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Svetlana Balica, 44 anni. Uccisa dal marito che ha fatto sparire il corpo e si è suicidato

Cosio Valtellino (Sondrio), 2 Novembre 2017


Titoli & Articoli

Svetlana Balica: molestie oltre le liti. Nuovo capitolo del giallo (il Giorno – 2 gennaio 2018)
Un’amica avrebbe raccolto sue confidenze
«Il movente dell’omicidio-suicidio? Bisogna cercarlo in Moldavia, dove Nicola e Svetlana avevano una casa per cui litigavano spesso». «In Italia è successo qualcosa, si deve chiedere ai familiari di Nicola». Posizioni nettamente contrastanti quelle dei familiari di Nicola Pontiggia e dei parenti di Svetlana Balica.
E il giallo di Cosio Valtellino, in provincia di Sondrio, resta ancora senza risposte, mentre spunta l’ipotesi di molestie sul lavoro subite dalla donna: un’amica moldava avrebbe raccolto le sue confidenze su questo episodio. Sono trascorsi 59 giorni dalla morte del 55enne che, secondo gli inquirenti, si sarebbe tolto la vita inscenando un incidente sul lavoro dopo aver ucciso la moglie Svetlana, 44enne moldava, il cui corpo ancora non si trova. Il mistero ha inizio il 2 novembre scorso: il corpo senza vita di Nicola viene trovato sotto al suo camion nella ditta Castelli, dove lavorava da 27 anni. Un infortunio sul lavoro, si pensa, ma presto a questa tragedia si aggiunge la scomparsa della moglie, le cui tracce si perdono due giorni prima, il 30 ottobre. Solo il primo dicembre la Procura di Sondrio e i carabinieri del Comando provinciale svelano cosa è accaduto: Svetlana Balica è morta e ad ucciderla sarebbe stato il marito, Nicola Pontiggia.
A rivelare la verità il filmato di una telecamera installata nel magazzino dell’azienda, che mostra Nicola Pontiggia mentre trascina il corpo della donna al buio. Un corpo che, però, ancora non si trova. Un giallo intricato. A partire dal movente dell’omicidio suicidio, che non si trova. Ma ci sono diversi spunti per interpretare l’accaduto.
Il primo arriva dai familiari di Nicola, in particolare dalle figlie, che hanno raccontato agli inquirenti di litigi tra moglie e marito per una casa acquistata prima del matrimonio in Moldavia, che Nicola voleva vendere. Nel lontano Paese di origine di Svetlana, però, parlano di altro. «Nicola diceva di voler venire a vivere qui dopo la pensione, quindi la cosa non torna – racconta Ana Balica, sorella di Svetlana -. L’ultima volta che sono venuti mia sorella mi ha raccontato che il marito era cambiato in peggio negli ultimi mesiLitigavano per dei problemi familiari di Nicola, di cui lui non le aveva parlato». «Bisogna indagare in Italia – dice poi il fratello, Petru – chiedere ai parenti di Nicola». I familiari del 55enne, subito dopo la morte, avevano sostenuto che l’uomo si fosse ucciso dopo aver ucciso Svetlana. E c’è, infine, il sospetto di molestie sessuali sul lavoro che Svetlana avrebbe subito in Valtellina. Gli inquirenti ora aspettano di poter parlare con l’amica moldava, che avrebbe raccolto le confidenze della vittima.

 

Che fine ha fatto Svetlana Balica? L’incredibile giallo di Morbegno | Cronaca Vera (frontedelblog.it)

 

