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Daniela Pellissero, 23 anni, prostituta. Ritrovata massacrata in un fosso

Piossasco (Torino), 3 Agosto 1993


Titoli & Articoli

Ha un nome la giovane uccisa nel Torinese (l’Unità – 5 agosto 1993)

 

Sparita la t-shirt, cancellato il Dna: resta impunito il killer di Daniela (la Repubblica – 29 settembre 2013)
Il pm del caso Pellissero si arrende: “Inutile indagare ancora, questo delitto rimarrà un cold case insoluto“. Se la cavano i due sospettati per l’omicidio di vent’anni fa
RESTERÀ impunito l’omicidio di Daniela Pellissero, giovane prostituta ritrovata cadavere in un prato
di Piossasco il 3 agosto del ’93, anche se vent’anni dopo gli investigatori, riesumando il caso dagli archivi, avevano individuato il probabile assassino. Anzi, due. La morte di Daniela Pellissero, 23 anni, avvelenata dall’eroina che la spingeva a vendersi sui marciapiedi di corso Vittorio Emanuale, poco lontano dalla stazione di Porta Nuova, era uno dei “cold case” (casi freddi) riaperti dalla Procura della Repubblica di Torino sperando che le nuove tecniche di indagine scientifica permettessero di svelare il mistero.
L’impegno del pm Sabrina Noce e degli investigatori della Sezione Omicidi della Squadra Mobile, nonostante fossero passati vent’anni esatti dalla mattina in cui il corpo senza vita e orrendamente torturato di Daniela era stato trovato nella campagna di Piossasco, aveva dato risultati insperati. Erano riusciti a scovare due addetti della stazione di Porta Nuova che ricordavano che quella notte, poco dopo l’una e mezza, la ragazza era stata avvicinata da una Fiat Ritmo di colore scuro targata Asti su cui era salita allontanandosi verso Piazza Carducci. “Senza più tornare” avevano sottolineato i due.
Seguendo la pista della Ritmo blu gli investigatori avevano scoperto che l’uomo che la guidava era un personaggio conosciutissimo e soprattutto temuto nell’ambiente delle prostitute, dato che aveva aggredito e violentato Patrizia B. e Isabella C., due ragazze che si vendevano nella zona della stazione. Isabella C. in particolare aveva ricordato: “Mi chiese se avevo paura di fare la fine della Pellissero”. L’uomo, identificato come Claudio C., oggi cinquantunenne, nel ’94 era stato condannato a quattro anni per violenza e rapina. In più dalle indagini era emersa la testimonianza della moglie italiana di un marocchino che aveva raccontato che il marito il giorno stesso dell’omicidio aveva violentemente litigato con Daniela Pellissero, confidandole infine: “Stasera l’ammazzo”.
I nomi di Claudio C. e del marocchino erano finiti così nel registro degli indagati. Agli investigatori, che finalmente avevano addirittura due indiziati, non restava che aspettare che l’analisi delle tracce biologiche rinvenute sulla maglietta indossata da Daniela Pellissero confermasse il loro quadro indiziario. “Nella speranza che le nuove tecniche scientifiche portassero alla luce maggiori risultati era stata esperita una nuova consulenza tecnica” ricorda il pm. La ricerca dei reperti all’Ufficio Corpi di reato però si è conclusa con un’amara sorpresa. Come scrive il pm Sabrina Noce: “Purtroppo gli indumenti indossati dalla vittima sono risultati non più rintracciabili e mai depositati presso l’ufficio Corpi di reato”. Non solo. Vent’anni fa era stato commesso un altro clamoroso errore, come sottolinea il magistrato che aveva ordinato una nuova perizia anche sui resti della ragazza uccisa. “Il consulente tecnico ha evidenziato”, scrive il pm, che alcune parti anatomiche prelevate dal cadavere durante l’autopsia “sono state poste sotto formalina, sostanza che purtroppo comporta la degradazione del Dna dei tessuti in essa conservati”. Al pm quindi che non è rimasto altro che chiedere l’archiviazione delle nuove indagini, spiegando nella sua richiesta al giudice per l’indagine preliminare: “Riteniamo di aver esaurito le possibili strade investigative”.

