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Alessandro Calvia, 43 anni, operaio con precedenti penali, fidanzato. Condannato a 24 anni per aver strangolato l’amante, confermati in appello e in Cassazione. Condannato anche per calunnia nei confronti dei familiari della vittima. Lui continua a dichiararsi innocente.

Alghero (Sassari), 23 Ottobre 2011

Si difende affermando che all’ora della morte di Orsola lui era con la fidanzata. Ammette di avere rapporti sessuali anche con Orsola, ma niente di serio. Poi accusa l’ex fidanzato della donna ed invia una lettera in cui accusa Ettore Serra, il padre di Orsola, di violenze sessuali. Condannato a 24 anni (13 marzo 2013) confermati in appello (25 ottobre 2014), e ad ulteriori due anni di reclusione per calunnia verso Ettore Serra che chiede solo 1 euro come risarcimento. Alessandro Calvia continua a dichiararsi innocente.

 


Titoli & Articoli

I carabinieri del comando provinciale di Sassari hanno arrestato il presunto autore dell’omicidio di Orsola Serra, avvenuto il 23 ottobre ad Alghero. Si tratta di Alessandro Calvia, 41 anni, di Alghero
Avevano una relazione sentimentale turbolenta da circa un anno, Orsola Serra, l’insegnante di Alghero di 50 anni, trovata priva di vita nel suo letto con accanto una cordicella il 23 ottobre scorso e Alessandro Calvia, il disoccupato di 41 anni di Alghero arrestato stamattina dai Carabinieri del Comando provinciale di Sassari con l’accusa di essere il responsabile dell’omicidio della donna.
I vicini di casa della donna hanno riferito agli inquirenti che tra i due i rapporti nell’ultimo periodo erano turbolenti. Secondo quanto hanno accertato gli investigatori del Nucleo investigativo la donna avrebbe voluto una relazione stabile, mentre l’uomo non era d’accordo. Sarebbe stata questa, secondo gli inquirenti, la causa scatenante della lite all’interno dell’appartamento della vittima. A Calvia gli investigatori sono arrivati dalla comparazione tra il Dna dell’uomo e quello trovato sulla cordicella abbandonata accanto al corpo della vittima.

Ieri mattina dopo la consegna degli esiti della perizia eseguita dal Ris di Cagliari, la Procura ha emesso l’ordine di cattura. Per il sostituto procuratore Paolo Piras c’era infatti il pericolo che l’uomo, che sentiva sul collo il fiato degli inquirenti, lasciasse la città di Alghero. Poco dopo la morte di Orsola Serra, Calvia era stato interrogato dai Carabinieri ma fino a ieri non c’erano prove a suo carico.
L’uomo potrebbe aver ucciso l’insegnante in un impeto di ira, ma non è escluso che la donna sia morta durante un gioco erotico finito in tragedia. Stamattina, su provvedimento del sostituto procuratore Paolo Piras, l’uomo è stato arrestato e portato al Comando provinciale dei Carabinieri di Sassari, dove è stato raggiunto dal suo difensore, l’avvocato Stefano Carboni. Nel pomeriggio Calvia verrà trasferito nel carcere di San Sebastiano.Nei prossimi giorni comparirà davanti al Gip per la convalida del fermo. Al momento dell’arresto, sulla porta della sua abitazione, mentre usciva di casa, l’uomo non ha opposto resistenza. Calvia tre anni fa era stato arrestato, con un nipote, per una rapina messa a segno in una tabaccheria ad Alghero.

 

