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Micaela Masella, 43 anni, direttrice relazioni esterne, mamma. Uccisa dallo scoppio del gas manomesso dal convivente. Nell’esplosione sono rimaste uccise altre 2 persone ed ustionate le due figlie della coppia (strage di via Brioschi a Milano)

Milano, 12 Giugno 2016


Titoli & Articoli

Micaela che viveva per la danza, il teatro e le sue due bambine (Corriere della Sera – 13 giugno 2016)
Il lavoro in teatro e la scelta di abitare col marito dopo la separazione. In ospedale. Il padre ricoverato vicino alle bambine. E la maggiore dice alla zia: «Sono già guarita»
Nell’appartamento scomparso c’è un disegno fatto dalle bimbe che, in una fotografia d’estate ancorata al pavimento da un calcinaccio, vengono abbracciate dal papà e che poi, in una letterina a Babbo Natale su un foglietto bianco a righe conservatosi immacolato, chiedono i «giochetti». A patto però di «meritarceli con lo studio».
Giuseppe Pellicanò era a terra, il corpo ricoperto senza distinzione dalle ustioni e dal sangue, quando l’assistente capo della polizia Davide Puliafito gli ha scostato la polvere dalla bocca, s’è avvicinato, ha chiesto chi altri c’era nella casa e lui, con un filo di voce, prima di svenire, ha fatto i nomi di moglie e figlie, e ha ripetuto: «Vi prego, vi prego trovatele». Per un solo istante nei minuti successivi il papà si è svegliato. Il poliziotto gli ha sussurrato: «Le abbiamo trovate, sono salve». Giuseppe, di nuovo, è svenuto. Senza sapere della morte della moglie. Non hanno voluto dirglielo. Non era il tempo e il luogo.
Dalla finestra di un condominio di fronte, in via Pezzotti, svegliati dall’esplosione poco prima delle nove, i residenti hanno visto l’interno dei cento metri quadrati comprati nel 2008 da Giuseppe e da Micaela. Non c’era più la parete esterna; e c’era una bimba, «completamente grigia dalla testa ai piedi, che correva e urlava», una corsa in salita e discesa, sul pavimento ondulato, sui blocchi di cemento precipitati.
Da un altro palazzo, in via Brioschi, hanno visto in cortile il cadavere di una donna, con una gamba ingessata, sopra un cumulo di macerie. Micaela Masella, pochi giorni fa, aveva avuto un incidente in motorino. L’esplosione l’ha scaraventata lontana da questa casa che, per colpa dell’impresa edile, ha sempre dato problemi. Infiltrazioni, qualcosa che di colpo smetteva di funzionare, manutenzione a rilento. Il fratello di Giuseppe, come ricorda all’uscita dall’ennesimo colloquio con i chirurghi, lo prendeva spesso in giro perché «avete comprato una bella fregatura». E viene facile, adesso, in quartiere, mentre le informazioni diventano nitide, parlare d’una famiglia già nata inseguita dalla sofferenza.
Eppure rimaneva una famiglia con alti e bassi, e con la capacità, da parte degli adulti, di non pensare unicamente a se stessi. Titolare di un’agenzia di pubblicità Giuseppe; impegnata nella danza Micaela, appassionata di quella disciplina che non considerava uno sport qualunque ma un’eccellenza, una nobilissima arte, un privilegio raro. Cortese e decisa, capace di teneri slanci d’affetto nei momenti impensati, al riguardo non voleva sentir parola, la danza non si doveva discutere.
Negli ultimi mesi aveva moltiplicato l’impegno al Carcano. Forse per pensare ad altro e non alle difficoltà col marito. Erano separati eppure, per il bene delle bimbe e soprattutto per difendere la più piccola, autistica, vivevano insieme.
Avevano avviato un percorso da un esperto, per farsi aiutare.
I genitori della donna, all’ospedale Niguarda, ammettono quasi come una colpa che il matrimonio fosse ormai alla fine e non ci fosse verso di tornare indietro. In ospedale sono ricoverate le bimbe, unitissime, dicono i parenti, come due gemelle. Nonostante i quattro anni di differenza. E del resto la maggiore, orgogliosa, ha sviluppato un forte senso di protezione, attenta a che nessuno prendesse in giro la sorellina o si permettesse di pensarlo. Ha ustioni sul venti per cento del corpo; la metà rispetto alla più piccola, con piaghe profonde su braccia e gambe. Sono gravi. E grave è il padre, inizialmente ricoverato in un altro ospedale, il San Paolo, e nel pomeriggio trasferito proprio al Niguarda. L’hanno fatto scendere dall’ambulanza con mille precauzioni: non aveva un centimetro non coperto dalle bende. La sua stanza è vicina a quelle delle bimbe. Dal letto, la maggiore, lo stesso forte carattere della mamma, ha detto allo zio: «Io sono già guarita».

