Loading

Giada Zanola, 35 anni, commessa, mamma. Stordita e lanciata da un cavalcavia sull’autostrada dall’ex

Vigonza (Padova), 29 Maggio 2024


Titoli & Articoli

Uccisa dal compagno che temeva di non veder più il figlio: così è morta Giada, buttata giù dal ponte (Rai News – 30 maggio 2024)
Geloso e possessivo, l’uomo ha inscenato un pretesto per attirarla sul cavalcavia che sovrasta l’autostrada A4 a Vigonza, vicino a Padova, dove la coppia viveva. Poi il folle gesto, costato la vita alla 34enne
Geloso e possessivo, Andrea Favero temeva di non rivedere più il figlio di tre anni avuto dalla compagna, Giada Zanola. Temeva di essere lasciato, Favero, forse perchè lei aveva deciso di iniziare una nuova relazione con un altro uomo. Per questo, la 34enne originaria del Bresciano ma residente a Vigonza aveva anche annullato il matrimonio.
Con una messinscena, Favero l’ha attirata sul ponte sull’autostrada A4 e da lì il folle gesto: Giada è precipitata per 15 metri, prima di essere travolta da un tir che sopraggiungeva. Avrebbe iniziato a lavorare in un distributore, vicino all’uomo di cui si sarebbe innamorata.

Giada Zanola, quella vita d’inferno che non voleva più (Rai News – 31 maggio 2024)
Nel suo futuro c’era solo il bambino, presto avrebbe lasciato Andrea
Nel futuro di Giada Zanola, la giovane uccisa da un ponte dell’autostrada, c’era solo il suo bambino di tre anni. Andrea Favero, il compagno con cui viveva nella casa comperata a fine 2022 a Vigonza (Padova), non ci sarebbe stato più.
I continui litigi. Gli amici raccontano che lei l’aveva già detto ad Andrea. “Era evidente che volesse chiudere la loro storia – dice un amico, riferendo del carattere possessivo dell’altro – Lui era abbastanza violento e geloso, tra i due c’erano continue discussioni”. Non era la prima volta che Andrea alzava le mani. Giada però non era mai arrivata a denunciarlo. Tutto pensava, sarebbe finito a breve. Quando ancora la relazione funzionava, Giada e Andrea avevano pensato di sposarsi. Doveva essere a settembre. Poi, quel rapporto che si sfilacciava, si incattiviva, aveva convinto la giovane ad annullare tutto. Così, nei violenti alterchi con il compagno, aveva paventato di non fargli più vedere il figlio. Cosa che aveva destabilizzato Andrea, come spiegato dallo stesso39enne nell’interrogatorio davanti al pm.
Giada Zanola aveva confidato di essere stata “afferrata per il collo” dal compagno Andrea Favero, nel litigio avvenuto il 27 maggio, solo un giorno prima dell’omicidio. Inoltre aveva mostrato ad un’amica le foto con le ecchimosi sul corpo riportate dopo questo episodio, confessando “di aver paura”. E’ uno dei passaggi presenti nel provvedimento con il quale la Procura di Padova ha disposto il fermo dell’uomo per omicidio volontario.  La 34enne lavorava in una profumeria a Vigonovo, il paese di Giulia Cecchettin: “era una persona splendida” dice una collega. Ed un’altra amica aggiunge: “era una ragazza meravigliosa, piena di vita”.
La nuova relazione e la gelosia di Andrea. La 34enne, si legge ancora nelle carte, aveva instaurato una relazione con un altro uomo, della quale lei stessa aveva parlato al compagno, mostrando foto e messaggi che si scambiavano. L’uomo ha riferito al magistrato di aver visto a sua volta le foto dei lividi riportati dalla giovane. Litigi, ha testimoniato un’amica della ragazza, che “avvenivano ormai con cadenza quotidiana”. Andrea, che ormai viveva “da separato in casa” con Giada, ha confessato di essere ossessionato in particolare dalle minacce dalla compagna, di “non fargli più vedere il figlio” una volta sancita la rottura della loro relazione. In questo contesto però, Giada aveva maturato il sospetto inquietante “di essere drogata dal compagno”. Cosa che aveva confidato sempre all’amica e al nuovo fidanzato, e che la Procura cercherà di verificare durante l’autopsia e gli esami tossicologici. Secondo il nuovo compagno della donna, potrebbe non essere secondaria la coincidenza che il piano dell’omicidio sia scattato in Favero esattamente due giorni prima che Giada prendesse servizio nell’impianto di distribuzione carburanti dove lui stesso lavorava, e che avrebbe quindi reso la loro frequentazione quotidiana.
L’incredulità della comunità. Dietro la porta della modesta casa di Vigonza c’era una vita di violenze e recriminazioni che nessuno conosceva. Neanche chi abitava loro a fianco. Persone che parlano di Giada come una donna energica, sempre attenta al bambino, “una vera mamma”. Una coppia senza problemi, che ai nuovi vicini andava a suonare il campanello per presentarsi. Neppure il fratello di Giada, Daniel Zanolla, che vive a Brescia, dove la giovane era nata, aveva sospetti sul clima in quella casa. “Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave”.

