Loading

Nadia Meneghini, 20 anni, operaia. Picchiata e soffocata dall’ex fidanzato

Torino, 31 Agosto 2002

Clipboard01

 


Titoli & Articoli

Una telefonata ha incastrato l’assassino di Nadia (l’Unità 4 settembre 2002)  

 

Corriere della Sera
I magistrati: strangolata per gelosia, non c’ entrano le «chat». La testimonianza dell’ autista di un bus di linea ha smontato il suo alibi «Nadia mi voleva lasciare, l’ ho uccisa» Torino, il fidanzato confessa: «E’ stato un raptus».
L’ ha tradito una telefonata con il cellulare della vittima I colleghi dei due hanno descritto di un litigio violentissimo avvenuto il giorno prima: «Una scenata plateale, lei scappava e lui la inseguiva» E alla fine è diventata una questione di gelosia. Non c’ è un assassino in Rete, non c’ entrano le chat line, gli appuntamenti al buio. Nadia Meneghini, che aveva vent’ anni, è stata uccisa dal suo fidanzato, Antonio «Toni» Rizzo. Lei voleva andarsene, voleva lasciarlo. Lui non aveva nient’ altro che lei. Dalle 23 di ieri sera Toni Rizzo, 28 anni, palermitano, è in arresto per omicidio volontario.
Lui ha continuato per ore a proclamarsi innocente. Ma alla questura di Torino in serata arriva il magistrato Sparagna e, dopo di lui, un avvocato difensore e comincia l’ interrogatorio. Nella notte, Toni cede. Inizia a confessare. Le prime ammissioni, la vergogna di sé: «Mi voleva lasciare, ero disperato». Pensava di essere al sicuro, piangeva. Non sapeva di aver commesso più di una ingenuità. Una telefonata a un parente, fatta con il cellulare di Nadia e la scheda del suo telefonino. Non è l’ unico errore.
Dopo tre giorni di indagini, le «imprecisioni» sono diventate tante, troppe. Le colleghe di Nadia e del suo fidanzato hanno raccontato di un litigio violentissimo, avvenuto giovedì, il giorno prima del delitto. Una scenata che definiscono «plateale», Nadia che corre in bagno a piangere, lui che la insegue.
Poi c’ è l’ autista del 64, l’ autobus che Toni e Nadia prendevano sempre per andare a lavorare. La testimonianza del conducente è precisa. Riconosce Antonio, è una faccia nota, ricorda bene di averlo visto salire, agitato e confuso, nel tardo pomeriggio di venerdì. Alla fermata più vicina alla casa di Nadia. Antonio ha invece raccontato agli investigatori che lui era dall’ altra parte della città, in compagnia di altre persone. Il suo alibi crolla.
Poi c’ è la scena del delitto. Qualcosa era sparita dalla casa di Nadia. Le sue schede telefoniche: tre, due Omnitel e una Blu. Un dettaglio che poteva conoscere solo chi era abituato a frequentarla. Due schede per il suo cellulare, un’ altra che usava per farsi contattare dagli amici della chat line. Nel pomeriggio il professor Carlo Torre aveva terminato l’ autopsia sul corpo di Nadia. Si era difesa. Il suo assassino ha cercato prima di soffocarla con una cordicella, poi l’ ha soffocata con un cuscino, sul quale sono state trovate macchie di sangue.
Nadia deve averci provato, a scappare, lo dicono le ecchimosi sul suo corpo e le impronte digitali che le sono rimaste sugli avambracci e le caviglie. Giudicate compatibili con quelle di Toni. Il resto sono piccole testimonianze. Daniela, la migliore amica, che ieri è tornata dalle vacanze in Calabria ed è andata a piangere in questura. Aveva sentito Nadia mercoledì, per l’ ultima volta.
Lei le aveva detto della sua decisione di chiudere con una relazione che stava diventando «oppressiva». «Non avrebbe mai aperto a uno sconosciuto – ha detto -. Si era anche data la regola di incontrare gli amici delle chat soltanto in luoghi affollati». Gli investigatori avevano già capito che gli appuntamenti al buio non centravano con questa storia. Nei giorni scorsi sono entrati in Rete, hanno iniziato a chiedere di Nadia, o meglio dei suoi tanti soprannomi con i quali si «firmava». «Yu-yu», «Tenerocucciolotto» (il più usato), e altri ancora. Niente. Da domenica scorsa (il giorno in cui era tornata dalle vacanze) a venerdì, nessuno l’ aveva «vista» online.
Avrà anche ucciso per rabbia, Toni Rizzo. Ma dopo è diventato gelido. Sono state contate le telefonate che ha fatto, con voce sempre più preoccupata, ad amici e conoscenti: più di trenta. E’ corso a depositare i bollettini di presenza, suoi e di Nadia, alla Adecco di corso Regina Margherita. E’ andato a fare la spesa: era la prima volta in sei mesi, dicono i coinquilini. Si è preoccupato di sembrare normale. Ed era pronto anche a vedere Nadia, morta.
Quando viene raggiunto da Sabrina, la sorella della ragazza, è lui che decide di cercarla a casa. E’ lui che citofona ai vicini. Si fa aprire. Salgono insieme. E’ lui che bussa, sapendo già che non ci sarebbe stata risposta. E’ ancora lui che dice di essere pronto a sfondare la porta. Sabrina Meneghini, che ha difeso Toni anche davanti agli investigatori, che gli credeva, dice di no. Sapeva delle difficoltà di quel rapporto. «Avevo paura che mia sorella fosse in casa con qualcun altro» ha detto. Voleva proteggere la sua Nadia, quel venerdì pomeriggio. Non sapeva di avere al suo fianco la persona che l’ ha uccisa. (Marco Imarisio)