Svetlana Balica, in Valtellina un femminicidio senza cadavere. Mai ritrovata la donna uccisa dal marito (Corriere della Sera – 23 febbraio 2022)
Nel 2017, tra Cosio e Morbegno, Nicola Pontiggia strangolò la moglie per poi togliersi la vita inscenando un incidente sul lavoro. Un «delitto perfetto» secondo gli atti dell’inchiesta. Da oltre quattro anni un mistero in cerca di una soluzione
Da quattro anni Svetlana Balica non ha un funerale. Ha sì una tomba, ma nascosta. I suoi resti sono da qualche parte sotto i nostri piedi. Sono forse qui, nei dintorni di via Stelvio, sequenza di capannoni e già sede dell’impresa edile «Castelli» dove l’assassino, suo marito Nicola Pontiggia poi suicida alle 14.25 di giovedì 2 novembre 2017, aveva trascorso 27 anni da operaio adorato anche per la disponibilità extra-professionale: favori, passaggi, cambi di turno. O forse sono qui, vicino all’Adda in secca sulle cui rive quel 55enne sposo in seconde nozze, sfibrato nell’animo dai litigi con la sorella per l’eredità dei genitori, e nel corpo da una malattia conseguenza di un incidente sul lavoro e una trasfusione di sangue infetto, può aver seppellito la donna, emigrante e badante nata nel 1973 a Tescureni, povero villaggio moldavo.
«Sei entrata nel mio cuore e ci resterai per sempre» Inchiesta basata in prevalenza su ipotesi, non per negligenza dei magistrati e dei carabinieri di Sondrio quanto per l’abilità criminale di Pontiggia, padre e nonno, cercatore di funghi e camminatore sui sentieri montani, che mai nell’esistenza aveva incrociato strateghi del male né praticato azioni violente contro il prossimo, eppure capace di depistare, eludere e imbrogliare quanto un sicario.
Nessuna traccia isolata dai Ris nella villetta della stretta via Adda nel confinante paese di Cosio Valtellino; nella baita seconda casa a Bema, ottocento metri d’altezza e ruderi con originali annunci («Palazzo in vendita, il prezzo lo fai tu»); infine nessuna traccia sulla sua Seat Leon nera. A detta degli inquirenti, Pontiggia ha ammazzato Svetlana strangolandola, forse nel sonno, ha conservato e vegliato il corpo per non meno di 24 ore, dove non si sa, ha scavato una buca, ha atteso, e ha trasferito il cadavere coprendolo di terra e di calce per isolarlo dal mondo, costruire un sigillo al riparo da animali che con il saccheggio potessero — possano — rivelare il luogo. E ha, Pontiggia, concluso il delitto, premeditato, concretizzando il post-it scritto su un portafoto in camera, dietro un’immagine da bimbo: «Sei entrata nel mio cuore e ci resterai per sempre». Svetlana voleva lasciarlo, gliel’aveva già comunicato, e il marito non accettava lo scenario. Attingendo all’intera documentazione degli atti in procura, il Corriere può ora ricostruire le ultime ore di vittima e colpevole.
Le liti e la crisi della coppia A meno di sorprese, Svetlana Balica, che era appena rientrata in Italia (volo Chisinau-Orio al Serio del 27 ottobre), non avrà esequie. Poco cambia che il piano di Pontiggia sia stato per metà smascherato: possedeva alla vigilia la triplice intenzione di far passare l’infortunio mortale per donare alle figlie le polizze assicurative, convincere il paese d’esser caduto sul lavoro anziché per mano propria, e tenere sospesa l’assenza di Svetlana (magari scomparsa di sua iniziativa). Invece, almeno sul suicidio, Pontiggia non ha ingannato gli investigatori. Operaio del resto troppo esperto per finire investito sotto un camion, un Iveco targato CW695AN che aveva senza motivo appesantito con blocchi, e aveva parcheggiato in un preciso punto lontano dalle telecamere e posizionato in folle sull’unico tratto in discesa, così da sdraiarsi e venire travolto dall’asse delle ruote (il decesso era avvenuto per l’urto contro la testa); troppo anomalo quel suo essere in fabbrica in un giorno di festa, appunto il 2 novembre; mentre di contro, nella deposizione del 5 novembre in caserma, per nulla anomali erano stati gli immediati pensieri venuti a una delle figlie di Pontiggia che conosceva le discussioni, la crisi di coppia, il lancio di Svetlana della fede nuziale e dei gioielli ricevuti negli anniversari: ovvero l’ipotesi di un omicidio seguito da un suicidio.
Le ricerche con droni e robot. Hanno cercato Svetlana 150 persone fra poliziotti, alpini, carabinieri, finanzieri, volontari, con elicotteri e droni, con robot teleguidati nelle fogne, con esplorazione di dirupi e tubi da posare nel cantiere stradale della nuova statale 38, con scavi in aree industriali e nei perimetri dei cimiteri. Forse era Svetlana, anzi quel che ormai ne restava, alle 6.27 di quel 2 novembre, nelle immagini al buio «di non elevata qualità e risoluzione» di una telecamera della ditta, quando Pontiggia all’esterno «scaricava dall’auto un qualcosa di non meglio precisato». Pontiggia che subito dopo, a bordo della Fiat Punto della stessa impresa edile, «usciva dal cancello per rientrarvi 13 minuti più tardi». Scaricava dunque il cadavere e utilizzava quei 13 minuti per allontanarsi e occultarlo? Su quella Punto, ugualmente, i Ris non hanno recuperato tracce.
Nell’abitazione di Cosio Valtellino, all’interno di una cassaforte coperta da un finto rubinetto, c’erano 81 mila euro in contanti. Nell’area della ditta, in un sacchetto dei rifiuti c’erano oggetti di Svetlana: un anello, un beauty-case, bigodini, braccialetti, un pettine, orecchini, medicinali in italiano e cirillico. Di nuovo nell’abitazione c’era lo scontrino dell’acquisto di un pacchetto di biscotti «Cuor di Mela-Mulino bianco» acquistato all’Iperal di Morbegno, il 31 ottobre, forse l’ultimo giorno in vita di Svetlana. Di nuovo nell’area della ditta c’erano una sua valigia e il suo biglietto aereo.
La mattina del 2 novembre, prima di uccidersi, Pontiggia chiamò a ripetizione la moglie, a rotazione sui tre cellulari. Le telefonate confluirono nelle segreterie. Una tentata autodichiarazione di estraneità alla scomparsa. L’ennesima messinscena prima dell’atto finale ma, a distanza di quattro anni, ancora non definitivo: dov’è Svetlana?


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