Si riapre il “cold case” Pellissero trovati a sorpresa i reperti smarriti (la Repubblica – 23 dicembre 2013)
Dopo la richiesta di archiviazione delle indagini sull’omicidio della prostituta avvenuto 20 anni fa. Un capitano ha rintracciato la maglietta della vittima: ora si può eseguire il test Dna
Mai dubitare dei carabinieri. E soprattutto della loro memoria storica. E’ stata l’ostinata ricerca di un giovane ufficiale a permettere di ritrovare i reperti che hanno riaperto (per la terza volta) le indagini sulla morte di Daniela Pellissero.
A fine novembre il sostituto procuratore Sabrina Noce aveva dovuto chiedere al gip l’archiviazione delle indagini per l’omicidio della giovane prostituta ritrovata cadavere in un prato di Piossasco la mattina del 3 agosto 1993. Rimasto insoluto per vent’anni il caso era stato riaperto quest’anno con la speranza che le nuove tecniche d’indagine scientifica (in particolare l’analisi del Dna), permettessero di individuare l’assassino tra i due personaggi che erano stati indagati e poi prosciolti proprio per mancanza di prove. Spulciando il fascicolo di quello che era ormai un “cold case”, un caso freddo, il pm aveva appuntato la sua attenzione sulle testimonianza raccolte nei giorni successivi al ritrovamento del corpo della giovane. Avvelenata dall’eroina che la spingeva a vendersi sui marciapiedi di corso Vittorio Emanuele, nei dintorni della stazione di Porta Nuova, e amica di Barbara Fabi, un’altra prostituta tossicodipendente uccisa qualche anno prima, Daniela Pellissero, 23 anni, era scomparsa la sera dell’8 agosto di vent’anni fa per essere ritrovata, con addosso solo una maglietta nera, nei campi di Piossasco. Due addetti della stazione di Porta Nuova, interrogati, avevano ricordato che quella notte, poco dopo l’una e mezza, la ragazza era stata avvicinata da una Fiat Ritmo di colore scuro targata Asti su cui era salita. L’auto si era allontanata verso piazza Carducci. “Daniela non era più tornata”, avevano sottolineato i due testimoni. Seguendo quella flebile pista si era scoperto che l’uomo che guidava la Ritmo blu era un personaggio conosciutissimo e soprattutto temuto nell’ambiente delle prostitute, dato che aveva aggredito e violentato Patrizia B. e Isabella C., altre due ragazze di Porta Nuova. Isabella in particolare aveva ricordato: “Mi chiese se avevo paura di fare la fine della Pellissero”.
L’uomo, identificato come Claudio C., oggi cinquantunenne, nel ’94 era stato condannato a quattro anni per violenza e rapina. Dalle indagini era emersa anche la testimonianza della moglie italiana di un marocchino che aveva raccontato che il marito il giorno dell’omicidio aveva litigato con Daniela Pellissero, confidandole: “Stasera l’ammazzo”. Sia il nome di Claudio C. che quello del marocchino erano finiti nel registro degli indagati. Il pm Noce aveva ordinato l’analisi delle tracce biologiche che l’assassino aveva lasciato sulla maglietta della giovane. La ricerca dei consulenti tecnico-scientifici all’Ufficio corpi di reato però si era conclusa con un’amara sorpresa: “Gli indumenti indossati dalla vittima sono risultati non rintracciabili e mai depositati”, avevano scritto nel loro rapporto al pm che era stata costretta a chiedere l’archiviazione dell’inchiesta. La pazienza e l’impegno di un capitano dei carabinieri però ha permesso di riaprire l’indagine. L’ufficiale, per giorni ha rovistato i depositi dei corpi di reato, ritrovando infine in un armadio la maglietta di Daniela. Ora la soluzione del caso spetta ai consulenti medico-legali.