L’ OMICIDIO L’ appartamento Nadia Meneghini, 20 anni, è stata uccisa dentro casa, a Torino, nel pomeriggio di venerdì. La ragazza è stata picchiata e soffocata, il corpo trascinato in salotto. L’ appartamento è stato messo a soqquadro per simulare una rapina. L’ assassino ha chiuso la porta e si è portato via le chiavi, insieme con il cellulare della vittima e le tre schede
LE TRACCE La telefonata Alle 18 di venerdì dal cellulare della ragazza parte una chiamata: è fatta con la scheda del fidanzato, ed è diretta a un suo parente. Ma Nadia a quell’ ora era già morta, solo l’ assassino può avere telefonato. Gli investigatori rilevano anche le impronte digitali sul corpo della vittima
IL FIDANZATO La confessione Tra le prime ipotesi, quella di un «appuntamento al buio» con una persona conosciuta in chat. Alle 19 di ieri viene invece indagato per omicidio volontario, il fidanzato Antonio Rizzo, 28 anni: l’ avrebbe uccisa per gelosia. Ieri sera ha confessato

Corriere della Sera«Ho tentato di rianimarla, poi l’ ho soffocata» – Torino, la confessione del fidanzato assassino: «Convinta con un inganno a lasciarmi salire» La Procura non crede al raptus e ipotizza: delitto premeditato
C’ è qualcosa di peggio che uccidere una persona. E’ ucciderla con l’ inganno, tradendo la sua fiducia. Toni l’ ha fatto. E’ stato lui a dirlo agli investigatori.
Forse Nadia aveva capito qualcosa. Lui era sempre più oppressivo, pressante. La ragazza gli diceva che era finita, «mi vedo con altre persone». Un modo per convincerlo a lasciarla stare. La litigata di giovedì, quella della mattina dopo. Lui che la accompagna fin sotto casa, le chiede di salire. «No», la risposta. Forse un presentimento. «E allora – ha detto Toni agli investigatori – le ho detto che mi sentivo male, che avevo bisogno di un bicchiere d’ acqua». Te lo prometto, bevo e poi me ne vado. Nadia lo fa salire. Poi è andata in cucina, ha preso un bicchiere. E ha iniziato a morire, perché è lì che Toni Rizzo le si è avvicinato, le ha stretto il nastro di plastica intorno al collo. E poi l’ ha trascinata verso il salotto, l’ ha buttata sul divano letto. In quel momento, è successo qualcosa.
Toni capisce che Nadia sta morendo, si pente di quello che sta facendo. Le toglie il cordino dal collo, la adagia per terra. Le getta dell’ acqua in faccia per rianimarla, le fa la respirazione bocca a bocca. Le sfila pantaloni e maglietta, per farla respirare meglio. Ma lo fa mettendosi i guanti da lavoro (trovate fibre di tessuto dei guanti sugli indumenti della ragazza). «Ma lei rantolava». E allora Toni afferra un cuscino lo preme sul viso di Nadia.
