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Arianna Vico, 17 anni, studentessa. Strangolata e poi violentata dal fidanzato che abbandona il corpo lungo il fiume e fa finta di cercarla

San Stino di Livenza (Venezia), 13 Novembre 1988


Titoli & Articoli

L’ex fidanzato l’ha uccisa perchè non voleva cedergli (l’Unità – 21 novembre 1988)

 

‘NON VOLEVA FARE L’ AMORE PER QUESTO L’ HO ASSASSINATA (la Repubblica – 22 novembre 1988)
Nella notte, piangendo, ha confessato di aver violentato e ucciso la fidanzata di 17 anni, colpevole di non aver acconsentito ai suoi desideri, e poi all’ alba di domenica ha accompagnato i poliziotti in riva al Livenza, un fiume che scorre tra la provincia di Treviso e quella di Venezia, e ha indicato il luogo dove aveva gettato il corpo.
Così sono terminate le ricerche di Arianna Vico, 17 anni di Portogruaro, che era scomparsa di casa la sera di domenica 13 novembre: gli agenti l’ hanno trovata seminuda, quasi coperta dal fango portato dall’ acqua del fiume. Stamane Igor Maronese, 22 anni, un elettricista di San Stino di Livenza, verrà interrogato dal sostituto procuratore di Treviso Gianni Cicero: è accusato di omicidio volontario, violenza carnale e occultamento di cadavere.
Adriana era alta, bionda, slanciata e piena di vita e non aveva mai dato problemi alla famiglia, che già da qualche giorno ormai pensava al peggio: il padre, un imprenditore edile, aveva già pensato di scandagliare il fiume assieme ad alcuni amici ed aveva organizzato la spedizione per domenica. Se fosse fuggita con qualcuno me lo avrebbe raccontato prima perché andavamo d’ accordo aveva spiegato la sorella Laura Matilde di 19 anni e aveva aggiunto che la ragazza, anche se tardava di qualche ora, solitamente telefonava a casa per avvisare i genitori.
Inizialmente, comunque, polizia e carabinieri avevano vagliato più ipotesi per cercare di capire il motivo della scomparsa di Arianna. Lo stesso Igor Maronese era già stato interrogato perché in molti, domenica scorsa, verso l’ una di notte, l’ avevano visto uscire dalla discoteca assieme ad Arianna. Ma il giovane aveva continuato a ripetere che dopo essere saliti insieme sulla sua auto, avevano fatto poche centinaia di metri, quindi aveva riaccompagnato la fidanzata in discoteca perché lui il mattino seguente doveva alzarsi presto per andare a lavorare. Ma il commissario di polizia Giuseppe Mauceri non era convinto di quella versione e, dopo aver battuto tutta la zona inutilmente assieme ai vigili del fuoco per l’ intera settimana, ha deciso di interrogare nuovamente Maronese. Ha atteso che rientrasse a casa sabato notte e lo ha portato negli uffici del commissariato di Portogruaro.
L’ interrogatorio è durato più di tre ore e alla fine il ragazzo ha confessato e, in lacrime, ha accompagnato i poliziotti in riva al fiume ed ha indicato dove aveva gettato il corpo della giovane. Arianna era ancora lì, coperta di arbusti: il fiume non era ancora riuscito a trascinarla via.
Igor Maronese è crollato dopo ore di domande trabocchetto, dopo essersi contraddetto più volte: Sì sono stato io, l’ ho uccisa perché non voleva fare all’ amore con me ha urlato piangendo al funzionario di polizia. Il giovane elettricista era uscito dal Finimondo, una mega-discoteca di Motta di Livenza dopo l’ una, mano nella mano con Arianna, che probabilmente intendeva allontanarsi poco, visto che aveva lasciato nel locale sia la borsetta che il cappotto. Ma Igor l’ ha convinta a salire sulla sua auto: hanno fatto circa 5 chilometri, poi hanno lasciato la strada principale e per un viottolo sono scesi verso il greto del fiume.
L’ auto si è fermata, i due giovani hanno cominciato a discutere: lui le ha chiesto di fare l’ amore, lei non ha voluto e così l’ ha aggredita, le ha strappato prima la camicetta poi le mutande, ma Arianna continuava a restire, a urlare, allora Igor Maronese con le mani le ha stretto il collo e subito dopo l’ ha violentata. Quando si è accorto che era morta probabilmente era passato già qualche minuto, allora ha preso il suo corpo e l’ ha lasciato scivolare sulla scarpata, quindi ha gettato anche la camicetta e le mutandine. Poi è tornato a casa e il mattino dopo si è alzato alle sei per andare a lavorare. Quel terribile segreto l’ ha mantenuto per una settimana, riuscendo a rispondere senza tradirsi alle domande degli inquirenti. Ma un poliziotto più tenace di altri lo ha fatto confessare.

