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Marianna Sandonà, 43 anni, operaia. Uccisa con 12 coltellate dall’ex convivente

Montegaldella (Vicenza), 8 Giugno 2019


Titoli & Articoli

Marianna Sandonà massacrata dall’ex, quella telefonata prima di morire: “Ho paura di lui” (Fan Pagwe – 10 giugno 2019)
Marianna aveva confidato al telefono a un collega di aver paura dell’ex compagno. Pochi istanti dopo è stata aggredita con un coltello da sub di tipo ‘Combat’, nella casa di Montegaldella (Vicenza) dall’ex compagno Luigi Segnini. L’uomo, che ha tentato di uccidersi a sua volta, è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Venezia. È accusato di omiciidio.
Marianna Sandonà, operaia di 43 anni e una somiglianza con la bella Isabella Noventa, anche lei uccisa, aveva presagito la sua fine. Prima di ricevere a casa, alla presenza di un testimone come suggerito dall’avvocato, la visita dell’ex Luigi Segnini, 38 anni, Marianna aveva confidato al telefono a un collega di aver paura dell’ex compagno. “Mi ha insultata – ha detto la donna – ho paura di lui”.
Dopo quella telefonata, infatti, la donna è stata aggredita con un coltello da sub di tipo ‘Combat’, nella casa di Montegaldella (Vicenza), dove Segnini aveva detto che sarebbe passato a prendere alcune cose. Appena arrivato, invece, a detta dei testimoni ‘ha perso la testa’, ha aggredito Marianna con una dozzina di coltellate, il collega Paolo Zorzi, il nuovo compagno, che la donna aveva voluto lì presente per sorvegliare l’incontro e poi ha rivolto il coltello verso se stesso, nel tentativo di togliersi la vita.
Si è ferito gravemente al torace ma non è riuscito a uccidersi, mentre per Marianna, la sua ex,  i soccorsi sono stati inutili. La 38enne è stata colpita mortalmente con più di dodici coltellate. Ora Segnini è ricoverato all’ospedale di Venezia; migliorano, anche se la prognosi non è stata sciolta, le condizioni di Paolo Zorzi, il collega e nuovo compagno. Segnini è accusato di omicidio. In questi giorni i carabinieri sono tornati per fare nuovi sopralluoghi sulla scena del delitto.

Vicenza, esce dal coma e racconta l’omicidio dell’amica: “Marianna Sandonà uccisa dal suo ex” (Fan Page – 23 luglio 2019)
Marianna Sandonà è stata ammazzata dal suo ex Luigi Segnini: la conferma arriva da Paolo Zorzi, amico della vittima, che venerdì si è risvegliato dal coma e ha raccontato cosa è successo la sera dell’8 giugno scorso a Montegaldella, nel vicentino. L’uomo diventa così testimone chiave dell’omicidio: “Ero presente, gridava come un pazzo”
Marianna Sandonà è stata uccisa dal suo ex Luigi Segnini. A confermarlo è stato Paolo Zorzi, amico della vittima, che venerdì scorso si è risvegliato dal coma farmacologico in cui era finito dopo essere stato accoltellato da quell’uomo nel disperato tentativo di difendere Marianna. Quando ha aperto gli occhi all’ospedale di Vicenza ha cominciato a urlare pensando ancora di poter fare qualcosa per lei, ma ormai era troppo tardi. E ora è pronto a raccontare tutto, diventando così il testimone chiave del delitto verificatosi l’8 giugno scorso a Montegaldella.
Zorzi, padovano di 45 anni, la sera dell’omicidio aveva accompagnato Marianna, 43 anni, ad un incontro con il suo ex, il camionista vicentino Luigi Segnini, 38enne di Torri di Quartesolo, per proteggerla, quando la furia omicida di quest’ultimo si è prima scagliata contro la donna, massacrata con 19 coltellate, e poi contro l’amico, raggiunto da due fendenti, di cui uno al polmone, finendo in coma per un mese. I rapporti tra i due ex conviventi erano molto tesi ed è per questo che Marianna ha voluto con sé Paolo. “E’ sceso dall’auto con il coltello, gridando come un pazzo”, ha affermato il testimone chiave agli inquirenti. La vittima sapeva già probabilmente le intenzioni di Segnini, che ha tentato il suicidio dopo l’aggressione e ora è in carcere dopo le dimissioni dall’ospedale di Padova.
Il testimone ora sta meglio, dopo un mese di coma farmacologico e due delicati interventi chirurgici, anche se dovrà fare i conti con l’assenza di Marianna, come sottolinea Il Corriere della Sera. Nella sua ricostruzione ai pm, Zorzi ha ricordato con esattezza anche la lista che la 43enne aveva stilato con gli oggetti da restituire all’ex convivente, lo stesso pezzo di carta che il camionista ha trafitto con il coltello prima di scagliarsi contro la donna e il suo amico nel retro del condominio di lei, davanti al garage. Al vaglio degli investigatori ci sono anche i telefonini di vittima e assassino, tutti elementi che torneranno utili al sostituto procuratore Hans Roderich Blattner, titolare dell’inchiesta, che contesta a Segnini l’omicidio volontario della donna e il tentato omicidio del collega di lei.