Omicidio di Alghero, Orsola e la misteriosa telefonata (la Nuova Sardegna – 18 gennaio 2012)
Nei momenti in cui Orsola Serra è stata strangolata, dal suo cellulare è partita una chiamata diretta a un’amica. Che non ha risposto. Erano per l’esattezza le 19.22 di domenica 23 ottobre. Ora però gli inquirenti vogliono sapere se quella telefonata è stata fatta prima di morire proprio dalla professoressa algherese oppure se a digitare i tasti è stato il suo presunto assassino, Alessandro Calvia, indagato per omicidio volontario e perciò rinchiuso a San Sebastiano. Secondo il sostituto procuratore Paolo Piras, infatti, potrebbe anche essere stato l’uomo a far partire la chiamata, così da spostare in avanti l’istante della morte e farla apparire avvenuta nell’ora in cui lui è in grado di provare di essere stato con la fidanzata.È uno dei motivi per il quale il tribunale del riesame ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato Stefano Carboni, difensore del sospettato.
Ma a spingere il collegio composto dai giudici Salvatore Marinaro, Marina Capitta e Cristina Fois a non concedere ad Alessandro Calvia di attendere in stato di libertà l’esito dell’eventuale processo sono anche altri importanti elementi, alcuni dei quali evindenziati nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Teresa Lupinu. Per esempio il pericolo di reiterazione del reato. Calvia, sostiene il tribunale del riesame, «è particolarmente incline al delitto». Ma a parte questo, nell’alibi che lui stesso ha fornito agli investigatori ci sarebbero parecchie incongruenze. Tanto per fare un esempio, l’indagato sostiene di aver incontrato quella maledetta domenica Orsola Serra intorno alle 16.45. Per poi rivederla nell’abitazione di lei alle 17.
Proprio all’ora in cui l’insegnante si sarebbe trovata a casa della zia Livia per proporle di andare a messa insieme. Non basta. Calvia sostiene anche di aver incrociato un luogotenente dei carabinieri alle 15.30 in via degli Orti. E il diretto interessato smentisce. Resta poi la questione relativa alla cordicella sulla quale è stato trovato il Dna dell’uomo. La difesa contesta alla Procura di aver fatto esaminare il laccio dal Ris rendendolo «non più materialmente disponibile», in quanto distrutto durante l’analisi scientifica. Ma anche in questo caso il tribunale del riesame ha deciso di non tenere conto della tesi dell’avvocato.

 

CLAMOROSE SORPRESE NEL PROCESSO PER L’OMICIDIO DI ORSOLA SERRA (Alghero Notizie – 29 ottobre 2012)
Calvia accusa i carabinieri
Il processo contro Alessandro Calvia per l’omicidio di Orsola Serra, l’insegnante algherese trovata morta nel suo appartamento di Alghero un anno fa circa, si arricchisce di un nuovo e sorprendente elemento. L’imputato Alessandro Calvia avrebbe inviato una sua lunga lettera alla Procura Generale accusando addirittura i carabinieri e il padre di Orsola quali protagonisti dell’omicidio di Orsola. Calvia, come riferisce l’Unione Sarda, avrebbe inviato la lettera al Procuratore generale senza informare i propri legali. Nella note il presunto omicida di Orsola Serra segnala che i suoi congiunti sono costantemente seguiti da auto dei carabinieri. Intanto la Corte d’Assise ha disposto un nuovo esame del Dna individuato sulla corda con cui sarebbe stata uccisa l’insegnante. Recentemente si è pronunciato su quest’ultimo particolare un super perito, sostenendo che la morte dell’insegnante algherese è avvenuta in seguito a ” un gioco erotico “.

