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Monica Ravizza, 28 anni, estetista, incinta. Accoltellata e poi data alle fiamme dal fidanzato

Milano, 19 Settembre 2003



Titoli & Articoli

“Monica non c’è più e lui è già libero. Basta sconti di pena” lo sfogo della mamma in diretta (Leggo – 15 giugno 2016)
“Monica non c’è più e lui è già uscito. Bisogna eliminare il rito abbreviato per il femminicidio”
. Così si è espressa a “Estate in Diretta”Maria Teresa D’Abdon, la madre di Monica Ravizza, uccisa a 24 anni, nel 2003, dal compagno Armando Mancuso. Monica, incinta, aveva deciso di abortire e non voleva più sposare Armando, che la accoltellò per poi bruciarla e inscenare un tentativo di suicidio.
Mancuso fu condannato in primo grado a 18 anni, ridotti a 16 in appello. Ma, come spesso accade in Italia, 11 anni dopo aver commesso l’efferato delitto, nel 2014, era già a piede libero. Ora lavora per un’azienda comunale e la sua vita è tornata normale, mentre quella della madre di  Monica non potrà più esserlo, dopo aver vissuto un dolore simile.
​La madre della ragazza, intervistata da Edoardo Lucarelli nel corso della trasmissione di Rai Uno, ha lanciato un appello affinché si prendano iniziative di legge sul femminicidio, si abolisca il rito abbreviato per questo reato e ci sia una maggiore certezza della pena. Inoltre ha evidenziato come lo stato la abbia abbandonata, senza alcun risarcimento economico, senza assistenza morale, costretta a ipotecare la casa, mentre l’assassino di sua figlia percepisce ogni mese un regolare stipendio. Un caso davvero paradossale.

 