 

Giada Zanola, dopo l’autopsia parla la sorella Federica: «Non si è uccisa. Andrea Favero? Per noi era a posto» (Corriere della Sera – 2 giugno 2024)
Federica Zanola vive a Brescia ma in questi giorni è a Padova per seguire le indagini sul presunto femminicidio della sorella Giada. «Andrea Favero? Non sospettavamo nulla. Sarà fatta giustizia, mi fido degli investigatori»
L’esame del medico legale parla chiaro: Giada Zanola era ancora in vita quando è arrivata sul cavalcavia. Forse priva di sensi, ma ancora viva, quando veniva lanciata nel vuoto, prima che un camion ne straziasse il corpo. È quanto è emerso dall’autopsia effettuata dal professor Claudio Terranova, su richiesta del sostituto procuratore di Padova Giorgio Falcone. Esame che, fra l’altro, esclude segni di strangolamento o ferite da arma da taglio, ma conferma, alla luce di alcuni lividi sul corpo della giovane mamma, la violenta lite avvenuta due giorni prima della sua morte.
Un delitto, ne è certa Federica, la sorella di Giada. Che dice: «Al suicidio non avevo creduto sin dall’inizio. Non riuscivamo a renderci conto di nulla, il giorno dopo si parlava già di omicidio. Una notizia terribile». Federica vive a Brescia, ma in questi giorni si trova a Padova. Dopo la tragedia, su Facebook,aveva condiviso una foto di lei e Giada assieme e la scritta «ciao Tatina». «Sarà fatta giustizia», ha poi aggiunto. Quattro giorni dopo è ancora piegata da un dolore per il quale non riesce a trovare risposte: «Mi fido degli investigatori. Solo loro ci possono aiutare a fare chiarezza. Di sicuro Giada non si sarebbe mai suicidata». Nonostante tutto quello che sta venendo fuori sul compagno dice di non ricordare «episodi che ci abbiano messi in allarme, non abbiamo mai sospettato di nulla, altrimenti saremmo andati subito a denunciare. Per noi Andrea era un ragazzo a posto».
Le parziali ammissioni. A non credere al suicidio anche la Procura, per la quale Andrea Favero non solo ha ucciso Giada, ma avrebbe orchestrato anche una messinscena per costituirsi un alibi. Dopo le prime parziali ammissioni fatte agli agenti della Polizia Stradale e della Squadra Mobile, davanti al pm ha negato ogni responsabilità, parlando di «un vuoto di memoria» su quanto è successo mentre quella notte era con la compagna sul cavalcavia. E dalle prime mosse dopo il fermo pare che voglia continuare a negare. Nell’interrogatorio di venerdì si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma ha anche revocato l’incarico all’avvocato d’ufficio, per affidarsi a un penalista di Venezia, Marco Marcelli, che ha già incontrato in carcere. «Sì — conferma il legale— l’ho visto venerdì e, di nuovo, oggi (ieri, ndr). Non ho ancora preso visione del fascicolo e, per ora, posso solo dire di aver trovato una persona provata, confusa e preoccupata per il figlio e per la famiglia».
Quanto alla strategia difensiva l’avvocato non anticipa nulla, ma una cosa la dice in modo netto: «Da parte sua non c’è stata una chiara ammissione di colpa». Anche la Mobile di Padova ribadisce che ci sono state solo parziali ammissioni. Se dunque Favero non dovesse ammettere di essere stato lui a uccidere Giada, o per strategia o perché realmente innocente, agli indizi raccolti dovranno seguire i riscontri e le prove. Un iter non certo breve. Anche per l’autopsia il 39enne ha nominato un perito di parte. Condotta che stride con un soggetto che sta per crollare, sotto il peso dei sensi di colpa.
I tossicologici. Tra un mese si avranno i tossicologici, dai quali si capirà se Giada sia stata drogata prima del volo dal cavalcavia. Le telecamere non mostrano il momento in cui precipita sull’autostrada. Si confida molto nell’analisi del cellulare di Favero, che potrebbe contenere anche i video a sfondo sessuale con cui, secondo la donna, avrebbe tentato di ricattarla. Impossibile analizzare il telefonino di lei, perché non si trova. In questo caso ci si accontenterà dell’analisi del traffico telefonico. (di Alfio Sciacca e Roberta Polese)