Calvia: «Non ho ucciso Orsola Serra» (La Nuova Sardegna – 24 novembre 2012)
L’imputato per il delitto dell’insegnante risponde alle domande del pm. E lancia accuse al padre della vittima e al suo ex
«Non ho ucciso Orsola Serra. Con lei avevo solo rapporti sessuali anche se voleva che ci sposassimo. Il mio Dna sul cordino usato per strangolarla? Forse qualcuno ha preso una corda dalla mia motocarrozzella per farmi incolpare, oppure è quella che usai per chiudere una busta con un pc a casa sua».
La verità di Alessandro Calvia, 42 anni, imputato per l’omicidio dell’insegnante di Alghero assassinata nel suo letto il 23 ottobre 2011, emerge lenta e confusa dalla sua bocca. La voce è bassa nell’aula della Corte d’assise chiamata a giudicarlo e Calvia, si sottopone alle domande del pm Paolo Piras con tono dimesso, che poi diventerà quasi insofferente. Si siede al banco degli imputati con volto che pare di cera, barba rasata di fresco, le mani che a volte tremano. Per tre ore e mezza parla quasi sottovoce, a volte bofonchia parole incomprensibili, forse nel tentativo di sfuggire ad alcune domande del pm.
Come quelle sulle “versioni alternative”, cioè il tentativo di insinuare il dubbio che a perseguitare Orsola fosse il suo ex fidanzato, quel Pietro Moretti «che la pedinava», mai finito sotto indagato perché ritenuto estraneo al delitto. E lo sconvolgente scritto su quelli che lui definisce «abusi del padre su Orsola», “segreti” affidati a un biglietto trovato in casa sua il giorno dell’arresto. Ovviamente, tesi quasi certamente calunniosa, che gli attirerà la seconda querela da parte della famiglia della vittima. Il padre Ettore e la madre Aurea sono composti e silenziosi, impeccabili nel non rispondere a quelle che potrebbero sembrare provocazioni crudeli.
Per prima cosa il pm Piras gli chiede di esprimersi sulle accuse di omicidio («Respingo l’addebito») per poi ricostruire il rapporto con la vittima.
«Ci incontrammo perché io le misi una rosa rossa sotto il tergicristallo dell’auto, il 4 novembre 2010, al cimitero e un biglietto col mio nome e il numero di telefono. Lei mi chiamò – assicura – e ci incontrammo per un rapporto sessuale». Comincia una relazione fatta solo di incontri a casa dell’insegnante, che definisce «per bisogno», bisogno fisico. «Dopo poco era diventata insistente, voleva che ci sposassimo. Ma non c’era nessuna relazione perché speravo di riallacciare il rapporto con la mia ex, Anna Diana, finito pochi mesi prima».
Dopo Natale, quando lei «insiste passare la vigilia assieme», si vedono di meno, lui la raggiunge a casa solo quando «mi chiamava con la scusa di qualche lavoretto da fare. Ma poi le richieste erano le stesse. Io non discutevo e me ne andavo». Orsola non demorde. «Si presentava sotto casa mia, mi inviava sms, era gelosa delle sue amiche».
Le ultime discussioni coincidono con le sue ultime ore di vita. «Sabato 22, lei era nel suo garage a dipingere, era aperto e io passai in bicicletta e le dissi: c’è Pietro Moretti che ti pedina, perché l’avevo visto. Lei mi rispose: Sì, lo so. Poi entrai, lei chiuse la saracinesca e tentati un approccio sessuale. Lei si alterò, mi disse che se non andavo a vivere con lei non avremmo più fatto sesso. Allora decisi di chiudere e di prendere il pc che mi aveva prestato per ripararlo e restituirglielo, in modo da chiudere». Ma il pc non lo portò via, e il pm sottolinea l’apparente incongruenza. Tornerà il giorno seguente, ma di nuovo lo lascerà lì.
«Il giorno dopo incontrai Orsola in via degli Orti, al semaforo, io in bici, lei in auto. Mi chiese di passare a casa e io ci andati alle 17». Era il 23 ottobre, giorno del delitto. «A casa parlammo delle solite cose, si alterò perché voleva che andassi a vivere con lei. Allora le chiesi una busta per portare via il pc e un laccio per chiuderla, feci un nodo al collo della busta. Ma poi andai via senza prenderla». Busta e pc mai trovati.
Ma ecco come spiega la presenza del suo Dna sull’arma del delitto. Il pm allora lo incalza. «Secondo una versione alternativa, dunque, un fantomatico rapinatore sarebbe entrato e avrebbe dovuto prendere il cordino dalla busta per uccidere Orsola Serra?», chiede Piras. «Non so», è la risposta. Domande insistenti anche sul suo alibi. «Uscii da casa di Orsola alle sei meno un quarto. Andai a casa e poi all’appuntamento con Anna Diana, alle 19.30 in via Sant’Agostino. Poi andammo a prendere la pizza in via Mazzini». Qui ordinano due pizze «poi credo che tornammo a casa di Anna Diana, e ce le portarono». Ma ai carabinieri la fidanzata aveva detto che attesero le pizze d’asporto nel locale. Quando il pm glielo fa notare, lui ammette: «Non posso escluderlo».
L’avvocato Danilo Mattana, difensore con Nicola Satta, sollecita un’interruzione per consentire a Calvia di prendere gli psicofarmaci; la Corte non interrompe. E allora il pm chiede conto del suo Dna sul cordino. Lui spiega: «Forse qualcuno ha preso una delle corde che usavo per cucire le reti», ipotizza riferendosi all’ex di Orsola, Moretti, pur restando sul generico. Lunedì le domande di Pietro Piras, legale di parte civile. (Elena Laudante)

