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Daniele Antognoni, 38 anni, commerciante, padre. Uccide a colpi di arma da fuoco la moglie e il figlio di 5 anni, poi si suicida

Numana (Ancona), 9 Dicembre 2014


Titoli & Articoli

Spara per uccidere la moglie e il figlio di 5 anni, infine si toglie la vita (la Repubblica – 9 dicembre 2014)
Li ha uccisi entrambi con la pistola per cui aveva un regolare porto d’armi
. Daniele Antognoni aveva 38 anni e faceva l’operaio. Questa mattina è andato nella palazzina di via Urbino dove vivevano Paula Corduneanu, la ex moglie romena, una ragazza di 28 anni, e il figlio di 5 anni e ha sparato diversi colpi. La prima a morire è stata lei, subito dopo è stato colpito il bambino, infine l’uomo si è suicidato puntandosi l’arma contro.
Sul posto sono arrivati i carabinieri di Osimo che la donna aveva chiamato poco prima di mezzogiorno riferendo che l’ex marito voleva entrare con la forza nell’abitazione e che temeva per la propria incolumità. I carabinieri le hanno detto di non aprire la porta, di barricarsi e aspettare il loro arrivo, ma quando sono giunti sul posto l’operaio era già riuscito ad entrare. Inutile anche l’intervento dei sanitari del 118, una volta nell’appartamento per i tre non c’era più nulla da fare.
Antognoni, che in questo periodo era ospite di alcuni parenti, l’aveva chiamata al telefono poco dopo le 11 per dirle che voleva parlare con lei della separazione e che stava andando nella casa di via Urbino. Dal suo profilo Facebook risulta la sua passione di armi e per il DuceLe numerose foto riguardano pistole, fucili, il certificato di idoneità al maneggio delle armi da parte dell’Unione Italiana Tiro a segno.
Alcuni post oggi sembrano impressionanti, su uno c’è scritto: “Non per vantarmi ma anche oggi non ho ucciso nessuno”. Come il commento alla foto di una pistola scattata in un’armeria: “Pistola, non so quando ma sarai mia”. Ma in molte immagini compare anche il figlio, i post si rincorrono, la pagina Facebook è aggiornata, fino alla scritta del 26 novembre, sotto una foto recente che lo ritrae col piccolo: “I bambini sono l’unica cosa che conta. Il resto è solo un qualcosa che non sai se rimarrà o no. Loro invece rimarranno per sempre”.

 

Spara a moglie e figlio e si suicida. La donna aveva chiamato i carabinieri (Corriere della Sera – 9 dicembre 2014)
Un operaio di 38 anni, Daniele Antonioni, ha ucciso, con un colpo di pistola, la moglie romena ventottenne Paula Corduneanu da cui si stava separando e il figlioletto Christian di 5 anni, poi si è suicidato. La tragedia è avvenuta intorno a mezzogiorno a Numana (Ancona). Tutti e tre sono morti. Quella messa in atto da Antonioni , sicuramente in un raptus di follia, è stata una vera e propria esecuzione: l’umo ha sparato almeno 7-8 colpi, che hanno centrato più volte la moglie e il figlio, trovati a terra vicino all’ingresso di casa. L’uomo ha riservato per sé l’ultimo colpo, uno solo, alla testa.
Quella telefonata ai carabinieri
La donna, Paula Corduneanu, poco prima che si compisse la strage aveva chiamato il 112 dicendo che l’ex la stava raggiungendo a casa e che lei aveva paura. Daniele Antognoni, che in questo periodo era ospite di alcuni parenti, l’aveva chiamata al telefono poco dopo le 11 per dirle che voleva parlare con lei e che stava andando nella casa di via Urbino in cui la coppia aveva abitato insieme. Non si sa ancora che cosa abbia fatto scattare nella donna un campanello d’allarme, e se Antognoni l’abbia minacciata. Sta di fatto che Paula ha chiamato il 112 e i carabinieri di Osimo sono subito andati a Marcelli. Erano le 11:30 e la tragedia si era già consumata.