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In memoria di

Omicidio di Montegaldella, il padre di Marianna: «Ci sarà giustizia solo con l’ergastolo» (Corriere della Sera – 20 dicembre 2019)
L’8 giugno la donna fu ferita a morte con 19 coltellate dalla ex. Registrò l’ultimo con l’uomo sul telefonino, compresa la furia omicida. «Ma non voglio sentire l’audio»
Sua figlia Marianna, lo scorso 8 giugno, nei terribili istanti in cui veniva accoltellata per 19 volte dal suo ex convivente tra le urla terrificanti, aveva il cellulare in tasca che registrava. Ma lui, Marino Sandonà, di Grisignano, non vuole ascoltare quell’inquietante audio che per la procura rappresenta una prova importante della premeditazione da contestare al camionista Luigi Segnini. Non si sente infatti alcun litigio, alcuna provocazione che potesse aver innescato la furia omicida del 38enne di Torri di Quartesolo mentre caricava l’auto dei suoi oggetti nel piazzale del condominio di Montegaldella.
Sandonà, la procura ha chiuso le indagini preliminari e a breve potrebbe chiedere il processo per l’omicida di sua figlia. Cosa si aspetta? «Giustizia, che lo condannino al massimo della pena, all’ergastolo. Devono buttare via le chiavi per quello che ha fatto, mi auguro che rimanga in carcere a vita e spero di non trovarmelo davanti, ho tanta rabbia addosso».
Ha ricevuto delle scuse da Segnini o ha avuto più contatti con la sua famiglia? «Nessuna scusa, dice di essersi pentito ma non io non ci credo affatto. E dei suoi familiari nessuno mi ha cercato, ma non voglio sentirli, si sono dimostrati dei bugiardi».
In mano alla procura c’è l’audio degli ultimi istanti di vita di Marianna. «Lo so, lo sapevo che c’era. Marianna aveva seguito il consiglio di un amico a cui aveva raccontato dei continui insulti che le stava rivolgendo Segnini quel giorno durante il trasloco. Ma di quella registrazione non voglio sapere altro».
Che impressione le aveva dato Segnini? «Non mi dava tanta fiducia, non parlava mai, toccava a noi porgli domande. Ne avevo parlato con Marianna e mi aveva detto che era buono e che non si arrabbiava. Poi con la convivenza…»
Di chi era stata la decisione di convivere? «Di Segnini: Marianna mi aveva detto che lui non voleva più venire a casa da noi, e lei allora abitava con noi, così ha insistito per andare a vivere assieme. Quando non andavano più d’accordo mia figlia ci aveva detto che era stanca di raccontarci bugie perché lo copriva, come quando trovava scuse per non venire».
Che tipo di compagno era? «Marianna si fidava di Segnini, ma nella convivenza erano emersi alcuni aspetti: lui ne approfittava, era interessato solo ai soldi, a risparmiare, non voleva si spendesse più di 30 euro di spesa a testa a settimana, non voleva amicizie perché diceva che le bastava lei, ma Marianna era una persona sociale, abituata alle amicizie».
Le sembrava sollevata dopo la rottura? «Quando mi aveva detto che lo aveva lasciato mi aveva rassicurato che ce l’avrebbe fatta da sola. Erano già 47 giorni che lui era via di casa quando l’ha ammazzata»
Lui si era rassegnato? «Le continuava a mandare messaggi denigratori, anche ai colleghi di lavoro screditando Marianna, perché voleva farle del male».
Sapeva di quei messaggi? «Marianna me ne aveva parlato solo l’ultima settimana prima di essere uccisa.»
Un campanello d’allarme? «Lei doveva confidarsi con noi genitori, ci doveva dire di più ma forse temeva una mia reazione, temeva ne risentissi in salute, di preoccuparci. Forse non l’abbiamo aiutata abbastanza, forse non abbiamo capito e fatto abbastanza ma per me non se lo aspettava nemmeno lei che.., »
Sono sensi di colpa i suoi? «Sì, adesso ci facciamo tante domande, ma ormai è troppo tardi, non ho più mia figlia e più passa il tempo e più fa male».
C’è una bimba che ora porta il suo nome. «Sì, l’amica di mia figlia ora in America ha chiamato la neonata Marianna».
Sandonà, quel giorno doveva esserci anche lei a Montegaldella. «Marianna non ha voluto perché temeva per i miei problemi di salute e forse se fossi stato lì Segnini avrebbe colpito anche me».
E il collega di Marianna rimasto ferito? «Ha gli incubi la notte, è seguito da uno psicologo e a gennaio dovrà essere sottoposto ad un altro intervento». (di Benedetta Centin)