 

La storia di Alessandro Calvia | Per un’informazione libera (peruninformazionelibera.blog – 1 ottobre 2014)
Da circa tre anni, il signor Alessandro Calvia è in carcere, accusato di aver ucciso un’insegnante di Alghero, Orsola Serra. La donna fu trovata morta nel proprio letto il 23 ottobre del 2011. Calvia si professa innocente e le sue sorelle, Francesca e Giovanna, stanno portando avanti una difficile battaglia per cercare di dimostrare l’estraneità del proprio congiunto a questa vicenda. Per questo hanno anche creato la seguente pagina Facebook https://www.facebook.com/AlessandroCalviaLinnocente?ref=ts&fref=ts
La pagina riporta diversi articoli di giornali sulla vicenda e documenti del processo. Alessandro Calvia era stato in passato amante di Orsola Serra, come lui stesso ammette (cfr.: http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2011/12/24/news/calvia-la-mia-vita-segreta-con-orsola-1.3622318) . Tale relazione era però terminata e Calvia era fidanzato con un’altra donna, Anna Diana, con cui è stato a cena insieme la sera del delitto, come confermato dalla stessa. C’è stata anche una telefonata tra Calvia e Diana all’incirca nello stesso tempo in cui verosimilmente si sarebbe consumato l’omicidio (cfr.: http://lanuovasardegna.gelocal.it/alghero/cronaca/2012/12/04/news/orsola-ancora-dubbi-perizia-sull-ora-della-morte-1.6143198). Secondo la difesa di Alessandro Calvia, ci sarebbero troppi errori nell’inchiesta sull’omicidio di Serra, dall’individuazione dell’ora della morte che i periti hanno spostato avanti di almeno un paio d’ore alla distruzione dell’arma del delitto, oltre a circostanze inquietanti su un altro ex della vittima, Pietro Moretti, mai tenute in considerazione (cfr.: http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2013/03/09/news/troppi-errori-e-falle-nell-inchiesta-su-orsola-1.6669686).
Su queste circostanze ci sono documenti agli atti di informazioni rese da alcuni testimoni.

 

Calunniò il padre di Orsola Serra, condanna per Calvia (Alghero Eco – 17 maggio 2015)
L’uomo condannato per l’omicidio dell’insegnante algherese dovrà anche risarcire simbolicamente il padre della vittima
In una lettera inviata alla Procura generale di Cagliari aveva accusato per l’omicidio di Orsola Serra il padre di lei e i carabinieri. Il 45enne Alessandro Calvia, già condannato a 24 anni di carcere per l’assassinio dell’insegnante algherese, dovrà scontare ulteriori due anni dietro le sbarre e risarcire simbolicamente di un euro il padre della vittima, Ettore Serra, che si era costituito parte civile e aveva chiesto appunto un risarcimento danni simbolico.

 

