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Stefania Formicola, 28 anni, collaboratrice in una struttura sanitaria , mamma. Uccisa dal marito con un colpo di pistola

San Marcellino (Napoli), 19 Ottobre 2016

 

 


Titoli & Articoli

Stefania, uccisa dal marito a 28 anni. La lettera: “Se mi dovesse succedere qualcosa…” (Il Messaggero – 20 ottobre 2016)
«Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e in caso di loro morte a mia sorella Fabiana»: firmato Stefania Formicola.
Già il 28 aprile del 2013 Stefania aveva paura di morire e con una lettera scritta su un foglio a quadretti chiedeva che la sua creatura fosse allevata dai genitori. Poi aveva avuto un altro bambino, ma l’ansia non era andata via, anzi aveva continuato a crescere fino a occupare interamente la sua vita: era spaventata Stefania e a terrorizzarla era il suo uomo. Quindici giorni fa non ne aveva potuto più ed era andata via, aveva lasciato il marito che la tormentava, la picchiava, la minacciava arrivando a puntarle una pistola in faccia. Ma la fuga non è bastata a salvarla da una morte annunciata.
Adesso nella casa di San Marcellino, i genitori, Adriana Esposito e Luigi Formicola, e una folla di parenti e di amici, piangono quella ragazza bella e ridente vittima di un amore malato. Le voci si alternano, ma episodio dopo episodio, raccontano la trama di un film già visto troppe volte: la storia di Stefania e Carmine somiglia in maniera dolorosa a quella di tanti altri amori smarriti. Amori che si guastano fino a dare la morte.
«Si erano conosciuti attraverso un sito internet – ricorda Adriana – poi avevano deciso di mettersi insieme e di sposarsi anche se lui aveva già una figlia da una prima compagna». Poco dopo il matrimonio era nato un bambino, ma presto le cose avevano cominciato a non andare bene: la gelosia di Carmine e la precarietà economica avevano trasformato la vita di Stefania in un calvario. Lui, che lavorava come stuccatore, aveva trovato solo lavoretti in nero. Allora era intervenuto il suocero che aveva aperto un bar per farci lavorare il genero, ma gli affari non erano mai decollati. E giorno dopo giorno i litigi in famiglia avevano continuato a ripetersi sempre più insistenti, sempre più feroci. «Carmine la picchiava, la maltrattava, poi si metteva in ginocchio e chiedeva perdono», racconta Adriana. Un copione visto tante, troppe volte. Lei subiva, piangeva, ma non denunciava. «Aveva paura, ma non si rivolgeva alle forze dell’ordine perché sapeva come sarebbe finita se lo avesse fatto», spiega Adriana.
Fino a quando, una quindicina di giorni fa, Stefania, che abitava in un appartamento nello stesso parco, si era presentata alla porta di mamma e papà: «Non lo voglio più – aveva detto – Carmine mi picchia e mi ha anche puntato una pistola in faccia». Il padre era andato a raccontare l’accaduto ai carabinieri di San Marcellino, ma senza formalizzare una denuncia. «Carmine, però, non si era arreso – racconta Adriana – e dopo qualche giorno aveva bussato alla nostra porta, si era inginocchiato e aveva chiesto scusa. Io gli avevo risposto di rivolgersi all’avvocato. Era mio dovere difendere mia figlia». Così i genitori della donna avevano chiamato i carabinieri che avevano allontanato il giovane.

 