La Procura di Torino quasi sicuramente contesterà a Toni Rizzo anche la premeditazione. Troppi elementi vanno nella direzione di un delitto studiato, tra cui il dettaglio dei guanti indossati a delitto in corso. Poi c’ è la scelta del giorno, l’ ultimo utile prima del ritorno dei genitori di Nadia. L’arma, perché Toni ha detto di aver preso dalla sua tasca il cordino di plastica, lungo quasi 1 metro, che ha usato per uccidere la ragazza. Il piano per depistare le indagini, le chiamate agli amici, la ricerca di Nadia. Una frase durante il primo interrogatorio: «Cercate in Rete, c’ era una persona che in chat l’ aveva minacciata di morte, scrivendole che sapeva dove abitava. Secondo me è l’ assassino».
INFERMITA’ – L’ avvocato di Toni Rizzo chiederà per lui la perizia psichiatrica. Ha una carta da giocare: il fidanzato di Nadia sarebbe stato riformato al servizio di leva. Articolo 41, quello che certifica disturbi mentali. Il referto, assicurano i suoi familiari, parla di «sindrome depressiva acuta».
LO SFREGIO – Uccidergli la figlia non bastava. Toni si sentiva rifiutato dal padre della ragazza («Volevo fargli un dispetto, perché non mi ha mai accettato, l’ ho sempre saputo e ne soffrivo», ha detto). E lo ha voluto punire.
Nello Meneghini ha una passione. Il videoregistratore, i film duplicati dalle tv. Pochi mesi fa si era concesso l’ acquisto di un Dvd. Durante la messinscena del delitto e la simulazione del furto Toni decide di portargli via quelli. Non i soldi, sul tappeto del salotto restano banconote da 100 Euro. Non gli ori e i gioielli, buttati sul letto. Ruba Dvd e videoregistratore. Li mette in una valigia, che appoggia alla porta. Poi ci pensa. «Avrei fatto fatica a liberarmene, e mi potevano notare». E li lascia in casa.
ERRORI – Ne ha fatti tanti. Stupidità, sfortuna, e anche un gesto d’ amore – così l’ ha chiamato lui – che lo tradisce. La telefonata, alle 16.22, con il cellulare di Nadia all’ Adecco parte per sbaglio, quando lui infila il cellulare della ragazza in tasca. Quella che lo tradisce, la chiamata con il telefonino di lei e la scheda di lui, fatta alle 20.51, ha una spiegazione surreale. Ha già gettato le tre schede di Nadia. «Ma volevo vedere ancora il suo nome, che compariva nel messaggio di accensione del cellulare». Allora l’ accende, inserisce la sua scheda. In quel momento riceve una chiamata da Sabrina, la sorella di Nadia. Lui risponde. E firma la sua condanna. C’ è un ultimo dettaglio, che mette i brividi. Sono le 16.06, sul cellulare di lei, appoggiato sul tavolo del salotto, arriva un messaggio sms. E’ la madre Angela: «Ciao come stai? Fatti sentire!!!». Toni lo legge. Ai suoi piedi c’ è Nadia, che ha appena smesso di respirare. (Marco Imarisio)

UNA COPPIA NORMALE L’ ASSASSINO A Torino da 7 mesi Toni Rizzo, 28 anni, è nato a Palermo. Dopo la scuola ha girato l’ Italia. Poi l’ estero. Due anni fa è tornato a Palermo, a lavorare come operatore cinematografico. In febbraio la decisione di trasferirsi a Torino, per amore di Nadia

