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Mariella Mangolini, 74 anni, negoziante in pensione, mamma. Uccisa insieme al figlio a colpi di pistola dal marito e padre che poi dà fuoco all’appartamento ammazzando anche i gatti (strage di Ferrara)

Ferrara, 4 Agosto 2017


Titoli & Articoli

Una donna premurosa amica dei gatti del rione (La Nuova Ferrara – 6 agosto 2017)
Mariella Mangolini segnata dalla morte della sorella per avvelenamento Le volontaria del Gata la descrivono come una persona gentile e generosa
Aveva un carattere schivo e la sua passione era quella dei gatti. Mariella Mangolini, 74 anni, la moglie di Galeazzo Bartolucci, uccisa dal marit0 venerdì notte con un colpo di pistola, la stessa arma con la quale l’omicida poi suicida ha freddato nel sonno anche il figlio Giovanni, era l’ultima di quattro sorelle e prima del matrimonio, risiedeva con la sua famiglia in via Bersaglieri del Po 10 proprio sopra il laboratorio del fotografo Bondanelli. Nello stabile dove abitavano c’è un coinquilino che ricorda ancora Mariella, le sue sorelle e la mamma Genoveffa. Addirittura conserva ancora un ricordo della cresima della piccola Mariella in cattedrale negli anni Cinquanta, con una foto scattata proprio da Bondanelli.
Un grande dolore la colpì quando Valeria, una delle sue sorelle, morì prematuramente per avvelenamento di cibi avariati. Una tragedia che scosse profondamente Mariella sia per la maniera improvvisa in cui si è consumata, ma anche per il grande affetto che la legava alla sorella. Per qualche tempo lavorò nel famoso negozio di dischi Pistelli – Bartolucci ancora in Corso Martiri all’angolo dei 4S, di proprietà della famiglia, che poi fu ceduto ad altri titolari, mantenendo però lo storico nome. Il negozio era un vero punto di riferimento per il mercato discografico e della musica in città e molti la ricordano ancora in quel periodo all’interno dell’attività commerciale nel centro della città.
«Persona molto riservata e schiva – così la descrivono i vicini di casa, si dedicava ultimamente alla cura di due gatti che aveva ereditato da una persona deceduta. Gatti che purtroppo sono morti anche loro venerdì mattina nella casa in fiamme. In questa sua opera assistenziale le erano d’aiuto le volontarie del Gata che le portavano spesso il cibo e materile necessario per accudire i gatti. «Non ci frequentavamo molto – riferiscono le volontarie – ma il nostro rapporto era comunque costante e positivo perché la signora Mariella era sempre sorridente e cordiale ma riservata, per cui non si andava oltre. Ci dispiace moltissimo di quello che le è capitato. Ricordiamo la sua bontà d’anima e questa sua grande passione per i felini per i quali nutriva una grande disponibilità all’accoglienza». (Margherita Goberti)

 

 

