Rita Trettel, 49 anni, cameriera, mamma. Strangolata dal marito cui avevano dato i domiciliari per il primo tentativo di ucciderla
Trento, 9 Settembre 2002
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Cavalese: Cuoco evade e strozza la moglie (Forum Termometro Politico)
Omicidio a Cavalese: Paolo Pergher sfonda una finestra e uccide con una corda Rita Trettel. Preso mentre fugge. L’aveva già accoltellata ma era agli arresti nella stessa casa
A fine luglio aveva cercato di ucciderla a coltellate. Ieri l’ha ammazzata strangolandola con un cordino in camera da letto. I giudici di Bolzano, dopo due settimane di carcere, lo avevano posto agli arresti domiciliari: nella stessa villetta dove abitava la sua vittima, solo due piani di sotto. Ora in val di Fiemme è rivolta. La gente è indignata contro una giustizia che ha consentito – sono parole del sindaco di Mauro Gilmozzi – un omicidio non annunciato ma annunciatissimo.
«È stato – dice – come chiudere il gatto nella tana del topo». Anche i famigliari della donna uccisa accusano i giudici. E monta la voglia di giustizia sommaria per l’assassino: «Era un animale, dovrebbero torturarlo e poi impiccarlo». Un dramma sociale, dopo una tragedia umana che lascia orfane due figlie adulte e una bambina di 9 anni.
L’omicidio si è consumato ieri alle 15.30. Paolo Pergher, cuoco di 46 anni, è evaso dagli arresti domiciliari. È sceso di due piani nella villetta di Cavalese e dopo aver infranto una finestra è penetrato nell’appartamento della moglie, Rita Trettel di 49 anni, cameriera dell’hotel Dolomiti. La donna non ha avuto nemmeno il tempo di difendersi. È crollata sul pavimento, strozzata da un cordino. L’uomo poi è fuggito. Ha rubato l’auto della moglie e si è recato nell’ufficio dove lavora una delle figlie. Le ha detto: «Ho copà to mare». Poi se ne è andato. Un anonimo aveva già dato l’allarme. L’elicottero ha individuato il fuggitivo, che è stato fermato dai carabinieri a Castello di Fiemme. Paolo Pergher non ha opposto resistenza.
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CAVALESE. «Ho copà to mare». Sono da poco passate le 16 quando Paolo Pergher, 46 anni, raggiunge la figliastra Barbara nell’ufficio del commercialista presso il quale è impiegata: «Ho ammazzato tua madre», le dice freddo come il ghiaccio. E poi si allontana. Ai carabinieri, negli stessi minuti, arriva una telefonata anonima: «Correte in via Sighel 18, dai Pergher, una tragedia». I carabinieri si precipitano in “Casa Pergher”, una villetta a tre piani. Al piano terra trovano Rita Trettel, 49 anni compiuti il 2 agosto, in camera da letto, per terra, con una cordicella intorno al collo. Strangolata.
«Un delitto annunciato», dice il sindaco Gilmozzi, mormorano in paese, denunciano i fratelli della vittima. Sì, perché l’omicida Paolo Pergher, cuoco (ex gestore della pizzeria Enrosadira a Moena, poi chef in un albergo a Varena) mosso dalla gelosia aveva tentato di accoltellare la moglie Rita Trettel, cameriera all’Hotel Dolomiti di Cavalese, il 27 luglio scorso. Quel giorno l’uomo, al termine di un litigio, aveva estratto un coltello e ferito la moglie ad un braccio. Poi era fuggito con la sua potente Bmw 330, era uscito dal Trentino ed era arrivato in provincia di Bolzano, ma era stato intercettato ad Egna dai carabinieri allertati dalla denuncia della donna: aveva forzato il posto di blocco e si era schiantato contro altre vetture, finendo la sua corsa all’ospedale. Quindici giorni di carcere e poi, con l’aiuto dell’avvocato del foro di Bolzano Umberto Musto, era riuscito a ridimensionare l’accusa di tentato omicidio e aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Proprio lì, al secondo piano di Via Sighel 18, dove i gerani rossi sono appoggiati sul davanzale della casa color mattoncino con i balconi verdi. Al primo piano, che dà direttamente sulla strada, abita la madre di lui Maria Comerlati, una donnetta minuta con i capelli raccolti in una crocchia, insieme all’altro figlio Maurizio Pergher. E al piano terra vive Rita Trettel con la figlioletta: nonostante il marito avesse tentato di ucciderla aveva scelto di continuare a vivere sotto lo stesso tetto, sia pur in due appartamenti diversi: «Lo faccio per la poppa», aveva confidato alle sorelle. I due avevano una figlia, Denise, nove anni il prossimo dicembre. La donna era al suo secondo matrimonio: dal precedente (con il panetteriere Rino Brigadoi) aveva avuto due figlie Barbara e Silvia. Rita Trettel e Paolo Pergher si erano sposati nel 1994, ma non erano state rose e fiori. Un amore offuscato dalla gelosia di lui, rapporti difficili. E ieri, dopo il tentativo di omicidio di fine luglio, la situazione è precipitata. Paolo Pergher è uscito dal suo appartamento violando gli arresti domiciliari. È sceso i tre scalini che portano al piano terra, passando davanti all’orto e all’entrata di sua moglie: ha girato intorno all’abitazione ed è entrato da una porta posteriore che conduce ad una piccola falegnameria. Dall’interno del locale è possibile accedere all’appartamento: c’è la finestra del bagno che Perghel rompe. L’uomo, da una prima ricostruzione, si è infilato attraverso la finestra ed è entrato nella stanza. Da lì si è poi diretto nella camera matrimoniale, in attesa della moglie. Rita Trettel non si è fatta attendere molto. Non ci sono segni di colluttazione: la donna è stata strangolata con una cordicella ed è caduta a terra, ai piedi del letto. Nessun testimone ha assistito alla scena.