La ricostruzione degli ultimi istanti di Giada Zanola: “Afferrata per le ginocchia e spinta giù” (Rai News – 3 giugno 2024)
Trapelano quelle che sarebbero state le prime ammissioni a caldo dell’ex compagno Andrea Favero alla polizia. Poi la scena muta e i “non ricordo” davanti al pm. Oggi la fiaccolata in ricordo della donna
Nuovi particolari sono emersi in queste ore sulla morte di Giada Zanola: secondo quanto riportato da diversi quotidiani locali, sarebbe stato lo stesso ex compagno, il 38enne Andrea Favero, a raccontare alla polizia di averla afferrata per le ginocchia e poi sollevata e spinta oltre il parapetto sul cavalcavia dell’autostrada A4, nella notte tra martedì 28 e mercoledì 29 maggio. Dichiarazioni rese quando è stato fermato, giovedì 30 maggio, ma senza la presenza di un avvocato, e dunque utili solamente per indirizzare le indagini ma non utilizzabili. Nell’interrogatorio di garanzia di venerdì aveva poi fatto scena muta. Tanto era bastato, però, per orientare la decisione della gip Laura per disporre la custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio volontario.
Gli esami autoptici . A breve, forse in giornata, verrà pesato il cadavere di Giada. Un test per cercare conferme sulla dinamica del delitto. L’orientamento degli inquirenti è che Giada Zanola, quasi certamente, fosse ancora viva quando è stata fatta cadere dal cavalcavia. Si attendono conferme dagli esami tossicologici, eseguiti nell’autopsia di venerdì 31 maggio, per capire se la trentatreenne originaria di Brescia se sia stata drogata o stordita, ma per questi risultati ci vorrà circa un mese.  Escluso lo strangolamento.
Le indagini . Nell’immediatezza del fermo, Favero aveva cercato di depistare gli inquirenti mandando un messaggio alla compagna. Quello che è certo è che tra i due le cose non andavano ben da tempo, che anche quella sera avevano litigato, poi Giada era uscita nella notte. Qualche indicazione a chi indaga su che cosa sia successo fra i due dovrebbe arrivare daitelefoni cellulari, ma mentre quello di Favero è sotto l’analisi degli informatici della Questura di Padova, quello della vittima non è mai stato ritrovato.
Dall’abitazione dove viveva con il compagno e il figlio di tre anni, fino al cavalcavia sull’autostrada: toccherà i luoghi di questo ennesimo tragico femminicidio la fiaccolata organizzata per stasera. lunedì 3 giugno, a Vigonza, fortemente voluta dalla comunità del paese del padovano, dall’amministrazione che ha annunciato il lutto cittadino nel giorno dei funerali della giovane madre.