Monica Ravizza, uccisa e bruciata dal fidanzato (il Notiziangolo – 30 gennaio 2018)
L’omicidio di Monica Ravizza è ritornato sulle pagine di cronaca appena due anni fa, quando la madre della vittima ha puntato il dito contro la Giustizia. L’ex fidanzato della donna, Diego Armando Mancuso, è infatti stato rilasciato in tempi brevi nonostante il brutale delitto. Secondo le indagini, l’ex fidanzato avrebbe infatti maturato il desiderio omicida a causa dell’intenzione della giovane di abortire e di non sposarlo. Il caso di Monica Ravizza, a Terzo Indizio nella puntata del 30 gennaio, si conclude con un accoltellamento ed un tentativo da parte del condannato di suicidarsi.
L’OMICIDIO DI MONICA RAVIZZA: IL CASO Giovane ed estetista milanese, Monica Ravizza verrà ritrovata priva di vita il 19 settembre del 2003, grazie all’intervento dei Vigili del Fuoco. L’ex fidanzato Diego Armando Mancuso ha cercato infatti di dare il corpo alle fiamme e di morire nell’incendio, da cui tuttavia è stato salvato dai soccorsi. Prima di entrare in sala operatoria, l’uomo confesserà l’omicidio di Monica, ma non chiarirà la dinamica dei fatti. Sarà solo l’autopsia a permettere agli inquirenti di individuare nella causa della morte le numerose ferite d’arma bianca e non le fiamme con cui Mancuso ha cercato di nascondere le prove del delitto.
IL MOVENTE Le indagini sul delitto di Monica Ravizza iniziano dalla confessione di Diego Armando Mancuso. In poco tempo gli inquirenti stabiliscono come l’uomo abbia deciso di ucciderla per evitare ceh abortisse: per questo le ha inferto sei coltellate che l’hanno portata fino alla morte. In quel momento Monica si trova a letto e ignora che il fidanzato, all’epoca dei fatti 30enne, ha deciso di impedirle di lasciarlo. La 28enne infatti ha già manifestato il desiderio di allontanarsi da quel rapporto per poter riflettere sul futuro di coppia, per decidere in totale libertà come muoversi.
DIEGO ARMANDO MANCUSO CONDANNATO A 18 ANNI IN PRIMO GRADO In prima battuta, sottolinea La Repubblica, la difesa cerca di sottoporre Mancuso ad una perizia psichiatrica con la speranza di dimostrarne l’incapacità di intendere e volere al momento dell’omicidio. Chiedono inoltre il rito abbreviato, con cui in primo grado gli verrà comminata una pena di 18 anni. Si dovrà giungere al terzo grado di giudizio perché la Corte d’Assise diminuisca la pena a 16 anni ed otto mesi, applicando le norme in vigore. Le attenuanti sono infatti la confessione, con cui viene annullata l’aggravante dell’abuso dell’ospitalità. Mancuso infatti ha ucciso Monica Ravizza nell’appartamento della donna, ma grazie all’indulto è uscito a soli 5 anni di distanza dal delitto ed ora è in libertà.
LE CONTESTAZIONI DELLA FAMIGLIA DI MONICA RAVIZZA – L’annuncio del verdetto ha provocato una forte contestazione da parte della madre della vittima, Maria Teresa D’Abdon. La donna infatti era presente in aula al fianco del marito Mario e l’altra figlia, Anna Maria. Sconvolta dal dolore, ha potuto tuttavia solo ascoltare il barbaro racconto sulla morte di Monica in silenzio, stringendo fra le mani una sua foto. Diego Armando Mancuso ha inoltre offerto un anticipo sul risarcimento dovuto per danni morali e materiali, un totale di 26 mila euro che la famiglia Ravizza ha deciso di rifiutare. Il caso a Terzo Indizio verrà raccontato il 30 gennaio, subito dopo l’analisi dell’omicidio di Rossana D’Aniello.
LE TESTIMONIANZE A TERZO INDIZIO Nella puntata de Il Terzo Indizio, in onda su Rete 4 sotto la guida di Barbara De Rossi, la madre della vittima ha descritto quale sofferenza abbia provato alla scoperta della morte della ragazza. Sulle prime Maria Teresa D’Abdon aveva infatti pensato ad un incidente dovuto magari al vizio del fumo di Monica. Solo quando il marito è salito sull’ambulanza ha realizzato che la figlia invece non c’era più. In quei momenti accorre sul posto anche un’amica della vittima, Lucia Fanelli, che si trovava a casa in attesa di una telefonata dell’amica. Chi ha seguito il caso invece ha sottolineato che l’omicidio di Monica Ravizza è maturato a causa di un piccolo particolare che agli occhi di Diego Armando Mancuso indicava la volontà della fidanzata di volerlo lasciare, un gesto impercettibile che tuttavia ha interpretato come rifiuto.

 

