Charlotte (Sharly) Yapi Acassi, 26 anni, mamma. Strangolata dal fidanzato
Pozzo d'Adda (Milano), 24 Settembre 2019
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Pozzo d’Adda, strangolata dal compagno: l’ultima lite pochi giorni fa ma Charlotte non aveva denunciato (il Messaggero – 25 settembre 2019)
Per due volte erano dovuti intervenire i carabinieri, e la terza lite è stata fatale a una 26enne di origine ivoriana, Charlotte Yapi Akassi, madre di due figli, strangolata dall’uomo con cui aveva da tempo una relazione, che dopo averla uccisa ha tentato di suicidarsi a coltellate, come spesso avviene in questi casi, senza riuscirci. L’uomo, dopo l’omicidio, compiuto in piena notte nella casa dove vivevano, ha chiamato l’ex moglie dicendo «ho fatto una pazzia».
L’ennesimofemminicidio si è registrata la notte scorsa a Pozzo D’ Adda, cittadina di seimila abitanti a 25 chilometri da Milano, al confine con la provincia di Bergamo. Alle 3.40 l’uomo, Carmelo Fiore, 46 anni, ha chiamato l’ex moglie al telefono ripetendo con concitazione di aver «fatto una pazzia» e dicendole di avere ucciso la fidanzata, di averla «strangolata» e di voler «farla finita». Lei, a quel punto, ha chiamato i carabinieri ma non sapeva dove si trovasse l’abitazione e nemmeno dove fosse lui.
Dopo le prime ricerche i militari della Compagnia di Cassano D’ Adda (Milano) sono giunti a Pozzo D’ Adda, in via Taviani, e hanno rintracciato l’appartamento in un condominio di recente costruzione, dove pare che i due da alcuni mesi avessero incominciato a convivere. Lei era esanime sul letto, senza apparenti segni di violenza, anche se per accertare un eventuale strangolamento sarà necessario un esame più approfondito del medico legale. Lui era ancora in casa, con ferite al torace e in mano il coltello usato nel tentativo di suicidarsi. I soccorritori lo hanno portato all’ospedale di Bergamo in prognosi riservata ma dopo alcune ore l’uomo veniva ritenuto fuori pericolo. Piantonato dai carabinieri, è stato raggiunto già in mattinata dal magistrato, davanti al quale ha confessato: «L’ho ammazzata, avevamo litigato», avrebbe detto. Il presunto omicida, incensurato, ha una stamperia in provincia di Bergamo, e ha avuto tre figli dall’ex moglie.
La vittima, madre di due bambini che vivono con l’ex marito, era stata adottata da una famiglia italiana, ed era cresciuta in Italia. Faceva la commessa, ma ultimamente era disoccupata. Ai carabinieri risultano due precedenti violenti tra i due: il primo pochi giorni fa, quando i militari erano stati chiamati da lei dopo un litigio, a cui però non aveva fatto seguito alcuna denuncia; il secondo un anno prima, quando lei aveva rotto un dito a lui che a sua volta l’aveva picchiata. Dopo le cure lei, chiamata dai carabinieri, non aveva denunciato. Lui invece l’aveva fatto, ma poi aveva rimesso la querela.
Strangolata dal compagno: «Ci rendiamo conto tardi di come sono le persone» (Corriere della Sera – 25 settembre 2019)
Uccisa a 26 anni, aveva vissuto a Bottanuco. Le parole sui social
Una sua ex vicina di casa, a Bottanuco, vede nella frase postata il 3 settembre su Facebook il segnale che avesse problemi con un uomo. «Peccato che ci rendiamo conto tardi di che persone di merda ci ritroviamo intorno», aveva scritto Charlotte Yapi Akassi, 26 anni, originaria della Costa d’Avorio, madre di due figli. Nella notte tra lunedì e ieri è stata uccisa, strangolata da Carmelo Angelo Fiore, 46 anni, l’uomo con cui aveva una relazione, nell’appartamento che condivideva con lui al secondo piano di una palazzina di via Taviani, a Pozzo d’Adda. Fiore, che lavora in una stamperia nella Bergamasca, ha poi tentato di togliersi la vita, con una coltellata all’addome, ma ha dato lui stesso l’allarme con una telefonata alla ex moglie. Ieri è stato ricoverato all’ospedale Papa Giovanni XXIII, ma non è in pericolo di vita e ha già parlato con il pubblico ministero di Milano Maura Ripamonti, ammettendo i fatti. L’omicidio sarebbe avvenuto dopo una delle tante liti avute con la fidanzata, di 20 anni più giovane di lui: un vicino, a Pozzo d’Adda, ha anche raccontato che tempo fa la ragazza, infuriata, aveva lanciato il telefono dal balcone. Aveva anche denunciato il suo compagno, nel 2018, ma pochi giorni dopo aveva deciso di ritirare la querela.
