Loading

Imen Chatbouri, 37 anni, personal trainer ed ex campionessa di giavellotto. Scaraventata da un ponte da un pretendente rifiutato

Roma, 2 Maggio 2019


 


Titoli & Articoli

Imen Chatbouri, il mistero della campionessa morta a Ponte Sisto (Roma Today – 3 maggio 2019)
Disposta l’autopsia. Accanto al corpo privo di vita della 37enne la borsa della palestra
Si chiamava Imen Chatbouri ed era un’ex campionessa di atletica leggera la donna trovata morta all’altezza di Ponte Sisto la mattina del 2 maggio. Nata in Tunisia il 2 febbraio del 1987 la 37enne aveva vissuto a Palermo e da diversi anni viveva a Roma, prima in zona Aurelio e poi a Montespaccato. A consentire il riconoscimento della salma i documenti e la tessera della palestra trovati  in un borsone rinvenuto accanto al corpo privo di vita della donna. Campionessa di eptatlon, dopo aver vinto alcune medaglie ai campionati nazionali in Tunisia, aveva gareggiato per l’Asd Cus Palermo per poi allenarsi per un breve periodo con l’Atletica Stundetesca Ca.Ri.Ri. di Rieti. A notarla priva di vita sotto uno dei muraglioni del lungotevere, sulla banchina del Tevere a Ponte Sisto una passante. Vestita in tenuta sportiva, con fuseaux, scarpe da ginnastica ed una giacca primaverile, accanto al corpo privo di vita delle 37enne è stato trovato un borsone di colore marrone usato presumibilmente per la palestra.
Personal trainer in una palestra romana, in Italia con regolare permesso di soggiorno permanente, a tingere di giallo la morte di Imen Chatbouri la presenza di ecchimosi sul volto, anche se un primo accertamento del medico legale non ha evidenziato chiari segni di violenza sul corpo della donna. Resta da comprendere cosa abbia determinato la morte dell’ex campionessa di giavellotto.
Escluso il fattore che il corpo privo di vita della 37enne possa essere stato trasportato nell’area del ponte pedonale che collega Trastevere a Campo de’ Fiori dal Tevere, secondo i primi riscontri le ecchimosi sul volto della donna potrebbero essere compatibili con una caduta dal parapetto lato lungotevere dei Vallati, con il cadavere della 37enne trovato supino con il volto in terra. Pur procedendo sull’ipotesi della caduta accidentale, gli investigatori non escludono nessun’altra pista, dal gesto volontario ad una  possibile spinta da parte di ignoti mentre la donna si trovava su Ponte Sisto. Messa la salma a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, sarà l’autopsia, disposta dal magistrato di turno, a dare delle prime risposte sulla morte di Imen Chatbouri.
Sul caso indagano gli agenti del commissariato Trevi, che stanno sentendo conoscenti e amici per ricostruire quanto accaduto. Si indaga nella vita privata della donna. La 37enne dopo un passato da atleta di livello aveva avuto qualche problema con la giustizia per lesioni personali, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.

