Valentina Paiuc, 49 anni, badante, mamma. Uccisa a martellate dal convivente
Massa Finalese (Modena), 4 Aprile 2014
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Massa Finalese: massacra la compagna a martellate, fugge e muore in autostrada (il Resto del Carlino -4 aprile 2014)
UN URLO disperato, di una donna che chiedeva aiuto. Rumori di oggetti che sbattono, trambusto. E dopo cinque minuti, il silenzio. In quei cinque minuti Valentina Paiuc, 49 anni, moldava residente a Massa Finalese, è morta sotto i colpi di un martello che le ha fracassato il cranio. I carabinieri hanno trovato il suo corpo riverso sul pavimento di casa nell’appartamento in via Einstein 2 a Massa dove abitava con il convivente Astrit Qejvani di 48 anni. Erano circa le 16 quando i militari della Compagnia di Carpi e di Finale sono entrati nell’appartamento, pare con le chiavi date dalla figlia che aveva allertato il 112 poiché la madre da ore non rispondeva alle sue telefonate. Valentina era sdraiata a terra in un lago di sangue.
I carabinieri hanno trovato sotto il suo corpo un martello, l’arma del delitto, e una sedia spaccata: gli unici oggetti fuori posto in una abitazione in ordine. Solo dopo alcune ricerche i carabinieri hanno scoperto che Astrit era l’uomo morto alla guida dell’auto che si è schiantata mercoledì sera contro un Tir sull’autostrada Serenissima a Soave di Verona. Era la Polo grigia di Valentina Paiuc. Per gli inquirenti l’uomo deceduto è il principale sospettato. Una vicina di casa, Marisa Tolari, ha sentito chiaramente i rumori di quello che è stato un omicidio. «Erano le 14.40 di mercoledì quando ho sentito rumori forti, mobili che sbattevano, e le urla disperate di una donna che chiedeva aiuto. Mi sono precipitata fuori per chiedere agli inquilini del piano di sopra se era accaduto qualcosa, non capivo da dove provenissero le urla». La donna sarebbe stata uccisa quindi durante una lite. «Poi più nulla. Ho pensato a una normale lite in famiglia». Solo quando la signora ieri pomeriggio ha visto i carabinieri, ha capito: «Dovevo chiamare il 112, ho ancora la pelle d’oca». Qejvani era emigrato in Italia nel gennaio 1997 e faceva l’operaio. Aveva lavorato a Bomporto e a Mirandola. La vittima faceva la badante a Finale, dove abita anche la figlia.
Delitto di Massa Finalese/ Il movente della tragedia: la depressione (Gazzetta di Modena – 5 aprile 2014)
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Da un po’ di tempo Astrit Qejvani aveva dato segni di instabilità. L’uomo, che ha ucciso la compagna nel loro appartamento di via Einstein a Massa, soffriva di una forma di depressione di cui si erano accorti anche i familiari. Valentina Paiuc – la vittima – aveva cercato più volte di convincerlo a chiedere aiuto per combattere quella malattia subdola, che offusca la mente e porta a compiere gesti inconsulti, che stavolta sono sfociati nell’omicidio e poi nel successivo suicidio.
Il 48enne, operaio di una coop che cura il verde pubblico in alcuni paesi della Bassa, da tempo era cupo, faticava a parlare in casa, soffriva, ma era certo di potersi risollevare senza l’aiuto di un medico. Eppure per Valentina, badante di 48 anni, in passato addetta alle pulizie all’ospedale di Mirandola e ora, dopo il loro ritorno da Pesaro, impegnata come badante presso un’anziana di Finale, quello non era più il suo Astrit. Aveva confessato le proprie preoccupazioni alla figlia Natalia e insieme avevano cercato un ultimo, disperato confronto per convincerlo a sottoporsi ad una terapia. Era accaduto sabato quando Natalia era arrivata a Massa ed insieme alla madre aveva provato a sensibilizzare l’uomo sui rimedi allo stato di depressione in cui era caduto. Ma ormai nella testa dell’assassino, originario dell’Albania, ma da anni residente in Italia, c’era spazio soltanto per i brutti pensieri.
«Più volte era arrivato a sostenere – spiega Alessio Roncati, finalese, marito di Natalia – che noi ce l’avessimo con lui e che fossimo impegnati ad escogitare una congiura per estrometterlo dalla nostra famiglia. Conosco i danni che provoca la depressione, so quali possono essere le conseguenze, non credevo saremmo arrivati a tanto, ma non nego che ero effettivamente preoccupato».
«Voi volete farmi morire da solo – aveva ripetuto diverse volte l’omicida – ma non finirà così, vedrete».
Frasi sconnesse, che avevano allertato i familiari. Alessio si stava insospettendo della degenerazione dell’uomo, anche sabato, prima dell’incontro, si era raccomandato con la moglie. Le aveva detto di misurare le parole, di usare tatto. Astrit non aveva reagito all’ennesima richiesta di farsi aiutare, ma mercoledì pomeriggio è andato in tilt e ha ucciso la compagna poi, sotto choc, è fuggito in auto e in un barlume di lucidità ha probabilmente pensato di farla finita, schiantandosi contro un camion fermo in una piazzola di sosta sull’autostrada.
Ora la salma di Valentina Paiuc è nel reparto di Medicina legale del Policlinico, per gli accertamenti di rito. Il feretro sarà quindi trasportato in Moldavia dove la 48enne potrà riposare in pace nella tomba di famiglia, accanto ai genitori.