Una vita in salita, quella di Charlotte Yapi Akassi, su Facebook semplicemente «Sharly». Arrivata in Italia con la madre, probabilmente senza aver mai conosciuto suo papà, a dodici anni era già in una comunità alloggio. Tanti lavori saltuari, soprattutto da cameriera, la relazione con un uomo italiano da cui aveva avuto due figli, poi rimasti con lui. Dal 2013 e fino a un anno e mezzo fa, aveva preso in affitto un appartamento a Bottanuco, in via Roma 21, al primo piano di un piccolo condominio. Con lei, per un certo periodo, avevano vissuto anche i suoi due bambini, che vanno ancora alle scuole elementari. E probabilmente, in quella stessa casa, Charlotte aveva ospitato più volte i suoi «genitori italiani». Così li chiamava lei con le amiche: semplicemente una coppia, titolare di un bar a Cernusco sul Naviglio, che se l’era presa a cuore e la aiutava spesso.
I vicini di Bottanuco, sotto choc per la notizia della morte di Charlotte, la ricordano come bellissima, «con gli occhi sorridenti» dice qualcuno, e la chioma afro, spesso raccolta nelle lunghe treccine. E soprattutto per le tante relazioni sentimentali, nessuna fissa, le telefonate a ogni ora del giorno e della notte, il carattere «vivace di una che sapeva godersi la vita, ma anche rissoso e turbolento». Spesso si sentivano urla provenire dall’abitazione tanto che, in passato, erano intervenuti in diverse occasioni i carabinieri. Una volta Charlotte era arrivata alle mani anche con la sua dirimpettaia.
C’erano anche momenti, però, in cui appariva felice. Aveva avuto una storia con un ragazzo di origini salentine, classe 1988, documentata dalle tante foto insieme e sorridenti e dalle esternazioni d’amore sui social. Su Facebook era sempre «Sharly» e, pur essendo nata il 19 gennaio del 1993, dichiarava di avere cinque anni in più, agli amici e ai conoscenti più stretti: così risulta ai carabinieri di Cassano d’Adda, che indagano sul caso. Quando andava al lavoro partiva da Bottanuco soprattutto in pullman. Nel 2012 era stata assunta come cassiera al Burger King di Brembate, gestito da Ferdinando Carnà. «L’ultima volta che l’ho vista era venuta nel mio nuovo locale con un amico per festeggiare il suo compleanno — racconta, sconvolto, il suo ex datore di lavoro, oggi titolare di un locale a Cassano d’Adda —. In fondo, era una brava ragazza, simpatica e gentile». (di Rosanna Scardi)
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In memoria di
“Quando si condivide un pezzo di vita insieme in una comunità educativa, il legame che rimane è per sempre, non solo un legame fisico, ma anche un legame dell’anima, unico. Noi continueremo insieme a ricordarla: perché Sharly non è un numero, ma è una di noi e ne percepiremo la presenza ogni giorno. Lei sarà nel sorriso di chi l’ha amata veramente.”
Era luminosa Charlotte Yapi Akassi, detta Sharly. Sorrideva alla vita che con lei non era stata molto generosa. Era arrivata con sua madre dalla Costa d’Avorio, molto piccola, un’età che non riuscirà mai a definire precisamente. Aveva un carattere deciso, vivace, certo non semplice da gestire: le difficoltà di un contesto famigliare, incapace di rispondere alle sue problematiche, la condussero nella comunità di Villa luce a Milano. La direttrice, Madre Teresa Gospar divenne una sua figura di riferimento come le altre ragazze, soprattutto le più grandi: da allora saranno le sue sisters. Un legame che non si è spezzato nemmeno quando, ormai grande, ha incontrato un uomo buono con cui ha creato una famiglia, cercando di districarsi tra il lavoro e la gestione dei suoi due figli. Le sisters hanno cercato di rimanerle accanto. Avevano capito i suoi timori. Dopo la separazione dal marito, con il quale aveva mantenuto un ottimo rapporto, era stata per due anni con un altro ragazzo, per poi approdare a quella storia che non riusciva a finire con un uomo, un violento. Sharly aveva provato a superare da sola questo ennesimo ostacolo, era il suo modo di essere, non voleva pesare sugli altri. Fino alla notte tra il 23 e 24 settembre quando si è trovata davanti il suo assassino, colui che per un periodo aveva considerato amore. L’ha strangolata, poi ha finto il pentimento, tentando il suicidio. Sharly è morta, lasciando un’eredità di affetto, sentimento che non ha mai fatto mancare a nessuno. Le sue sisters hanno deciso di custodirne la memoria e soprattutto di mantenere viva la sua identità, rispetto a chi si è sbrigato velocemente a descriverla come una ragazza difficile, sottintendendo l’impossibilità per lei di salvarsi: l’inevitabilità di un destino segnato. Insieme alla rete Non una di meno di Milano hanno stabilito: la ricorderanno in ogni manifestazione contro la violenza, perchè non si trasformi mai in un numero o in uno stereotipo, ma rimanga il suo sorriso, la sua bellezza e cresca illuminando il presente e il futuro dei suoi due bambini. Il 5 ottobre, le ex ragazze, come si definiscono coloro che hanno condiviso un periodo importante della vita nei corridoi della comunità, si sono ritrovate proprio all’esterno di Villa Luce per una cerimonia speciale che ha preceduto il funerale, svolto lo scorso sabato. Sono loro a descrivere una traccia diversa per raccontare Charlotte Yapi Akassi, Sharly.