L’omicidio di Monica Ravizza, l’ex l’accoltellò e poi le diede fuoco: “Era incinta ma non voleva sposarmi” (FanPage – 30 gennaio 2018)
La puntata de ‘Il terzo indizio‘, in onda martedì 30 gennaio, ha ripercorso il caso di Monica Ravizza, assassinata a soli 24 anni dal suo ex fidanzato. Il trentunenne D.A.M. non accettava che la donna, nonostante fosse incinta, non volesse più saperne di lui. Monica, infatti, intendeva abortire e ricominciare una vita senza quell’uomo possessivo e geloso. La notte tra il 18 e il 19 settembre 2003, la Ravizza venne assassinata con sei profonde coltellate. Poi il suo corpo venne dato alle fiamme.
Come è nata la relazione tra la Ravizza e D.A.M.
Monica è una donna forte e risoluta. Ama essere indipendente e sa di poter sempre contare sulle sue capacità. Così, a 20 anni va a vivere da sola. Trova lavoro come estetista. Non è un mestiere scelto a caso solo per ottenere un’entrata economica, per lei si tratta della realizzazione del suo sogno. È un’amica a presentarle D.A.M. I due hanno caratteri molto diversi. Monica è energica e travolgente, D.A.M. è un uomo solitario e introverso. È originario della provincia di Catanzaro, ma si è trasferito sin da piccolo a Milano. Lavora come muratore ed è legatissimo alla madre, soprattutto dopo la morte del padre. Tra Monica e il trentunenne nasce un sentimento. La Ravizza sente di aver finalmente trovato l’uomo giusto, dopo due anni da single.
Due modi diversi di vivere il rapporto. Monica Ravizza e D.A.M. vivono la loro relazione in modo molto diverso. La giovane preferisce assaporare questo nuovo amore giorno per giorno, senza farsi troppe domande sul futuro. Il suo compagno, al contrario, parla già di una storia senza fine e si trasferisce nell’appartamento di lei. In un’occasione – quando per i genitori di Monica è ancora solo uno sconosciuto – arriva ad annunciare alla madre di lei, Maria Teresa D’Abdon, di avere intenzione di sposare la figlia.
D.A.M. diventa sempre più possessivo
La relazione tra D.A.M. e Monica non è ben vista non solo dalla madre di lei, ma anche dagli amici. Molti notano l’eccessivo attaccamento dell’uomo alla sua fidanzata. Geloso e possessivo, infatti, non lascia respirare la sua compagna. Ogni volta che lei si allontana da casa, anche solo per andare a lavoro, la perseguita con continue chiamate per chiederle con chi sia e convincerla a tornare subito a casa. L’incanto per Monica si spezza. La pressione continua di D.A.M. inizia a infastidirla. L’amore cede il passo all’insofferenza.
La scoperta della gravidanza
Una mattina Monica ha un malore, così decide di non andare a lavorare. La madre sospetta subito che la Ravizza sia incinta. Per sedare ogni dubbio, Monica fa il test e scopre di aspettare un bambino. Purtroppo la notizia non arriva in un clima di gioia. La donna è spaventata. In fondo ha una relazione con D.A.M. da soli due mesi, inoltre non è nemmeno più certa di amarlo. La gravidanza non fa che complicare una situazione già di per sé intricata.
Monica Ravizza lascia D.A.M.
Monica non comunica la gravidanza alla sua famiglia. Dà la notizia solo al suo compagno e ai colleghi. D.A.M. è entusiasta e inizia già a programmare il suo futuro di padre e marito. La Ravizza, però, non riesce a condividere la sua gioia. Vorrebbe riprendersi la sua libertà e ritiene che il fidanzato abbia fatto di tutto per legarla a sé, incluso non prestare attenzione durante i momenti d’intimità. Così, prende una decisione. Chiude il rapporto con D.A.M, che devastato lascia il loro appartamento.
18 settembre 2003 – L’omicidio di Monica Ravizza
Il 16 settembre 2003, Monica incontra una ginecologa. Dopo una dolorosa riflessione, decide di abortire. Il suo ex, intanto, continua ad assillarla. Le invia dei fiori al salone in cui lavora con bigliettini in cui dice di amarla e di sentire la sua mancanza. Il 18 settembre 2003, la contatta e le chiede un incontro. Dopo aver cenato fuori con un’amica, alle 22:30 Monica rientra nel suo appartamento. Trova D.A.M. ad attenderla sotto casa. Qualche ora dopo, la vita di Monica si spegne. Secondo quanto dichiarato dall’uomo ai carabinieri, i due avrebbero discusso perché la giovane aveva ribadito di non voler tornare con lui e gli aveva anche comunicato di voler abortire. Sentitosi tagliato fuori da quella scelta importante, aveva perso la testa. Dopo aver afferrato un coltello da cucina, aveva sferrato sei coltellate a Monica. Poi le aveva messo un cuscino sul volto perché non sopportava la vista della sua espressione sconvolta.
Il tentato suicidio di D.A.M. e l’incendio
Con lo stesso coltello con il quale aveva ucciso Monica, a suo dire, avrebbe tentato di togliersi la vita. La ferita che si era procurato al polmone, però, non era mortale. L’uomo, dunque, raccontò di aver tentato di portare a termine il suo macabro piano, colpendosi la testa con un oggetto. Poi, ha dato fuoco al letto su cui era riverso il corpo esanime di Monica. Un vicino di casa notò le fiamme che stavano distruggendo la casa della Ravizza e allertò subito i Vigili del Fuoco. La scena che si trovarono davanti era raccapricciante. D.A.M. venne trasportato in ospedale e mentre riceveva i soccorsi confessò di aver ucciso Monica.
D.A.M. ha già scontato la sua pena
D.A.M. – con rito abbreviato – è stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione. In appello, la pena è stata ridotta a 16 anni. Con l’indulto, poi, ha avuto un ulteriore sconto di pena di tre anni. Nel 2014, l’uomo è tornato in libertà.