La strage di Milano, retroscena choc. Micaela Masella a fine anno sposa con il nisseno Manganaro (il fatto Nisseno – 27 giugno 2016)
Era tutto pronto. Le nozze da celebrare a Caltanissetta, dopo quel matrimonio già naufragato seppur aveva regalato l’emozione di due bambine. Ma Micaela Masella, la quarantatreenne morta il 12 giugno dopo la tremenda esplosione del palazzo di via Broschi, a Milano, e madre delle bambine di 11 e 7 anni rimaste ustionate nello scoppio che ha causato anche la morte di due fidanzati marchigiani di 27 annui, Riccardo Maglinesi e Chiara Magnamassa, presto si sarebbe rifatta una nuova vita.
Perché dopo aver lasciato il marito Giuseppe Pellicano, l’uomo che adesso è accusato di aver fatto saltare in aria il palazzo dopo aver manomesso il tubo del gas, a dicembre avrebbe sposato Salvo Manganaro, un esperto di illuminotecnica artistica trasferitosi a Milano da anni dove attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico del teatro Carcano. Manganaro ha lasciato tanti amici a Caltanissetta, nonostante manchi da anni. Il suo nome è legato a diverse produzioni teatrali, al seguito del Teatro Stabile di Caltanissetta. Un commovente post scritto da Managaro su Facebbok sta suscitando la commozione di quanti sono rimasti colpiti dalla tragedia, che successivamente ha preso un altro tremendo retroscena. L’esplosione non è stata accidentale, ma voluta da Pellicanò attualmente ricoverato in ospedale così come le due bambine.

 

