sorella malata e un “basso livello di scolarizzazione”. In più è “dipendente da alcol e cocaina”, ma non per questo da considerarsi «disturbato di mente». Pubblica accusa e giudice non si sono trovati d’accordo sulla quantificazione della pena, per questioni di natura tecnico-procedurale. Ma la Procura ha deciso che non presenterà ricorso in appello, mentre certamente intendono presentarlo i difensori dell’imputato, gli avvocati Massimo Bordon e Federico Cozzi, che si battono per ottenere l’assoluzione del muratore.