 

Marianna uccisa dall’ex, l’amico sopravvissuto: «Razziata la sua tomba, non la lasciano in pace» (Corriere della Sera – 27 agosto 2020)
Rubati vasi, fiori e collanine nel cimitero dove è sepolta l’operaia uccisa l’8 giugno 2019 dall’ex compagno. L’amico parla per la prima volta: «Ricordo mentre l’accoltellava»
«Sono delle bestie. Sono bestie senza cuore». Paolo Zorzi scuote la testa. Sabato scorso qualcuno ha strappato i fiori dalla tomba della «sua» Marianna e li ha sparpagliati per il cimitero. Non è la prima volta. Negli ultimi mesi è capitato troppo spesso: i boccioli spezzati, i vasi spariti, il furto di una collanina e la razzia di altri oggetti che gli amici avevano lasciato lì. Il padre della donna è arrivato ad appendere dei bigliettini al loculo, chiedendo ai responsabili di piantarla una volta per tutte di violare in quel modo la memoria di sua figlia. Per quanto odiosi, di norma episodi come questi vengono attribuiti a vandali, a ragazzini in cerca di un macabro passatempo, o a zingarelli a caccia di un po’ di rame da rivendere. Ma quella non è una tomba come le altre. Lì è sepolta Marianna Sandonà, l’operaia di 43 anni uccisa l’8 giugno del 2019 a Montegaldella, nel Vicentino, dall’ex compagno Luigi Segnini, un camionista di 38 anni che poi ha tentato in qualche modo di suicidarsi senza riuscirsi. A novembre sarà processato per l’omicidio della sua ex e il tentato omicidio di un uomo che quel pomeriggio di un anno fa era lì e ha cercato in tutti i modi di salvare la donna. Quell’uomo è proprio il padovano Paolo Zorzi che ora parla per la prima volta al Corriere del Veneto. E lo fa per un motivo preciso: «Sta succedendo qualcosa di strano in quel cimitero. Non voglio puntare il dito contro nessuno e spero che le indagini in corso possano fare chiarezza. Dico solo che viene il sospetto che l’obiettivo di questi raid non sia casuale e che vogliano tormentare Marianna anche adesso che lei non c’è più».
Mentre la donna moriva, massacrata con una dozzina di coltellate, Zorzi finiva in coma con un polmone perforato, un taglio allo stomaco e la frattura dell’anca. Dopo mesi d’ospedale e tre interventi chirurgici, oggi sta lentamente riprendendo in mano la sua vita, anche se probabilmente dovrà fare i conti per sempre con le conseguenze di quel folle pomeriggio. Per immaginare il dolore che sta provando nel vedere violata la tomba, occorre partire proprio da quel pomeriggio di giugno. «Io e Marianna eravamo amici, per me era come una sorella», racconta. «Mi aveva chiesto di raggiungerla perché doveva restituire alcune cose al suo ex compagno. Evidentemente aveva paura di lui…».