Lo sfogo su Facebook
Scavando nella vita di Antonioni, gli inquirenti hanno setacciato anche la sua attività sui social network. Solo il 24 novembre scorso in un post su Facebook l’uomo scriveva: «Il bambino è l’unica cosa che mi è rimasta. I figli sono l’unica cosa che conta, il resto è solo qualcosa che non sai se rimarrà o no. Loro invece rimarranno per sempre».
Antognoni ha sparato con una Beretta cal. 9×21, regolarmente detenuta, come altre armi che usava per il tiro a segno. Il corpo della donna è stato trovato accanto all’ingresso, quello del bimbo poco dietro di lei e vicino il cadavere di Antonioni. I tre corpi in pratica si toccavano. Paula aveva avvisato i carabinieri dell’arrivo del marito, dicendo di aver paura e i militari le avevano consigliato di non aprire. Non si sa che cosa abbia spinto la giovane a farlo entrare, forse si sentiva sicura perché sapeva che l’ex non avrebbe mai fatto del male al piccolo. I due erano ai ferri corti da settembre, quando probabilmente avevano deciso di separarsi e lui era andato ad abitare da alcuni parenti. Ma non erano emersi conflitti tali da far pensare a un’imminente tragedia. Sempre su Facebook, l’1 gennaio scorso, Antonioni scriveva: «Io il regalo più bello ce l’ho da otto anni e mezzo, anche perché mi ha regalato mio figlio, la cosa più importante della mia vita, con rispetto per gli altri». Dai contatti più recenti con gli amici emerge però la disperazione per la fine del rapporto.

Numana, stermina la famiglia. Su facebook con pistola e fucili (Corriere Adriatico – 10 dicembre 2014)
«Il bambino è l’unica cosa che mi è rimasta. I figli sono l’unica cosa che conta», scriveva si Facebook solo 2 settimane fa.
Ma neanche l’amore per il figlioletto Christian, 5 anni, ha fermato Daniele Antognoni, 38enne di Numana che ieri mattina in un raptus di follia non ha esitato a fare fuoco più volte contro il bimbo dopo aver colpito a morte con più proiettili al torace la moglie, Paula Corduneanu, romena di 29 anni da cui si stava separando.
Poi ha puntato l’arma, una Beretta cal. 9×21, regolarmente detenuta, su di sè, sparandosi un colpo alla testa.
Teatro della tragedia il pianterreno di una villetta in via Urbino, frazione di Marcelli, dove la famiglia aveva convissuto fino a settembre scorso. Una manciata di minuti prima di essere uccisa, alle 11.15, Paula aveva allertato il 112. Daniele l’aveva chiamata dicendo che voleva vedere il figlio. «Mio marito sta arrivando qui e, conoscendolo, sapendo che ha delle armi, ho paura che faccia del male al bambino», aveva detto la donna ai militari che le avevano consigliato di non aprire la porta. Ma forse la giovane si è lasciata convincere dall’ex e l’ha fatto entrare. Quando i carabinieri sono arrivati, verso le 11.30, si sono trovati di fronte a un massacro consumato appena qualche istante prima: Paula a terra agonizzante, il bimbo e l’omicida accanto a lei. Il cane, un pitbull, chiuso in un’altra stanza che abbaiava furiosamente.
Antognoni aveva forse premeditato il delitto, perché ha portato con sè la pistola e probabilmente ha sparato appena entrato, esplodendo almeno 5-6 colpi. Aveva il pallino delle armi, che le deteneva soprattutto per uso sportivo, il tiro a segno, e sul social network si metteva posa con la pistola. Su Facebook aveva scritto post come questo, che suonano sinistri: «Non per vantarmi ma anche oggi non ho ucciso nessuno».
Tra conoscenti e vicini, però, nessuno poteva immaginare che potesse arrivare a tanto: «Era una famiglia normale – dice una vicina di casa -. A volte lei lavorava in negozio, la vedevamo con il bambino. Ultimamente c’erano dei problemi tra marito e moglie». In via Urbino, è arrivata in lacrime la sorella di Paula, insieme a due fratelli: incredula per l’accaduto, ha accennato al fatto che la coppia aveva consultato anche uno psicologo. Il Pm Marco Pucilli, durante un sopralluogo con i carabinieri guidati dal cap. Raffaele Conforti e i tecnici della Scientifica, ha disposto l’autopsia che verrà eseguita dal medico legale Mauro Pesaresi.
Non erano stati denunciati contrasti nella coppia, ha confermato il generale Marco Mochi, comandante Legione Carabinieri Marche giunto sul posto: «Era un famiglia normale – ha commentato amaro -. Forse è mancato un contesto di rete famigliare».