La strage dell’antiquario sul lastrico. Uccide moglie, figlio e si ammazza (La Stampa – 13 agosto 2017)
Ferrara, il gesto dell’uomo il giorno stesso dello sfratto esecutivo
Pensavano di dover affrontare solo un incendio, reso molto più difficile dal caldo patibolare di questi giorni. Il solito incendio a cui dover magari strappare mobili e oggetti antichi, forse qualche gatto impaurito, in quella casa dentro a quel vecchio palazzo del centro che conoscono un po’ tutti come una specie di museo, alle spalle della chiesa di San Paolo. I vigili del fuoco chiamati nella “Piazzetta Privata Fratelli Bartolucci”, il vecchio cartello bianco dice proprio così ed è una sintesi perfetta di tutto, hanno invece trovato anche due corpi tra il calore e le fiamme, due persone freddate con un colpo alla testa e crollate a terra, prima di essere avvolte dal fuoco: una cruda carneficina scoperta all’alba, quando ancora l’afa di Ferrara e della sua terra piatta non ha cementato l’aria e i passi di chi la deve attraversare, e quando è stato subito chiaro a tutti, ai poliziotti, a chi passava per andare al lavoro e ai giornalisti, che era l’alba di uno dei giorni più cupi e nudi mai visti da queste parti.
Uno di quei giorni che smontano in un baleno, nel tempo di tre colpi di pistola e di un fiammifero che si accende e si consuma
, nello spazio di poche centinaia di metri dentro quelle vie strette, tra quei muri di mattoni secolari, una famiglia, una storia, forse un pezzo intero di città, perlomeno quella parte di città che conosceva bene Galeazzo Bartolucci, suo figlio Giovanni e la moglie, Mariella Mangolini.
Il declino. Li conosceva perché aveva condiviso e partecipato ad una delle cose che rendono la vita una democratica corsa ad ostacoli per tutti, ricchi e poveri: la grandezza e la caduta, un lento inesorabile smottamento, di quella famiglia che aveva una nobiltà riconosciuta perfino dalla corte degli Estensi, in tempi ormai epici e certamente irraggiungibili se non con le pagine dei romanzi e dei saggi, e che pare abbia avuto origine a Firenze.
Questa storia finita con un uomo, un antiquario, un padre che a 77 anni preme il grilletto contro la mamma di suo figlio, 4 anni più giovane di lui, poi contro suo figlio di 48 anni e infine contro di sé, una tragedia che è soprattutto disperazione, dopo aver vagato per qualche centinaio di metri con la pistola in mano, in via Boccacanale di Santo Stefano, davanti al negozio di una commerciante che poi ha anche brontolato, per le transenne messe dalla polizia, perché lei doveva aprire il negozio, e quel trambusto non andava mica bene, quel barbone poteva anche andare ad agonizzare da un’altra parte: «è un cadavere, signora. Si è sparato». «Beh, si vede che era arrivata la sua ora». è finita così la storia di Galeazzo Bertolucci che ha tirato giù il sipario per non lasciare nulla dietro di sé, l’ultimo battito dell’orgoglio che ha riempito una vita di orgoglio e di ricordi.
Tre colpi. Una storia finita con una Smith & Wesson dal cui tamburo cui mancano chirurgicamente tre colpi, una pistola saltata fuori chissà da dove. Ma che si era già frantumata in modo irrimediabile con l’asta giudiziaria dello scorso autunno, quando il tribunale si è portato via il palazzo e il negozio, quella bottega scavata dentro il cuore dei muri medievali con l’insegna “Antiques e collezionismo”, con i collier, le bambole di porcellana e i soldatini di piombo, che a vederla lasciava in bocca un sapore agrodolce di cose strappate al tempo e cose strappate a se stessi, al patrimonio e alle collezioni dei genitori e dei nonni, a quello che si era stati finché poi non c’era più niente da strappare, e da mettere in vendita.
La storia di Galeazzo Bertolucci, padre violinista, due fratelli, una tradizione di famiglia con i dischi e con la musica nel negozio sotto ai portici a due passi dal Castello, uno di quei posti dove in una piccola città ci passano a comprare i padri e poi i figli, è in fondo un destino piegato senza sentimento da un debito con Equitalia e con le banche, circa 120mila euro, e da un ufficiale giudiziario che faceva solo il suo dovere, e in verità gli ha anche dato una proroga perché per poter portare fuori le proprie vite e i propri fantasmi da quei muri, prima bisognava spostare portare via chili e chili di ricordi e di vita sotto forma di mobili, soprammobili, quadri, oggetti, reperti di un passato che non è riuscito a sopravvivere al presente.
Pensava forse a tutto questo l’antiquario Galeazzo Bertolucci, con la pistola fumante in pugno, dopo essere uscito di casa poco dopo le sei di mattina, da quella casa diventata un mattatoio di affetti e di ricordi, lui che una volta di se stesso ha detto «antiquario am pias poc», che in ferrarese vuol dire «non mi piace la parola antiquario», perché lui in fondo – ha spiegato – si sentiva come una specie di custode del tempo che sussurrava agli oggetti e degli oggetti raccoglieva lo spirito e la memoria in essi racchiusa. Fino a che, appunto, non sale la marea del tempo. Fino a che non è troppo tardi per spostarsi. (Salvatore Maria Righi)

 