«Dopo 4 anni e mezzo era già libero» (La Repubblica – 19 luglio 2003)
«Me lo ricordo quel giorno, mi avvertirono degli amici. Mi dissero: ‘Guarda che Igor è già uscito”. Io all’inizio non ci credetti. Ma era vero. Igor camminava per le strade, andava dove voleva. Tornava in carcere solo la notte. Dopo 4 anni e mezzo l’uomo che ha ucciso e poi profanato il corpo di mia sorella, che aveva appena 17 anni, se ne andava in giro di nuovo per il paese. E dopo 7 anni potè andare a dormire dove gli pareva: la pena era finita».
La voce di Laura Vico trema per un momento, ma uno solo. Lei aveva 19 anni quel maledetto 13 novembre del 1988, quando la cattiveria distrusse la sua famiglia. La sorellina Arianna, quella con cui lei aveva un rapporto speciale, quell’amicizia complice che una sorella più grande ha con quella che sta diventando donna, venne uccisa e ritrovata tra i canneti del Livenza. La cattiveria segnò anche il destino della mamma Marina, una donna dolce, maestra elementare in pensione, che morì tre anni dopo.
Ma la cattiveria aveva un volto preciso: quello di Igor Maronese. Lui, l’elettricista all’epoca diciannovenne di San Stino, ex fidanzato di Arianna. La cattiveria peggiore: Igor l’ha uccisa perchè lei non voleva fare l’amore con lui. Per questo Igor l’ha strangolata e poi violata.
«Che c’è di peggio di questo?», si chiedeva la gente in quei giorni da incubo, passando furtiva davanti alla villetta di via Arno 11, dove la famiglia Vico aveva vissuto felice fino a quel momento.
«Di peggio c’è stata quella sentenza vergognosa, che ha permesso a quell’uomo che aveva ucciso per fare violenza a una minorenne di uscire dopo 4 anni e 6 mesi», dice ora Laura.
La villetta di via Arno non c’è più, ma la vita va avanti. Laura non vuole ricordare, ma durante i giorni della scomparsa di Arianna, quei sei interminabili giorni e notti prima che il corpo venisse ritrovato, quando si diceva che forse sua sorella era scappata, lei ha avuto una serie di incubi premonitori. I familiari raccontavano che lei si svegliava più volte in preda di brutti sogni con un finale tragico. Come se avesse sentito che la bellissima sorella Arianna non c’era più. Come se avesse capito che quel ragazzo che aveva un comportamento cosi buono e servizievole, quel diciannovenne di San Stino era in realtà l’orco dei suoi sogni.
«Io a San Stino non ci sono più potuta andare, non ce la faccio ancora adesso», spiega Laura, «ma non potrò mai dimenticare che mentre mia mamma pregava per la famiglie dell’assassino di sua figlia, a noi nessuno ha dato nè una mano nè un sorriso. Ci siamo indebitati per pagarci l’avvocato, quasi fossimo noi a doverci difendere, mentre lui si limitava a dire ‘Non ricordo” e a sorridere al momento della condanna».


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