L’omicidio di Orsola Serra, la Cassazione conferma i 24 anni per Calvia (La Nuova Sardegna – 10 luglio 2016)
Condanna definitiva per il 45enne accusato di aver strangolato e ucciso l’insegnante di Alghero
«Finalmente giustizia è stata fatta, dopo tutte le calunnie rivolte a mia figlia e alla nostra famiglia, questa sentenza mette la parola fine a una tragedia che ha distrutto la sua e le nostre vite». Ettore Serra, padre di Orsola – l’insegnante strangolata e uccisa a ottobre del 2011 – ha la voce spezzata dall’emozione mentre commenta il verdetto della Cassazione che, rigettando il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’assise d’appello di Sassari, ha confermato la condanna a 24 anni di carcere per Alessandro Calvia, il 45enne accusato di aver ammazzato l’insegnante di Alghero. «La cosa più importante – rimarca l’avvocato Pietro Piras che ha tutelato i familiari della vittima in tutti e tre i gradi di giudizio – è che si sia arrivati all’accertamento della verità e quindi della effettiva responsabilità di Alessandro Calvia».
Le sorelle dell’imputato per il processo in Cassazione avevano revocato l’incarico ai precedenti difensori scegliendo un altro legale: Claudio Salvagni, l’avvocato difensore di Massimo Bossetti (condannato qualche giorno fa all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio). Decisione maturata all’indomani della sentenza della corte d’assise d’appello, a ottobre del 2014.
Calvia quel giorno aveva abbassato la testa e ascoltato in silenzio il verdetto della corte presieduta da Plinia Azzena che aveva accolto la richiesta del procuratore generale Stefano Fiori e anche l’appello incidentale della parte civile – rappresentata dall’avvocato Piras – condannando l’imputato al pagamento di una provvisionale di 700mila euro: 250mila per padre e madre della vittima e 100mila per ogni fratello. Il risarcimento, come è stato confermato ieri dai familiari di Orsola, «sarà devoluto ad alcune associazioni che si occupano di assistere le vittime di violenza».
I giudici di secondo grado, così come quelli di primo, avevano evidentemente valutato come prove inconfutabili di colpevolezza diversi elementi. A partire da quello chiave: il dna trovato nel cordino con cui il 23 ottobre del 2011 venne strangolata e uccisa Orsola. Dna che, così come era stato accertato, apparteneva ad Alessandro Calvia.
Il pg nella sua requisitoria aveva sostenuto con forza che le tracce in quel punto esatto della corda dimostravano che la stessa era stata utilizzata in un certo modo da chi uccise la vittima, una dinamica che non ammetteva quindi dubbi sul fatto che l’imputato fosse colpevole. Ma intorno a questa prova ruotava anche un’altra serie di elementi messi in luce dall’avvocato di parte civile Pietro Piras, a partire dalle contraddizioni intorno all’alibi.
Aurea Martinez, madre di Orsola, dopo la notizia della condanna definitiva di Calvia si è lasciata andare a un pianto liberatorio: «Quante calunnie contro mia figlia. Lei che era una donna benvoluta da tutti, i suoi alunni la amavano, sempre pronta ad aiutare il prossimo. Poi le è capitata la disgrazia di incontrare quell’uomo…».

 

ALGHERO. Era accusata di aver divulgato sulla propria bacheca Facebook atti giudiziari relativi al processo che vedeva il fratello imputato di omicidio. Lei è Francesca Calvia e lui è Alessandro Calvia, il 45enne di Alghero condannato in via definitiva a 24 anni di carcere per aver strangolato e ucciso, a ottobre del 2011, l’insegnante Orsola Serra.
La sorella dell’imputato era stata rinviata a giudizio in seguito alla denuncia presentata da Ettore Serra, padre della vittima. Il reato contestato era la violazione dell’articolo 167 del decreto legislativo numero 196 del 30 giugno 2003 che disciplina il trattamento dei dati personali. Francesca Calvia, difesa dall’avvocato Danilo Mattana, ieri è stata assolta dal giudice Giuseppe Grotteria.
Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a otto mesi di reclusione. Secondo la Procura l’imputata «al fine di recare un danno a Ettore Serra aveva pubblicato su Facebook atti giudiziari dai quali si evincevano le generalità complete di residenza anagrafica di quest’ultimo, stato civile, professione, numero di telefono mobile personale, nonché estremi del documento di identità, senza averne preventivamente acquisito il consenso». Nella sua discussione l’avvocato Mattana si è soffermato sull’impossibilità di attribuire alla sua assistita la paternità del profilo facebook e delle relative pubblicazioni. Chiunque, a suo dire, avrebbe potuto creare un profilo a nome dell’imputata e divulgare i dati personali di Serra. Bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza per capire se il giudice ha condiviso questa tesi.
Tra le due famiglie le tensioni non sono mai mancate. «Finalmente giustizia è stata fatta – aveva detto il padre di Orsola dopo la sentenza della Cassazione – dopo tutte le calunnie rivolte a mia figlia e alla nostra famiglia, questa sentenza mette la parola fine a una tragedia che ha distrutto la sua e le nostre vite». (na.co.)

