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Cosima Granata, 49 anni, mamma. Uccisa dal marito con quattro colpi di pistola nell’aula di tribunale davanti al giudice del divorzio

Varese, 26 Settembre 2002

logo “La sua vita è stata un inferno e a spezzarla è stata una morte altrettanto orribile. Quell’ uomo, era un padre padrone: torture morali, abusi di ogni genere, umiliazioni: le controllava perfino il conto del panettiere. Lei voleva separarsi già nell’ 87 poi ha rinunciato per i due figli ancora piccoli. Due anni fa è scappata da Palermo, non ne poteva più, e si è rifugiata da noi, a Varese. Ma quando c’ erano le udienze per il divorzio la chiudevamo in casa: si temeva che il marito venisse qui e le facesse altro male” (Rosalina Granata, sorella di Cosima)


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L’omicida è un ex carabiniere di 62 anni, ora in pensione L’uomo ha estratto la pistola e ha sparato alla consorte davanti agli occhi del giudice. Arrestato e sottoposto a interrogatorio
VARESE – Un uomo, durante la causa di separazione davanti al giudice al Tribunale di Varese, ha estratto una pistola e ha sparato alla moglie, uccidendola. Sul posto si trovano ora carabinieri e polizia. L’uomo è stato arrestato immediatamente ed è sotto interrogatorio.
EX CARABINIERE – La vittima è Cosima Granata, 49 anni, l’omicida Rosolino Daiello, 62 anni, ex carabiniere, ora in pensione, originario di Palermo. L’omicidio è avvenuto pochi minuti prima di mezzogiorno, al primo piano, dove si trova il Tribunale civile, nella stanza d’udienza del giudice Fiorentino. Erano presenti anche i rispettivi legali della coppia, gli avvocati Marra e Cabri. Daiello ha improvvisamente tirato fuori una pistola e ha esploso quattro colpi, uccidendo la moglie dalla quale si stava separando.
«VOLEVA TORNARE CON LEI»– Mario, fratello, di Rosolino, prova a trovare una motivazione per il gesto dell’ex carabiniere: «Da quando la moglie aveva deciso di separarsi e andare via da Palermo non riusciva a darsi pace, continuava a ripetere che voleva tornare con lei, salvare il suo matrimonio. Invece l’ha chiuso nel peggiore dei modi». Anche Mario, come il fratello, è un ex carabiniere ora in pensione. Quello di Rosolino e Cosima era un rapporto coniugale tormentato: «Tra di noi c’è troppa incompatibilità di carattere»aveva confidato qualche volta la donna al cognato. Circa quattro anni fa la decisione di separarsi dal marito. Una scelta osteggiata in tutti i modi da Rosolino.
TONI ESASPERATI – Dalla Sicilia l’ex marito continuava a tempestare Cosima di telefonate: «Ti prego torna a casa, proviamo a ricostruire il nostro rapporto, salviamo il nostro matrimonio». Di fronte al netto rifiuto opposto dalla donna, l’ex carabiniere aveva risposto con una serie rappresaglie, a cominciare dalla mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento: «Ma i dissapori di natura economica – sostiene il fratello dell’ omicida – erano solo un pretesto per costringerla a ritornare».Rosolino D’ Aiello, invece, aveva ottenuto l’effetto opposto, e la causa di separazione era stata caricata da toni «esasperati», come ha confermato il giudice Gabriele Fiorentino, che stamane ha assistito impotente al delitto.

Donna uccisa in Tribunale, famiglia risarcita con 505 mila euro (Varese News – 21 ottobre 2011)
Il Ministero della Giustizia dovrà pagare 505 mila euro per mancati controlli al Tribunale: nel settembre 2002 D’Aiello uccise la moglie Rosaria Granata sparandole alla testa davanti al giudice
505 mila euro di risarcimento per la famiglia della donna uccisa all’interno del Tribunale di Varese nel 2002.
La decima sezione del Tribunale civile di Milano ha condannato il Ministero della Giustizia a pagare 505 mila euro per mancati controlli al Tribunale di Varese, dove nel settembre 2002, durante lo svolgimento di una causa di separazione, Rosario D’Aiello uccise a colpi di pistola la moglie Rosalia Granata davanti al giudice Gabriele Fiorentino. La sorella della vittima, Cosima, aveva citato in giudizio il Ministero lamentando la mancata tutela della sicurezza visto che lo sparatore era riuscito ad entrare in tribunale con una pistola in tasca. D’Aiello, ex carabiniere, è stato condannato a vent’anni di reclusione per l’omicidio della moglie. L’uomo era riuscito ad entrare in tribunale con una pistola nella giacca. Una volta davanti al giudice aveva estratto l’arma ed esploso quattro colpi colpendo la moglie alla testa. Per lei non c’era stato nulla da fare. L’omicida non aveva mai accettato la separazione dalla moglie. Tra i due era sorto un contrasto per gli assegni di mantenimento, che l’uomo non versava regolarmente. Secondo i parenti di lui si trattava di uno stratagemma per convincerla a tornare a casa. La vicenda aveva scatenato anche numerose polemiche sulla sicurezza di Palazzo di Giustizia. Quella mattina infatti l’uomo era riuscito ad arrivare in aula con un’arma. Nessun dispositivo di sicurezza aveva funzionato. Sempre in quei giorni era emerso che il metal detector non funzionava correttamente.

 


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