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Alain Dante Stefanoni, 43 anni, lavoratore saltuario con problemi di droga. Massacra la compagna con una chiave inglese, avvolge il corpo in un tappeto e lo getta nel cortile condominiale. Ritenuto seminfermo di mente, viene condannato a 30 anni con rito abbreviato, ridotti a 16 in appello

Torino, 5 Aprile 2009


Titoli & Articoli

‘Mi voleva lasciare, l’ ho uccisa’ (la Repubblica – 9 aprile 2009)
NON ce l’ ha più fatta a negare e durante l’ udienza di convalida del suo fermo è crollato. «L’ ho uccisa io, è vero. Ho perso la testa perché lei era tutta la mia vita e mi voleva lasciare». Alain Dante Stefanoni, 35 anni, difeso dall’ avvocato Domenico Peila, ha ammesso davanti al giudice Edmondo Pio di essere l’ assassino di Alice Acquarone, 46 anni, separata e madre di due figli, trovata cadavere domenica pomeriggio, avvolta in una coperta e in un sacco, con la testa fracassata, nel cortile del palazzo dove abitava, in largo Nicola Fabrizi 110.
Per Stefanoni la procura ha già chiesto la custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato. «Domenica sono andato a pranzo a casa sua, avevo preso una dose più forte di medicine perché ero nervoso. Abbiamo litigato. Ci siamo conosciuti ad agosto, ma avevo capito da qualche giorno che lei voleva scaricarmi. Domenica me l’ ha detto chiaramente e io ho perso la testa», racconta nella saletta del carcere dove si è tenuto l’ interrogatorio. In realtà dice che anche lei era arrabbiata, che l’ ha insultato, lo ha anche schiaffeggiato e questo ha fatto scattare in lui un impulso irrefrenabile. L’ ha colpita con una chiave inglese, colpi ripetuti e scagliati con una forza tale da sfigurarla. All’ inizio i sospetti si erano concentrati su un ferro da stiro, che mancava dall’ appartamento, mentre sull’ asse era stata trovata una grande macchia di sangue.
Ma è stato lui stesso a fornire le indicazioni ai carabinieri di dove ritrovare l’ arma del delitto, che lui ha portato via con sé e poi ha abbandonato lungo il tragitto verso casa, che lui dice di aver fatto in metropolitana. Stefanoni ha vuotato il sacco dopo due notti in cella al Lorusso e Cutugno passate a professarsi innocente, guardato a vista dalla polizia penitenziaria. Lo ha fatto dopo aver visto, anche dagli articoli di giornale, che gli investigatori non avevano dubbi sulla sua colpevolezza, che c’ erano dei testimoni e che in casa sua erano state trovate tracce di sangue che gli esami di laboratorio non avranno difficoltà ad attribuire alla sua fidanzata.
Mezzora di interrogatorio segnata da repentini cambi di umore e accessi d’ ira di Stefanoni, così come era già accaduto la notte di domenica, quando i carabinieri del reparto operativo lo avevano portato via da casa sua, in via Vandalino, a Grugliasco. Segni della sua instabilità mentale e degli psicofarmaci che assume in modo massiccio. Per questo sia l’ avvocato che il pubblico ministero che ha seguito l’ inchiesta, Valerio Longi, sono concordi nel richiedere una perizia psichiatrica. A lungo il magistrato ha insistito nel chiedergli se avesse fatto tutto da solo. Qualcuno lo aveva anche visto giù per le scale insieme ad un uomo, ma era uno degli inquilini del palazzo, che per combinazione si è trovato, senza immaginarlo, accanto all’ assassino.
Stefanoni ha negato di avere complici. D’ altra parte dice di non avere amici, se non un vecchio conoscente. «Sono una persona sola, non avevo nessuno nella mia vita se non lei». Quasi nessun numero nella rubrica, un fratello con cui non ha rapporti da quandoi genitori sono morti. Una solitudine che è diventata depressione e poi raptus omicida.
(di Federica Cravero)

 

Trent’ anni per l’ omicidio della sua ex aveva avvolto il corpo in un tappeto (la Repubblica – 23 aprile 2010)
IL PM Valerio Longi aveva chiesto 17 anni e tre mesi di pena, tenendo conto della seminfermità mentale dell’ imputato accertata dal perito del gip, il professor Franco Freilone, e del rito abbreviato. Il gup Silvia Salvatori ieri mattina ha deciso diversamente. Ha appesantito il conto, quasi raddoppiato. Ha condannato a 30 anni di carcere Alain Dante Stefanoni, accusato dell’ omicidio della donna che lo voleva lasciare, Alice Acquarone, massacrata con una chiave inglese nella sua casa di largo Nicola Fabrizi 110, avvolta in un tappeto rosso, trascinata giù per le scale del condominio, abbandonata in cortile vicino ai cassonetti dei rifiuti. Niente riduzioni dovute alla parziale capacità di intendere e volere, nessuna attenuante. L’ aggravante, invece, della crudeltà. Con il rito ordinario sarebbe stato ergastolo.
Lei aveva 46 anni e un matrimonio alle spalle, due figli e un lavoro in una mensa scolastica, il sorriso solare e contagioso. Lui, 30 anni e mille problemi nella testa, era malato d’ amore e incapace di accettare una separazione. Il pomeriggio del 5 aprile 2008, domenica di festa e di bancarelle nel quartiere, andò a mangiare da lei. Litigarono. «Voleva finire la nostra storia, mi ha detto che era uno una nullità e che dovevo farmi curare. Ci siano insultati. Lei mi ha tirato una sberla, io l’ ho spintonato e l’ ho fatta cadere. Voleva denunciarmi, mi ha dato un altro ceffone». La risposta del giovane uomo è stata violenta, brutale, assassina. Scappò via, alle 19.30, dopo aver portato e abbandonato il corpo scempiato di Alice vicino a rifiuti. Ma non andò lontano, riconosciuto dai vicini, preso dai carabinieri.
Ieri, alla lettura della sentenza, Alain Dante Stefanoni non ha detto una parola. «Il giudice non ha tenuto in nessun conto la perizia psichiatrica, mentre secondo noi e anche secondo il pm avrebbe dovuto farlo – ripete il difensore, Antonio Foti – Per questo pensiamo, prima ancora di conoscere le motivazioni, di avere robusti appigli per l’ appello e buone chance per una modifica della condanna. L’ ho detto anche a lui, spiazzato. Il film non è ancora finito». Anche l’ ex marito Mauro e i e figli, Chiara di 19 anni e Luca di 22, sono andati via senza lasciarsi andare a commenti. «Il dolore che provano è senza misura, lo stesso di un anno fa – racconta per loro l’ avvocato Valentino Schierano – Ma oggi dalla giustizia hanno avuto una risposta forte, decisa». Il gup Salvadori ha condannato l’ imputato anche al risarcimento dei danni ai familiari: 560mila euro.

