Sandra Pattio, 45 anni, animatrice in una casa per anziani, mamma. Marco, 9 anni. Thomas, 19 anni. Uccisi con una mazzetta da muratore e un coltello disossatore dal marito e padre
Sabbione (Reggio Emilia), 31 agosto 2009
Sandra era preoccupata: da quando Davide aveva perso il lavoro era troppo depresso. Così depresso che una notte ha sterminato la sua famiglia con un coltello disossatore e una mazzetta da muratore.
Davide Duò, 47 anni, cassaintegrato.Ora è guarito.
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Atti orribili, ma non odio Duò» Parla l’unica sopravvissita alla strage di Sabbione. Sta meglio l’80enne «Adriana» scampata un anno fa alla mattanza. Piange ricordando i «suoi bimbi» Thomas e Marco, ora vive dai parenti
Ha sterminato moglie e figli ora è guarito e va in cella | Un ulivo per la donna morta a Sabbione | Duò si è accanito contro il figlio Thomas | «Sono preoccupata, mio marito peggiora» | Disoccupato stermina la famiglia e tenta il suicidio
«Ha commesso una cosa orribile, ma non lo odio». E’ trascorso un anno dalla strage di Sabbione e, faticosamente, «Adriana» Guidetti sta recuperando energie e serenità, «protetta» dai parenti con cui ora vive, lontano da quella casa di via Cantù in cui, all’improvviso, il 31 agosto 2009 era piombata una ferocia inaudita.
La sartina 80enne di Sabbione ha «flash» confusi di quella terribile notte, ma dal giorno dell’interrogatorio in ospedale – a metà gennaio – sa che i «suoi bimbi» Thomas e Marco ma anche la cara Sandra sono stati sterminati e per mano del capofamiglia, Davide Duò. Era legatissima a tutti loro, li aveva accolti in casa quando era rimasta vedova, si sentiva protetta da quella bella famiglia, poi l’orrore di cui ricorda ben poco: lei a terra, il calore del sangue che l’avvolge.
Duò l’aveva picchiata e colpita al torace con un coltellaccio, ma l’anziana riuscirà a salvarsi dopo due delicati interventi chirurgici e dalla primavera scorsa ha lasciato l’ospedale per ricominciare a vivere. «Adriana» ha dentro di sé una tristezza infinita, piange pensando agli affetti perduti in quel modo orribile, ma il livore non fa parte di lei, non riesce ad odiare Davide, il pluriomicida che le ha sconvolto la vita.
Non ha, però, mai voluto rivedere la sua casa di Sabbione, ha bisogno di altro tempo per affrontare una prova simile. Intanto, pian piano, sta recuperando autonomia: le medicine e il conforto dei parenti che non la lasciano mai sola sono i punti-fermi di una rinascita che ha del miracoloso visto quello che le è accaduto: le coltellate al torace e le botte di quell’uomo che, in pieno delirio, voleva non solo la morte di «Adriana» ma di tutta la famiglia.
Nella sua nuova abitazione la strage è un argomento quasi tabù, una ferita ancora troppo fresca anche solo per parlarne fra parenti ed ovviamente «Adriana» non sa del rimorso che rode Duò e del suo recente tentativo di farla finita, con un’elevata dose di farmaci, all’interno del carcere milanese di Opera.
Quando l’anziana sartina venne interrogata dal pm Valentina Salvi capì – di colpo – che non era stato un incidente stradale a ridurla in quello stato, bensì l’inaudita violenza di una delle persone a cui era più legata. Pensieri cupi, da scacciare ogni giorno, per guardare avanti. Con l’aiuto dei suoi cari.
Orbassano piange Sandra e i due figli.
È UNA cittadina allibita e sgomenta Orbassano. Coinvolta suo malgrado in una delle vicende più cruente che le cronache ricordino, avvenuta a 286 chilometri di distanza, eppure adesso così vicina.
Ha radici qui, infatti, la strage di Sabbione, a Reggio Emilia, dove la domenica notte un uomo ha ucciso la moglie e i due figli Thomas e Marco, ferito un’ amica di famiglia, prima di tentare il suicidio. Luiè Davide Duò, 47 anni. Madre siciliana, padre camionista arrivato dalla Calabria, che aveva scelto di stabilirsi nel paesone cresciuto alle porte di Torino. Qui aveva conosciuto Sandra Pattio, di due anni più giovane, figlia di un muratore e di una casalinga venuti dal Veneto.
E a Orbassano si erano sposati, prima che il destino li portasse altrove. La mamma di Davide, infatti, rimasta vedova, si era risposata e trasferita in Emilia. E il figlio aveva deciso di seguirlo con la giovane consorte. Si erano trasferiti in una palazzina di proprietà di un’ amica di famiglia, un’ anziana signora – anche lei colpita nel massacro – che più che la padrona di casa pareva la nonna adottiva dei due bambini che la coppia aveva avuto: Marco, di 4 anni e Thomas, nato 19 anni fa, che dopo l’ istituto tecnico si era messo a lavorare in un’ officina meccanica.
Una famiglia che sembrava felice, nonostante il padre avesse perso prima il lavoro, poi il sussidio della cassa integrazione e per questo da qualche tempo soffrisse di crisi depressive.
Thomas era morto già nella notte di domenica mentre il piccolo Marco è spirato ieri sera alle 20.20, nel reparto di rianimazione dell’ ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, per arresto cardiorespiratorio. I genitori di Sandra ieri mattina, non appena ricevuta la notizia, hanno lasciato in fretta la casa in via Nazario Sauro, nel centro storico di Orbassano.
Un viaggio senza più speranze, verso quella figlia andata via tanti anni prima. Una donna che a Orbassano, tra conoscenti e vicini di casa, ricordano ancora come una ragazza, poco più che adolescente. Quasi tutti hanno sentito la notizia del massacro al telegiornale, ma nessuno immaginava che i protagonisti di quella tragica vicenda fossero gli stessi cresciuti in mezzoa loroe poi andati a vivere lontano, ormai più di vent’ anni fa.
Quelli che ogni tanto tornavano a Orbassano a salutare i parenti più stretti e pochi altri. «Erano una bella coppia, me li ricordo quando venivano a casa mia – racconta una vecchia zia – Che io sappia non c’ erano mai stati dei problemi grossi e comunque niente che potesse giustificare un gesto del genere. Mai avrei pensato che potesse finire così. Sono sconvolta».
di Federica Cravero