 

La strage di Marcelli, il papà – rambo che amava le armi: “Pistola, tra poco sarai mia” (Quotidiano Nazionale – 10 dicembre 2014)
Daniele Antognoni, da negoziante a operaio alla Coal
Marcelli, lo shock è totale. Non ci sono parole per descriverlo. Soprattutto, nessuno sa spiegarsi come un ragazzo definito d’oro, Daniele Antognoni, 39 anni, di una famiglia storica di Numana, figlio del mitico Ermanno, tutto casa e lavoro, possa aver combinato il fatto di sangue così atroce. Il lavoro era quello stagionale-estivo del negozio di abbigliamento in via Litoranea, 135, nel pieno centro di Marcelli, dieci metri a sud dell’edicola Bacchiocchi-Severini. Un lavoro che portava avanti con sua moglie, la bellissima ventottenne rumena, Paula. Poi la ricerca di un impiego tutto suo che Daniele aveva trovato alla Cooperativa Alimentaristi di Camerano. Dunque, stabilità in arrivo, una bella famigliola, un figlio, Christian, d’oro anche lui, il gioiellino della casa. Cosa poteva desiderare di più, Daniele?
Invece, pare proprio che qualcosa o qualcuno abbia messo a dura prova il suo equilibrio psicologico. E Daniele, da un mesetto (da tanto si era cominciata a ipotizzare una separazione da sua moglie) non era più lo stesso. Sicchè, lui, appassionato da sempre di armi, è uscito dalla casa dei suoi genitori, a Marcelli ed è corso con la sua Beretta (regolarmente denunciata) nella casa di Poggio del Sole. Una pistola che Daniele amava «alla follia» .
Daniele Antognoni si era fatto conoscere anche durante la recente campagna elettorale per le Amministrative a Numana.
Si era candidato con la lista di Pino Misiti, il quale ci ha detto: «Me lo hanno segnalato e l’ho inserito in lista. Posso dire solo che era bravo e per le elezioni si era impegnato tantissimo». Lorenzo Belevederesi è un giovane numanese che era candidato nella lista «Numana, Cambiare per crescere», che alle ultime elezioni comunali era capeggiata da Giuseppe Misiti. Ha conosciuto abbastanza bene Daniele Antognoni.
Di lui dice: «Era un ragazzo a posto. Onesto, diretto nei suoi giudizi e quando si prendeva un impegno era corretto e lo portava avanti. Così è stato durante le elezioni». Eugenio Severini è l’edicolanteche si trova a dieci metri di distanza dagli Antognoni, a Marcelli. Di Daniele, che conosceva molto bene, dice: «Era un ragazzo calmo, non ho mai saputo avesse dei problemi. So però, come sapevano tutti, che era innamoratissimo di sua moglie».


