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Arianna Rivara, 43 anni, impiegata Barilla. Soffocata dall’ex fidanzato

Parma, 27 Gennaio 2017


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Le regala un anello per convincerla a restare insieme, lo rifiuta e viene uccisa (Today – 28 gennaio 2017)
Arianna è stata strangolata dall’ex dopo aver deciso di mettere fine alla loro storia. Paolo non aveva accettato la scelta e per convincerla a proseguire la storia le aveva comprato un anello. L’uomo si è tolto la vita dopo averla uccisa:
Arianna Rivara è l’ultima vittima di femminicidio nella città di Parma. Strangolata a morte da quello che, per sedici anni, era stato il suo compagno di vita, dal collega di lavoro alla Barilla che in una notte di gennaio ha deciso di ucciderla, stringendo il collo fino al momento in cui non ha più respirato. Esercitando la violenza fisica su un corpo inerme e sapendo probabilmente di poter contare sulla superiorità dovuta alla differenza di stazza Paolo Cocconi si è poi tolto la vita ingerendo un mix di psicofarmaci. È finita così la storia d’amore tra i due, iniziata sedici anni prima.
Come riporta ParmaToday, lui aveva alle spalle un matrimonio finito, dalla ex moglie aveva avuto una figlia. Se per i vicini e gli abitanti del quartiere Paolo Cocconi, che veniva visto spesso in giro era una persona ‘normale’, al limite ‘riservata’ per gli amici non ha mostrato mai di essere geloso o possessivo.
La loro relazione era proseguita, tra alti e bassi, per molti anni. Poi a luglio Arianna aveva preso una decisione ferma: porre fine a quel rapporto che non le corrispondeva più. Anche per lei è stato difficile staccarsi dall’uomo con cui ha avuto un relazione per tanti anni ma, anche grazie agli amici, ad un lavoro soddisfacente e ai viaggi, soprattutto in Grecia, era riuscita a rifarsi una nuova vita, lasciandosi alle spalle la relazione passata. Ma non è stato così per lui che dapprima si era chiuso nella solitudine, tanto che la stessa Arianna avrebbe cercato di dargli una mano. Con il nuovo anno sembrava che Paolo Cocconi avesse accettato la fine della relazione, anche perchè non si era più fatto sentire.
Fino a quel giorno fatidico di gennaio quando Arianna ha accettato la proposta di un incontro chiarificatore nell’appartamento di via Gbertini, 6, di proprietà dell’uomo. Paolo aveva anche acquistato e ritirato poco prima da una gioielleria un anello prezioso, che aveva intenzione di regalare alla sua ex fidanzata per riconquistarla. In quel momento probabilmente Arianna ha rifiutato il regalo e chiarito che la loro relazione era finita definitivamente. Paolo Cocconi a quel punto l’ha strangolata e poi si è tolto la vita ingerendo un mix di psicofarmaci. I loro corpi sono stati trovati dai Carabinieri, quando sono riusciti ad entrare nell’appartamento grazie all’intervento dei Vigili del Fuoco, riversi sul pavimento.

Omicidio-suicidio al San Lazzaro, le autopsie: Arianna ha lottato fino alla fine (la Repubblica – 2 febbraio 2017)
I primi esiti degli esami confermano la ricostruzione dell’omicidio-suicidio. Cocconi ha sopraffatto l’ex compagna e le ha impedito di respirare, quindi si è tolto la vita. Arianna Rivara ha difeso la sua vita lottando fino alla fine.
I primi accertamenti degli esami autoptici sui corpi della 43enne e di Paolo Cocconi, condotti martedì nell’Istituto di medicina legale dal consulente nominato dal pm Paola Dal Monte, hanno confermato l’ipotesi dell’omicidio-suicidio per la tragedia avvenuta una settimana fa tra le mura dell’appartamento di Paolo Cocconi in via Gibertini. L’ennesimo femminicidio per la città di Parma, seguito da un gesto estremo dell’omicida.
Dopo una serata insieme nell’appartamento dell’uomo Arianna è stata aggredita per un “no”, per il rifiuto di tornare a vivere con l’ex compagno che le aveva comprato un anello nella speranza di riallacciare il rapporto interrotto lo scorso luglio. Si è difesa con le unghie, ha cercato di allontanare l’uomo con calci e pugni, ha lanciato un urlo. Ha cercato ogni modo di liberarsi della presa e di chiedere aiuto.
Cocconi aveva sul volto e sul corpo i segni di quell’estremo tentativo di difesa: graffi e gonfiori. Purtroppo, è riuscito a sopraffare la donna e le ha impedito di respirare, col le mani al collo e sul volto, finché non è rimasta esanime.
Il 51enne subito dopo il delitto ha ingerito dei medicinali, probabilmente gli stessi psicofarmaci che aveva in casa per la cura della depressione, e si è tolto la vita.
La Procura ha anche disposto le analisi tossicologiche, che saranno depositate nei prossimi mesi con la relazione completa degli esami autoptici. L’indagine si avvierà quindi verso la chiusura, perché l’unico colpevole è deceduto: una tragedia in cui nessuno avrà giustizia.


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