Palazzina esplosa, Milano in lutto per i funerali di Micaela Masella. La madre: “Rimpianta da tutti” (La Repubblica – 28 giugno 2016)
Una bara di legno chiaro e decine di rose rosa pallido. La chiesa Santi Apostoli e Nazaro Maggiore in Brolo di Milano è gremita di amici e parenti di Micaela Masella, la donna di 43 anni, morta nell’esplosione della palazzina di via Brioschi. Milano è in lutto, la bandiera di Palazzo Marino è a mezz’asta, mentre il sindaco con la fascia tricolore porta le condoglianze di tutta la città. “Tutti la rimpiangono. Pensiamo alle nostre nipoti che adesso stanno meglio”. Queste le uniche parole di Renata Masella Bestetti, madre di Micaela, e nonna delle bambine di 7 e di 11 anni che in quello scoppio sono rimaste ustionate.
Il feretro è in chiesa dove il padre, Aldo Masella, direttore del centro studi coreografici al teatro Carcano, e i colleghi di lavoro, insieme con gli studenti della scuola di danza si sono riuniti per dare l’ultimo saluto alla donna. Per molti, soprattutto per i giovani studenti del centro, “era una seconda mamma”. “Come sindaco, e come uomo – si legge nel messaggio di Sala – mi unisco al dolore di tutti i parenti di Chiara, Riccardo e Micaela. Sono vicino a coloro che sono rimasti feriti, in particolar modo la mia più sentita vicinanza va alle figlie di Micaela, che oggi più che mai, hanno bisogno dell’affetto di tutta la città”.
Nella terribile esplosione, che ha completamente sventrato un piano intero e danneggiato tutta la palazzina, sono morti anche i vicini di casa Masella: i due fidanzati 27enni, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, i cui funerali sono già stati celebrati pochi giorni la tragedia nelle Marche. Le figlie della 43enne morta sono ancora ricoverate nel centro grandi ustionati del Niguarda, insieme all’ex compagno della donna, Giuseppe Pellicanó. Gli investigatori lo hanno indagato per strage: il sospetto è che abbia provocato lui l’esplosione.
La donna stava “con un nuovo compagno da due anni –
spiega Elena Albano, docente di danza contemporanea e collega della vittima, poco prima di entrare in chiesa – stava cercando di allentare relazione con il suo ex senza danni per le bimbe. Lui aveva chiesto tempo e lei glielo stava dando. Stiamo attendendo delle conclusioni adesso”. In chiesa, il nuovo compagno della donna, con il quale sarebbe presto andata a convivere, Salvo Manganaro.
“Si è spenta una gioia, si è spezzata una vita travolgendoci tutti –
sono le parole del sacerdote per ricordare la direttrice delle relazioni esterne al teatro Carcano – qui, a due passi dal teatro, oso dire che questa non è la chiusura anticipata di un sipario che non si chiude mai sul palcoscenico straordinario di una vita vissuta. Quello che è accaduto non ha colpito solo Micaela e la sua famiglia, ma tutti noi che ci sentiamo inermi, colpiti nella nostra meravigliosa città, nella casa che vediamo come il luogo più sicuro e intimo”.
Lunghi applausi e tutti in piedi
per il sommesso saluto di Alessia Masella, che legge in chiesa una lettera di addio alla sorella. “Cara Micaela – esordisce davanti ai tanti che non sono voluti mancare alle esequie – questo è il momento dei saluti il mio, delle tue bambine, della mamma e del papà, dei cugini e zii e di tutti i tuoi estimatori. Ora tu sei in un posto dove non entrano altro che amore e pietà e non trovano spazio illazioni e dicerie. Dal prossimo settembre io, papà e i collaboratori saremo, come al solito, ai nostri posti. Le bambine stanno superando bene la tragedia. Dacci uno sguardo ogni tanto, ci contiamo. Noi saremo sempre al nostro posto”.

