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Monica Marra, 33 anni, impiegata alle Poste, mamma. Accoltellata dall’ex marito mentre porta il bambino al nido

0007913rlMilano, 23 giugno 2009

Forse Monica poteva essere salvata. Ma è mancato il tempo per esaminare la pratica.

Massimo MerafinaMassimo Merafina, 45 anni. Le Poste da cui era dipendente hanno potuto licenziarlo.

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Nota di Redazione: Per ricordare Monica, IQD ha scelto l’unica immagine senza sangue tra quelle riportate dai media. Vi invitiamo però a visionare le foto  presenti sul Corriere della Sera per comprendere la cruda realtà del femminicidio.

Corriere della Sera

In via Cova angolo via don carlo San Martino, periferia est – Mamma uccisa a coltellate

dall’ex marito davanti al nido La donna è stata colpita quattro volte. Il bambino di due anni, che aveva in braccio, salvato da un’educatrice

Aveva ancora il suo piccolo in braccio, aggrappato al collo, quando è stata affrontata da suo marito davanti all’asilo comunale «Cova», nell’omonima via della periferia est di Milano, all’angolo con via Don Carlo San Martino. Un’educatrice l’ha salvato, quel bambino, strappandolo alle braccia della madre poco prima che l’uomo estraesse il coltello e si scagliasse contro di lei, fra il terrore delle altre mamme e dei bambini presenti.

È morta così Monica Marra, 33 anni, uccisa da Massimo Merafina, 45 anni, impiegato alle Poste, l’uomo che aveva sposato e dal quale da quattro mesi era separata. Tutto è iniziato poco prima delle nove di martedì, e si è concluso poche ore dopo con la morte della donna in ospedale, durante un disperato tentativo da parte dei medici, e l’arresto dell’uomo, fermato mentre cercava di salire su un tram, la camicia bianca sporca di sangue e la mente obnubilata dall’alcol.

IL BRACCIO FASCIATO – Sono le 8.50 quando Monica porta suo figlio all’ asilo. Arrivata davanti alla scuola materna, però, trova Massimo che l’aspetta, elegante nell’abito gessato, una camicia bianca, il braccio sinistro stranamente fasciato. Massimo affronta Monica, che tiene il piccolo in braccio. Iniziano a litigare. Il cellulare di Monica squilla, lei risponde e Massimo perde la testa: comincia a picchiare la donna. Schiaffi, calci. Le urla delle mamme fuori dall’asilo costringono le educatrici a uscire dall’asilo.

SALVATO DALLA MAESTRA – Una di loro comprende che la lite sta degenerando: corre, strappa il bimbo dalle braccia della madre e lo porta dentro il nido, mentre Massimo Merafina perde completamente il controllo. L’uomo estrae dalla fasciatura un coltello da cucina e vibra quattro fendenti. La lama tocca il cuore della donna che crolla a terra: lui infierisce ancora su di lei, mentre dall’asilo qualcuno chiede l’aiuto dei carabinieri e del 118. Massimo scappa, lasciando Monica a terra agonizzante. L’ambulanza la porta in pochi minuti all’ospedale San Raffaele, dove i medici tentano l’impossibile con un intervento chirurgico. Monica muore mentre Massimo scappa, liberandosi della fasciatura e del coltello.

LA BREVE FUGA – I carabinieri diramano la segnaletica: Massimo ha molti precedenti penali, ha un passato di tossicodipendenza e alcolismo e la sua foto è negli archivi. Qualcuno lo vede in un bar, mentre beve una birra. I carabinieri in moto lo avvistano più tardi seduto su una panchina, alla fermata del tram di viale Corsica. Si avvicinano, parcheggiano le moto. Merafina capisce che i militari sono lì per lui: cerca di saltare sul tram 27, ma l’autista comprende che sta succedendo qualcosa di brutto e non apre le porte. I carabinieri bloccano Merafina, lo identificano, lo arrestano. Non sa, Merafina, che intanto Monica è morta. Il bambino è stato temporaneamente affidato ai servizi sociali. Il pm di Milano Ester Nocera chiederà mercoledì la convalida del fermo; l’accusa è di omicidio. L’uomo non ha spiegato il motivo del gesto, probabilmente legato alle liti familiari, alla separazione e a problemi per l’affidamento del piccolo.