 

Amore Criminale – La storia di Alice, uccisa dal compagno con una chiave inglese (il Sussidiario – 18 maggio 2013)
(…) La storia di Alice e Alain Dante Stefanoni nasce all’angolo di una strada dove lui vendeva i giornali e lei andava a comprarli pur di incontrarlo. una ragazza stravagante, separata con due figli e desiderosa di ritrovare la felicità. Entrambi infatti si trovano in un momento in cui l’amore è ciò che cercano. A raccontare Alice ci sono in studio i figli, che con grande commozione e amore descrivono la loro mamma e la sua storia, una storia quella con Alain che comincia da subito con diffidenza. Nonostante infatti la donna sia molto presa da lui, già al primo incontro con i figli, l’uomo dimostra una certa possessività cercando continuamente, anche in loro presenza, un contatto fisico con lei, come per marcare un bene di sua proprietà. Alice però sembra felice con lui, sembra aver ritrovato quella serenità che cercava, e per non creare problemi ai figli è lei ad andare a casa di Alain.
L’uomo conduce una vita sregolata, non ha una famiglia, dalla quale si era allontanato tempo prima, e fa abuso tra l’altro di hashish e psicofarmaci. Alice è tutto ciò che ha ed è per lui un’ossessione e mostra ben presto comportamenti compulsivi nei suoi confronti. Subito si avvertono i primi segnali: lunghe chiamate notturne, tentativo di mettere zizzania tra i componenti della famiglia, creando una vera e propria guerra di posizione tra lui ed i figli, di cui non tollera neanche le telefonate, e fino ad arrivare ad un vero e proprio litigio con Luca, il figlio maggiore. Ma Alice lo giustifica, lo protegge, tenta di descriverlo come un buono e quando si rende conto che comincia ad essere oppressivo perché ha paura di essere allontanato, lei non smette di stargli accanto, gli dà soldi, lo aiuta come una madre con un figlio e prima di un’eventuale separazione vorrebbe che lui trovasse un lavoro, si sistemasse.
Di fronte alle sue continue richieste di attenzioni, la gioia di Alice di avere un compagno si trasforma in un peso dal quale non riesce a liberarsi. La loro relazione dura per circa otto mesi fino a quel fatidico 5 aprile 2009. mattina ed Alice si sta preparando per uscire quando dice alla figlia Chiara che andrà al mercato con Alain. Lei non la prende tanto bene e la rimprovera, cercando di farle capire che si comporta come una ragazzina, perché quell’uomo le fa del male. Quella discussione è l’ultima occasione in cui Chiara vedrà la madre.
Alice va al mercato con le lacrime agli occhi per le parole della figlia e perché si rende conto che deve riuscire ad allontanare Alain una volta per tutte, così comincia a discutere anche con lui, che non accetta assolutamente le sue motivazioni. Per parlare più tranquillamente lo porta a casa, dove c’è il figlio Luca con la fidanzata, a quali chiede di uscire di casa. Probabilmente Alice ha intenzione di parlare con calma ad Alain e di lasciarlo definitivamente e per farlo lo invita a pranzo.  Purtroppo è però impossibile sapere cosa sia successo in quella casa, perché Alice viene ritrovata direttamente cadavere nel cortile del suo palazzo, con il viso completamente fracassato. Quando Chiara rientra a casa trova i carabinieri ed i vicini di casa sul pianerottolo, ma nessuno ha il coraggio di comunicarle l’accaduto, si limitano ad impedirle di salire. Quando poi arriverà il padre le sarà tutto chiaro, quel corpo avvolto in una coperta ed impacchettato è di sua madre.
Nel frattempo, viene rintracciato Luca, che condotto in caserma riceve subito la notizia e non esita ad essere d’aiuto per condurre i carabinieri a casa di Alain, riconosciuto da uno dei vicini mentre trascinava il corpo di Alice giù per le scale. Alain confesserà tutto qualche giorno dopo, raccontando di aver perso la testa perché lei, l’unica persona importante nella sua vita, voleva lasciarlo. In nome del suo incondizionato “amore” le ha quindi fracassato la testa con una chiave inglese, poi ritrovata, ed ha tentato goffamente di occultare il cadavere. Grazie alla seminfermità mentale sarà condannato a 16 anni di carcere, mentre Chiara non rientrerà più in quella casa in cui aveva visto la mamma per l’ultima volta…


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