Uccisa dal marito. Il rebus della telefonata al 118 (il Mattino – 21 ottobre 2016)
La telefonata al «118», quella durante la quale chiede aiuto e, nello stesso tempo, si consegna ai carabinieri è il nodo dell’inchiesta della procura di Napoli Nord, il punto di «luce» sul quale sia l’accusa che la difesa concentreranno i propri sforzi per definire la posizione di Carmine D’Aponte, il 33enne che è in carcere per avere ucciso la moglie, Stefania Formicola. Per la procura, quella telefonata è una sorta di «confessione»; per la difesa, la prova di un immediato «pentimento», di una presa di coscienza dopo un raptus dal quale non si può tornare indietro, un tentativo di salvare la vita alla madre dei suoi figli, dopo che le aveva sparato un colpo di pistola nella pancia. Risponde di omicidio premeditato e aggravato dai maltrattamenti: è in cella, a Poggioreale. I capi d’accusa che orbitano attorno all’omicidio e che determineranno, in fase processuale, l’entità della pena, si reggono sulla ricostruzione della vicenda da parte dei familiari di Stefania Formicola.
Una ricostruzione postuma di violenze che sarebbero andate avanti per anni ma che sono saltate fuori solo dopo la morte della giovane mamma. Dopo l’omicidio, i genitori della 28enne hanno parlato di maltrattamenti continui di D’Aponte sulla giovane moglie. Percosse, minacce: per questo, hanno detto i Formicola, Stefania l’aveva lasciato ed era tornata a casa della mamma. Ma in realtà non era andata lontano. Abitava nello stesso palazzo in cui si trova la casa coniugale dove, paradossalmente, continuava a vivere D’Aponte.
Ma di quelle minacce e dei maltrattamenti non c’è traccia: se D’Aponte ha veramente picchiato sua moglie, non solo lei non lo ha mai denunciato, ma neanche l’hanno fatto i suoi genitori. Eppure, stando a quanto hanno raccontato dopo la tragedia, sapevano che Stefania era vittima di maltrattamenti continui. È ciò che sostengono ed è ciò che ha fatto sì che la procura diretta da Francesco Greco contestasse al 33enne non solo l’omicidio premeditato, visto che l’uomo è salito in macchina con la moglie armato di una pistola, ma anche l’aggravante dei maltrattamenti. Dopo essere stato bloccato dai carabinieri di Giugliano diretti dal capitano Antonio De Lise, D’Aponte ha preferito tacere. Potrebbe parlare con il gip durante l’udienza di convalida e spiegare perché ha ucciso la moglie togliendo ai suoi bambini la possibilità di crescere con la loro mamma.


L’ultima lettera di Stefania: “prima ero forte e coraggiosa, invece ora sono fragile” (la Repubblica – 22 ottobre 2016)
La 28enne uccisa dal marito scrisse ai genitori: “Mi sento sottile come questi fogli. Solo voi mi siete accanto”
Quanto soffriva, quella bella ragazza che sorride nella foto stampata sulle magliette bianche indossate con orgoglio dalle amiche di sempre. “Ricordo che ero determinata, ambiziosa, testarda, coraggiosa e sicura di me. Giuravo a me stessa e a voi che mai nessuno mi avrebbe messo i bastoni fra le ruote perché avrei dovuto realizzare i nostri sogni. Prima ero una persona forte e coraggiosa, invece adesso sono fragile e sottile proprio come questi fogli”, scriveva Stefania Formicola in una lettera indirizzata alla madre e al padre.
I funerali di Stefania al rione Don Guanella: “Chi ti picchia non ti ama”
Si sono svolti al rione Don Guanella i funerali di Stefania Formicola, la donna uccisa dal marito a Sant’Antimo. In chiesa è stata letta una sua lettera ai genitori: “Vi adoro e per voi darei la vita ai genitori” Quattro pagine cariche di amarezza e di dolore, in cui ringrazia i genitori “perché oggi il mio cammino è difficile e le uniche persone che ho vicino siete voi che mi tenete ancora per mano proprio come quando ero piccola e così fate anche con mio figlio, non facendogli mancare nulla. Peccato che tutto questo, chi dovrebbe capirlo non lo fa. Vorrei gridare al mondo intero che bella famiglia siamo. Vi adoro e per voi darei la vita”.
Mentre Rossella, una cugina di Stefania, legge alcune righe della lettera Adriana e Luigi, i genitori di Stefania, seduti in prima fila nella chiesa del rione don Guanella, piangono. “Sempre nei nostri cuori”, è scritto sulle magliette dedicate alla ventottenne uccisa mercoledì a Sant’Antimo dal marito con un colpo di pistola. All’esterno della chiesa dove si celebrano i funerali, uno striscione con la vernice rossa invoca “giustizia per Stefania, ennesima vittima di femminicidio”, e ammonisce: “Chi ti picchia non ti ama”.
Quando sul pulpito salgono le cugine di Stefania, la folla si scioglie in un pianto carico di commozione e poi in un applauso: “La tua morte non è stata inutile, ti sei sacrificata per liberare la tua famiglia dalle grinfie di quel mostro. Sei la nostra vita”. Don Lillo Di Rosa, il parroco, sceglie un’omelia breve, ricordando che in questo quartiere Stefania “è nata ed è cresciuta, ha frequentato l’oratorio, qui ha cercato di intravedere il futuro, questo è stato il luogo dei suoi sogni che avrebbe realizzato da grande”.
Usa poche parole, il sacerdote, ma non rinuncia a rimarcare, con fermezza, la gravità di quanto accaduto e il significato di questa tragedia che va oltre il dolore di una famiglia: “La vita, sottolinea il parroco, “è un dono dell’amore di Dio, è un valore sacro e ineliminabile. Stefania ha vissuto la sua vita fino in fondo nell’amore anche se in maniera breve. Ciao Stefania – dice – dai tuoi familiari dai tuoi parenti dai tuoi amici, da questa comunità parrocchiale. Il tuo martirio dia a tutti noi una forza maggiore, un coraggio vero è un impegno concreto per evitare che si possano ripetere altre tragedie del genere. Ciao Stefania”.
All’uscita del feretro, la gente urla: “Giustizia per Stefania”. “Ci vuole l’ergastolo”. Fioccano insulti all’indirizzo di Carmine D’Aponte, il marito dal quale Stefania si stava separando dopo quattro anni di matrimonio “e d’inferno”, come hanno più volte ribadito in questi giorni i genitori e gli altri parenti più stretti. Raccontano le cugine che questo gruppo di ragazze, tutte unite da un legame di amicizia, prima che familiare, avevano scelto di restare in contatto su Facebook per scambiarsi consigli, fotografie, opinioni e ricordi. “Solo Stefania non c’era, perché quello, il marito, era talmente geloso che le aveva impedito di stare sui social”, dicono.
Il padre, Luigi, mostra una foto della figlia e grida: “È un’eroina, si è fatta uccidere per salvare la famiglia”. Quindi, rivolgendosi idealmente a D’Aponte, mamma Adriana dice: “Hai perso, perché non rivedrai più i tuoi figli”. E papà Luigi, gli occhi lucidi, ripete: “Le donne non si toccano”. I palloncini bianchi salgono in cielo. Quanto soffriva, quella bella ragazza che sorride nella foto.