“Mia figlia uccisa da un manipolatore”: la storia di Monica Ravizza a teatro (il Giorno – 16 settembre 2022)La ragazza fu accoltellata dall’ex nel 2003. Ora l’associazione fondata dalla mamma promuove lo spettacolo anti violenza

Milano – 8 luglio 2003 , a San Siro migliaia di fan applaudono Vasco Rossi in concerto. Mescolati alla folla ci sono Monica Ravizza e Roberto Ottonelli. I due non si conoscono. Monica morirà poco più di due mesi dopo, il 19 settembre, accoltellata e bruciata in parte dall’ex convivente Diego Armando Mancuso, operaio di 32 anni. La ragazza ne aveva 28 e aspettava un bambino.
Roberto scriverà nel 2021 un libro incentrato sulla sua storia: “Credi davvero (che sia sincero)”, titolo ispirato alla prima canzone che Vasco cantò quella sera di luglio. Parole che nella sua testa sono poi risuonate come un monito da rivolgere a chi vive una relazione tossica: “Questa vicenda – spiega Roberto – mi ha scosso. Ho voluto scriverne anche perché Monica era amica di mia moglie e, attraverso di lei, ho imparato a conoscerla”. Ora questo testo è alla base di uno spettacolo teatrale che ha lo stesso titolo, pronto a debuttare tra pochi giorni, a 19 anni dal femminicidio.
“Un orrore che non posso dimenticare. Ma anche se mia figlia non c’è più è sempre con me”, dice la mamma Maria Teresa D’Abdon mostrando la sua casa del quartiere Vigentino tappezzata di foto della figlia. Gigantografie sulla parete e immagini racchiuse dentro cornici d’argento. Non smette di guardare quella ragazza dai capelli biondi che resterà giovane per sempre. Una vita spezzata dalla brutalità di un uomo, che la donna aveva scelto come compagno di vita e che si è poi trasformato nel suo assassino.

Maria Teresa D’Abdon, ospite a Verissimo, ricorda la figlia, Monica Ravizza, uccisa dalla violenza del compagno mentre era incinta. “Io non ho mai conosciuto questo ragazzo. Dopo poco che si frequentavano con Monica lui mi ha chiamato e mi ha detto signora amo sua figlia e voglio sposarla“, racconta Maria Teresa.

La storia di Monica Ravizza raccontata da sua madre Maria Teresa D’Abdon (Verissimo – 8 gennaio 2022)
“Quando lei veniva a casa nostra, lui la chiamava insistentemente perché tornasse a casa, un comportamento ossessivo che avevo fatto presente anche a mia figlia”, dice la donna. A un certo punto anche Monica comincia a nutrire dei dubbi e decide di lasciare l’uomo.
“La sera in cui è successo tutto, Monica era uscita con una sua amica, quando è arrivata sotto al portone c’era lui ad aspettarla. L’amica le ha chiesto vuoi che rimango, ma lei ha detto di no”. Poi il buio. “Alle tre di notte arriva una telefonata, corriamo nell’appartamento di Monica, lì c’erano ormai Vigili del Fuoco, Carabinieri”.
Diego Armando Mancuso, questo il nome dell’uomo condannato per l’omicidio, aveva cercato di dare fuoco al corpo di Monica dopo averla accoltellata. “La mattina dopo siamo stati portati in Caserma dove il maresciallo ci ha detto che Monica era incinta. Noi non sapevamo nulla”. Maria Teresa D’Abdon ha affermato di essersi sentita particolarmente ferita dal fatto che Diego Armando Mancuso sia potuto uscire dal carcere dopo soli cinque anni di detenzione per svolgere dei lavori: “L’hanno mandato vicino casa mia”.
Oggi la donna, che ha perso di recente anche il marito, lotta perché ciò che è accaduto a sua figlia non si ripeta più. “Abbiamo creato un’associazione per le vittime di violenza. Ogni donna che aiutiamo è come far rivivere tutte quelle che come mia figlia hanno perso la vita”.


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