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Teresa Lipari, 32 anni, mamma. Uccisa a colpi di pistola dal marito

Palermo, 5 Novembre 2007


Titoli & Articoli

‘Mia moglie mi tradisce’, e la uccide (La Repubblica, 6 novembre 2007)
Il sospetto di un tradimento, o qualcosa di più. Un sospetto o una terribile certezza finita in tragedia, con due colpi di pistola alla moglie e il tentativo di uccidere anche il cognato, forse suo amante. Vincenzo De Simone, portiere dello stabile di via Emerico Amari 32, rischia adesso una condanna non inferiore ai 21 anni di carcere per avere ucciso la moglie, Teresa Lipari, 32 anni, freddata con due colpi di pistola al petto e all’ addome.
Ancora un delitto passionale a Palermo, in pieno centro della città. De Simone, 39 anni, da 15 in servizio come portiere nello stabile di via Amari, al culmine dell’ ennesima lite ha aperto il fuoco contro la madre dei suoi tre figli, di 2, 4 e 14 anni, ieri mattina intorno a mezzogiorno. Proprio nell’ ammezzato datogli in dotazione come portiere dove viveva assieme alla sua famiglia.
Per uccidere Teresa, De Simone ha utilizzato una delle tante pistole detenute regolarmente per uso sportivo, una Beretta semiautomatica calibro 7,65 modello 82, con la quale si esercitava al poligono. Dopo aver sparato, in profondo stato di shock, De Simone ha subito abbandonato il palazzo, lasciando la moglie senza vita e in una pozza di sangue, all’ ingresso dell’ appartamento.
Il portiere uxoricida, ancora armato della Beretta, ha raggiunto il quartiere San Lorenzo in cerca del cognato traditore.
 è andato dritto in un negozio gestito dai parenti del marito della sorella, urlando e inveendo parole senza senso, ma con il colpo ancora in canna. Circondato e bloccato, De Simone è stato disarmato e consegnato alla polizia di San Lorenzo. Interrogato, ha subito confessato: «Ho fatto una fesseria». Adesso si trova rinchiuso nel carcere dell’ Ucciardone.
Davanti il portone d’ ingresso, sulle scale e nell’ androne del palazzo di via Amari, di fianco al bar Bristol, è un continuo viavai di poliziotti, agenti della Scientifica, inquilini. Molte delle persone che vivono ai piani alti del civico 32, uffici e appartamenti di privati dislocati su sette piani, sono sbalordite da tutta quella gente in divisa. Lo sono ancor di più quando scoprono il motivo della loro presenza. «De Simone è impazzito, ha ucciso la moglie», «Chi, il portiere?» sono le domande e le risposte, sempre le stesse, che si ripetono per tutta la giornata. Seduta su una sedia, in preda allo sconforto e con la faccia fra le mani, a pochissimi metri da dove è stato trovato il corpo di Teresa Lipari, c’ è la sorella di Vincenzo. Qualcuno degli abitanti del palazzo si commuove, anche, per quella tragedia consumatasi a due passi da casa loro. Perché Vincenzo e Teresa erano lì, a smistare il traffico in entrata e uscita, da ormai 15 anni.
«Lei era arrivata qui che aveva il pancione»,
 ricorda un uomo che abita nel palazzo. Dalla porta d’ ingresso, lasciata socchiusa mentre gli agenti della Scientifica raccolgono le impronte ed effettuano i rilievi, si intravede la foto di un bimbo vestito da Babbo Natale. E ancora un «acchiappasogni», un oggetto ornamentale appeso a una parete, tappeti, un divano. Quando in De Simone ha prevalso la gelosia sulla ragione e ha sparato, la coppia era sola in casa. I bimbi erano a scuola.
Tutti ricordano la famiglia De Simone come tranquilla. Vincenzo, in particolare, nato e cresciuto al Borgo Vecchio, è conosciuto come una persona modesta, attaccata al proprio lavoro, dalla costituzione esile e incapace di fare male a una mosca. Nessuno mai si sarebbe aspettato una tragedia del genere. Eppure da luglio, da quando le visite del cognato in casa De Simone erano diventate sempre più frequenti, Vincenzo aveva iniziato a covare dubbi sul suo rapporto, sulla relazione con Teresa, con la quale ormai litigava ogni giorno. Cattivi pensieri che rischiavano di diventare realtà e trovavano, secondo De Simone, ogni volta una piccola conferma negli sguardi di intesa che Teresa e il cognato si scambiavano. Secondo De Simone sarebbe nata fra le pareti domestiche la storia tra i due amanti, Teresa e il marito della sorella di Vincenzo. Che ad agosto, lo avevano portato a rivolgersi a un investigatore privato, assoldato con il compito di avere una risposta certa ai dubbi che lo attanagliavano. Voleva sapere a tutti i costi se può ancora fidarsi della moglie. Ogni speranza di salvare il matrimonio sarebbe crollata quando l’ investigatore privato, dopo diversi appostamenti, si dice certo dell’ adulterio e comunica al suo cliente la cruda verità. Ieri l’ epilogo della vicenda. (di Carla Incorvaia)