 

 

Stefania, uccisa dal marito, video choc col bimbo. Il nonno: “Era solo un gioco” (il Gazzettino – 6 novembre 2016)
«In quel video scherziamo con il bambino, io gli dico di sparare al papà, lui dice di sparare a me»
. Parla Luigi Formicola, padre di Stefania, uccisa dal marito, Carmine D’Aponte, il mese scorso. Formicola è indagato in un procedimento connesso all’omicidio perché, prima di ammazzare Stefania, il muratore andò a denunciare il suocero raccontando che lo aveva minacciato e gli aveva sparato. Una querela di parte che avrebbe probabilmente giaciuto sulla scrivania del pm ancora a lungo se, intanto, la situazione non fosse precipitata nel modo peggiore, vale a dire con la morte di Stefania.
Da quel momento, è emerso uno scenario di maltrattamenti ai danni della giovane mamma da parte del marito, storie che però non sono mai state verbalizzate e che ora raccontano i suoi familiari. La procura di Napoli Nord a partire da domani interrogherà in merito una dozzina di persone, ritenute informate sui fatti. Vicini di casa e amici che verranno chiamati a parlare dei presunti maltrattamenti.
Luigi Formicola intanto è stato sottoposto a un lungo interrogatorio. Gli è stato chiesto di spiegare il contenuto di quel video choc che la difesa di D’Aponte, rappresentata dall’avvocato Antonio Verde, ha depositato in procura. Un video in cui, secondo l’uxoricida, si vede il figlio di sei anni puntargli contro la pistola del nonno e il nonno dire al piccolo «spara a papà». Lo stesso video che, invece, secondo la difesa di Formicola, «è solo un gioco in cui al bambino sia il nonno che il papà chiedono di mimare il gesto di “sparare”».
Luigi Formicola, il papà di Stefania, la giovane mamma ammazzata con un colpo di pistola tre settimane fa a Sant’Antimo, è accusato di minacce a carico del genero. La denuncia, sporta il 14 ottobre, una settimana prima del femminicidio, riguarda un episodio che si sarebbe verificato sei giorni prima. E, Formicola, ha raccontato cosa accadde quel pomeriggio, dopo che è stato lo stesso D’Aponte a dare notizia, prima nella denuncia sporta a carico del suocero, poi nei due interrogatori cui è stato sottoposto dopo l’arresto, dei rapporti tesi con la famiglia d’origine della moglie, causa, a suo dire, delle incomprensioni coniugali. Racconta una storia diversa, Formicola. «Quel pomeriggio – ha detto al pm – mia figlia ci chiamò perché Carmine stava spaccando tutto, quando entrammo in casa loro suo marito aveva un martello in mano e stava rompendo i mobili. Fino a quel momento, non sapevo cosa Stefania fosse costretta a subire, quindi rimasi sconvolto».
Formicola è stato ascoltato alla presenza del suo avvocato, Raffaele Chiummariello, dal pm Fabio Sozio. «Quando ho visto che oltre a dare addosso a mia figlia, inveiva anche nei confronti di mia moglie, le ho prese entrambe e siamo andati via». Poi andarono dai carabinieri, alla stazione di San Marcellino, ma non ci fu alcuna denuncia. «Andammo dall’avvocato per avviare le pratiche di separazione», ha riferito Formicola. Nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo di lì a qualche giorno.
D’Aponte, invece, passata una settimana andò a denunciare il suocero. Per questo ora Formicola risulta indagato nel procedimento connesso a quello dell’omicidio ed entrambi i fascicoli sono in capo allo stesso sostituto procuratore di Napoli Nord. La fase attuale dell’inchiesta è di vitale importanza per verificare la sussistenza dell’aggravante dei maltrattamenti senza la quale, l’uxoricida, può sperare in una condanna diversa dal massimo della pena.