I funerali della famiglia Bartolucci: “Nessuno vi caccerà dalla casa del Signore” (TelEstense – 18 agosto 2017)
I funerali di Galeazzo Bartolucci, 77 anni, del figlio Giovanni, 48 anni, e della madre Mariella Mangolini, 74 anni, si sono tenuti ieri in Certosa.
La tragedia della famiglia (Galeazzo nelle prime ore del 4 agosto scorso avrebbe ucciso figlio e moglie per poi torgliersi la vita, un gesto probabilmente dettato anche dai gravi problemi economici e dall’imminente sfratto) ha sconvolto Ferrara e tutta la città, e ieri, amici e familiari, hanno potuto dare l’estremo saluto nell’aula del commiato della Certosa. Il rito funebre è stato officiato da monsignor Massimo Manservigi, vicario generale della Diocesi, il quale ha portato un messaggio dell’arcivescovo di Ferrara e Comacchio, monsignor Gian Carlo Perego, tratto dal Salmo 26:

“Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario”.

“La certezza che nessuno caccerà più Galeazzo, Mariella e Giovanni dalla casa del Signore, dove ora sono familiarmente insieme per “gustare la dolcezza del Signore” e per ritrovare e ammirare la bellezza che ha appassionato la vita di Galeazzo, di suo figlio Giovanni e di Mariella. Per sempre. Ancora insieme”. Questo ha detto l’Arcivescovo attraverso il messaggio letto da monsignor Manservigi.
Stanno emergendo nuovi particolari sulla tragedia che ieri ha sconvolto Ferrara. Il dramma del duplice omicidio-suicidio di Galeazzo Bartolucci e della sua famiglia è maturato dopo anni di difficoltà economiche. Secondo gli investigatori, il figlio, Giovanni, però, stava guardando avanti. La famiglia, infatti, dopo lo sfratto, sarebbe andata a vivere, in affitto, in un’abitazione in via Bologna. L’incendio appiccato dall’antiquario poteva provocare danni ben più gravi, visto che i vigili del fuoco, ieri mattina impegnati a domare le fiamme, hanno segnalato tracce di gas all’interno dell’appartamento al primo piano. Crucianelli (Polizia di Stato): “Probabilmente Galeazzo ha lasciato aperto il gas prima” di dar fuoco alle pelliccole delle “pizze”.
COSA AVREBBE PORTATO AL GESTO ESTREMO. Un fulmine a ciel sereno, giovedì 3 agosto scorso, il giorno prima dello sfratto, un episodio che potrebbe aver scatenato il dramma: il pignoramento dei beni contenuti nel negozio d’antiquariato di Galeazzo Bartolucci, oggetti che sono stati la sua vita negli ultimi vent’anni.
L’uomo di 77 anni che poi, venerdì mattina poco dopo le 5 avrebbe sparato e ucciso, nel sonno e probabilmente con colpi letali alla testa, la moglie Mariella Mangolini, di 73 anni, e il figlio, Giovanni Bartolucci, di 48 anni, per poi appiccare un incendio al piano terra dello stabile e farla finita, in strada, poco distante. L’antiquario, forse, non si aspettava questo procedimento legato al mancato pagamento di debiti precedenti. Dello sfratto, invece, Galeazzo ne era a conoscenza.
Secondo il dirigente della Polizia di Stato, Andrea Crucianelli, Bartolucci non aveva problemi di salute o psichici: anzi, Galeazzo e la sua famiglia si sarebbero dimostrati sempre sereni e collaborativi con gli operatori e gli ufficiali giudiziari. Come il 5 luglio scorso, quando venne fatto l’inventario dei beni all’interno della loro casa e venne stabilita la modalità di uscita dall’immobile. Oggetti e mobilio che, come hanno riferito dalla Polizia di Stato, sarebbero finiti nei depositi pubblici, un accordo per aiutare la famiglia nel trasloco. Il pignoramento dello stabile e delle relative pertinenze, da parte del Tribunale di Ferrara, partì dal 2011 e la vendita all’asta si è conclusa ad aprile scorso con il passaggio di proprietà a due nuovi intestatari. Ma lo sfratto, che sarebbe stato eseguito venerdì, poche ore dopo il duplice omicidio-suicidio, forse sarebbe stato prorogato. Questo secondo Crucianelli, il quale ha raccontato che il figlio, Giovanni Bartolucci, aveva chiesto al proprio avvocato qualche settimana, oltre la data ufficiale dello sfratto, per lasciare la casa.
La famiglia dell’antiquario, infatti, dal primo ottobre prossimo sarebbe andata ad abitare in affitto in un appartamento in via Bologna, e sembrerebbe che, fino ad allora, nessuno si sarebbe opposto alla dilazione della loro permanenza, fino a fine settembre, in via Boccaleone. Come ha poi ricordato Chiara Sapigni, assessore ai Servizi Sociali del Comune di Ferrara, la famiglia Bartolucci non si è mai rivolta all’ufficio abitazioni per richiedere un’eventuale assistenza e non risultano contatti negli ultimi anni con l’Asp per problematiche sociali.