 

‘L’ ho uccisa perché l’ amavo’ (la Repubblica, 7 novembre 2007)
I vestiti nuovi e la maggiore cura del corpo. Le uscite sempre più frequenti. E poi il rifiuto netto e continuo alle proposte del marito, con il quale aveva interrotto ogni intimità. Da un mese Teresa Lipari, la donna di 32 anni uccisa lunedì mattina dal marito per il sospetto di una storia adulterina con il cognato, aveva abitudini estranee a un rapporto di coppia che durava da anni. E il marito, Vincenzo De Simone, si era affidato a un detective privato per trasformare i suoi sospetti in certezze.
Teresa, originaria del Borgo Vecchio, era giovane e bella. Aveva appena 16 anni quando ha conosciuto il marito e lo ha sposato. Lui, geloso e possessivo, temendo di perderla, non la lasciava da sola un attimo. Dopo il matrimonio, si erano trasferiti nell’ ammezzato al civico 32 di via Emerico Amari, nello stesso palazzo in cui Vincenzo faceva il portiere e lunedì ha sparato due colpi di pistola alla moglie, uccidendola. E se ieri gli agenti del commissariato San Lorenzo non fossero arrivati in tempo alla Tecnoclima di via Carbone, il negozio del cognato di De Simone, il portiere uxoricida avrebbe ancora una volta sparato, prima contro l’ amante della moglie e poi forse contro se stesso. è quello che Vincenzo De Simone, chiuso in isolamento nel carcere dell’ Ucciardone, ha raccontato agli investigatori. Fra singhiozzi e continue crisi di pianto. Disperato per la pazzia commessa. «Ho fatto una fesseria, non posso stare senza di lei. Ma io l’ amavo e lei mi ha tradito».
Lo ha ripetuto fino all’ inverosimile e per tutta la durata dell’ interrogatorio. Seduto a capo chino davanti gli agenti di San Lorenzo, De Simone ha continuato a invocare il nome della moglie uccisa. «Ha raccontato quanto accaduto negli ultimi trenta giorni, riferendosi più volte alla compagna chiamandola amore mio – spiega la dirigente del commissariato Rosi La Franca – quando lo abbiamo catturato, De Simone era in un evidente e profondo stato di shock. Se non fossimo arrivati in tempo, avrebbe ucciso ancora e poi si sarebbe tolto la vita».
Secondo il racconto fatto agli inquirenti, il portiere uxoricida avrebbe iniziato ad avere sospetti sulla fedeltà della moglie circa un mese fa. Con il tempo, ai dubbi si sono unite ansie e paure per i continui rifiuti: ogni volta che Vincenzo provava a farle una carezza, Teresa lo allontanava, fino al giorno in cui non hanno più avuto rapporti. La donna però non trascurava affatto l’ aspetto fisico, anzi. E così Vincenzo, una settimana fa, ha deciso di conoscere la verità, di dare un volto ai suoi sospetti, all’ uomo con il quale la moglie forse lo tradiva. Si rivolge a un detective privato. Sette giorni di appostamenti e pedinamenti, in cerca di prove che avrebbero potuto dare ragione o screditare del tutto le ipotesi di Vincenzo. Che intanto si logora, tenta di capire dove ha sbagliato. Fino a lunedì mattina. Secondo la ricostruzione degli investigatori, intorno alle 11,30 Teresa esce di casa e saluta il marito al lavoro. L’ uomo contatta l’ investigatore e gli chiede di seguire la moglie. Pochi minuti e ancora una telefonata, questa volta da parte del segugio che comunica al suo cliente il modello e il colore dell’ auto a bordo della quale Teresa è salita, assieme a un uomo che l’ ha aspettata dietro casa. Per De Simone è la conferma del tradimento. Poi la tragedia. (di Carla Incorvaia)


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