«Giuseppe era cupo, non rabbioso. Non abbiamo capito il pericolo» (Corriere della Sera – 31 luglio 2016)
Palazzo esploso in via Brioschi a Milano, parla il compagno della moglie di Pellicanò: «Micaela da quattro anni gli aveva detto che voleva separarsi, lui voleva tenerla con sé. La mia auto distrutta? Un segnale terribile, ma indecifrabile»
Tre morti, decine di sfollati: il disastro non si è potuto fermare, intuire? «C’erano stati, sì, episodi un po’ aggressivi ma sempre contro oggetti, mai contro le persone. Giuseppe era in cura da uno psicologo, eppure nessuno si è accorto del rischio».
«Lo vedevamo, era infastidito, contrariato. E a ripensarci oggi, con quello che è emerso dalle indagini, la devastazione vandalica alla mia auto appare come un avvertimento terribile. Ma non ne abbiamo capito la portata, non eravamo neppure certi fosse stato lui. Giuseppe ostentava depressione, era cupo più che rabbioso. Temevamo facesse del male a se stesso, non certo ad altri. Chi poteva immaginare il mostro nero che gli aveva inghiottito la testa e il cuore».
Non si dà pace Salvo Manganaro, direttore tecnico del teatro Carcano. Da due anni era il compagno di Micaela Masella, morta il 12 giugno nella terribile esplosione di via Brioschi e mamma delle bimbe ricoverate al reparto grandi ustionati del Niguarda, scampate al peggio per miracolo. Nella stanza a fianco, fino a venerdì, c’era anche il loro papà, Giuseppe Pellicanò. Poi è stato arrestato per strage e portato a San Vittore. Con l’accusa, ormai concreta, di aver manomesso i tubi del gas della cucina e fatto saltare in aria il palazzo con tutta la famiglia. Da tempo un sottile ricatto teneva agganciata Micaela all’appartamento di via Brioschi…
«Quattro anni fa ha iniziato a dire a Giuseppe che voleva separarsi. Lo implorava di cercare insieme una formula che garantisse il bene delle bimbe, in un nuovo equilibrio con i genitori. Ma più lei cercava di spiegare che in quella casa non poteva vivere, più lui la voleva a tutti i costi tenere dentro. Non la lasciava andare».
Era percepita come una sorta di violenza? «Ma come si può anche solo lontanamente chiamare amore un sentimento che vive per mantenere il dominio e il possesso, togliendo all’altro la facoltà di scegliere e la libertà?».
Cos’è stata, una vendetta? «Questa è una domanda che mi rimbomba ogni minuto in testa e non mi dà pace».
Non passa un giorno in cui lei non passi da Niguarda. «Ci sono le sue figlie. Linda, 11 anni, e Aurora, sette. La piccola è affetta da una lieve forma di autismo che impone delicatezze estreme: Michi non avrebbe mai affrontato nessun passaggio che non fosse concordato con Giuseppe nei dettagli. Era attentissima, il primo pensiero era sempre per le sue ragazze. Una mamma straordinaria».
In questa storia ci sono due «amori» contrapposti e molto diversi, per la stessa donna. «Sognavamo di diventare marito e moglie, un giorno, in Sicilia. Giuseppe non l’ha mai sposata, anche se lei l’ha desiderato a lungo. Ha sofferto moltissimo, per lui, le ha provate tutte. Poi è finita e non c’è più stato niente da fare».
Quando e dove vi siete incontrati? «La prima volta dieci anni fa al teatro Carcano, dove lavoravamo entrambi. Dal padre Aldo, scrittore e regista, Micaela aveva ereditato la passione indomita per il teatro. Dalla madre Renata, ex ballerina e direttrice didattica, quella per la danza. Nel tempo, pian piano, mi sono innamorato del suo mondo, di quel papà incredibile, della sua straordinaria mamma».
E Micaela? «La facevo ridere, e lei faceva ridere me: metteva il tacco 12, si portava le bacchette per suonare la batteria. E le piaceva da matti il vento, quando andavamo in motocicletta. Trovo rifugio nelle immagini che mi sono rimaste in testa, e non si tolgono più. Quando arrivavo al lavoro ed entravo dalla parte opposta del teatro lei, vedendomi da lontano, diventava rossissima… Un giorno non è più stato possibile resistere: ci siamo tolti le maschere, la scorza indurita da vite difficili. Iniziava un amore incredibile. Era il 2014».
Di recente come andavano le cose? «Giuseppe non aveva ancora accettato la fine della “sua” storia ma ultimamente aveva acconsentito a farsi curare da uno psicologo. E da sei mesi, con Micaela, seguiva un percorso di mediazione, per affrontare meglio la separazione. Lei mi chiedeva di sostenerla, voleva continuare ad aiutarlo. Con lui ha avuto fin troppa delicatezza, per amore verso le figlie».
All’inizio di maggio avevate preso in affitto un bilocale, giusto? «Sì, a cento metri da Aurora e Linda e dai nonni, sempre all’angolo con via Brioschi. Lì volevamo trasferirci, con mille cautele. Pareva che tutto si stesse sistemando. E invece».
La famiglia Masella è circondata dall’affetto di tantissimi amici. «Si stringono tutti intorno alle bimbe, che fisicamente migliorano ma si ritrovano senza la loro mamma e col papà in carcere».
E lei, come si sente? «Ho tolto i manifesti degli spettacoli, nella mia stanza al Carcano. L’ho tappezzata di fotografie ma assieme a lei, ne ho solo una. Non ho fatto in tempo a farne…».
Martedì scorso c’è stato il funerale, pieno di gente. Cosa le ha dato forza? «Il pensiero che io e Michi abbiamo un altro appuntamento. Resisto per rivederla un giorno, e iniziare la nostra vita insieme».