I tormenti del killer prima della strage. Oggi i funerali di Daniele Antognoni (Corriere Adriatico – 13 dicembre 2014)
Funerali separati
per Daniele Antognoni, 38 anni, sua moglie Paula Corduneanu, 28, e il figlioletto Christian di 5, uccisi a colpi di pistola prima di togliersi la vita. Una decisione quasi inevitabile, maturata dalle due famiglie dopo l’immane tragedia di martedì scorso. L’ultimo saluto al magazziniere precario del deposito Coal di Camerano, titolare assieme alla compagna del negozio di abbigliamento “La Rosa Blu” a Marcelli, è oggi alle 14.30 nella chiesa del Ss. Crocifisso a Numana. Il sindaco Gianluigi Tombolini sarà presente in segno di cordoglio verso i genitori Ermanno e Beatrice.
Ieri, invece, la visita del primo cittadino ai parenti di Paula a Castelfidardo. La salma della donna e del piccolo Christian sono state esposte fino alle 18 nella cappellina di Torrette. Esclusa l’ipotesi iniziale di una cerimonia in Italia per gli amici.
“Purtroppo il dolore è troppo forte per sopportare due funerali, quindi lo faremo solo in Romania”, hanno fatto sapere i fratelli Alin ed Emanuela. Domani i feretri partiranno alla volta di Turda, la città dove vive la mamma della 28enne romena. Qui sarà celebrato il rito ortodosso e qui saranno inumate le due salme. Lucica Corduneanu ha appreso al telefono di quanto accaduto alla figlia e al nipotino.
“Mia cara Paula e mio caro Chris, mai vi dimenticherò, il dolore è troppo grande e insopportabile perché la perdita è immensa, mi consola solo che riposerete in pace vicino a me, lontano da quel criminale”, scrive la 57enne su facebook. Nella serata di giovedì, alcuni amici si sono riuniti davanti alla villetta bifamiliare dove si è consumato il duplice omicidio e suicidio per una veglia di preghiera. Dei ceri rossi sono stati posizionati sul muretto che delimita la proprietà privata da via Urbino.
Il tenero ritratto di madre e figlio, un orsetto di peluche, un mazzo di fiori, il messaggio affettuoso di un bambino, una stella di Natale e un piccolo pallone da calcio (lo sport che praticavano papà e figlio), sono gli ultimi ricordi affissi alla cancellata al di là della quale vivevano quei due angeli, saliti in cielo per mano di un padre e marito che diceva di amarli più della sua stessa vita.
Qualcosa aveva spezzato gli equilibri di coppia dopo nove anni di matrimonio e un ménage all’apparenza felice. Paula aveva incontrato Daniele quando era appena maggiorenne. Poi i suoi sentimenti erano cambiati. Si sentiva soffocata dalle sue attenzioni. Era stanca di quell’amore che definiva “possessivo”. Voleva la sua indipendenza. Un lavoro tutto suo. Uscire con le amiche.
Daniele era terrorizzato da questo improvviso desiderio di emancipazione. L’instabilità economica, il profondo senso di insicurezza hanno acuito la gelosia che aveva sempre provato per quella donna ancora giovane e bellissima. Si sentiva un fallito, non all’altezza. E gradualmente si era convinto che avesse un altro. Era tormentato da questo pensiero fisso che non gli dava tregua.
Nel giro di un paio di mesi il rapporto si è irrimediabilmente deteriorato. A metà ottobre è arrivata la decisione di separarsi. Paula rifiutava ogni tentativo di conciliazione. Lui non sopportava l’idea di perderli. Di trascorrere il primo Natale senza di loro. “Sono tutta la mia vita”, diceva. La sera prima di compiere quel gesto assurdo e incomprensibile, aveva contattato invano un’amica perché aveva bisogno di sfogarsi. “Posso chiamarti? Quando possiamo vederci?”. L’indomani, sul presto, sarebbe dovuto andare a lavoro. Invece, attorno alle 6 del mattino, alcuni vicini lo hanno visto camminare avanti e indietro, a testa bassa, sul balconcino di casa dei genitori, in via Litoranea, dove da qualche tempo era tornato ad abitare.
Anche nei giorni precedenti aveva lanciato dei messaggi di forte disagio a cui nessuno, però, aveva dato il giusto peso. Non solo su facebook. “Un cecchino non lo vedi e quando lo senti è troppo tardi”. Con queste parole, che oggi assumono un chiaro significato, aveva aggiornato il 26 novembre il suo stato di WhatsApp.


Cronaca di un omicidio annunciato su Facebook (Saritalibre – 25 gennaio 2017)
Nel dicembre 2014 a Numana (AN) Daniele Antognoni uccise a colpi di pistola la moglie Paula Corduneanu e il figlioletto Christian, di soli 5 anni.
Non è mai stato fatto un processo, perché l’assassino si è suicidato. Ma ci si è chiesto se questa tragedia si sarebbe potuta evitare. Come? Magari facendogli revocare il porto d’armi.
L’omicida postava pubblicamente su Facebook messaggi violenti e che violavano la normativa di detenzione di armi da fuoco. Il suo profilo Facebook è visibile ancora oggi.
Nel febbraio 2014 l’uomo pubblicò una foto del “Certificato di Idoneità al Maneggio delle Armi” che aveva ottenuto presso una sezione C.O.N.I.. (Non dimentichiamo che il Tiro a Segno è sport olimpico, e vanto nazionale italiano). Quando lo aveva ottenuto? Forse qualche anno prima, perché se si va a ritroso nella time line si scopre che aveva già una pistola, una glock, acquistata a settembre 2012. Per legge non è possibile acquistare un’arma se non si ha già il permesso.
Guardando sul suo profilo si vedono altre, tante, foto di fucili e pistole, alcune con il commento “non so quando ma … sarai mia”. Era un appassionato di armi insomma. Ma non solo.