 

Un processo: il caso Orsola Serra (22 novembre 2022)
Abbiamo acceso, tanto tempo fa, un cerino nella caverna, dove scorgiamo ombre platoniane, forse le sole che esprimono una finzione/verità. I processi sono rappresentazioni? Il dibattimento deve solo esibire lo spartito di una musica già scritta e arrangiata? Tutto ciò che riportiamo emerge dalla sintesi delle testimonianze.
Siamo nel 2011. Orsola Serra è una insegnante nel ramo pedagogico, vive da sola ad Alghero; ha un fratello e una sorella (distaccata all’ambasciata italiana a Mosca) e due amorevoli genitori, con cui divide pensieri e frequentazione della chiesa, poiché sono tutti ferventi cattolici. Di fronte a lei vive anche una zia cui è molto legata. Nel 2010 la professoressa sta meditando di aprirsi uno studio, frequenta corsi e stage per ampliare la sua già robusta preparazione, soprattutto nel ramo della psicologia infantile (ha scritto anche un libro).
In aula ci viene detto che la single, per motivi sia morali che fisici (una misteriosa affezione pubica) non ha mai avuto rapporti sessuali, insomma è ancora vergine all’alba del suo mezzo secolo. Un bel giorno, forse in occasione della ricorrenza dei morti, si reca al cimitero e, all’uscita, dopo un gioco di sguardi con un uomo, trova sotto il tergicristallo un biglietto con un numero di telefono e una rosa rossa. Compone il numero e quel mistery man le risponde; la sera stessa inizia una relazione completa con Alessandro Calvia, operaio addetto alle reti da pesca, di qualche anno più giovane, tossicodipendente forse in via di riabilitazione, utente del SERT.
Forse per l’inesperienza in materia sessuale, vuoi per destino, la donna si infatua – forse è eccessivo parlare d’amore – e preme per una ufficializzazione del legame, una convivenza, magari anche il matrimonio e un figlio… Viene anche fuori qualche bizzarro particolare: nonostante un cognato bancario con cui si consiglia, Orsola non ama gli istituti di credito e tende a tenere grosse somme in casa; forse in quel periodo si trattava di quasi centomila euro, necessari per acquistare la sede dello studio e un’autovettura. Sorge la prima domanda: quel denaro era effettivamente dentro casa e, in caso affermativo, chi ne era al corrente? Tale aspetto scompare presto dalla discussione.
Di più, Orsola lamentava da tempo il furto delle chiavi del suo appartamento e di aver notato spostamenti di oggetti quando rientrava da fuori, ed ecco la seconda domanda: perché mai una persona descritta come maniaca della propria incolumità tanto da chiudere, quando usciva, perfino le porte dei singoli vani, non aveva provveduto a cambiare la serratura?
La storia con Alessandro è definita da lui prettamente a scopo sessuale, quasi che all’inizio anche la partner ne avesse condiviso l’impostazione, salvo cambiare idea. Dopo un breve periodo di fitta frequentazione, sostanzialmente di letto, senza mai varcare l’uscio nemmeno per un caffè insieme, verso Natale, sempre a detta di lui, con la concessione di alcuni giorni di permesso dagli arresti domiciliari cui era obbligato, egli decide di trascorrerli con madre e sorelle e mal sopporta le insistenze di Orsola per accompagnarloTerza domanda: se pativa questo confinamento, come si spiega l’andirivieni di questo signore in casa di lei? Nessuno, in dibattimento, ha chiarito o ha insistito su questo punto.
Qualcosa di più che un mordi e fuggi stile “Il laureato” tra i due, oltre il sesso, doveva esserci, per forza di cose, se proprio Alessandro afferma di aver ricevuto confidenze e di aderire ogni tanto a qualche richiesta pratica dell’amante, ma ribadisce sempre che erano scuse per tenerlo legato, da parte di una donna prossima a perderlo, visto che lui era in procinto di tornare con Anna Diana, fidanzata storica allontanata in un periodo di crisi. Le amiche dell’insegnante dovranno ammettere che lei lo tampinava (per esempio presentandosi sotto il balcone in auto e irritandolo vieppiù) ed era perfino gelosa di loro, del tutto disinteressate al soggetto.