“Sharly arrivò a Villa Luce alle fine del 2004, era piccola. Veniva da una realtà difficile: come accadeva solitamente nella comunità, le più grandi si presero cura di lei. E’ così che si diventava “sister”: si creava quel rapporto unico che non finisce mai. Il nostro riferimento era Madre Teresa Gospar, in grado di prendersi cura di tutte noi. A Sharly venne assegnata anche una famiglia amica: si chiamano così dei nuclei che cercano di far provare alle ragazze ospiti quel calore che non hanno potuto avere. A Charlotte sono rimasti accanto fino all’ultimo. “
“Nel gruppo segreto Facebook, creato da noi ragazze della comunità, ci raccontiamo e confortiamo: lei scriveva sempre messaggi positivi. Tanto che oggi c’è un po’ di rimpianto per non aver potuto fare di più per lei: noi che tendiamo sempre a sostenerci. Ultimamente avevamo capito che era un po’ spaventata per gli atteggiamenti violenti di questo ultimo uomo che frequentava. Non è vero come stiamo leggendo che avesse avuto chissà quante storie, non che questo possa comunque giustificare quanto le è stato fatto. Dopo il marito, aveva incontrato un altro ragazzo con cui era stata per un periodo, poi purtroppo si era legata a colui che aveva capito essere sbagliato, ma non era riuscita ad allontanare del tutto. L’aveva già picchiata, ma lei non aveva voluto proseguire nella denuncia. Non ha ascoltato nessuno in questo senso: la famiglia amica e nemmeno noi sisters. Ha provato a cavarsela da sola. Sperava bastasse tenerlo a distanza, non ha avuto il tempo per lasciarlo definitivamente: l’ha uccisa prima.”
“Quelle botte, quegli avvertimenti, quel terrore rimangono a testimoniare quanto fosse premeditato l’omicidio. Proveranno a farlo riconoscere incapace di intendere e di volere, visto il tentativo di suicidio, subito dopo averla strangolata: non è accettabile. E’ entrato in una casa nella quale presumibilmente non viveva più, di notte e ha ammazzato Sharly. Giusto quattro giorni prima del compleanno di suo figlio che ancora chiede perchè la mamma sia morta senza poter festeggiare i suoi sette anni.”
“Amava i suoi bambini come aveva amato due figure che sono stati i suoi pilastri: Madre Teresa Gospar e sua nonna. Quando erano morte, per lei era stato un grande colpo, ma continuava a seguire i loro insegnamenti. Credeva che le persone non potessero essere cattive perché in ognuno c’è sempre qualcosa di buono, quando non si riesce a vedere comunque c’è Dio , la Madonna che aiutano nel ritrovare la pace e la serenità. Sì perché lei era una ragazza che credeva molto, pregava fin da quando è arrivata nella Comunità. Sui giornali riportano comportamenti strani, scrivono che era vivace, quasi fosse una colpa, che si facesse molti selfie e video. Era una donna bellissima, sapeva che questa dote naturale avrebbe potuto creare dei pregiudizi nei suoi confronti, ma sapeva scherzarci. Era solare, nonostante tutto quello che aveva passato, è difficile trovare una foto nella quale non sorridesse. Forse l’ha fatto anche quando è arrivata dall’altra parte del cielo. Pioveva sabato mattina durante il suo funerale, ma mentre la sua bara stava scendendo, è uscito un raggio di sole. In molte abbiamo pensato fosse il segno che si era incontrata con madre Teresa e fosse serena.”
“Sharly è stata capace di unire due mondi diversi nel ricordo. Il 5 ottobre fuori dalla comunità eravamo insieme alle donne di Non Una di meno: abbiamo intonato la canzone Ni una menos, poi siamo entrate tutte insieme nella cappella, continuando a cantare insieme alle suore. Non esiste un saluto giusto o sbagliato. Noi siamo le ex ragazze: abbiamo imparato a lottare nella vita troppo presto, abbiamo sofferto troppo presto e, come la nostra Sharly, abbiamo pianto troppo presto. Quando si condivide un pezzo di vita insieme in una comunità educativa il legame che rimane è per sempre, non solo un legame fisico, ma anche un legame dell’anima, unico. Noi continueremo insieme a ricordarla: perché Sharly non è un numero, ma è una di noi e ne percepiremo la presenza ogni giorno. Lei sarà nel sorriso di chi l’ha amata veramente.”