Corriere della Sera

Monica Marra aveva trovato una nuova casa e sperava nella legge sullo stalking – Mamma uccisa all’asilo dal marito – L’aveva denunciato più volte

L’uomo ha problemi di droga e alcol. Nel 2007 la moglie era stata ricoverata per le percosse

Si erano conosciuti al lavoro. Alle Poste, dove Monica Morra continuava ad essere impiegata. Mentre suo marito, Massimo Merafina, dal quale si stava separando, era stato licenziato perché drogato e alcolista. Tanto da dovere ricorrere alle cure del Sert. Un matrimonio tribolato, un figlio di due anni, e la voglia della donna di rifarsi una vita. Di stare da sola con il suo bambino.

Di allontanarsi da quell’uomo, grande e grosso, sempre ubriaco e pazzo di gelosia. Alla fine del 2007, Monica era stata ricoverata al Pron­to soccorso. Le aveva prese di santa ragione. Uscita dall’ospedale, si era decisa a cambiare casa. Per dire basta. Per non essere più tormentata. E per risparmiare al piccolo di assistere a scene violente.

Così, aveva lasciato l’abitazione di via Pascarella 35, nel popoloso quartiere di Quarto Oggiaro, e si era trovata un alloggio popolare in via Carlo Forlanini, a Città Studi, non lontano dall’asilo «Nido Cova», nell’omonima via, dove portava il bambino ogni mattina, prima di recarsi al lavoro. Una decisione che a Massimo Merafina non era andata giù. L’uomo la tormentava con messaggi telefonici e spesso andava sotto casa, minacciandola. Era convinto che lei avesse un amante. Ma, nello stesso tempo, voleva che tornasse con lui. La rivoleva accanto, insieme con il loro figlio.

Il 18 giugno Monica Morra era andata al commissariato «Lambrate» a denunciare il marito per stalking. Sapeva della nuova legge che era entrata in vigore a fine febbraio e ci contava. Aveva letto che, con la nuova normativa, uomini prepotenti e molesta­tori, finivano al fresco, a una media di due al giorno. Ma quando era rincasata, dopo la denuncia, Monica si era trovata il suo ex davanti al portone. Ancora a minacciarla. Ancora a farle scenate e ad inviarle messaggi pesanti sul telefonino. Allora, il giorno seguente, Monica si era recata di nuovo al commissariato a fare «un seguito della denuncia». E, il 20 giugno, gli atti erano stati trasmessi all’autorità giudiziaria che avrebbe dovuto prendere dei provvedimenti. Ma non hanno avuto il tempo. Prima che le manette scattassero ai polsi del marito «padre e padrone», la tragedia.

Quell’omone alto 1.90, con l’alito pesante di chi beve e la testa sempre fuori, voleva farla finita. Voleva punire quella donna che gli aveva disobbedito. Che lo aveva abbandonato e si era portata via il bambino. Una moglie che, nella sua mente annebbiata dai litri di birra che trangugiava, aveva un altro uomo, un amante. Infatti, ieri mattina, quando l’ha aspettata davanti al nido, prima di scagliarsi contro, colpendola con furia animalesca, le ha gridato: «Sei una p… Questo è quello che ti meriti».

Forse Monica poteva essere salvata. Ma è mancato il tempo per esaminare la pratica. Tre giorni soltanto da quando le denunce sono finite sul tavolo della magistra­tura. Lei era tranquilla: sapeva che la nuova legge sullo stalking non si limita a punire i delitti a sfondo sentimen­tale, passionale o sessuale. Ma persecuzioni, molestie, in­giurie, vengono perseguite a trecentossessanta gradi. Si tratti di aggressioni o di persecuzioni telefoniche, sms compresi. E Massimo Merafina, rientrava a pieno titolo in questa categoria. Con quella sua follia che gli attana­gliava la mente per motivi di gelosia e di cieca vendetta. Fino a ieri mattina, quando è degenerato in una buia tragedia.

di Michele Focarete