Domenica 23 ottobre la poveretta non si presenta alla messa serale come sua abitudine, né risponde alle telefonate. L’indomani papà Ettore si risolve a entrare in casa della figlia, trovandosi dinanzi l’orribile scena: Orsola prona sul letto sormontato da baldacchino, indosso solo le mutandine, e un cordino… attorno al collo? Purtroppo osservatori acuti hanno già rilevato che le cronache non sono state univoche in merito; probabile che il padre angosciato e sotto shock abbia provato ad allentare la presa, nella speranza che ci fosse ancora possibilità di salvezza, mollando poi la funicella e occupandosi di chiamare i soccorsi e di avvisare mamma Aurea.
Dopo circa un mese e mezzo il cerchio delle indagini si stringe appunto intorno alla figura oggetto del desiderio della vittima, forse considerati i precedenti di instabilità e l’insofferenza da lui dimostrata verso la ex descritta sempre, anche a processo, come una sorta di stalker nei suoi confronti.
Per l’ennesima volta i periti non concordano sulla dinamica dell’omicidio; il primo referto di morte viene effettuato da un medico ASL, e poi dovrà essere “raddrizzato” da quello legale, lasciando qualche vaghezza al riguardo: pertanto, l’ora della morte non è certa, abbiamo solo la dichiarazione di Ettore che ricorda il corpo a temperatura ambiente e inoltre, sorpresa, dopo le analisi di prassi, la corda è stata distrutta… non prima, però, di avervi trovato il DNA dell’imputato, proprio al centro: ciò è strano, per un’azione di strangolamento “classica”, che comporterebbe pressione ai margini dell’oggetto.
Viene fuori che, in realtà, qualche altra storia sentimentale, nelle vita di Orsola, c’era pur stata, segnatamente con un certo Pietro Moretti. La difesa sostiene che costui (tizio propenso all’alcolismo), quella domenica, era stato visto in un bar nei pressi dell’abitazione di lei, con la quale voleva riallacciare, alterato dalla love story con Calvia. Tuttavia, nessuno (difensori compresi) si è preso la briga di farlo intervenire nemmen come testimone, né risulta gli sia stato chiesto di fornire alibi.
E’ possibile che non si volesse ulteriormente irritare la corte, già ostile ad Alessandro, per i suoi atteggiamenti? Parlare della morta come di un “passatempo” cui ricorrere “al bisogno”, non lo ha reso certo più simpatico; il suo tirare sempre in ballo questo Moretti è apparso solo un misero tentativo di sviare l’attenzione; la strenua difesa di mamma, sorella e nipote, è stato evidentemente valutata come soccorso familiare; il passato di droga deve aver pesato.
La povera Orsola è stata trovata quasi nuda e, visto il suo noto pudore e l’attenzione che poneva a non farsi notare da nessuno che potesse criticarla per la sua passione “proibita”, solo una persona in intimità con lei avrebbe potuto sorprenderla alle spalle e toglierle la vita in quel modo. Non bastasse, il giovanotto invia una missiva ai magistrati, pare senza avvisare i propri legali (che cambieranno in corsa), con ignominiose allusioni sul conto di papà Serra.
Nondimeno stupisce che non abbiano pesato affatto le testimonianze della fidanzata Anna, con cui nel frattempo il Calvia si era riconciliato, e del figlio di lei: i due hanno assicurato che l’uomo aveva trascorso serata e notte da loro; il ragazzo specifica, altresì che, dormendo egli in un letto che blocca la porta di casa, Calvia non avrebbe neppure permettersi una “scappatella” senza svegliarlo. Il DNA è presente, ma, come abbiamo visto, in posizione anomala e, dopotutto, Ale frequentava quella casa ma, soprattutto e di nuovo, osserviamo noi: possibile che senza questo ormai mistico feticcio genetico, non ci sia modo di indagare ad altri livelli? E prima, come si faceva? Nel tempo si è levata qualche voce a insinuare che il delitto potesse essere scaturito da un gioco erotico, ma nel 2014, con la sentenza di Cassazione, è stata confermata la condanna all’ergastolo per Alessandro Calvia. (Carmen Gueye)

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