Tralasciando cose come le centinaia di messaggi razzisti (compresi insulti al ministro Kyenge, foto di mine anti-immigrati piazzate nel mare di Lampedusa, insomma tutta la gamma), post omofobi (uno per tutti Vendola con gambi di finocchio al posto dei capelli), icone di Mussolini e altre amenità del genere proviamo a concentrarci sui soli post per i quali, in base alla normativa vigente, avrebbero potuto revocargli il porto d’armi.
Ad un certo punto, nell’ottobre 2013, Daniele Antognoni cambiò foto del profilo e ci mise questa:

Per questa foto, se qualcuno l’avesse denunciato, il porto d’armi gli sarebbe stato sospeso all’istante in via cautelativa. Ci sono stati di recente altri provvedimenti del genere riguardanti i social network.
Famoso il caso di un uomo a Città di Castello a cui venne sospeso d’urgenza il porto d’armi a causa di una foto nel profilo Facebook che lo ritraeva con una pistola in mano con l’invito a farne uso. Tutto partì da una segnalazione ai Carabinieri. L’uomo per riavere la sua pistola provò a fare ricorso al TAR dell’Umbria, ma lo perse.
Il TAR scrisse: “il potere dell’Amministrazione non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello cautelare di prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, ragione per cui non occorre un obiettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente la sussistenza di una o più circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso”.
Ma torniamo al caso di Numana e al profilo Facebook dell’assassino. Su Facebook c’è una sezione chiamata “foto del profilo” dove si possonovedere tutte le immagini che un utente ha, negli anni, via via scelto come icona che li rappresenti. Ecco alcune di quelle scelte da Daniele Antognoni:

Poi si possono vedere tutti i post a cui Antognoni ha messo un “mi piace”. Nei mesi precedenti il delitto ha messo quasi solo like ai post di Matteo Salvini, paladino delle armi nelle case degli italiani e della tolleranza zero contro l’immigrazione.

(ATTENZIONE: dopo la pubblicazione di questo articolo i likes di Antognoni ai post di Salvini sono magicamente spariti. Non so spiegarmi perché. Per fortuna ho tutti gli screenshot. Invece i commenti ai post di Salvini sono rimasti e potete andare a controllarli – vediamo se ora che l’ho scritto spariscono anche questi…)

Daniele Antognoni pubblicò addirittura un annuncio di vendita armi, che in Italia è assolutamente vietato tra privati e che comporta l’immediata revoca del porto d’armi più altre conseguenze.
L’articolo 31 del TULPS infatti dice “Non si possono fabbricare altre armi, introdurle nello Stato, esportarle, farne raccolta per ragioni di commercio o di industria, o porle comunque in vendita, senza licenza del Questore“.

Chissà se aveva la licenza del Questore per mettere questo annuncio:

Ma ormai non è più importante. La realtà è che nessuno ha denunciato quest’uomo. I suoi 406 amici su Facebook non si sono resi conto del pericolo che rappresentava. Una delle pistole che apparivano periodicamente sulla loro time line sparò 8 colpi che entrarono nei corpi di Paula, 28 anni, e Christian, 5 anni. Ormai non possiamo fare nulla per Paula e Christian, come per le centinaia di persone vittime di proiettili fuoriusciti da armi regolarmente denunciate. Però possiamo fare qualcosa per prevenire futuri casi.

Come fermare chi  incita all’uso delle armi sui social network?Dobbiamo denunciarli. Alla Polizia o ai Carabinieri.
Sui social network spessissimo la gente ha nome e cognome. Anche quando gli utenti non lo mettono, le autorità possono facilmente risalire al loro indirizzo ip e di conseguenza alla loro identità. Poi possono controllare se questi soggetti siano in possesso di un permesso di detenzione per armi da fuoco. E in caso revocarglielo. Fate uno screenshot delle foto e dei messaggi che postano stando attenti che in alto compaia il link. Vi serviranno per la denuncia. Poi certo potete anche segnalare il contenuto al social network chiedendo di rimuoverlo, ma ciò non comporterà alcuna segnalazione alle autorità. Ci vuole una denuncia!

Se non volete fare la denuncia per qualsivoglia motivo segnalatemi questi account e in caso la farò io.

Per scrivere gli articoli della mia inchiesta sulle armi da fuoco registrate in Italia ho passato giorni e giorni a leggere storie di vite spezzate nell’attimo di un click, a parlare con i parenti e gli amici delle vittime e sono arrivata alla conclusione che fare qualcosa, qualunque cosa, anche piccola, sia meglio che non fare niente e assistere impotenti a questa carneficina.

 


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