 

Il perito dei pm: «Micaela Masella evitò una strage ben peggiore» (Corriere della Sera – 9 settembre 2016)
I risultati della consulenza dell’ingegnere Colombo disposta dai magistrati che indagano sull’esplosione dello scorso giugno in cui persero la vita, oltre alla moglie del pubblicitario in carcere, i due giovani fidanzati vicini di casa
Quando Micaela Masella, la moglie di Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario in carcere per l’esplosione della palazzina di via Brioschi a Milano, ha chiuso la valvola dell’impianto della cucina, dopo essersi accorta della fuga di gas, con il suo «gesto» ha evitato «conseguenze anche peggiori». Se non l’avesse fatto, dopo lo scoppio sarebbe potuto divampare anche «un incendio» dalle conseguenze incalcolabili. Lo scrive l’ingegnere Livio Colombo nella consulenza tecnica disposta dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto e dal pm Elio Ramondini sulla strage dello scorso giugno nell’appartamento dove viveva con le figlie e la ex compagna, poi morta come altri due giovani vicini di casa.
«Un piano accuratamente studiato». Nella relazione tecnica viene anche messo in evidenza come Pellicanò nei giorni precedenti avrebbe fatto «un primo tentativo, poi rientrato, di provocare l’esplosione». Una «prima copiosa fuoriuscita di gas è avvenuta anche tra le 6 di giovedì (tre giorni prima dell’esplosione) e le ore 6 del venerdì, e una testimonianza riferisce che, nelle prime 10 ore circa di quell’intervallo di tempo, né la Masella, né le due figlie, erano in casa». Tra l’altro, il perito mette in luce come quel «tentativo» potrebbe anche «essere servito ad allentare una prima volta il raccordo del piano cottura, per poterlo poi successivamente manovrare con la sola forza delle mani, senza dovere più ricorrere all’utilizzo di utensili per compiere questa operazione in modo più silenzioso, in modo che nessuno sentisse» nel «cuore della notte». Per il perito, però, «la manovra che ha portato all’esplosione» è stata «accuratamente provata e preparata» ed è «impossibile pensare che chi l’abbia effettuata non ne prevedesse le possibili conseguenze».
«Un’enormità di gas»
Il perito ha calcolato che il tubo è stato svitato «verosimilmente attorno alle 2 di notte» e che la fuga di gas è durata quindi «circa 7 ore». Fino a che, verso le 9 del mattino, «qualcuno», con «ogni probabilità Micaela Masella», sentendo «l’odore di gas e avvedendosi di quello che stava succedendo, non si è precipitato, una volta individuato il punto di fuga, a chiudere l’adiacente rubinetto di intercettazione». Tuttavia, si legge ancora nella consulenza, «in un imprecisato istante, poco dopo, un qualche innesco, del quale non è possibile individuare la natura e la posizione, ha prodotto l’accensione della miscela esplosiva di gas e aria». In circa sette ore, in totale, «si sono riversati nell’ambiente circa 45 metri cubi di gas», quella che lo stesso perito definisce «un’enormità» di gas. E si sono poi verificate una serie di «esplosioni multiple» in una sorta di «effetto a catena».
La confessione a metà. Quella mattina del 12 giugno trovarono Pellicanò vivo e «avvolto da un materasso di un divano letto», scrive il consulente della procura nella relazione, riportando un’annotazione dei vigili del fuoco. Il pubblicitario, che non avrebbe accettato la separazione dalla moglie che stava andando a vivere con le due figlie di 7 e 11 anni (rimaste gravemente ustionate) insieme al nuovo compagno, ha già confessato di aver «svitato» il tubo del gas della cucina. Sebbene nel corso degli interrogatori abbia ripetuto di non aver «mai pensato di risolvere i nostri problemi uccidendo lei e le bambine». Attribuendo, in sostanza, la sua azione allo stato «euforico» causato dall’assunzione di psicofarmaci. 


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