Stefania Formicola uccisa dal suo ex, i figli dopo anni cambiano cognome: “Per i bimbi è finita” (Voce di Napoli – 13 gennaio 2021)
Fu uccisa dal suo ex compagno, Carmine D’Aponte il 19 ottobre del 2016 con un colpo di pistola. E’ morta così Stefania Formicola nel cuore della notte. Una trappola, una richiesta di chiarimento, un appuntamento a cui l’uomo si è presentato con una pistola. A più di quattro anni dalla sua morte, i figli di Stefania taglieranno il legame con il padre.
La prefettura di Caserta ha accettato il cambio di cognome per i figli di Stefania. A comunicarlo è stato suo padre con un post sui social: “Oggi la prefettura di Caserta, che io ringrazio, ha deliberato la richiesta di cambio cognome ai bimbi di mia figlia. Un grazie particolare va all avvocato Lino Longobardi che col suo meticoloso lavoro ha effettuato la pratica. Ora per i bimbi è finita, non sono costretti a sentire più quel cognome che gli arrecava solo danni e brutti ricordi”.
Stefania aveva subito violenze e vessazioni per anni, così decise di lasciare Carmine D’Aponte, con la speranza di tornare a vivere. Purtroppo non ha fatto in tempo, poiché il suo ex con l’inganno le ha dato un appuntamento e lì ha premuto il grilletto, uccidendola. Per l’uomo è stato confermato l’ergastolo.

 


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In memoria di

Femminicidio, presentato alla Camera il libro “Semplicemente Stefania” in ricordo di Stefania Formicola uccisa nel 2016 (Comunicare il sociale – 20 luglio 2022)
Nella narrazione dei femminicidi ci si sofferma sempre troppo poco sulla vita della vittima e ci si concentra morbosamente sul carnefice. Li ritengo due errori colossali che alimentano una cultura retrograda che è alla base delle enormi difficoltà che si riscontrano quotidianamente nel porre in essere azioni positive di prevenzione Per questo ritengo che una pubblicazione sulla storia di Stefania Formicola, vista da un’angolazione diversa da quella della mera cronaca, abbia grande valore non solo per la conoscenza dei fatti ma anche per una valutazione dell’accaduto più autentica. Una testimonianza che diventa monito e, al tempo stesso, un prezioso canovaccio per tutte coloro che dovessero trovarsi nella stessa situazione che ha portato alla morte di Stefania”. Queste le parole di Michela Rostan, Vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, nel corso della presentazione del libro “Semplicemente Stefania – La storia di Stefania Formicola vittima di femminicidio” che si è svolta presso la Sala stampa della Camera dei Deputati e che ha vissuto un momento particolarmente toccante con la testimonianza di Mario, figlio di Stefania di appena 10 anni, affidato ai nonni dopo la tragedia.
“Se vogliamo davvero onorare la memoria di Stefania e di tutte le altre vittime di femminicidio – ha proseguito la deputata di Forza Italia – iniziamo a non girarci dall’altra parte quando vediamo un’amica, una sorella, una compagna di lavoro, una vicina di casa, in evidente difficoltà. Tendiamo la mano a chi cerca aiuto in silenzio. E su questa traccia dovremo lavorare anche nelle istituzioni per mettere a segno due obiettivi fondamentali nella prevenzione dei femminicidi: l’indipendenza economica della vittima e un posto sicuro dove andare una volta che si è denunciato il proprio aguzzino. Al tempo stesso bisogna proseguire nella formazione del personale delle forze dell’ordine su come approcciare e come riconoscere le emergenze, senza sottovalutare nessun dettaglio”.
“Abbiamo voluto questo libro – ha dichiarato Adriana Esposito mamma di Stefania – per mandare un messaggio a tutte le donne vittime di violenza alle quali vogliamo far capire che non devono stare in silenzio ma devono trovare il coraggio di denunciare prima che sia troppo tardi” Presenti all’iniziativa anche gli avvocati Roberta Beolchi e Pier Paolo Damiano: “Stefania è stata l’ennesima vittima di femminicidio. Una storia agghiacciante che ci insegna come, dopo il dramma, ci sia la sofferenza di chi rimane tra mille difficoltà e ha il diritto di essere sostenuto dalla comunità”.