Paolo Pergher è uscito di casa, ha messo in moto l’auto della moglie (una Y10 blu) e si è recato in ufficio dalla figliastra Barbara: «Ho ucciso tua madre», le ha detto. Nel frattempo arrivava una telefonata ai carabinieri che denunciava l’avvistamento dell’uomo fuori casa. Ed è subito scattata la caccia all’uomo con posti di blocco in tutta la Valle di Fiemme. Poco dopo, anche con l’ausilio di un elicottero, l’auto del fuggiasco è stata avvistata a Molina di Fiemme, pochi chilometri a sud di Cavalese. L’uomo, fermato, non ha opposto resistenza: arrestato è stato portato in caserma a Cavalese e sottoposto ad interrogatorio da parte del magistrato Alessandra Liverani.
In casa Pergher, intanto, il cadavere della donna era stato scoperto. E giungevano i famigliari della vittima (Rita Trettel era la sesta di quattro fratelli e tre sorelle). Teresa ha le mani che tremano: «Quell’uomo è un animale – dice – dovrebbe essere torturato e poi impiccato per il male che ha fatto a mia sorella». Mentre il fratello Roberto punta il dito verso il magistrato: «Come hanno potuto permettere che quell’assassino vivesse sopra l’appartamento di mia sorella? Qualcuno dovrà spiegarmelo, non è giusto: questo è un delitto annunciato». (di Roberta Bassan)
Tragedia della gelosia Cuoco uccide la moglie (la Repubblica – 9 settembre 2002)
L’uomo aveva già tentato di accoltellarla un mese fa. Agli arresti domiciliari, evade, e ha di nuovo aggredito la donna
La gelosia era il suo tarlo. Un’ossessione che già l’aveva spinto nel baratro della violenza. Solo un mese e mezzo fa aveva tentato di uccidere la moglie. Non ci era riuscito ed era stato arrestato. Ma la follia l’aveva ormai conquistato. E oggi, evadendo dagli arresti domiciliari, ha raggiunto la donna e l’ha strangolata. Poi è¨ fuggito ma i carabinieri l’hanno preso mentre si allontanava. Paolo Pergher, cuoco di 46 anni di Cavalese nel Trentino, ha ucciso così sua moglie, Rita Trettel, 48 anni, madre di una bambina di nove anni. Il dramma è avvenuto nella casa della donna, in via Sorelle Sighel a Cavalese.
A molti, nella cittadina, è¨ tornato alla memoria il 27 luglio di quest’anno. Quel giorno l’uomo, al termine di un litigio, aveva estratto un coltello e aveva colpito la moglie, ferendola ad un braccio. Poi era scappato a bordo della sua auto. Ma la fuga era durata poco e i carabinieri lo avevano intercettato poco dopo. Il cuoco aveva tentato, senza successo, di forzare il posto di blocco. Poi, era arrivato il momento del processo. L’avvocato del cuoco era riuscito a ridimensionare l’accusa di tentato omicidio in quella meno grave di lesioni e Paolo Pergher aveva fatto solo 15 giorni di cella e poi aveva ottenuto gli arresti domiciliari. L’uomo poteva spostarsi a Cavalese, nell’appartamento dove abita la madre e un fratello. Un appartamento che si trova nella stessa via dove abitava la moglie.
A Cavalese oggi regna lo stupore e l’orrore. Il sindaco si dice “sconcertato” del fatto che gli arresti domiciliari siano stati concessi in una casa così vicina a quella di una donna che già aveva rischiato di essere uccisa e afferma che “certamente qualcosa non ha funzionato”. Interrogativi che si pongono in molti a Cavalese, chiedendosi se quella tragedia potesse essere evitata.
Corriere della Sera -11 settembre 2002