 

Femminicidio di Giada Zanola, trovate tracce di benzodiazepine nel sangue (SkyTg24 – 9 settembre 2024)
Gli esami tossicologici hanno confermato i timori manifestati, poco prima di morire, dalla donna di 33 anni che lo scorso 29 maggio è stata gettata dal cavalcavia sull’autostrada A4, a Vigonza, nel Padovano
Dagli esami tossicologici è arrivata la conferma di quello che temeva Giada Zanola, la donna di 33 anni che lo scorso 29 maggio è stata gettata dal cavalcavia sull’autostrada A4, a Vigonza, nel Padovano. Anche se i dati sono ancora parziali, nel suo sangue (oltre che sui suoi abiti) sono state trovate tracce di benzodiazepine. Non erano, invece, presenti, In quello del fidanzato 40enne Andrea Favero, in carcere – con l’accusa di omicidio aggravato – dal giorno successivo alla caduta dal cavalcavia.
Le confidenze all’amica la sera prima di morire. La sera prima di morire, Giada Zanola aveva scritto a un’amica: “Mi sento fiacca, ci vedo doppio”. Quando la donna le aveva chiesto “come mai”, da lei non era arrivata alcuna risposta. Anche ad aprile la donna aveva riferito di aver vomitato e perso i sensi “dopo aver bevuto un cocktail che mi ha fatto Andrea. All’amica aveva raccontato la sua preoccupazione, quella di essere stata violentata, da incosciente, dal suo compagno, che voleva un secondo figlio. L’autopsia, d’altra parte, non ha escluso che, anche se era viva al momento della caduta dal cavalcavia, Giulia Zanola potrebbe essere stata priva di sensi.

Giada Zanola, morta lanciata dal cavalcavia: “Non ha denunciato il compagno per paura di perdere il figlio” (Fan Page – 12 settembre 2024)
Secondo quanto riferito agli investigatori da Renato, l’uomo che aveva cominciato a frequentare, Giada Zanola, la 33enne morta dopo essere stata lanciata dal cavalcavia della A4 a Vigonza, non aveva mai denunciato il compagno, indagato ora per l’omicidio, per paura di perdere il figlio di 3 anni: “Non voleva l’intervento dei Servizi sociali”.
Continuano ad emergere sempre nuovi dettagli sul femminicidio di Giada Zanola, la 33enne veneta morta dopo essere stata gettata dal cavalcavia della A4 a Vigonza, nel Padovano, il 29 maggio scorso. Un delitto che vede come unico indagato il compagno della vittima, il 38enne Andrea Favero, attualmente in carcere.
Ebbene, secondo le ultime indiscrezioni, Giada non avrebbe mai denunciato le continue violenze dell’uomo per paura che potesse perdere il loro bambino di 3 anni. Una conclusione, quella degli investigatori, che arriva dopo mesi di indagini e che trova conferma nelle parole di Renato, l’uomo che con Giada aveva iniziato una relazione poco prima che venisse uccisa: “Non aveva mai voluto denunciare perché aveva paura dell’intervento dei Servizi sociali”, ha raccontato come riporta il quotidiano La Repubblica.
Gli inquirenti hanno infatti ascoltato la versione di Renato, secondo il quale la 33enne gli aveva confidato che “restava a vivere con Andrea per via del figlio, che per lei aveva la priorità su tutto”. Anche perché – ha aggiunto – “lui era manesco e l’aveva presa per il collo una volta prima della nascita del figlio e una volta dopo”, come si legge anche nella deposizione dell’uomo riportata nel fermo di Andrea Favero. Anni di liti, dunque, culminate a fine maggio con l’ennesimo confronto tra i due, quando la 33enne ha confessato a Favaro di frequentare un altro uomo e di rimanere con lui solo per il figlio. Anche questa volta la discussione si è accesa ma lei ha deciso ancora di non denunciare. Una scelta che le costerà molto cara, perché solo 48 ore dopo ne verrà dichiarato il decesso.
Intanto, si attendono ancora i risultati definitivi sui tranquillanti che Favero avrebbe somministrato a Giada a sua insaputa, anche la notte in cui l’ha spinta giù dal cavalcavia. La sera prima della tragedia, la 33enne aveva scritto ad una amica che si sentiva “fiacca” e che ci “vedeva doppio”. Un messaggio che potrebbe confermare l’ipotesi di uno stordimento prima della morte avvenuta nella notte tra il 28 e 29 maggio scorsi.


Link