Probabilmente, Galeazzo Bartolucci, nella notte tra giovedì e venerdì, non avrebbe retto e avrebbe messo in atto il suo piano, con una “Smith&Wesson” cinque colpi a tamburo. E’ attesa per la prossima settimana l’autopsia sui tre corpi: ancora non è ufficiale il numero dei colpi sparati dall’antiquario che, alle 5.45 di venerdì mattina, decise di farla finita sotto i portici di via Boccacanale di Santo Stefano, dove il corpo venne notato da una passante un ora e mezza dopo il gesto estremo.

Il suo negozio di dischi ha fatto storia in città e poi, oltre vent’anni fa la cessione e una nuova vita che ha dovuto affrontare la crisi prima, il terremoto poi. Tutte prove difficili per Galeazzo Bartolucci, il vecchio proprietario del negozio di dischi che questa mattina ha ucciso prima la moglie e il figlio e poi, poco lontano da casa, ha deciso, con un colpo di pistola al cuore, di togliersi la vita. Lo ha fatto nel giorno in cui davanti alla sua porta di casa si sarebbero dovuti presentare gli ufficiali giudiziari. La sua casa dal 2011 era stata pignorata e ad aprile era subentrato un nuovo proprietario.

 

L’ultimo intimo saluto alla famiglia Bartolucci (Estense – 18 agosto 2017)
Il sacerdote don Franco Rogato: “Ogni parola, di fronte a questi eventi, è inadeguata”
E’ stato un ultimo saluto intimo e sentito, quello dato a Mariella Mangolini e a Galeazzo e Giovanni Bartolucci nella Sala del Commiato della Certosa di Ferrara giovedì pomeriggio, quando si sono svolte le esequie della famiglia cancellata dalla tragedia dello scorso 4 agosto. La cerimonia, tenutasi in maniera privata e alla quale hanno partecipato i familiari più stretti e alcuni amici di Giovanni, è stata officiata dal cappellano della Certosa di Ferrara don Franco Rogato e da padre Massimiliano De Gasperi di Santo Spirito.
Non ha voluto far mancare la sua vicinanza anche il vescovo di Ferrara Gian Carlo Perego, che in un messaggio letto da don Massimo Manservigi, esprime la volontà di “accompagnare con una preghiera Mariella, Galeazzo e Giovanni, congiuntamente ai loro familiari e amici toccati da questa tragedia”, con la consapevolezza che “nessuno li caccerà più dalla casa del Signore”.
Nella sua omelia padre Massimiliano De Gasperi ha toccato il tema della drammaticità “di questi eventi”, che hanno il potere di “scuoterci profondamente tanto che dentro di noi sentiamo l’ingiustizia di vederci sottratte persone care e amate”. Don Franco Rogato, invece, ha confidato che continuerà “a ricordare Galeazzo, Giovanni e Mariella anche nelle prossime funzioni”. E ha poi auspicato il silenzio: “ogni parola, di fronte a questi eventi, è inadeguata”. La strada del silenzio è percorsa anche da Pirro Bartolucci, fratello di Galeazzo, in prima fila durante la cerimonia: “Siamo ancora scossi, non è il momento delle parole”.
Al termine delle esequie il corpo di Mariella Mangolini è stato sepolto in Certosa, mentre quelli di Galeazzo e Giovanni Bartolucci sono stati cremati.

 


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