Era arrivato a Montegaldella subito dopo pranzo. «Abbiamo bevuto un caffè e intanto lei ha scritto un elenco di oggetti che avrebbe riconsegnato a quell’individuo», prosegue Zorzi che per tutta l’intervista non chiamerà mai il killer per nome. Alle 15 Luigi Segnini è arrivato. «Siamo scesi al piano interrato, dove ci sono i garage del condominio. Ha cominciato a caricare le cose nella sua auto e nel frattempo insultava Marianna, dandole della poco di buono, accusandola di averlo tradito e di altre assurdità». Poi è ripartito. Avrebbe dovuto scaricare la vettura e tornare per riprendere le ultime cose. «Ricordo di aver confidato a Marianna che mi faceva paura», dice Zorzi.
Dopo venti minuti il campanello ha suonato per l’ultima volta. «Ce lo siamo ritrovati sul pianerottolo, con in mano una cassetta per gli attrezzi. Diceva di voler smontare le plafoniere della casa, per portarle via. Lei ha tagliato corto, ribattendo che le uniche cose che gli appartenevano erano già nelle scatole. E così lui è risalito in auto ed è sceso in garage». Il femminicidio si è consumato in pochi minuti. «Ha aperto lo sportello e ricordo di aver visto il coltello prima ancora che posasse il piede sinistro fuori dalla vettura. Non dimenticherò mai il suo sguardo: era carico di odio e di rabbia. E ho detto a Marianna: “Questo ci fa del male, questo ci ammazza!”, ma non ho neppure finito la frase che lui le ha trafitto un braccio. Ho tentato di salvarla. Ho provato a trascinarla via, a strappargliela di dosso. Ma lui era una furia». Il camionista ha capito che, se voleva uccidere la sua ex, doveva prima sbarazzarsi di quel testimone. «Una prima pugnalata mi ha raggiunto al ventre, poi allo stomaco e l’ultima al polmone. Ho posato una mano al torace per fermare il sangue che usciva e sono crollato a terra, con la faccia rivolta verso Marianna. Da lì, steso sul pavimento, ho visto che le si avventava contro e la colpiva, la colpiva… Non smetteva mai. E io non potevo più fare niente. Ho chiuso gli occhi e sono svenuto».
Zorzi si interrompe. «Quando ci penso divento come di ghiaccio». È trascorso poco più di anno ma potrebbe essere ieri. Anche perché i ripetuti danneggiamenti alla tomba della vittima non fanno che rinnovare il dolore. «Mi chiedo come si possa fare una cosa del genere: strappare i fiori e rubare gli oggetti dal cimitero. Se poi la persona che è sepolta in quel luogo è una donna che è già stata vittima della cattiveria di un uomo, il gesto diventa ancora più inaccettabile». Luigi Segnini è in carcere e l’11 novembre inizierà il processo con rito abbreviato (e quindi avrà lo sconto di pena) che si aprirà però con una perizia psichiatrica che dovrà valutarne la capacità di intendere e di volere. Se dovessero emergere problemi psichici l’uomo potrebbe perfino essere prosciolto da ogni accusa. «Non deve accadere – conclude Zorzi – Marianna merita giustizia». (di Andrea Priante)