LA VITTIMA Sognava le navi Nadia, vent’ anni, piccolina, i capelli scuri e corti, operaia. Ha sempre vissuto a Torino. Aveva la passione di Internet e sognava di lavorare su di una nave

LA STORIA Un amore via sms Nadia e Toni si erano conosciuti un anno e mezzo prima attraverso un sms, ma Toni non sopportava di starle lontano. Così a febbraio l’ ha raggiunta a Torino. Gli amici raccontano di una bella storia d’ amore

IL LAVORO Insieme in ditta E per lasciarla il meno possibile Toni aveva aiutato Nadia a entrare nella sua stessa ditta che confeziona guanti. Lavoravano allo stesso macchinario

IL COMPUTER L’ hobby delle chat Nadia attratta da Internet, ha cominciato a «chattare» con ragazzi di tutta Italia. Genova, Roma, Milano, ma anche altre città del Sud: e questo faceva impazzire Toni

LE LITI Gelosia ossessiva La ragazza dopo le vacanze estive era tornata a casa con l’ intenzione di lasciare Toni, troppo geloso, ossessivo, arrabbiato. E lui l’ ha uccisa

LA TELEFONATA La prima prova della colpevolezza di Antonio Rizzo è una telefonata, partita dal cellulare della vittima. Rintracciata dagli investigatori attraverso i tabulati telefonici, non può che essere stata fatta dall’ assassino: alle 16.22 infatti, secondo l’ autopsia Nadia era già stata uccisa. Il destinatario della telefonata era l’ agenzia di collocamento che aveva fornito lavoro a entrambi i fidanzati: il fatto mette Antonio al centro dei sospetti.

L’ AUTISTA Un altro elemento che ha portato gli investigatori a sospettare di Antonio è la testimonianza di un conducente dell’ autobus della linea 2. L’ autista ha affermato di avere visto e parlato con un giovane dalle sembianze dell’ indagato, verso le 17. Questa versione contrasta con quanto sempre sostenuto da Antonio, che afferma di essere salito sull’ autobus della linea 2, già alle 16. Il ragazzo avrebbe avuto quindi il tempo di uccidere la fidanzata e simulare il furto.

LA SCHEDA Antonio è stato tradito definitivamente da un momento di debolezza. Quattro ore dopo l’ omicidio infatti, ha inserito la scheda del suo telefonino in quello di Nadia, per poter rivedere il nome della fidanzata nel messaggio di accensione dell’ apparecchio. Ma rispondendo a una telefonata si è compromesso del tutto. E’ possibile infatti capire da quale telefonino si risponda a una chiamata e gli investigatori hanno scoperto che Antonio stava utilizzando quello di Nadia. Aveva negato di averlo visto.

IL MOVENTE Dopo essere stato indagato per omicidio colposo a piede libero, Antonio Rizzo è stato arrestato e al termine di un lungo interrogatorio, è crollato. Il movente che lo avrebbe spinto a uccidere la fidanzata è la gelosia. Secondo quanto confessato in sette pagine di verbale, Nadia si sarebbe innamorata di un altro uomo, conosciuto chattando su Internet. Tra le lacrime, Antonio ha dichiarato di aver perso il controllo e di averla uccisa.

 

Torino: il padre di Nadia Meneghini: l’hanno ammazzata di nuovo 
”Mi sento tradito. Mia figlia me l’hanno uccisa tre volte. La prima, quando e’ morta; la seconda quando il suo assassino s’e’ permesso di scriverci, alternando bugie e insulti, la terza oggi. Con questa vergognosa sentenza”. Lo dichiara, in un’intervista a ‘la Stampa’ di oggi, Nello Meneghini, il padre della ragazza uccisa dal findanzato il 31 agosto scorso. Toni Rizzo, che strangolo’ Nadia con un cordino da pacchi nel suo appartamento, ieri e’ stato condannato a 17 anni e 4 mesi di carcere.


Link