Imen Chatbouri, giù da Ponte Sisto perché aveva rifiutato il killer: «Ripreso mentre la scaraventa nel Tevere» (il Messaggero – 10 maggio 2019)
C’è un sospettato per l’omicidio di Ponte Sisto. Gli inquirenti stanno cercando un conoscente di Imen Chatbouri, l’ex campionessa di atletica tunisina di 37 anni trovata morta all’alba del 2 maggio sulla banchina del Tevere dopo un volo di una ventina di metri. Il ricercato è un uomo che si sarebbe vendicato dopo essersi sentito respinto. E che ha ucciso Misciù, come era conosciuta Imen, senza armi, ma solo con una spinta. Afferrandola alle caviglie mentre lei era poggiata sulla balaustra del ponte e buttandola giù. Un femminicidio da manuale, mascherato da suicidio.
L’assassino aveva immaginato che il caso venisse archiviato così: nessun segno di colluttazione sul corpo, il gesto disperato di una ragazza disorientata che voleva farla finita. O che, al massimo, aveva perso l’equilibrio da ubriaca. Invece gli inquirenti, che procedono per omicidio premeditato, hanno ricostruito con spezzoni di filmati l’orrenda morte e il piano diabolico. E sono risaliti dritti a lui. All’uomo che la notte tra il primo e il due maggio è uscito da un bar di piazza Venezia assieme a Imen Chatbouri – avevano bevuto qualche drink assieme – e che poi la ragazza pensava di essersi lasciata alle spalle. Ma che, invece, l’aveva pedinata con circospezione.
I sospetti sul fidanzato di Imen, un giovane olandese, si sono dissolti definitivamente l’altra sera: quando gli investigatori della Mobile gli hanno detto che era stato convocato in questura perché Imen era morta, ha pianto. Era un rapporto strambo e allacciato da poche settimane, il loro, ma ognuno a suo modo teneva all’altro. Chi l’ha interrogato, però, già sapeva di non avere davanti l’assassino: nessuna corrispondenza fisica con l’uomo dei filmati, di cui, per obblighi investigativi, non è stata rivelata l’identità. Sapeva, però, che avrebbe potuto fornire elementi utili per risalire a chi aveva ucciso Imen. «Anche io la sera prima per un po’ sono stato con Imen e con quel nuovo amico», ha detto. E allora il cerchio si è ristretto.
L’assenza dei segni di violenza aveva in un primo momento spinto gli investigatori a non escludere il suicidio o la caduta accidentale, anche se chi conosceva bene Misciù sapeva che aveva una vita un po’ sgangherata, tra alcol e locali notturni, ma sempre con lo sguardo in avanti. La mamma, le sorelle, le amiche non hanno avallato nemmeno per un istante quella pista: «Ha affrontato un tumore con coraggio e anche la fine di un matrimonio. Viveva di piccole soddisfazioni», hanno detto.
Così, a stretto giro, analizzati i filmati delle telecamere di videosorveglianza disseminate da piazza Venezia a Trastevere, il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Antonio Verdi, che hanno ereditato il fascicolo da un collega, hanno modificato l’ipotesi iniziale di omicidio colposo con quella di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Mentre gli agenti della Mobile e del Commissariato Trevi Campo Marzio venivano messi al lavoro per scandagliare gli ultimi contatti e frequentazioni della donna. I poliziotti hanno già sentito anche un altro straniero, un operaio romeno che condivideva una stanza con Imen a Montespaccato, dove lei era stata raggiunta anche dal fidanzato olandese dopo avere lasciato un altro alloggio di fortuna a piazza Pio XI.
«Non l’ho vista più, pensavo se ne fosse andata», ha detto. Il telefonino era muto per tutti. L’assassino, dopo averla fatta volare nel vuoto, è sceso per le scalette del lungotevere si è avvicinato al corpo per far sparire elementi che potessero portare a lui. Come il cellulare, appunto. L’unica accortezza dell’omicida: metterle la borsa della palestra sotto alla testa, come se stesse dormento. Il capo della Mobile, Luigi Silipo, ha dato un nome al cadavere con la tessera del centro dove Misciù praticava sport, la sua vera passione, che l’ancorava alla normalità e al passato da campionessa di giavellotto.  (di Adelaide Pierucci)

 

Giallo Ponte Sisto – Gli ultimi istanti di vita di Imen (LaPresse CorriereTv – 15 maggio 2019)Diffuso dalla procura il video con le immagini di Stefan Catoi che segue l’ex atleta fino al lungotevere, prima di ucciderla, la notte fra l’1 e il 2 maggio
Un video di poco più di un minuto nel quale sono stati immortalati gli ultimi istanti di vita di Imen Chatbouri, l’ex atleta tunisina trovata morta il 2 maggio sulla banchina del Tevere, a Roma. A immortalare quei momenti le telecamere di videosorveglianza della zona. Nelle immagini si vede l’aggressore attraversare la strada, fermarsi alcuni istanti dietro ad un’auto in sosta per poi dirigersi verso la vittima, appoggiata al parapetto del Lungotevere. In quegli istanti, non ripresi da alcuna telecamera, l’ex atleta viene avvicinata alle spalle, presa dalle caviglie e buttata giù. Nel video si vedono poi gli istanti successivi all’omicidio in cui l’uomo scappa a piedi. Accusato dell’omicidio è il 26enne romeno Stephan Catoi, arrestato dalla Squadra Mobile di Roma negli scorsi giorni.


Link